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Iosonouncane

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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:09

Iosonouncane


Summer on a spiaggia affollata*




Pinne fucili ed occhiali
il mediterraneo è una tavola blu
l'italia corre in coda lungo i guardrail
gongola e invade la spiaggia una folla selvaggia
che invoca a gran voce
la versione in carne ed ossa
delle morti viste in TV
poi finalmente
il barcone affollato ribalta
e comincia ad affondare
gli ombrelloni si gonfiano di un boato di gioia e di saluti
per chi da casa è rimasto a guardare
sul bagnasciuga i naufraghi stesi
sprovvisti di crema solare
tra bimbi coi palloni
e le mamme coi pareo
una solleva un istante lo guardo schifato da "Donna Moderna"
non disturbare il signore! non vedi che dorme?
ma non trovava altri posti 'sto qui per sdraiarsi?
oh, non è più come un tempo, ci son cani e porci!
scende sui corpi spiaggiati la sera
con l'eco dei cori mondiali...


* l'arrangiamento musicale non è lo stesso della versione contenuta nell'album
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:13

Il boogie dei piedi




Ce l'ho ancora dentro al naso
le narici inzuppate
le narici impregnate
quella puzza di piedi
me la sento sopra al collo
sulle mani
sulla sciarpa
sul maglione
sul cappello
alle poste stamattina
tutti in fila dalle nove
le bollette
il numerino
m'è salito il cappuccino
coi biscotti ancora interi
i pan di stelle molto buoni
da sboccare sul vicino
da sboccare sul vicino
da guardare da lontano
non sapevi cosa fare
non sapevi di che parlare
la benzina
il sagittario
i satanisti
il santo padre
e un'occhiatina al cellulare
era quello lì era quello lì era quello lì
io l'ho guardato molto bene
l'ho ascoltato molto bene
non parlava
non sapeva una parola di italiano
era quello lì era quello lì
non sapeva cosa fare
chi obbedire
chi seguire
chi guardare
non sapeva una parola di italiano
se saprei come fare te lo giuro
mentre dorme gli brucerei l'automobile e i bambini
stanotte
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:20

Il corpo del reato



Alzati, andiamo,
non fare il cretino
non fare il bambino
ti porto a casa
ti porto in braccio
tornando a casa ci fermiamo a fare colazione
un cappuccino
le paste alla crema
una sigaretta
andiamo a casa cosa vuoi fare?
vuoi stare lì tutta la notte sull'asfalto
vuoi riposare?
non lo senti il maestrale?
che umidità! mi spezza le ossa
mi sento male
andiamo a casa lasciati andare
ti tengo forte
ve l'ho detto mille volte di rallentare,
andiamo non pensi a tua madre?
non pensi a tua madre?
ci sta aspettando
ha appena preso la pensione
ma pensa a tua madre
è rimata lì inchiodata
crocefissa sul portone di casa
in bella mostra in mezzo alla strada

attenti al cane! attenti al cane! no!
attenti a tua madre! attenti a tua madre! attenti a tua madre!
non dice niente non si lamenta
sospira soltanto
dovresti vederla
sulla pancia con lo spray le hanno scritto JUVE MERDA
coi piedi coperti di fiori
si guarda la pancia,
la scritta intendo
e lo sa meglio di me lo sa meglio di te
che per un figlio appena dato
uno nuovo tale e quale è ricevuto
e me lo ha chiesto balbettando
di prendere in ostaggio il direttore di una qualche agenzia di viaggio
ma gliel'ho detto
non c'ho le palle,
non c'ho il coraggio

alzati, andiamo
è quasi mattino
mi sto addormentando
pulisciti il viso mi stai spaventando,
andiamo, lasciati sollevare
che pensi di fare?
se pensi di fare qualcosa di originale ti stai sbagliando
non c'è niente di più scontato
di più normale
è molto meno originale di quelle scarpe
che detto tra me e te davvero
le ho viste ai piedi di almeno 300 persone
andiamo, torniamo in paese
dovresti vedere cos'è successo,
ma non sei un po' curioso?
ma te lo giuro,
sembra di stare in un posto nuovo

dopo trent'anni abbiamo vinto le elezioni,
te lo giuro
è stato proprio un colpo duro per loro
mia madre ha pure pianto
ed io ho fatto lo stesso
si respira un'aria nuova
c'è un bell'entusiasmo
e da quest'anno si balla in un chiosco appena aperto sulla spiaggia
tutti i giorni
tutti a bere sulla sabbia
e i balli di gruppo, i latino americani,
poi fino all'alba con la tecno
e stiamo già organizzando un bel torneo di pallavolo
di calcetto
di biliardo
la caccia al tesoro
la sagra del pane
del pesce
del maiale
e se ti perdi tutto questo
sei proprio un fesso

allora hai deciso
sei proprio convinto di fare qualcosa di originale
non vuoi tornare
ma sai che ti dico?
sei proprio un cretino
non ci stupisci
non mi sorprendi
stammi ad ascoltare un pochino
quello come te lo sappiamo
stanno al mondo solo perchè c'è spazio
mani strappate all'enalotto le tue,
mani strappate all'enalotto
quelli come te lo sappiamo
son stati vivi solo quando sono morti
mani strappate al voto di scambio le tue,
mani strappate al voto di scambio
ma lasciati abbracciare, ti riporto a casa,
ti riporto da tua madre
ma guardami in faccia non mi riconosci?
andiamo a casa non farmi disperare
non so che cosa fare,
ormai non mi rispondi,
hai deciso
sei testardo
sei convinto
ascoltami bene ti stai sbagliando
ascoltami bene ti stai sbagliando
la verità sta nei dettagli
e allora te li elenco
ti regalo altri minuti del mio tempo

stada provinciale centosessanta
in lontananza un pezzetto di mare
notte fonda cielo sereno
l'estate alle porte
un leggero maestrale
fiat punto nera del duemila
trecentomila i chilometri percorsi
cerchi in lega da quindici pollici
un impianto stereo davvero eccezionale
il corpo steso sulla schiena
di un trentenne sull'asfalto
ha già smesso di respirare
abbigliamento sportivo curato
costoso nella media
niente di originale
nelle tasche cinque euro e pochi spicci
un mazzo di chiavi
due cellulari
sul braccio destro un tatuaggio tribale
e sulle mani calli e vesciche
profonde
da muratore.
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:28

Grandi magazzini pianura



sferragliano e scintillano
mandibole d'alto bordo
progettate per tritare
ingoiare digerire
in città come villaggi turistici sfollati
alla sorgente di un traffico d'organi avanzati
cellulari diserbanti lavatrici spazzolini insetticidi dentifrici dimagranti antidepressivi
si accalcano alla foce
si ammassano in pianura
a ingravidare pance cieche
dove è in voga la tortura
dove un prete meridionale
con due mani da arruolare
sta celebrando l'estrema unzione
per il mezzogiorno attaccato al respiratore

"maledetto sia il figlio ingrassato come un topo
tra i palinsesti a rovistare
maledetto questo calice di sangue marcio e renale
ogni mattina dentro al cesso da doversi pisciare
maledetta signorina e la sua igiene settentrionale
la sua fame da inviare
la sua coscienza da incorniciare
maledetto questo silenzio strisciante e velenoso
maledetti questi cadaveri da intervistare
e da portare a votare".
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:33

