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Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
2 partecipanti
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Pagina 3 di 6 • 1, 2, 3, 4, 5, 6
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
Data Originale - 17 Dicembre 2009
Riprendendo un paio di fili delle matasse precedenti...
nei primi anni '50, c'erano alcuni filoni musical-canzonettari concomintanti:
un filone di canzoni in italiano, cantate da signori cantanti dalla voce impostata, che cantavano temi standard (sempre quell...), un filone di canzoni in dialetto (soprattutto napoletano) cantate sia da ugole d'oro (A.Fierro e S. Bruni..) che da cantanti confidenziali (Murolo e T. Reno su altri, che spesso cantavano accompagnandosi con la sola chitarra..), un terzo filone scanzonato, dai temi assolutamente leggeri-disimpegnati che aveva come max rappresentante R. Carosone e le sue canzoni in napoletano che mixavano ritmi non proprio italianissimi...bensì quelli sbarcati nelle sale-ballo italiane nell'immediato dopoguerra..
In questo panorama generale, s'affaccia un giovanotto, pugliese, che inizia trasferendosi prima a To e poi a Roma (dove frequenta il centro cinematografia) e nel frattempo si automantiene canticchiando canzoni altrui e poi anche le sue...
La sua carriera inizia scrivendo-cantando in dialetto...siciliano e napoletano...anche perchè allora un cantante non con la voce impostata poteva incidere ben poco del repertorio in voga...
ed infatti quel tale inizia incidendo brani in dialetto o in altri casi sono altri che incidono canzoni sue (Io mammeta e tu la scrive con Carosone... Musetto la incide il Q. Cetra..)..
Quel ragazzo ha un paio di filoni musicali di riferimento: la canzone in dialetto con testi disimpegnati ed allegri da un lato e malinconico-popolari dall'altra.. e la canzone a tema prettamente d'amour, argomento che nelle sue canzoni a volte è espresso in dialetto e altre volte in italiano...
Se s'ascolta "U pisci spada" canzone in siciliano con la sola chitarra ...il richiamo agli ambienti musicali di Murolo risulta facile facile...
Se si ascolta "resta ccu mme"
.....si stenta a collocarla da qualche parte "anteriore":
...perchè ha un ritmo musicale discontinuo, quasi in levare come le canzoni swingate.., nel testo si fa riferimento a chi ha già avuto a che fare con amori precedenti e ci si pone nell'atteggiamento di accettarne i precedenti perchè l'amore vuol dire quello (ma quando mai prima s'era cantato questo da qualche parte?)
Se si ascolta "vecchio frac" ...versione solochitarra e voce, si stenta a credere che sia dello stesso cantante di io mammeta e tu e della donna riccia :chedici:
Eppure...quella canzone non solo appartiene al tale, ma NON somiglia a nessuna canzone precedente e...come la futura Nelbludipintodiblu....è una sequenza di istantanee fotografiche, ogni frase un minivideo, un quadro di un cartellone da cantastorie dell'ei fu..
Quel modo di scrivere e narrare una canzone come un racconto chiuso diventerà, suo malgrado, un apripista per chi in futuro si cimenterà con lo scrivere-musicare una storia, un fatto, un evento fatto di emotività e sensibilità insieme..
Personalmente - naturalmente parere personale - la canzone d'autore italiana se ha dei punti di partenza fissi, questi si collocano a metà annicinquanta,e passano per: resta ccu mme (per le canzoni intimistico-amorose) e Vecchio frac (per le canzoni che attraverso il testo vogliono disegnare un determinato periodo-frangente collettivo).
Accanto a questi due filoni, il terzo è quello che inizia con Carosone e viene ampliato da Buscaglione...ossia è quel filone che assume ritmi musicali non consueti per le melodie italiane del tempo, ma che arriva d'oltralpe e soprattutto che ha in testi demenziali-scanzonati la sua chiave distintiva.
Ora scusassero, vado a cenare e se riesco dopo scrivo papellino su Vecchiofrac ....e sinnò lo scriverò dimane
Riprendendo un paio di fili delle matasse precedenti...
nei primi anni '50, c'erano alcuni filoni musical-canzonettari concomintanti:
un filone di canzoni in italiano, cantate da signori cantanti dalla voce impostata, che cantavano temi standard (sempre quell...), un filone di canzoni in dialetto (soprattutto napoletano) cantate sia da ugole d'oro (A.Fierro e S. Bruni..) che da cantanti confidenziali (Murolo e T. Reno su altri, che spesso cantavano accompagnandosi con la sola chitarra..), un terzo filone scanzonato, dai temi assolutamente leggeri-disimpegnati che aveva come max rappresentante R. Carosone e le sue canzoni in napoletano che mixavano ritmi non proprio italianissimi...bensì quelli sbarcati nelle sale-ballo italiane nell'immediato dopoguerra..
In questo panorama generale, s'affaccia un giovanotto, pugliese, che inizia trasferendosi prima a To e poi a Roma (dove frequenta il centro cinematografia) e nel frattempo si automantiene canticchiando canzoni altrui e poi anche le sue...
La sua carriera inizia scrivendo-cantando in dialetto...siciliano e napoletano...anche perchè allora un cantante non con la voce impostata poteva incidere ben poco del repertorio in voga...
ed infatti quel tale inizia incidendo brani in dialetto o in altri casi sono altri che incidono canzoni sue (Io mammeta e tu la scrive con Carosone... Musetto la incide il Q. Cetra..)..
Quel ragazzo ha un paio di filoni musicali di riferimento: la canzone in dialetto con testi disimpegnati ed allegri da un lato e malinconico-popolari dall'altra.. e la canzone a tema prettamente d'amour, argomento che nelle sue canzoni a volte è espresso in dialetto e altre volte in italiano...
Se s'ascolta "U pisci spada" canzone in siciliano con la sola chitarra ...il richiamo agli ambienti musicali di Murolo risulta facile facile...