Torino pausa pranzo



sfila la morte muta vestita da funerale
per le vie del centro
tra le vetrine pronte a ringhiare nello scorrere delle imposte
la pratica del lutto non risparmia neanche gli addobbi di Natale
e dentro al duomo gelido
tra i santi impolverati
arrivano quattro bare con i fiori già invecchiati
sulle panche donate da qualche imprenditore
la democrazia siede in veste ufficiale
e il suo plotone di testimoni
saponette alla mano
ripassa il commiato per gli ultimi tra i cittadini
il coccodrillo commosso
parente stretto delle borsette
è il prezzo da pagare per i prezzi da scontare
Torino acciaierie
pausa pranzo liberata
nella pace bianca della zona industriale
e un minuto di silenzio negli stadi ansimanti
che poi riesplodono in un coro di voci tranquillizzanti
in collegamento dal bordocampo...
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:36

Gramsci (I superstiti)




* in rete non c'è "Rifacciamoci la bocca con i cibi buoni di Gusto"
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:38

Il sesto stato




terzo piano
ascensore
quattro stanze con balcone
posto auto giardinetto
e lenzuoli stesi
i nostri amici a quattro zampe
accompagnano i padroni a pisciare
nei pomeriggi invernali
e ancora vanno a ruba alla vigilia di Natale
le lavastoviglie nei centri commerciali
dove anziani ordinati
ripassano scaffali e banconi
colmi di surgelati
semafori
cartelli pubblicitari
puttane poliziotti cantieri edili
è il disastro ambientale dei lavavetri, signori!
e a cento passi
negli uffici con vista
brindano ai risultati gli amministratori delegati
con bocche rivestite di peli
i canini paleoindustriali
le lingue fintoinglesi
ed invecchiano nel silenzio dei callcenter
i prigionieri politici
mentre i superstiti
stipati negli aperitivi
s'incatenano solidali
alla libertà di potersi incatenare
e avanza un sesto stato
ancora senza nome e da riarmare
portandosi appresso un dopoguerra
tutto nuovo da addobbare.
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:41

Il famoso goal di mano




grande attesa per lo scontro
domenica di grande calcio
si ferma stremato il Paese
l'Italia col fiato sospeso
cori in curva nord
si sbracciano si sgolano
con unghie da manovali,
pelle distesa da opinionisti
e lì, fermi e distanti,
i poliziotti infilano i guanti
digrignano i denti
con mani scafiste e sorrisi da emigranti
e da bordocampo tutto è pronto
brilla il manto
sotto l'assedio dei flash
maglietta nera colletto bianco
sguardo severo da vigile urbano
l'arbitro fischia e da inizio al match
corrono tesi
nervi da cane
facce abbronzate da cronaca rosa
dietro al pallone
lancio lungo sulla fascia
salta stoppa dribbla scatta
e lascia partire il cross
il traversone sorvola l'area
si forma un ingorgo
e nell'indecisione una mano si allunga e colpisce il pallone
piomba il silenzio nello stadio
e l'arbitro convalida il goal!
dopo aver scagliato la prima pietra in rete
il mattatore sudamericano
si concede agli inviati di radio giornali e TV
negli spogliatoi
sugli spalti esplode un'euforia liberatoria
la lapidazione cieca delle mani liberate
e volano sedie
accendini petardi bottiglie monete
stendardi striscioni bandiere cartelli stradali
i libri gli occhiali i preti le madri
asili e ospedali
le scuole i partiti i disoccupati
i rom i bambini e gli anziani.
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:43

Il ciccione (live)





Oh mio dio, ma sto ingrassando
sudo grondo affanno
e ad ogni passo colo sul parquet
steso a letto provo un fianco
prude il collo
gratto il mento
grondo
e il sonno non c'è più
così decido, resto qui,
non mi muovo
non mi muovo più
passa il tempo e mi cresco attorno
mio strato caldo gommoso di vita che cola in avanzo
chissà tra me e te
vedremo chi tra me e te
schiatterà per primo.
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:50

La macarena su Roma




questo è vero effettivamente *
al lavoro vado d'accordo con tutti
però oggi che giornata,
mamma mia che giornata
non sto in piedi
finlmente la poltrona

poverini li buttano nei canili
e poi se ne sbattono i coglioni
se avessi un po' di spazio ma con 35 metri quadri?
chissà Mariella se sta guardando
lei ha un sacco di spazio
le farebbe pure bene
ma quel cretino di mio cognato, che cosa ci sta a fare ancora insieme?

secondo me è sincero
anche se mi sembra assurdo che vadano lì e si innamorino davvero
ma a quella età è normale innamorarsi
stare assieme
dimostrarlo al mondo
è normale e poi lei è bella,
oh se è bella!
è alta... magra...
ma cambieranno pure loro
cresceranno pure loro

io per esempio
io sto benissimo da solo
non ho obblighi
non ho condizionamenti
da solo, senza moglie e senza figli io sto benissimo

e certo che piange
perdere il papà a tredici anni è un brutto colpo per tutti
babbo era un brav'uomo
ogni tanto beveva
allungava le mani

no caro mio,
oggi sei un po' confuso,
si, è così, è sicuramente così,
ci voleva bene
tremila euro tremila euro
un sistema d'allarme con il telecomando
con tutto quello che sta succedendo uno non è più sicuro
neanche quando va a fare la spesa
ma cosa fanno questi?
come vivono questi?
sanno solo fare figli, disgrazie e figli, schifezze e figli ah,
non siamo mica noi i pazzi
sono loro che devono starsene a casa
come faccio io
così si risolve
ah beh, certo, magari anche io faccio schifo,
certo ma qui dentro, dentro casa mia
nessuno mi vede
non ho mai fatto male a una mosca
non si è mai lamentato nessuno
i miei vicini sanno a malapena che esisto!

si è vecchio trito e ritrito
ma mi ha sempre divertito
io cadrei subito con questa pancia...
da quando ho smesso di giocare a calcio...
e invece loro ma tu guarda loro
non cadono mai
ma quelle sono le mutande...
secondo me oggi vince la squadra delle bionde
oh, finalmente il momento musicale
con l'orchestra dal vivo e il medley latinoamericano
quant'è bello questo ritmo
che ricordi questa melodia la fischiettava sempre zio Giovanni alle vendemmie,
è passata una vita ma quant'è bella,
mi vien voglia di ballare anche da solo,
di muovermi e di sudare
ma guarda il pubblico
tutti quanti in piedi a battere le mani e cantare
cantano tutti ballano tutti ridono tutti
lo psicologo le vallette il meteorologo il giornalista i calciatori il consigliere comunale
ballano tutti cantano tutti
si passano il microfono da mano in mano
e poi il trenino, oh il trenino,
come a capodanno no?
l'anno scorso a mezzanotte già dormivo!

gira il trenino
ordinato sempre in tondo
neanche un passo fuori posto
scende il pubblico dalle gradinate
e si unisce alla carovana
l'orchestrina incalzante ora attacca con la macarena
mani avanti
mani indietro
sulla testa
sopra i fianchi
scrollatina e balzo avanti
quanti sono? sono cento,
le telecamere non si lasciano sfuggire un movimento
e salutano chi sta a casa
i parenti i colleghi i conoscenti
chissà come son contenti ed invidiosi
dieci giri
venti giri dello studio in fila indiana
ordinati e rumorosi
educati e a culo fuori
come vacche come buoi
ora imboccano i corridoi gialli al neon e deserti
li immaginavo un po' diversi
filano dritti precisi coordinati
neanche un passo fuori tempo
mani avanti mani indietro si spalancano i cancelli
attravesano il cortile
vanno fuori
è quasi sera
sulla testa sopra i fianchi
ordinati in fila indiana
abbandonano gli studi
scrollatina e balzo avanti
educati e rumorosi
ora sfilano davanti al Colosseo
mani avanti mani indietro oltre il Pincio e il Quirinale
sulla testa sopra i fianchi
sono qui alla Garbatella
sono qui nel mio quartiere
quello è Luca il macellaio ma cosa fa?
si chiude dentro!
scrollatina e balzo avanti
la parrocchia di don Mario
il campetto l'oratorio
mani avanti mani indietro
come mai non c'è nessuno in piazza Biffi?
mi ricordo i pomeriggi e gli scherzi a Pomponelli
non lo vedo da trent'anni!
sulla testa sopra i fianchi
il ginnasio in Via dei Servi
che bei tempi
lì vicino c'abitava Paolo Neri il secchione
s'è sposato la cugina
hanno messo pure al mondo dei figli
ma cosa potevano fare due così?
Scrollatina e balzo avanti
stanno entrando in Via manzoni
sono sempre più vicini
mani avanti mani indietro
dove sono tutti quanti
è tutto chiuso non c'è un cane
sono solo a venti metri
dieci metri cinque metri

il 39 il mio portone lo riconosco
è il mio portone
sono sotto casa mia, cosa faccio?
vado anch'io?
che cosa devo fare?
devo scendere? devo andare?
no
è partito il televoto
oggi voto oggi scelgo oggi partecipo
oggi decido io
chiudo tutto non me ne perdo neanche un minuto
oggi partecipo
devo partecipare
lo diceva anche una canzone no?

la libertà è partecipazione...


* il cantato si alterna con registrazioni audio dalla televisione
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 17:58

Giugno



poi nell'ultimo sogno è arrivato un uomo nudo
in piedi sul tettuccio di una panda
i figli per mano come un santo
l'uccello gonfio e duro
che vergogna,
indicava proprio me
dottore, sia sincero, le ricorda qualcuno?

ho sei anni e mi stanno cadendo uno ad uno
tutti quanti i denti
vecchi marci macchiati di fumo
tra qualche anno
tornando a casa
busserò
e non troverò più nessuno
poi nel penultimo sogno ero vivo
e c'eri tu
e oggi mi licenzio...
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 18:05

"intervista de "Il mucchio selvaggio"
Iosonouncane

Jacopo Incani alias Iosonouncane ha esordito nel 2010 con “La macarena su Roma” (Trovarobato/Audioglobe), un album di cantautorato difficilmente inquadrabile, attraversato da schegge elettroniche ed elementi eterogenei, per chi scrive uno dei più interessanti esordi dello scorso anno. Ne abbiamo parlato con lo stesso Jacopo.

Ascoltando per la prima volta “La macarena su Roma” colpisce subito, al di là della tua personale interpretazione del "formato" cantautorale, a livello di testi e arrangiamenti, il lavoro certosino sui suoni, che immagino sia frutto di un lungo lavoro di messa a punto e assestamento. Sembra, insomma, che le fasi siano state due, la scrittura della canzoni e il loro collocamento in un universo sonoro peculiare (che va, a grandi linee, giusto per mettere qualche boa e paletto, da “Anima latina” di Battisti agli Animal Collective), è un’impressione corretta?
Quando il progetto è nato sapevo chiaramente cosa avrei voluto fare ma non come arrivare a farlo. Un progetto cantautoriale slabbrato, con una forma canzone quasi informe, e con una commistione, per quanto riguarda suoni e strumenti, tra folk di confine (appunto, tanto “Anima latina” quanto “Sung Tongs” degli Animal Collective) ed elettronica a bassissimo costo. Dovevo ripartire quasi da zero, musicalmente, avendo suonato per quasi un decennio sempre e solo in uno stesso gruppo. Mi sono affidato da un lato alla scrittura di canzoni tradizionalmente intese (l'unica cosa che sapevo di saper fare) e, dall'altro lato, al gioco totalmente improvvisato su campionatore e loopmachine, comprati quasi alla cieca. Dopo un anno passato in casa a registrare, provare, scartare, scremare fino ad ottenere sei canzoni “finite”, ho passato un anno e mezzo a fare solamente concerti. I concerti hanno imposto un approccio nuovo all'esecuzione, inevitabilmente. Quando sono entrato in studio ho cercato di fondere le due esperienze, i due approcci, quello domestico, senza vincoli, e quello live, con tutti i limiti dati dalla necessità di riprodurre dal vivo certe sonorità, certe strutture, certi beat. “La macarena su Roma” è solo una delle possibili forme di questa fusione. Non necessariamente quella che perseguirò.

Il brano che credo rappresenti meglio l'anima del disco, quello che mi colpisce di più e che personalmente trovo più originale ed emotivamente coinvolgente, è “Il corpo del reato”. Lì, partendo da una piccola storia, apri uno scorcio sulla società, senza per questo essere esplicitamente politico. Nelle tue canzoni, insomma, c'è il bisogno di raccontare le contraddizioni di questo paese, in modo obliquo ma comunque evidente. Ti ritrovi in questa descrizione?
Le contraddizioni di questo Paese sono, anzitutto, le mie. I protagonisti delle canzoni fanno considerazioni aberranti. Sono anche mie. Da sempre scrivo (e scrivo di me) non perché io creda in una qualche rilevante missione sociale, ma esclusivamente poiché pendo dalle labbra del mio bisogno di esorcizzare questioni private mai superate. Al fondo, quindi, c'è inerzia infantile e poco più. Queste canzoni le ho scritte così, le prossime ancora non so. Le canzoni non risolvono niente, non cambiano nulla, non fermano guerre, non fanno rivoluzioni. Viviamo in una società che strabocca di informazioni. I cantanti impegnati sono trascurabilissimi. Io non farò il cantante impegnato. Le canzoni fanno una ed una sola cosa: incidono sulla formazione del gusto. Questo lo so bene. E credo che oggi resistere significhi, in primo luogo, smarcarsi dall'abitudine e dalla ritualità del gusto. Butto via tutto e tengo questo come faro. Il mondo della musica indipendente è capace d'una rincorsa all'autoconservazione che farebbe impallidire il peggior parlamentare. Non ho e non voglio averci nulla da spartire.