Se si ascolta "resta ccu mme"
.....si stenta a collocarla da qualche parte "anteriore":
...perchè ha un ritmo musicale discontinuo, quasi in levare come le canzoni swingate.., nel testo si fa riferimento a chi ha già avuto a che fare con amori precedenti e ci si pone nell'atteggiamento di accettarne i precedenti perchè l'amore vuol dire quello (ma quando mai prima s'era cantato questo da qualche parte?)
Se si ascolta "vecchio frac" ...versione solochitarra e voce, si stenta a credere che sia dello stesso cantante di io mammeta e tu e della donna riccia :chedici:
Eppure...quella canzone non solo appartiene al tale, ma NON somiglia a nessuna canzone precedente e...come la futura Nelbludipintodiblu....è una sequenza di istantanee fotografiche, ogni frase un minivideo, un quadro di un cartellone da cantastorie dell'ei fu..
Quel modo di scrivere e narrare una canzone come un racconto chiuso diventerà, suo malgrado, un apripista per chi in futuro si cimenterà con lo scrivere-musicare una storia, un fatto, un evento fatto di emotività e sensibilità insieme..
Personalmente - naturalmente parere personale - la canzone d'autore italiana se ha dei punti di partenza fissi, questi si collocano a metà annicinquanta,e passano per: resta ccu mme (per le canzoni intimistico-amorose) e Vecchio frac (per le canzoni che attraverso il testo vogliono disegnare un determinato periodo-frangente collettivo).
Accanto a questi due filoni, il terzo è quello che inizia con Carosone e viene ampliato da Buscaglione...ossia è quel filone che assume ritmi musicali non consueti per le melodie italiane del tempo, ma che arriva d'oltralpe e soprattutto che ha in testi demenziali-scanzonati la sua chiave distintiva.
Ora scusassero, vado a cenare e se riesco dopo scrivo papellino su Vecchiofrac ....e sinnò lo scriverò dimane
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
Brano di struggente malinconia, scritto nel 1955, "Vecchio frack" è uno dei capolavori di Domenico Modugno. Indimenticabile l'esecuzione dal vivo dell'artista che si accompagnava con la sola chitarra, suonando le corde con il pollice per rendere il suono più morbido.
L'ispirazione per questa ballata lirica e raffinata, che ricorda lo stile degli chansonnier francesi, è legata a un fatto di cronaca: il suicidio del Principe Raimondo Lanza di Trabia, un trentenne della nobiltà romana di grande eleganza, che era stato a lungo fidanzato con Susanna Agnelli e che, rapito dallo splendore dell'attrice Olga Villi al San Domenico di Taormina, se ne innamorò e la sposò, per poi gettarsi dalla finestra del proprio palazzo di via Sistina a Roma pochi mesi dopo il matrimonio.
Forse anche Riccardo Pazzaglia, paroliere di Modugno, che all'epoca studiava da regista al Centro Sperimentale per la Cinematografia di Roma, influenzò la composizione del brano con il suo cortometraggio sul lavoro dei netturbini romani all'alba.
L'inquadratura del corto a un certo punto si sofferma su un uomo dall'aria triste, che indossa un frac, per poi inquadrare a terra, vicino alla pala dei netturbini, un papillon.
La canzone raggiunse la vetta delle classifiche solo nel 1959, quando Modugno già si era affermato come fuori classe con "Nel blu dipinto di blu" (1958) e "Piove" (1959).
Il successo di "Vecchio frack" si diffuse ben presto in Spagna, Grecia, Argentina, Cile, Perù, Brasile e Giappone. In Francia, il brano, già tradotto come "L'homme en habit", valse a Modugno l'esordio all'Olympia, tempio parigino della chanson. Da notare anche qui come la censura proibisse ogni accenno a rapporti fisici:
nell'incisione del 1955 il verso finale non menzionava "un attimo d'amore" ma un più casto "abito da sposa primo ed ultimo suo amor".
................................
Il testo
E' giunta mezzanotte si spengono i rumori
si spegne anche l'insegna di quell'ultimo caffè
le strade son deserte, deserte e silenziose
un'ultima carrozza cigolando se ne va
il fiume scorre lento frusciando sotto i ponti
la luna splende in cielo dorme tutta la città
solo va un vecchio frack
Ha un cilindro per cappello due diamanti per gemelli
un bastone di cristallo la gardenia nell'occhiello
e sul candido gilet un papillon un papillon di seta blu
Si avvicina lentamente con incedere elegante
ha l'aspetto trasognato malinconico ed assente
non si sa da dove viene nè dove va
di chi mai sarà quel vecchio frac?
bonne nuit, bonne nuit bonne nuit
bonne nuit buonanotte
va dicendo ad ogni cosa ai fanali illuminati
ad un gatto innamorato che randagio se ne va
E' giunta ormai l'aurora si spengono i fanali
si sveglia a poco a poco tutta quanta la città
la luna si è incantata, sorpresa e impallidita,
pian piano scolorandosi nel cielo sparirà.
Sbadiglia una finestra sul fiume silenzioso
e nella luce bianca galleggiando se ne van
un cilindro, un fiore, un frac
Ha un cilindro per cappello due diamanti per gemelli
un bastone di cristallo la gardenia nell'occhiello
e sul candido gilet un papillon un papillon di seta blu
Galleggiando dolcemente e lasciandosi cullare
se ne scende lentamente sotto i ponti verso il mare
verso il mare se ne va
di chi sarà, di chi sarà quel vechio frack
adieu adieu adieu adieu vecchio mondo
ai ricordi del passato ad un sogno mai sognato
ad un attimo d'amore che mai più ritornerà
........................................
Nelle città del secondo dopoguerra, una delle cose che colpivano i "migranti campagnoli" sono proprio le strade "deserte e silenziose"...
Quel desertico silenzio è una di quelle abitudini di vita cui dovranno rinunciare ben presto.
Così come i cigolii delle carrozze erano già piu' che un ricordo...c'erano già tram e circolavano automobili e lambrette, anche se in proporzioni decisamente diverse dai decenni seguenti...
mentre tutti dormono, l'unico che non gode del sonno e della quiete notturna è quel vecchio frac (non l'uomo che lo indossa...ma l'abito...è l'abito che è il protagonista non chi lo indossò...)