L'unico brano parlato, “I superstiti”, in pratica un monologo, lo hai comunque “messo in musica”: le voci si sdoppiano e si inseguono. Le “voci” del disco sono un altro elemento fortemente caratterizzante, mi pare di poter dire che l'espressività vocale ha la stessa importanza di contenuti e suoni, diventa anch'essa un suono nell'insieme...
Esattamente. Una delle idee portanti del progetto è proprio l'utilizzo della voce anche come elemento ritmico e sonoro. In questo quadro si inserisce “i superstiti”. Questo pezzo è, per me, un primo esperimento in questo senso. Vi sono differenti possibili sviluppi. Di questo primo disco, in generale, mi rimane soprattutto questa sensazione: la possibilità di prendere una marea di strade differenti. Ho solo da selezionare, da divertirmi, da giocare. Posso far tutto, non ho nulla da perdere, non devo render conto a nessuno. L'unico limite enorme che mi trovo, sempre, a dover fronteggiare, è la mia proverbiale pigrizia. Ogni volta che finisco di scrivere una nuova canzone mi dico: bene, non ho più niente da dire: è successo anche ieri.

“La macarena su Roma”: c'è una via d'uscita al carrozzone carnevalesco lanciato verso il nulla dipinto dalla canzone, credi che esista la possibilità di uscire da questa corsa in modo dignitoso, magari reimpostando le priorità, cercando di diventare autonomo dalla società dell'apparire che ci circonda?
Non sono affezionato alla mia dignità. O, quantomeno, non credo che ritenersi parte d'una parte illuminata serva a qualcosa. Certo, permette di andare a dormire tranquilli, con la pseudocoscienza da pseudoribelli rinvigorita, ma, personalmente, non me ne faccio nulla. La canzone che dà il titolo al disco (così come il disco nel suo intero) parla di certe cose piuttosto che di altre. Parla soprattutto di un'idea di partecipazione che non si ferma al televoto e non si ferma al pubblico di Maria De Filippi. Non so cosa sia la società dell'apparire, e non credo che debba essere una persona che ogni due giorni sale sul palco mostrando a tutti il proprio essere infantile ed egocentrico a dover dare risposte, soluzioni o, semplicemente, “spunti intelligenti”. Io credo nella politica e nell'idea tradizionale di partito: bisogna nuovamente riempire le sezioni, di quartiere in quartiere. Tutto il resto è solo un accumulo di discussioni che servono a non discutere ma che, per contro, permettono sonni un po' più tranquilli. In un pezzo parlo di “igiene settentrionale, coscienza da incorniciare”. In un altro di superstiti incatenati alla libertà di potersi incatenare. Quel che penso l'ho messo nel disco. Non saprei dirlo differentemente, non ho nient'altro da aggiungere.

La prima volta che ti ho visto su un palco è stato in occasione dello scorso “Indipendulo”, all’interno del MEI di Faenza: su disco i brani hanno maturato una complessità che non sempre, immagino, dev'essere agevole riportare sul palco. Questo tuo percorso in studio ha modificato il tuo approccio al live?
Per quanto mi riguarda il progetto è tutt'ora un cantiere aperto. Questo investe tutto: la scrittura di nuovi pezzi, il lavoro sull'elettronica, l'idea di live, la strumentazione che porto sul palco. Accetto l'idea che live e disco siano due cose differenti. Non tutti i pezzi mi piace farli, sul palco, così come si possono sentire nel disco. Diciamo che in linea di massima all'interno del set live i due estremi (elettronica e canzone “classica”) sono maggiormente enfatizzati. Per cui ci sono momenti molto raccolti e momenti molto rumorosi, ossessivi. Non so veramente cosa succederà. La mia unica preoccupazione è e deve essere quella di suonare e farlo sempre meglio. Ho molto rispetto per il pubblico. Per questa ragione cercherò di non essere accomodante. Mai.
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 18:08

Recensioni

Viveste su Marte, potreste esservi persi La Macarena su Roma di Iosonouncane, uno degli album più belli del 2010* (poi, oh, non sono sicuro di come vada la fibra ottica su Marte).
Due sabati fa la beneamata etichetta Trovarobato trasmetteva in streaming il suo live a Firenze. Incani aveva la bronchite. Il concerto è stato bellissimo, mi sono commosso in cucina. Ignoro se lo streaming arrivasse su Marte.
La cosa più bella dei live di Iosonouncane è che non sai mai quali canzoni soffocherà sotto gli stridii strazianti dei synth e quali spoglierà con un colpo secco lasciandole coperte solo di voce e chitarra ( e lì si piange). Sabato è toccato al Corpo del reato; più o meno un mese fa, per Mucchio tv, era stato il turno de La Macarena su Roma, Il sesto stato e Torino pausa pranzo.
Nello stesso periodo morivo dalla voglia di postare da qualche parte la stupenda Giugno, conclusiva del disco e su disco l’unico episodio (quasi) interamente acustico. Ho provato a scegliere, ma sono caduto in un’aporia tipicamente barthesiana (è come una buca, ma parla in francese) e alla fine mi sono arreso. Posto solo Giugno, ma ascoltatele tutte.
E poi piangete con me, come cantavano i Rokes.

http://www.vitaminic.it/2011/01/iosonouncane-giugno/

IOSONOUNCANE
“LA MACARENA SU ROMA”
TROVAROBATO / AUDIOGLOBE
CD – iTUNES

Iosonouncane Copertinalamacarenasuroma_s

IOSONOUNCANE è un cane bastardo, uno di quelli che oltre ad abbaiare morde pure e defeca sotto i portoni dei dottori . Privo di ogni pedigree di sorta vive come ogni randagio che si rispetti, rovistando tra la spazzatura e i vicoli di questa società in decadenza. IOSONOUNCANE (al secolo Jacopo Incani) è un progetto originale, che fonde il miglior cantautorato italiano, quello dei Gaber e dei De Andrè tanto per intenderci, e lo fonde con l’elettronica di Panda Bear e Animal Collective riuscendo nell’impresa, ritenuta dai più prima d’ora, di unirle ottenendo un risultato che non può lasciare indifferenti. I testi sono pugnalate nello stomaco, parlano della vita di tutti i giorni, neorealismo ai tempi del call center, dove la realtà viene fagocitata dalla tv e le sciagure vengono quantificate con l’auditel e dove pure funerali e contratti a tempo determinato vengono mercificati in cambio di voti e promesse mal mantenute. Poi, all’improvvisio… ANTONIO GRAMSCI. Puzza di morto ovunque, puzza di ingiustizie, soldi sporchi e di sindacati marci il tutto accompagnato da uno Chardonnay e delle olive ascolane: Socialismo e barbarie. La produzione è eccelsa (ottimo il lavoro svolto degli studi della Trovarobato ) e cattura perfettamente la potenza live di Jacopo rendendo questo disco fondamentale per capire dove stiamo andando e dove sta andando il cantautorato italiano. IOSONOUNCANE canta e scrive da veterano con un veleno talmente dolce che riesce a strapparti più di una volta un sorriso, amaro. “La macarena su Roma” non solo è il miglior disco italiano per il 2010, ma è anche uno dei migliori esordi degli ultimi anni.
Iosonouncane 2_14

http://imnotawindowcleaner.blogspot.com/2011/01/recensione-iosonouncane.html
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 18:16

http://www.beatbear.com/intervista-live-iosonouncane-napoli.html


Intervista+Live IoSonoUnCane @ Mamamu – Napoli, 15 Gennaio 2011

La macarena su Roma — Iosonouncane

In questo tour, che segue il suo primo disco “La Macarena Su Roma”, Jacopo Incani (in arte IoSo­noUn­Cane) alterna pezzi più acus­tici (Il Sesto Stato, Il Corpo Del Reato) a pezzi più elet­tro (Torino Pausa Pranzo, La Macarena Su Roma, Il Cic­cione), seguendo questa for­mula che pos­si­amo definire di elettro-cantautorato.

Con­clusa la per­for­mance del gruppo d’apertura, i L’AMO, sale sul palco IoSo­noUn­Cane: chi­tarra acus­tica, cam­pi­ona­tore, loop­sta­tion e magli­etta bianca. Oltre alle voci, vocine e voci­azze, gus­to­sis­sime sono le facce, fac­cine e fac­ciazze che accom­pa­g­nano l’interpretazione dei per­son­aggi delle sue can­zoni. Si dis­torce in una smor­fia da mamma arpia men­tre urla “bevi negro!” al bam­bino che affoga in “Sum­mer On a Spi­ag­gia Affol­lata”; digrigna i denti il dela­tore de “Il Boo­gie Dei Piedi”; “Il Cic­cione”sem­bra gon­fi­arsi come un per­son­ag­gio di un quadro di Botero ; il teledipen­dente guardone de “La Macarena Su Roma” ghigna bavoso men­tre guarda le mutan­dine delle ragazze sul toro mec­ca­nico, fino ad alzare gli occhi al cielo, in estasi com­pleta, men­tre vede in diretta “il trenino” giun­gere sotto casa sua “mani avanti, mani dietro, scrol­latina, balzo avanti” in una trashissima Via Cru­cis lungo le strade della Capitale.

IoSo­noUn­Cane si dimostra un bell’animale da palco, com­ple­ta­mente a suo agio, padroneg­gia bene l’alchimia fra l’acustico e l’elettronico, senza sba­va­ture e senza nem­meno cas­care nel clichè del can­tante con­tro. Ad averne di così…

Ma veni­amo all’intervista.

Fuori il Mamamu, reg­is­tra­tore alla mano, Jacopo Incani mi viene incon­tro: ha l’aria di un ragazzo intel­li­gente e sicuro di sè. Intanto dal locale arrivano le schi­tar­rate dis­torte dei L’AMO che aprono la serata.

COME NASCE IL PROGETTO IOSONOUNCANE? HO ASCOLTATO IL TUO PROGETTO PRECEDENTE, GLI ADHARMA, CHE ERA QUALCOSA DI MOLTO DIVERSO…


Con gli Adharma suon­avo la chi­tarra e le tastier­ine gio­cat­tolo, in più can­tavo e scrivevo i pezzi. Però in realtà il gruppo era strut­turato sull’ossatura che face­vano Ric­cardo Aresti ai synth e Simone Ena alla bat­te­ria, due musicisti molto vig­orosi e molto bravi, per cui io facevo delle linee che dessero un appiglio armon­ico, e quindi in realtà facevo molto poco. Una volta deciso di las­ciare il gruppo, si è posto il prob­lema di cosa fare. Avevo un’idea chiara di quello che avrei voluto fare, e cioè un prog­etto che con­te­nesse quello che in quel momento mi piaceva di più, o che vedevo più mio, come il can­tau­torato di Dalla, Bat­tisti, Gaber, De Andrè da un lato e dall’altro gli Ani­mal Col­lec­tive e tutta quella scena che uti­lizza l’elettronica abbinata al folk, e in più un po’ di psichedelia. Ma non sapevo asso­lu­ta­mente come farlo. Quindi, come prima cosa ho com­prato una chi­tarra acus­tica, poi un cam­pi­ona­tore, in realtà pen­sando fosse un’altra cosa; ho iniziato a usarlo, cer­cando di capire cosa fosse una loop machine. A quel punto mi sono chiuso in casa a reg­is­trare diret­ta­mente. Non provavo ma reg­is­travo. Scri­vere men­tre reg­is­travo mi ha por­tato a lavo­rare moltissimo sui suoni, e a stare un anno in casa lavo­rando in questo modo. Verso la fine del 2008 ho cre­ato il Myspace, e non volendo uti­liz­zare il mio nome, ne ho provati a centi­naia, fra cui Ioso­nouno, citazione di Tenco, per poi alla fine arrivare al nome attuale. Quando poi ho iniziato a fare con­certi, ho avuto prob­lemi su come trasferire il mio lavoro nell’ambito del live; il primo con­certo l’ho fatto a Gen­naio di due anni fa, per caso, a Bologna, senza aver mai provato, feci tutto il con­certo in live loop­ing, dal “Sesto Stato”, a “Sum­mer On a Spi­ag­gia Affol­lata”, e alcune cover come “Il Gorilla” di De Andrè, “Giorno Di Piog­gia” di De Gre­gori. Poi pian piano i pezzi sono cam­biati, diven­tando più elet­tron­ici, e mag­gior­mente strut­turati su dei loop.

A ME HANNO COLPITO PARTICOLARMENTE I TESTI: CHE TIPO DI LAVORO C’È DIETRO? COME COMPONI?

I testi sono un argo­mento del­i­cato: non scrivo tanto, anzi scrivo pochissimo. Scrivo quo­tid­i­ana­mente, ma per molti giorni mi ritrovo ad anno­tare le stesse frasi, in con­tin­u­azione. Fon­da­men­tal­mente per­chè per decidere di tenere una frase in un testo mi ci devo affezionare. Quando è nato il prog­etto ascoltavo un certo tipo di autori, ad esem­pio Gaber e quindi ho sen­tito il bisogno di scri­vere qual­cosa che par­lasse dell’Italia. I primi sei pezzi che ho fatto per l’Ep pren­dono spunto da un fatto di cronaca: i morti della Thyssen, il prob­lema dei clan­des­tini, la crisi dei rifiuti a Napoli, eccetera. Se ascolti questi sei pezzi come erano orig­i­nal­mente nell’Ep, ti accorgi che sono inser­iti in un dis­corso chiuso, che si regge com­ple­ta­mente; un con­cept album in cui avevo pen­sato e soppe­sato tutto, anche la scaletta. Non riesco a ragionare in ter­mini di can­zoni sin­gole. Non sono capace di pren­dere la chi­tarra e fare una can­zone a pre­scindere da tutto, se non la penso all’interno di un con­testo. Prima devo pen­sare il dis­corso grande, il titolo, mag­ari anche la veste grafica, e poi inizio a lavo­rare alle can­zoni. Per cui accu­mulo bozze e fram­menti di musica e di testi. Ad esem­pio per il “Sesto Stato” avevo il testo ma lo suon­avo su una musica che non mi sod­dis­faceva: era un 4/4 chi­tarra e voce molto molto lento, mal­in­con­ico, ma anche elet­tron­ico per­chè ci avevo messo delle voci cam­pi­onate. Però non mi piaceva. Da un po’ suon­ic­chi­avo un giro armon­ico che con­sid­er­avo una par­o­dia di Bar­ret così per gioco; poi un giorno mi son detto per­chè non appli­care quel testo a quella musica? Ed è venuto fuori qual­cosa di più “celen­ta­ni­ano”, uguale a Bar­rett armoni­ca­mente, ma mi è parsa subito qual­cosa di mio, di molto per­son­ale. E quando la suono adesso non penso più che la musica era una par­o­dia di Bar­ret.