E' un abito senza identità, senza appartenenza, è il modo di vivere di un periodo che ormai non trova piu' spazio e habitat tra i moderni contemporanei...ed è quel mondo che mai piu' ritornerà....che se ne va verso il mare (un luogo che se restituisce restituisce brandelli e non interi..)
Sbadiglia una finestra.....ogni volta che canto questa parte io la vedo una finestra che si socchiude svogliata...una di quelle imposte che nelle mattine invernali tutti proviamo ad aprire controvoglia....ed è controvoglia che da quella finestra si intravvede quel che sta per andarsene e non tornare piu'...e non lo si guarda nè con sollievo, nè con senso liberatorio....ma con la certezza di sapere benissimo cosa non ci sarà piu'....e di non sapere un acca di quello che ci sarà...
Chi aveva 20 anni in quel periodo,aveva diffusamente quella sensazione ..di sapere benissimo cosa non ci sarebbe stato piu'..ma di avere addosso una gran fretta per trovarsi dentro qualcosa che si stava per affermare...
Vecchio frac è una canzone in sospeso...d'attesa...e chissà perchè a me fa sempre venire in mente il vagabondone di Charlot che se ne va spalle alle telecamera....
chissà perchè, sono due immagini che per me si sovrappongono: l'una richiama l'altra con una forza che solo il biancoenero sa avere...per non parlare del tamburellare delle dita sulla chitarra..un'incisività che non ti scordi manco a martellate.
L'ispirazione per questa ballata lirica e raffinata, che ricorda lo stile degli chansonnier francesi, è legata a un fatto di cronaca: il suicidio del Principe Raimondo Lanza di Trabia, un trentenne della nobiltà romana di grande eleganza, che era stato a lungo fidanzato con Susanna Agnelli e che, rapito dallo splendore dell'attrice Olga Villi al San Domenico di Taormina, se ne innamorò e la sposò, per poi gettarsi dalla finestra del proprio palazzo di via Sistina a Roma pochi mesi dopo il matrimonio.
Forse anche Riccardo Pazzaglia, paroliere di Modugno, che all'epoca studiava da regista al Centro Sperimentale per la Cinematografia di Roma, influenzò la composizione del brano con il suo cortometraggio sul lavoro dei netturbini romani all'alba.
L'inquadratura del corto a un certo punto si sofferma su un uomo dall'aria triste, che indossa un frac, per poi inquadrare a terra, vicino alla pala dei netturbini, un papillon.
La canzone raggiunse la vetta delle classifiche solo nel 1959, quando Modugno già si era affermato come fuori classe con "Nel blu dipinto di blu" (1958) e "Piove" (1959).
Il successo di "Vecchio frack" si diffuse ben presto in Spagna, Grecia, Argentina, Cile, Perù, Brasile e Giappone. In Francia, il brano, già tradotto come "L'homme en habit", valse a Modugno l'esordio all'Olympia, tempio parigino della chanson. Da notare anche qui come la censura proibisse ogni accenno a rapporti fisici:
nell'incisione del 1955 il verso finale non menzionava "un attimo d'amore" ma un più casto "abito da sposa primo ed ultimo suo amor".
................................
Il testo
E' giunta mezzanotte si spengono i rumori
si spegne anche l'insegna di quell'ultimo caffè
le strade son deserte, deserte e silenziose
un'ultima carrozza cigolando se ne va
il fiume scorre lento frusciando sotto i ponti
la luna splende in cielo dorme tutta la città
solo va un vecchio frack
Ha un cilindro per cappello due diamanti per gemelli
un bastone di cristallo la gardenia nell'occhiello
e sul candido gilet un papillon un papillon di seta blu
Si avvicina lentamente con incedere elegante
ha l'aspetto trasognato malinconico ed assente
non si sa da dove viene nè dove va
di chi mai sarà quel vecchio frac?
bonne nuit, bonne nuit bonne nuit
bonne nuit buonanotte
va dicendo ad ogni cosa ai fanali illuminati
ad un gatto innamorato che randagio se ne va
E' giunta ormai l'aurora si spengono i fanali
si sveglia a poco a poco tutta quanta la città
la luna si è incantata, sorpresa e impallidita,
pian piano scolorandosi nel cielo sparirà.
Sbadiglia una finestra sul fiume silenzioso
e nella luce bianca galleggiando se ne van
un cilindro, un fiore, un frac
Ha un cilindro per cappello due diamanti per gemelli
un bastone di cristallo la gardenia nell'occhiello
e sul candido gilet un papillon un papillon di seta blu
Galleggiando dolcemente e lasciandosi cullare
se ne scende lentamente sotto i ponti verso il mare
verso il mare se ne va
di chi sarà, di chi sarà quel vechio frack
adieu adieu adieu adieu vecchio mondo
ai ricordi del passato ad un sogno mai sognato
ad un attimo d'amore che mai più ritornerà
........................................
Nelle città del secondo dopoguerra, una delle cose che colpivano i "migranti campagnoli" sono proprio le strade "deserte e silenziose"...
Quel desertico silenzio è una di quelle abitudini di vita cui dovranno rinunciare ben presto.
Così come i cigolii delle carrozze erano già piu' che un ricordo...c'erano già tram e circolavano automobili e lambrette, anche se in proporzioni decisamente diverse dai decenni seguenti...
mentre tutti dormono, l'unico che non gode del sonno e della quiete notturna è quel vecchio frac (non l'uomo che lo indossa...ma l'abito...è l'abito che è il protagonista non chi lo indossò...)
E' un abito senza identità, senza appartenenza, è il modo di vivere di un periodo che ormai non trova piu' spazio e habitat tra i moderni contemporanei...ed è quel mondo che mai piu' ritornerà....che se ne va verso il mare (un luogo che se restituisce restituisce brandelli e non interi..)
Sbadiglia una finestra.....ogni volta che canto questa parte io la vedo una finestra che si socchiude svogliata...una di quelle imposte che nelle mattine invernali tutti proviamo ad aprire controvoglia....ed è controvoglia che da quella finestra si intravvede quel che sta per andarsene e non tornare piu'...e non lo si guarda nè con sollievo, nè con senso liberatorio....ma con la certezza di sapere benissimo cosa non ci sarà piu'....e di non sapere un acca di quello che ci sarà...