“Grandi Mag­a­zz­ini Pia­nura” ha avuto una ges­tazione molto lunga: ho appli­cato il testo su un loop che avevo già da sette mesi, poi ho tenuto il loop, e ho rifatto l’arrangiamento.

“La Macarena Su Roma” l’ho scritta in tre mesi almeno: scrivevo musica e testi men­tre reg­is­travo, quindi è pro­gred­ita di misura in misura. Prima era un par­lato su una base com­ple­ta­mente diversa, poi il par­lato non m’andava più e ho cre­ato un beat elet­tron­ico; provavo il testo con quel beat, ma ancora non ero sod­dis­fatto e allora ho preso la chi­tarra, ho mandato in cuf­fia il beat con la chi­tarra per capire meglio l’armonia, l’ho scritta e ho trovato l’andazzo melod­ico. Da li di strofa in strofa l’ho scritta tutta.

Sono molto dis­or­di­nato, e molto pigro, e questo m’impone tempi di scrit­tura lunghissimi.

COME NASCE IL TUO INCONTRO CON LA TROVAROBATO? MI DESCRIVI IL PASSAGGIO DALL’EP AL DISCO?

L’intervento della Trovaro­bato è avvenuto per caso, dopo il primo con­certo a Bologna. Michele Orvi­eti e Gian­luca Giusti li conoscevo già dai tempi degli Adharma: ave­vamo reg­is­trato un disco negli studi dei Mari­posa. Il giorno del mio primo con­certo a Bologna fra il pub­blico c’era Daniele Calan­dra degli Addaman­era, un gruppo bel­lis­simo, prodotto dai Mari­posa, ma che ora non esiste più; lui passò la voce a Gian­luca e Michele, che sen­titi i pezzi, subito mi hanno con­tat­tato. Da allora sono stati una pre­senza costante ai miei con­certi. Dopo qualche tempo mi hanno dato la pos­si­bil­ità di aprire i con­certi dei Mari­posa, quindi dopo l’estate mi hanno fatto da pro­moter fino a pro­pormi di pro­durre un disco.

Trovatomi di fronte alla pos­si­bil­ità di fare un disco e volendo man­tenere il dis­corso del con­cept album, ho dovuto riflet­tere su quali altri argo­menti dover inserire per com­pletare, e non per dis­trug­gere, l’idea da cui ero par­tito con l’Ep. Ho incon­trato grosse dif­fi­coltà: avevo poco tempo e i pezzi restanti li ho scritti nelle due set­ti­mane prima di entrare in studio.

“Il Corpo Del Reato” l’ho scritta in due giorni arran­gian­dola in stu­dio: ho fatto il beat di voce, dei beat con la bat­te­ria elet­tron­ica, poi ho provato degli organetti e l’ho reg­is­trata. Quando riflet­tevo su quali altri temi trattare, dopo quei sei già fatti per l’ep, ho pen­sato che man­cava una can­zone che par­lasse del corpo. Da qui l’immagine di un corpo sull’asfalto: un corpo e un reato.

“Giugno” l’ho scritta in cinque minuti.

“Il Cic­cione” invece orig­i­nar­i­a­mente era un loop che avevo da mesi e mi piaceva tan­tis­simo; poi una sera ho improvvisato sopra il can­tato, una melo­dia in finto inglese, reg­is­trando col delay e la voce pitchata in basso, che faceva un’effetto stranis­simo, ma il testo l’ho scritto solo in stu­dio. La can­terò anche stasera per­chè mi piace molto farla dal vivo.

IL CICCIONE E’ UN PEZZO CHE ADORO. SOLITAMENTE NELLE CRITICHE NON VIENE MOLTO ELOGIATO, MA A MIO PARERE E’ DI UNO HUMOR ECCEZIONALE. ECCO, PER QUANTO RIGUARDA IL TUO SENSO DELLO HUOMUR, COME HA INFLUITO SU DI TE L’ESPERIENZA DEL CALL CENTER? HAI COMPOSTO ANCHE UN PEZZO SUL TEMA: “IL SESTO STATO”. COS’È QUESTO SESTO STATO? IO ERO RIMASTO AL QUARTO…

Per quanto riguarda il Sesto Stato, a dire la ver­ità, non saprei nem­meno io dirti cos’è di preciso.

Invece per il call cen­ter posso dirti che è una con­dizione atroce e para­dos­sale. Se ti fanno un con­tratto di quat­tro anni, come è suc­cesso a me, non puoi che esserne felice: quattro anni di con­tratto, stipen­dio assi­cu­rato ogni mese, e pensi “mi sis­temo tutte le mie cose” parafrasando la scenetta in cui Troisi gius­ti­fica Giuda.

Infatti i primi tre mesi ero stra­gen­tile con i cli­enti, m’immedesimavo nelle situ­azioni; però pian piano è suben­trata la fat­ica psi­co­log­ica nel fare quel tipo di lavoro che sostanzial­mente si riduce nel com­piere quat­tro oper­azioni, e nel ripetere anche 120 volte in 8 ore una frase: “buon­giorno sono Jacopo in che cosa posso esserle utile?”. Sem­bra niente e invece richiede un gran­dis­simo sforzo intel­let­tuale. E ti ritrovi a pas­sare le gior­nate così, a far niente. A un certo punto diventi scemo, esci di testa. Il prob­lema dei call cen­ter è che ci lavo­rano quasi tutti lau­re­ati. Le intel­li­genze, in ter­mini gram­s­ciani, sono uti­liz­zate per lavori stu­pidi. L’organizzazione del lavoro dei call cen­ter è l’emblema di una soci­età strut­turata in ter­mini anti-gramsciani. Non è ques­tione di fare l’operaio, il cameriere o chissàc­chè, è una forma nuova di lavoro: il rap­porto col prodotto del tuo lavoro è una cosa inedita. Il prodotto del tuo lavoro è il par­lare. E’ dis­cus­sione col cliente, conc­re­ta­mente; ed è una dis­cus­sione fal­satis­sima, è una non-discussione. Una cosa folle!