Chi aveva 20 anni in quel periodo,aveva diffusamente quella sensazione ..di sapere benissimo cosa non ci sarebbe stato piu'..ma di avere addosso una gran fretta per trovarsi dentro qualcosa che si stava per affermare...
Vecchio frac è una canzone in sospeso...d'attesa...e chissà perchè a me fa sempre venire in mente il vagabondone di Charlot che se ne va spalle alle telecamera....
chissà perchè, sono due immagini che per me si sovrappongono: l'una richiama l'altra con una forza che solo il biancoenero sa avere...per non parlare del tamburellare delle dita sulla chitarra..un'incisività che non ti scordi manco a martellate.
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
In nota aggiungo una breve biografia online di Modugno
Da questo link si può accedere al video di un'intervista tv del 1962, in cui D. Modugno risponde a domande sui suoi inizi carriera e spiega brevemente COME NASCE UNA CANZONE..
VideoIntervista tv a Modugno del 1962..
* * * * * *
Resta ccu me
Ammore...Ammore...Ammore...
Dimme tu che ll' aggi' 'a di',
dimme tu comme aggi' 'a fa
stasera,
dimane
pe' 'a fa restà...
Resta cu' mme
pe' carità,
statte cu' mme
nun me lassà.
Famme penà,
famme 'mpazzì,
famme dannà,
ma dimme si.
Moro pe' tte,
vivo pe' tte,
vita d' 'a vita mia.
Nun me 'mporta d'o passato,
nun me 'mporta 'e chi t'avuto,
resta cu' mme, cu' mme.
1957. Domenico Modugno invia uno spartito nel camerino di Dino Verde, a Milano con uno spettacolo teatrale. Nascono così, scritti di getto, i versi in napoletano che cantano un amore tormentato in forma di preghiera alla donna amata, culminanti in un grido di disperazione. La censura Rai non risparmia i versi appassionati di Dino Verde ed impone la sostituzione dei sospetti "Nun me 'mporta d'o passato, / nun me 'mporta 'e chi t'avuto" - che adombrano il tema della verginità perduta - in un più casto "Nun me 'mporta si 'o passato / sulo lacrime m'ha dato".
La canzone, inclusa nella colonna sonora del film di Luigi Comencini "Mariti in città" (in cui recita anche la moglie di Modugno, Franca Gandolfi), ottiene un buon successo di pubblico. La versione interpretata da Roberto Murolo raggiunge il decimo posto nelle classifiche. Nel 1976 è Marcella a riproporre il brano, mentre restano nella storia le interpretazioni di Mina e di Ornella Vanoni. Molti anni dopo, nel 1994, è di nuovo Murolo a riproporre "Resta cu'mme" in duetto con Lina Sastri. Nel 2002 Renzo Arbore traduce il brano in inglese "Stay here with me", nell'album "Tonite! Renzo swing!".
* * * *
Ho trovato online un videoaudio con la versione di Murolo che per me chiude il cerchio, ossia riassorbe nella trad. melodica napoletana classica una canzone che ha un testo assolutamente lontano dalla consuetudine canzonettara anni 50 e oltre: "nun m'emporta do passato, nun m'emporta e chi t'ha avut.."...come dire, i rapporti d'amore iniziano a svincolarsi (almeno nelle parole di una canzone) dalla mentalità e dalle convenzioni in piena impermeabilità.
http://video.libero.it/app/play?id=2e33c40b9a2005fd35532e4333c99b31
- Spoiler:
Biografia tratta da qui
Domenico Modugno è considerato il padre dei cantautori italiani e come autore interprete è tra i più grandi d'Europa.
Nacque il 9 gennaio 1928 a Polignano a Mare (Bari), un paesino dalle case bianche a picco sul mare.
Dal padre Cosimo comandante del Corpo delle Guardie Municipali a San Pietro Vernotico (BR), imparò fin da piccolo a suonare la chitarra e la fisarmonica ed ereditò una grande passione per la musica, componendo la sua prima canzone a 15 anni.
Insoddisfatto della vita di paese, a 19 anni scappò di casa e andò a Torino, la città più a nord d'Italia, dove si adattò a fare il gommista in una fabbrica.
Ritornato al paese per fare il servizio militare, ripartì per Roma dove pur d'iniziare la sua carriera artistica si mise a fare ancora una volta i più umili mestieri.Partecipò al concorso per attori al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove fu ammesso e dove, successivamente, vinse la borsa di studio quale migliore allievo della sezione di recitazione.
Nel 1951, ancora allievo, prese parte al film "Filumena Marturano" di Eduardo De Filippo e nel 1952 a "Carica eroica" di De Robertis dove interpretava la parte di un soldato siciliano che canta la "Ninna Nanna" ad una bambina. E' da questo episodio che nacque la leggenda del "Modugno siciliano".
Sempre nel 1952 è "attore giovane" in teatro nel "Il borghese gentiluomo" di Molière (Compagnia Tatiana Pavlova) e prende parte ai films " Anni facili" di Zampa (1953) e all'episodio "La giara" con Turi Pandolfini e Franca Gandolfi, del film di Giorgio Pàstina "QUESTA E' LA VITA" (1954).
Nel 1953 si presentò al concorso musicale radiofonico "Trampolino" e dopo prese parte alla trasmissione "Radioclub" in onore di Frank Sinatra.
Fu allora che Fulvio Palmieri della Rai gli offrì una serie di trasmissioni radiofoniche intitolate "Amuri... Amuri" della quale egli stesso scriveva i testi ed in cui faceva il regista e, insieme a Franca Gandolfi, l'attore e persino il rumorista.
Durante questo periodo, compose molte canzoni in dialetto pugliese (di San Pietro Vernotico) e in siciliano ispirandosi al folclore pugliese e siciliano.Minatori, pescatori, storie d'amore di pesci spada innamorati, fedeli fino alla morte nel massacro della tonnara, di cavalli diventati ciechi e spinti a morire nel gran sole rovente dopo il buio delle miniere. Questi erano i personaggi delle sue prime canzoni che destarono e destano tuttora, interesse presso la critica.