IN DIVERSI TESTI EMERGE UNA CRITICA ALLA SINISTRA: NE “I SUPERSTITI” E, IN PARTICOLARE, NE “IL CORPO DEL REATO”, DOVE SEMBRA CHE VITTORIA DELLA SINISTRA SI RIDUCA ALL’ORGANIZZAZIONE DI UNA SAGRA…

“Il Corpo Del Reato” è un testo super­frain­tendibile. L’ho scritto total­mente di pan­cia. Ho voluto descri­vere il con­testo sociale della mia terra, per­chè per edu­cazione e for­mazione per­son­ale non riesco a non guardare alle cose con­tes­tu­al­iz­zan­dole. Sono cresci­uto in un paesino che aveva come attiv­ità prin­ci­pale d’estate le sagre, che è una cosa bel­lis­sima, anzi. Il prob­lema è che non si fanno più le Sagre come quando la sin­is­tra aveva il 35%. Allora faceva le Sagre, adesso non le fa più. La sin­is­tra di ora…fa paura, mi fa paura. Mi spaventa più la sin­is­tra che la destra. Per­chè da gram­s­ciano sono molto più inter­es­sato alla cul­tura minori­taria, e il prob­lema della sin­is­tra è che ha perso molto cul­tural­mente negli ultimi vent’anni. A liv­ello politico non ha poi così perso, insomma, se con­sid­eri che Prodi ha bat­tuto due volte Berlus­coni; la sec­onda volta con una legge fatta da Berlus­coni stesso, che aveva capito che tirava una brutta aria. In realtà politi­ca­mente anche a liv­ello locale c’è stato un arretra­mento ma la scon­fitta mag­giore è cul­tur­ale. E a me inter­essa quello che fa la cul­tura minori­taria per lavo­rare ad un futuro che la porti ad essere cul­tura dom­i­nante. Il punto è che Berlus­coni siamo noi. È la nos­tra visione della soci­età, della parte­ci­pazione, dell’impegno politico che è berlus­coniz­za­tis­sima: figlia degli anni ’80, Berlus­coni l’ha cristal­liz­zata, le ha dato un nome, un volto e ha lib­er­ato deter­mi­nati atteggia­menti. “Il Famoso Goal Di Mano” parla di quello, è tutta una metafora del berlus­con­ismo: c’è lo sta­dio con i corpi sociali, ci sono i gio­ca­tori con i mus­coli tesi, l’arbitro vestito da vig­ile urbano, i poliziotti con mani scafiste e sor­risi da migranti. Questo è il modo in cui vedo le cose, poi non vuol dire che sia quello giusto. E quindi se devo pren­der­mela con qual­cuno, non me la prendo con la vecchina che vive in per­ife­ria ed ha visto il pro­prio quartiere diventare schi­foso da un giorno all’altro, quando non ha più un par­tito che le dice cosa sta succe­dendo nel mondo, ma lo deve capire da sola, in un vuoto di risposte, in cui arriva la Lega che le sue risposte le da, aber­ranti, ma le da. Il prob­lema è che non c’è un con­trad­dit­to­rio storico al berlusconismo.

HAI VISTO COSA E’ SUCCESSO OGGI A MIRAFIORI?

Con­siderando che si tratta di un ricatto e che la FIAT è un’azienda che ha preso una marea di soldi dallo Stato…alla fine chi ci rimette sono quei lavo­ra­tori che se non votano “Si” per­dono il posto di lavoro. Non mi sento di poter par­lare o di dire quello che sia giusto o sbagliato a nome loro. Gli altri lavo­ra­tori che facendo un dis­corso ide­al­is­tico, ide­o­logico, si trovano nella con­dizione di dire che bisogna votare per il “No”, sanno che può essere ris­chioso per chi sta in una posizione dif­fer­ente dalla loro. In tutto questo, da una parte si vede una sin­is­tra che negli ultimi trent’anni, dal punto di vista uffi­ciale, si è allon­tanata com­ple­ta­mente dal paese dal momento in cui ha com­in­ci­ato a pen­sare che fosse meglio avere due con­siglieri comu­nali piut­tosto che due case del popolo aperte, facendo quindi un errore politico-culturale; dall’altra c’è la sin­is­tra estrema, che si è arroc­cata in una posizione di dis­senso, senza sbocchi.

RITORNANDO ALLA MUSICA: QUESTA TENSIONE POLITICA E CIVILE PUÒ ESSERE TRASPOSTA A LIVELLO MUSICALE?

Dal punto di vista musi­cale non credo nell’imperativo del testo impeg­nato. Non credo che par­lando del decan­di­mento della soci­età, o dire che questo paese è una merda sia più politico che fare un disco stru­men­tale. Credo che un musicista debba fare il musicista. Le can­zoni non fanno riv­o­luzioni, non hanno nes­suna inci­denza polit­ica. Io sono orto­dosso! Per me le cose cam­biano se le sezioni di par­tito sono piene, punto! Non so cosa fac­ciano le can­zoni. So che sicu­ra­mente inci­dono sul gusto di chi le ascolta e credo che l’ambito del gusto oggi sia un ambito di resistenza. Penso che si debba fare musica con cor­ag­gio, rispet­tando il gusto “ide­o­logi­ca­mente” e com­bat­terne l’abitudine.

COME VEDI IL FUTURO DELLA MUSICA E DEL MERCATO MUSICALE DI FRONTE ALLA REALTÀ DEL FREE-DOWNLOAD?

Io sono favorevolis­simo al free-download. Questo è un momento in cui non si ven­dono dis­chi e c’è poco da fare. Però il mer­cato cam­bia, inevitabil­mente. Questa è una pos­si­bil­ità nuova: i tempi di fruizione sono cam­biati. Io ad esem­pio ascolto i dis­chi solo nell’i-pod, o prima di dormire o cam­mi­nando. Non ci sono altri momenti in cui ascolto musica.

Chi fa il musicista deve suonare molto di più rispetto a quanto faceva prima. Io adesso fac­cio solo questo; mi sono licen­zi­ato dal call cen­ter. Il numero dei con­certi che farò, nat­u­ral­mente, si baserà anche in base all’ hype. Questo sis­tema sta cam­biando, ed è bene che cambi. Quando è nato il prog­etto IoSo­noUn­Cane pen­savo di fare i “pac­chetti tem­atici gra­tu­iti”, cioè dei con­cept album che com­pren­dessero musica, video, foto, testi, e met­terli in una cartella .rar in free-download. La cosa che non mi spaventa affatto è che la fruizione passi dall’essere da “su sup­porto” a “senza sup­porto materiale”.

PROGETTI FUTURI?

A mag­gio esce un sin­golo di due pezzi inediti, free-download, che reg­istr­erò, credo intera­mente, a casa. Saranno quasi dance, molto acidi però, molto più acidi di quelli de “La Macarena Su Roma”.

GRAZIE PER LA DISPONIBILITA’!

Gra­zie a voi per l’intervista. Saluti a Beat­bear.

Gio­vanni Piccolo
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 19:31

http://www.rockshock.it/intervista-a-iosonouncane/


Oggi è ospite di RockShock una delle rivelazioni più interessanti del panorama italiano.

Un’artista che mi ha impressionato sin dai primi ascolti di canzoni come Il Corpo Del Reato, Sesto Stato, I Superstiti che si presentano come istantanee potenti, ispirate. Canzoni forti come un pugno nello stomaco, difficili da digerire.

IOSONOUNCANE è un caleidoscopio musicale che frulla cantautorato italiano, crude realtà contemporanee e riferimenti che vanno dall’elettronica al pop. Una vera e propria sorpresa.


Due chiacchere fra un tour che sta attraversando le principali città italiane e la profonda provincia.
Sperimentazioni di un’artista che con un solo album all’attivo (La Macarena Su Roma, Trovarobato) ha catalizzato l’attenzione dei media. IOSONOUNCANE è Jacopo Incani, un 28enne che dopo aver lavorato in un call center ha deciso di appendere la cornetta al chiodo e di imbracciare la chitarra per dare vita al suo progetto musicale.