Le canzoni di quel periodo furono: "LU PISCE SPADA", "LU MINATURI", "LA SVEGLIETTA", "LA DONNA RICCIA", "LU SCICCAREDDU 'MBRIACU", "ATTIMU D'AMURI",etc.
Nella stagione teatrale 1955/1956 recitò al Piccolo Teatro di Milano in "ITALIA, SABATO SERA" di A. Contarello regia di Franco Parenti - Jacques Lecoq e nel "Il Diluvio" di Ugo Betti.
Nel 1957 vinse il II premio al Festival della Canzone Napoletana con "LAZZARELLA" (cantata da Aurelio Fierro) che gli portò il successo popolare. Ad essa seguirono: "SOLE, SOLE, SOLE", "STRADA 'NFOSA" "RESTA CU MME" "NISCIUNO PO' SAPE'" "IO, MAMMETA E TU" etc. che rimodernarono lo stile della canzone napoletana.
Nel 1958 partecipò al Festival della Prosa a Venezia nella commedia di Antonio Aniante "LA ROSA DI ZOLFO" per la regia di Enriquez.
Nello stesso anno partecipò al festival della Canzone Italiana a Sanremo con "NEL BLU DIPINTO DI BLU", coautore Franco Migliacci, che vinse il primo premio e rivoluzionò la canzone italiana e dette inizio al boom della vendita discografica italiana fino ad allora molto bassa.
"Volare" fu tradotta in tutte le lingue, fu in testa alle classifiche di tutto il mondo, anche in America del Nord, in cui si vendettero milioni e milioni di copie tanto che nel 1958 gli furono assegnati due Grammy Awards, uno come disco dell'anno e uno come canzone dell'anno 1958.
Anche il Cash Box Bilboard gli conferì l'Oscar per la migliore canzone dell'anno e ricevette in dono dalle industrie musicali tre dischi d'oro, uno per il migliore cantante, uno per la migliore canzone e uno per il disco più venduto.
Nel corso di una tournée gli furono offerte le chiavi di Washington e la stella di sceriffo di Atlantic City. Per quattro mesi ininterrottamente gli altoparlanti di Broadway e le stazioni radio suonarono le originali note di "VOLARE".
Modugno ha attraversato l'Atlantico decine di volte: tutti gli Stati del Sud e del Nord America lo hanno visto e sentito le sue canzoni, dalla viva voce.
A Caracas, ad uno spettacolo in cui Modugno cantò al Coney Island, é stata raggiunta la punta massima di 121.000 presenze.
Furono molti i successi discografici ed editoriali di quel periodo, come "L'uomo in frack", "Notte di luna calante", "Io" (che è stata incisa come "Ask me" da Elvis Presley) etc.
Nel 1959 rivinse il primo premio del Festival di Sanremo con "PIOVE" (Ciao, ciao bambina) e nel 1960 il secondo con la canzone "LIBERO".
Nel 1961 dopo un anno di inattività per un incidente avuto, debuttò come protagonista nella commedia musicale "RINALDO IN CAMPO" di Garinei e Giovannini, di cui compose anche tutte le musiche e che fu definito: "Il più grosso successo teatrale di tutti i tempi avvenuto in Italia", registrando record d'incassi mai raggiunti in questo campo.
"RINALDO IN CAMPO" ha rappresentato l'Italia al Festival Internazionale del Teatro in Francia, con enorme successo di critica.
In questo spettacolo tra le altre ci sono le canzoni "SE DIO VORRA'", "NOTTE CHIARA", "TRE BRIGANTI E, TRE SOMARI" e "LA BANDIERA" che viene insegnata ai bambini di molte scuole elementari italiane.
Nel 1962 rivinse il primo premio al Festival di Sanremo con la canzone "ADDIO..., ADDIO..." cui seguirono "GIOVANE AMORE" e "STASERA PAGO IO".
Nel 1963 si cimenta nella regia cinematografica del film "TUTTO E' MUSICA".
Nel 1963 lo ritroviamo in teatro nel dramma - storico - musicale "TOMMASO D'AMALFI" di Eduardo De Filippo.
Nel 1964 vince il Festival di Napoli con "Tu si' 'na cosa grande".
Nel 1965 in televisione interpreta il ruolo di "SCARAMOUCHE" nell'omonimo sceneggiato per la regia di Daniele Danza e di cui compone tutte le musiche.
Nel 1966 vince ancora una volta il primo premio del Festival di Sanremo con la canzone "DIO, COME TI AMO".
Dopodiché interpretò "LIOLA''" di Luigi Pirandello per la regia di Giorgio Prosperi (1968).
Nel 1973 - 1974 - 1975 fu Mackie Messer nella "OPERA DA TRE SOLDI" di Bertold Brecht e Kurt Weill per la regia di Giorgio Sthreler, produzione Piccolo Teatro Di Milano.
Nel 1972 fu in televisione nello sceneggiato televisivo "IL MARCHESE DI ROCCAVERDINA" di Luigi Capuana regia di Edmo Fenoglio; nel 1977 "DON GIOVANNI IN SICILIA" di Vitaliano Brancati.
Nel 1978 ritornò alla commedia musicale con "Cyrano" di Riccardo Pazzaglia tratto da "Cyrano de Bergerac" di Edmond Rostand.
Nel 1984 fu ancora in televisione con lo sceneggiato "WESTERN DI COSE NOSTRE" tratto da un racconto di Leonardo Sciascia sceneggiato da Andrea Camilleri per la regia di Pino Passalacqua.
Appassionato di poesia musicò "LE MORTE CHITARRE" e "ORA CHE SALE IL GIORNO" di Salvatore Quasimodo.
Per Pasolini musicò "COSA SONO LE NUVOLE" che canta nell'episodio omonimo del film "Capriccio all'italiana".
Nei suoi rapporti con il cinema non bisogna dimenticarsi dei films "EUROPA DI NOTTE" di Alessandro Blasetti dove tra le altre canta anche "SOLE, SOLE, SOLE" testo di Riccardo Pazzaglia, "NEL BLU DIPINTO DI BLU" di Piero Tellini, "LO SCOPONE SCIENTIFICO" di Luigi Comencini e del "IL GIUDIZIO UNIVERSALE" di De Sica dove fornisce una prova notevole di attore e interprete cantando "'NA MUSICA" coautore A. Pugliese.
Nel 1974 partecipò alla campagna sul divorzio del P.S.I., componendo per l'occasione la canzone "L'ANNIVERSARIO" su parole di Iaia Fiastri.
Nel 1984 durante le prove della trasmissione di Canale 5 "LA LUNA DEL POZZO", un ictus lo menomerà nella parola e nei movimenti, ma non nello spirito.
Nel 1986 si iscrisse al Partito Radicale e fu eletto deputato nelle liste radicali il 15 giugno 1987 nella circoscrizione di Torino Novara Vercelli.
Fu molto attivo nella battaglie civili, soprattutto quelle a favore dei più deboli.
Nel 1989 si batté contro le condizioni disumane dei pazienti dell'ospedale psichiatrico di Agrigento, tenendo anche un concerto in loro favore "CONCERTO PER NON DIMENTICARE", che fu il primo dopo la malattia.
Nel 1990 fu eletto sempre ad Agrigento Consigliere Comunale.
Nel 1991 fu nuovamente aggredito dalla malattia, ma nonostante questo nel 1993 incise il disco "DELFINI" insieme con suo figlio Massimo.
Muore a Lampedusa il 6 Agosto 1994 nella sua casa davanti al mare.
Da questo link si può accedere al video di un'intervista tv del 1962, in cui D. Modugno risponde a domande sui suoi inizi carriera e spiega brevemente COME NASCE UNA CANZONE..
VideoIntervista tv a Modugno del 1962..
* * * * * *
Resta ccu me
Ammore...Ammore...Ammore...
Dimme tu che ll' aggi' 'a di',
dimme tu comme aggi' 'a fa
stasera,
dimane
pe' 'a fa restà...
Resta cu' mme
pe' carità,
statte cu' mme
nun me lassà.
Famme penà,
famme 'mpazzì,
famme dannà,
ma dimme si.
Moro pe' tte,
vivo pe' tte,
vita d' 'a vita mia.
Nun me 'mporta d'o passato,
nun me 'mporta 'e chi t'avuto,
resta cu' mme, cu' mme.
1957. Domenico Modugno invia uno spartito nel camerino di Dino Verde, a Milano con uno spettacolo teatrale. Nascono così, scritti di getto, i versi in napoletano che cantano un amore tormentato in forma di preghiera alla donna amata, culminanti in un grido di disperazione. La censura Rai non risparmia i versi appassionati di Dino Verde ed impone la sostituzione dei sospetti "Nun me 'mporta d'o passato, / nun me 'mporta 'e chi t'avuto" - che adombrano il tema della verginità perduta - in un più casto "Nun me 'mporta si 'o passato / sulo lacrime m'ha dato".
La canzone, inclusa nella colonna sonora del film di Luigi Comencini "Mariti in città" (in cui recita anche la moglie di Modugno, Franca Gandolfi), ottiene un buon successo di pubblico. La versione interpretata da Roberto Murolo raggiunge il decimo posto nelle classifiche. Nel 1976 è Marcella a riproporre il brano, mentre restano nella storia le interpretazioni di Mina e di Ornella Vanoni. Molti anni dopo, nel 1994, è di nuovo Murolo a riproporre "Resta cu'mme" in duetto con Lina Sastri. Nel 2002 Renzo Arbore traduce il brano in inglese "Stay here with me", nell'album "Tonite! Renzo swing!".
* * * *
Ho trovato online un videoaudio con la versione di Murolo che per me chiude il cerchio, ossia riassorbe nella trad. melodica napoletana classica una canzone che ha un testo assolutamente lontano dalla consuetudine canzonettara anni 50 e oltre: "nun m'emporta do passato, nun m'emporta e chi t'ha avut.."...come dire, i rapporti d'amore iniziano a svincolarsi (almeno nelle parole di una canzone) dalla mentalità e dalle convenzioni in piena impermeabilità.
http://video.libero.it/app/play?id=2e33c40b9a2005fd35532e4333c99b31
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
Il riferimento a Fred Buscaglione, voglio invece iniziarlo copiaincollandovi i Titoli delle sue canzoni:
'A coda 'e cavallo
Al chiar di luna porta fortuna
Amare un altra
Apri la porta Tommaso
A qualcuno piace Fred
Armen's theme
Astermambo
Le bambole d'Italia
Bocca rosa
Boccuccia di rosa
Bonsoir Jolie madame Trénet
Buonasera
La cambiale
Carina
Cha cha cha de los carinosos
Che bambola
Che bella cosa che sei
Che notte
Ciao Joe
Cielo dei bars
5-10-15 hours
Cocco bello
Colonel Bogey
Come prima
Con tutto il cuore
Cos'e' un bacio
Criminalmente bella
Dixieland '53
Donna di nessuno
Dors mon amour
Il dritto di Chicago
Eri piccola cosi'
Fantastica
Five'o clock rock
Frankie and Johnny Colt
Giorgio
Guarda che luna
Habana
I love you forestiera
Io
Io piaccio
Juke box
Julia
Lasciati baciare
Let's bop
Lontano da te
Love in Portofino
Magic moments
Making whoopee
Margie
Mariagiuana
Mia cara Venezia
La mia piccola pena
Mi sei rimasta negli occhi
Mister Sandman
Il moralista
Moreto moreto
Nel blu, dipinto di blu
Night train rock
Niente visone
Ninna nanna del duro
Noi duri
Non e' cosi'
Non partir
Non potrai dimenticare
Non sei bellissima
Ogni notte cosi'
Parlami d'amore Mariu'
Pensa ai fatti tuoi
Pericolosissima
Piangi
Piove
Pity pity
Porfirio Villarosa
Ricordati di Rimini
Rififi'
Rock right
Sei chic
Sei donna
Senora Santos
Senza sogni
Sgancia e pedala
Siamo gli evasi
Siero di Strokomogoloff
Silbando Mambo
Si son rotti i Platters
Sofisticata
Sogno d'estate
Strade
Lo stregone
Supermolleggiata
Tango delle capinere
La tazza di te'
Teresa non sparare
Terziglia
Too marvelous for words
La trifola
Troviamoci domani a Portofino
Tu che ne dici?