Da quel momento qualcosa è cambiato. Per lui e anche per noi.

Abbiamo fatto due chiacchere con lui e questo è quello che ci siamo detti.


RockShock: Come nasce il progetto IOSONOUNCANE, qual è stato il motivo che ti ha spinto a produrre la tua musica?

IOSONOUNCANE: Dall’età di tredici anni ho sempre e solo suonato con degli amici sardi in un gruppo. Poi, per varie ragioni, il gruppo (che si chiamava Adharma) si è sciolto nel gennaio 2007 ed ho deciso di continuare da solo. Così è nato IOSONOUNCANE.

RS: Il tuo primo disco, Macarena Su Roma, ha avuto una risonanza incredibile. Effettivamente un lavoro
sorprendente. Ti aspettavi tutta questa attenzione? Avevi capito che stavi per pubblicare qualcosa di importante?


IOSONOUNCANE: Non credo che il mio disco sia importante, sinceramente. Credo sia solo un primo passo, un primo riassunto. Ovviamente son felice per l’attenzione ricevuta, ma sono proiettato altrove. Mi interessa suonare, sostanzialmente. E credo che l’importanza di un progetto stia nella (eventuale) capacità di portarlo avanti e cristallizzarlo. Su questo mi concentro, questo mi diverte: vedere dove si può arrivare musicalmente.

RS: Com’è avvenuto il contatto con la Trovarobato, interessante etichetta bolognese che ha pubblicato
il tuo album.


IOSONOUNCANE: Ci conosciamo da anni, dai tempi degli Adharma. Ci siamo incrociati, in diversi momenti, senza mai, però, avviare un sodalizio. Quando, poi, Michele e Gianluca hanno sentito quel che stavo facendo da solo, si sono subito dimostrati interessati e mi hanno proposto, direi immediatamente, di lavorare con loro.

RS: Ho ricevuto per caso una tua demo con versioni alternative a quelle ufficiali: Grandi Magazzini
Pianura e Summer on a Spiaggia affollata mi hanno sorpreso per l’irruenza e la cattiveria artistica.
Sono versioni precedenti all’uscita dell’album?


IOSONOUNCANE: Sono precedenti, si. Risalgono a circa due anni e mezzo fa. Facevano parte del “Primo pacchetto tematico gratuito” (cioè sei pezzi, poi riregistrati e inseriti nel disco, che registrai in casa e misi in freedownload). Tra quelle versioni e quelle del disco ci sono stati due anni di tantissimi concerti e pochissime prove. Li vedo come due momenti diversi. Da entrambi voglio prendere qualcosa (soprattutto per quanto riguarda il “metodo”) e buttar via tanto.

RS: Leggendo in giro i pareri sul tuo disco i riferimenti si sprecano. Da Gaber a Syd Barrett, da Battisti ad addirittura gli Animal Collective. Io in realtà ho saputo che sei un grande fan di Fabrizio De Andrè.

IOSONOUNCANE: Quei riferimenti li ho dati io, all’inizio, per giocare. Ovviamente sono riferimenti reali, cose che ho ascoltato ed ascolto ancora adesso. E, si, sono un grande fan di De Andrè. Difficile non esserlo. Ma credo mi influenzi pochissimo. Mi influenza molto meno rispetto a cose che, magari, amo con intensità sicuramente minore ma che sento più attuali, più vicine al mio linguaggio (penso soprattutto a Dalla).

RS: La scena cantautoriale italiana sta vivendo la nascita di nuovi talenti genuini: Casador, Le Luci della
Centrale Elettrica, Dente, Iosonouncane. Ti senti parte di questa fase? Di questa scena?

IOSONOUNCANE: No, assolutamente no.

RS: Hai girato l’Italia con un Tour nei club delle maggiori città, e non solo. Parlando con te mi è sembrato di capire che è stata un’esperienza toccante e impegnativa: Bologna, Napoli, Firenze, Roma. Com’è stato portare la tua musica davanti alle persone?

IOSONOUNCANE: L’Italia la sto ancora girando. E forse nei prossimi mesi la girerò ancora di più. Sicuramente si tratta di un’esperienza stupenda (in fin dei conti faccio, ora, quel che ho sempre voluto fare). Sicuramente è anche un’esperienza molto stancante (io, inoltre, non avendo la patente, mi sposto sempre in treno). I concerti variano da città a città. Capita di suonare in locali murati di gente, con un pubblico davanti che sa benissimo chi sono e conosce i pezzi; così come, anche se più raramente, capita di dover fare dei concerti davanti a pochissime persone che, magari, mi sentono per la prima volta. In certe situazioni il pubblico è attentissimo, partecipa. In altre no. In linea di massima la mia politica è quella di non far sconti. Mai e a nessuno.

RS: I tuoi testi sono un caleidoscopio dell’Italia attuale: lavori sottopagati, politiche sociali decadute,
calcio, centri commerciali e democrazia in pericolo. Che ruolo ha la musica in tutto questo?

IOSONOUNCANE: Ho scritto quei testi perché in quel preciso momento ne avevo personalmente bisogno. Per attitudine, formazione culturale, educazione, esperienze vissute, non riesco a non guardare alla Storia se non attraverso la prospettiva di un uomo o una donna, attraverso un fatto microscopico, quasi ridicolo. E viceversa. Questo credo sia il filo conduttore nella mia scrittura. Però non sposo assolutamente l’idea di una qualche utilità “politica” del far canzoni. Anzi, io credo che le canzoni facciano ben poco (e sicuramente nulla di politico). Le canzoni incidono sul gusto di chi le ascolta. Questo è ciò che fanno e non possono non fare. Detto ciò, allora, credo che quello del gusto sia un terreno di resistenza molto attuale e vitale, un terreno partigiano. Di questo son convinto e, di conseguenza, credo che rincorrere l’idea di un’arte “utile” porti a produrre roba già morta, vecchia, retorica. L’arte deve spostare in avanti il gusto, non rincorrerlo. Insomma, ci si può anche vestire di grandi intenti rivoluzionari e riempire le canzoni di retorica militante, per poi finire a suonare una roba profondamente datata e reazionaria.

RS: Quando sono venuto a vederti la prima volta dal vivo non mi aspettavo minimamente il tipo di concerto che hai poi portato sul palco. La chitarra acustica rispetto al disco perde il suo ruolo da protagonista: campionatori, elettronica, cover surreali. La sperimentazione sembra una tua prerogativa.

IOSONOUNCANE: Se non si sperimenta si è morti. Io voglio trovare il mio, non dare al pubblico quel che penso lui voglia. Ho grandissimo rispetto per il pubblico, per l’intelligenza delle persone, per il loro gusto. Non voglio aiutare le persone a sedersi.

RS: Cosa dobbiamo aspettarci quest’anno da Iosonouncane?

IOSONOUNCANE: Molti concerti e materiale inedito.

RS: Allora ci vediamo ad uno dei tuoi concerti.

IOSONOUNCANE: Grazie e buona giornata!
anna
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