Non devi farlo piu'
Una sigaretta
Un piccolo bacio
Vecchio boxeur
Voglio scoprir l'America
Vuoi
Whisky facile
Basta scorrere i soli titoli per sentirsi di buonumore, leggeri, disincantati, nessun titolo fa pensare all'ovvio, a temi banalotti triti e ritriti...già detti e già sentiti...
E' per questo che per me Buscaglione non somiglia ad altri, e insieme a Carosone è in qualche modo il papà-ispiratore delle canzonette dai testi sorridenti ma non usuali...ed è attraverso quelle canzoni che una parte dei ritmi musicali non legati alla tradizione italiana, ma in parte jazzati e in parte acquisiti dalla canzone francese in voga all'epoca, entrano a far parte del DNA cantautorale di questo paese.
http://web.tiscali.it/fredbuscaglione/
Allego anche la biografia di Fred ..
Classe 1921, nato a Torino il 23 Novembre, fin da piccolo sente la musica nel sangue, cosi' il Conservatorio Giuseppe Verdi e' la prima tappa di preparazione. Ma la sua passione e' il jazz. A 15 anni, per pagarsi gli studi, lo troviamo mentre suona il contrabbasso in piccole formazioni locali come quella del maestro Gino Filippini dell'Hotel Ligure di Torino. Frequenta locali notturni (i famosi "night") ed e' qui che conosce Leo Chiosso (allora studente universitario) che in seguito sara' l'autore dei versi delle sue canzoni piu' famose.
Per sbarcare il lunario suona anche il violino e canta come interprete di standard jazz. A 17 anni e' ormai musicista richiestissimo in Torino e dintorni, ma arriva la chiamata alle armi. Nel 1943, catturato dalle truppe americane e' internato in un campo in Sardegna. Fred non manca di iniziativa ed entra a far parte della band militare che trasmette dalla radio alleata di Cagliari. Finita la guerra torna a Torino e riprende la sua solita vita di musicista a serata. Nel 1946 il fisarmonicista Germonio lo vuole con se nella sua formazione che si ispira al jazz di Count Basie. E' questo il periodo in cui si mette a scrivere le prime canzoni con Leo Chiosso. Ormai e' considerato artista di talento e non si contano le scritture in Italia ed all'estero: talvolta con formazioni altrui, talvolta con gruppi da lui costituiti, in ogni caso sempre con musicisti di spessore. E' proprio durante un ingaggio al Cecile di Lugano che incontra la donna della sua vita: Fatima Ben Embarek, una 18enne marocchina che si cimentava in numeri di alta acrobazia e contorsionismo nel TRIO ROBIN's (gli altri due componenti erano suo padre Mohamed ex colonello dell'esercito francese e sua sorella maggiore Aisha) Fatima nata casualmente a Dresda era una bellissima brunetta dagli ardenti occhi neri su un volto tondo e ben in carne e con una bellissima voce.
Leo Chiosso intanto insiste perche' Fred incida le canzoni che hanno scritto insieme. Ad introdurli nel mondo discografico e' Gino Latilla, anche lui torinese, per il quale la coppia ha scritto "Tchumbala-Bey". Gia' dai primi brani viene delineandosi il personaggio che Fred deve interpretare: il duro dal cuore tenero, una sorta di Clark Gable made in italy, rubacuori, sciupafemmine, messo pero' alle corde da maggiorate esplosive. L'idea piace al pubblico, anzi ha davvero un esito strepitoso: "Che bambola" vende 980mila copie senza nemmeno un battage pubblicitario. Per il musicista jazz con la "voce di carta di vetro" inizia il periodo del grande successo: non c'e' locale esclusivo che non voglia accaparrarselo almeno per una serata. Le sue esibizioni sono delle vere e proprie performance da cabaret, in piu' gli strumentisti che lo accompagnano (gli Asternovas) sono di tutto rispetto e di rimando i dischi si vendono alla grande tanto che Fred Buscaglione si puo' considerare il campione del primo vero boom discografico italiano.
La ricetta del successo e' chiara: il musicista torinese mette in scena stereotipi del cinema americano, tanto per intenderci i personaggi dei musical alla "Bulli & Pupe" o se preferite dei polizieschi alla Mike Hammer. Il nostro mette su un delisioso teatrino di bulli & pupe nostrani e da vita ad un universo canoro ispirato con evidenza a Damon Runyon. Brani che ce lo presentano di volta in volta come Dave lo Sciccoso, Cielo Masterson, Nathan Detroit, improbabili gangester chicagoani o newyorkesi, spietati coi nemici e sensibili al fascino femminile. Con quell'aria scanzonata da attore consumato mentre la voce ,quasi recitante, scivola su ritmi jazz di presa immediata. Strepitoso, mai sentito prima e impossibile da replicare, in seguito, se non come parodia dello stesso Fred! Incredibile anche l'immedesimazione fisica di Buscaglione con i testi delle canzoni, tanto da far pensare che qualche cromosoma dei personaggi stile Chicago anni '30 facesse parte del suo DNA.
E i succesi? Eccoli: preceduta dal fischio "Che bambola" (1956), "Teresa non sparare" (1957), "Eri piccola cosi'" (1958) e poi "Guarda che luna", "Porfirio Villarosa" (quello che faceva il manovale alla Viscosa!), "Whisky facile"...Anche la telvsione , la pubblicita' e il cinema lo vogliono, e lui accondiscende riproponendo il suo cliche' di duro. Una vita al massimo, insomma, sia nella finzione che nella realta', ma proprio mentre e' all'apice della parabola la morte lo ghermisce all'alba, alle 6,20 di un freddo mercoledi' qualsiasi del 3 Febbraio del 1960 mandando la sua Thunderbird rosa confetto a schiantarsi contro un camion carico di tufo in una strada del quartiere romano dei Parioli. In mille frangenti Fred si era accasciato a terra colpito dalle micidiali pallottole sparate dalle sue "bambole", e in altrettante occasioni era stato fulminato dalle scariche del fucile della sua Teresa o bersagliato da decine di pugni alla Rocky Marciano di splendide ragazze "modello 103" sempre si era rialzato, piu' vivo e divertito che mai, con stampata sulla bocca l'abituale e fragorosa risata che metteva in pericolo il mozzicone di sigaretta e l'equilibrio del bicchiere rigorosamente stracolmo di wisky. In quella circostanza invece, gli era andato tutto storto: cio' che era successo in quell'alba maledetta si rivelo' drammaticamente reale e irrimediabile. Poco prima, forse col cuore gonfio d'amarezza per essersi separato dall'amata moglie Fatima aveva scritto della disperazione lieve che abita le prime luci del mattino in una strofa di "Nei cieli dei bar", melodia fra le sue piu'struggenti:
"Ci vediamo al fondo di un bicchiere/
fino a quando l'alba nel cielo tornera'/
e nell'alba disperata/ sara' triste rincasare/
per attendere la notte/ e poterti ritrovare/
al fondo di un bicchiere/ nel cielo dei bar."
Tutto il resto, ci pare, e' silenzio...
velocemente su youtube trovato solo ..questo
'A coda 'e cavallo
Al chiar di luna porta fortuna
Amare un altra
Apri la porta Tommaso
A qualcuno piace Fred
Armen's theme
Astermambo
Le bambole d'Italia
Bocca rosa
Boccuccia di rosa
Bonsoir Jolie madame Trénet
Buonasera
La cambiale
Carina
Cha cha cha de los carinosos
Che bambola
Che bella cosa che sei
Che notte
Ciao Joe
Cielo dei bars
5-10-15 hours
Cocco bello
Colonel Bogey
Come prima
Con tutto il cuore
Cos'e' un bacio
Criminalmente bella
Dixieland '53
Donna di nessuno
Dors mon amour
Il dritto di Chicago
Eri piccola cosi'
Fantastica
Five'o clock rock
Frankie and Johnny Colt
Giorgio
Guarda che luna
Habana
I love you forestiera
Io
Io piaccio
Juke box
Julia
Lasciati baciare
Let's bop
Lontano da te
Love in Portofino
Magic moments
Making whoopee
Margie
Mariagiuana
Mia cara Venezia
La mia piccola pena
Mi sei rimasta negli occhi
Mister Sandman
Il moralista
Moreto moreto
Nel blu, dipinto di blu
Night train rock
Niente visone
Ninna nanna del duro
Noi duri
Non e' cosi'
Non partir
Non potrai dimenticare
Non sei bellissima
Ogni notte cosi'
Parlami d'amore Mariu'
Pensa ai fatti tuoi
Pericolosissima
Piangi
Piove
Pity pity
Porfirio Villarosa
Ricordati di Rimini
Rififi'
Rock right
Sei chic
Sei donna
Senora Santos
Senza sogni
Sgancia e pedala
Siamo gli evasi
Siero di Strokomogoloff
Silbando Mambo
Si son rotti i Platters
Sofisticata
Sogno d'estate
Strade
Lo stregone
Supermolleggiata
Tango delle capinere
La tazza di te'
Teresa non sparare
Terziglia
Too marvelous for words
La trifola
Troviamoci domani a Portofino
Tu che ne dici?
Non devi farlo piu'
Una sigaretta
Un piccolo bacio
Vecchio boxeur
Voglio scoprir l'America
Vuoi
Whisky facile
Basta scorrere i soli titoli per sentirsi di buonumore, leggeri, disincantati, nessun titolo fa pensare all'ovvio, a temi banalotti triti e ritriti...già detti e già sentiti...
E' per questo che per me Buscaglione non somiglia ad altri, e insieme a Carosone è in qualche modo il papà-ispiratore delle canzonette dai testi sorridenti ma non usuali...ed è attraverso quelle canzoni che una parte dei ritmi musicali non legati alla tradizione italiana, ma in parte jazzati e in parte acquisiti dalla canzone francese in voga all'epoca, entrano a far parte del DNA cantautorale di questo paese.
http://web.tiscali.it/fredbuscaglione/
Allego anche la biografia di Fred ..
Classe 1921, nato a Torino il 23 Novembre, fin da piccolo sente la musica nel sangue, cosi' il Conservatorio Giuseppe Verdi e' la prima tappa di preparazione. Ma la sua passione e' il jazz. A 15 anni, per pagarsi gli studi, lo troviamo mentre suona il contrabbasso in piccole formazioni locali come quella del maestro Gino Filippini dell'Hotel Ligure di Torino. Frequenta locali notturni (i famosi "night") ed e' qui che conosce Leo Chiosso (allora studente universitario) che in seguito sara' l'autore dei versi delle sue canzoni piu' famose.
Per sbarcare il lunario suona anche il violino e canta come interprete di standard jazz. A 17 anni e' ormai musicista richiestissimo in Torino e dintorni, ma arriva la chiamata alle armi. Nel 1943, catturato dalle truppe americane e' internato in un campo in Sardegna. Fred non manca di iniziativa ed entra a far parte della band militare che trasmette dalla radio alleata di Cagliari. Finita la guerra torna a Torino e riprende la sua solita vita di musicista a serata. Nel 1946 il fisarmonicista Germonio lo vuole con se nella sua formazione che si ispira al jazz di Count Basie. E' questo il periodo in cui si mette a scrivere le prime canzoni con Leo Chiosso. Ormai e' considerato artista di talento e non si contano le scritture in Italia ed all'estero: talvolta con formazioni altrui, talvolta con gruppi da lui costituiti, in ogni caso sempre con musicisti di spessore. E' proprio durante un ingaggio al Cecile di Lugano che incontra la donna della sua vita: Fatima Ben Embarek, una 18enne marocchina che si cimentava in numeri di alta acrobazia e contorsionismo nel TRIO ROBIN's (gli altri due componenti erano suo padre Mohamed ex colonello dell'esercito francese e sua sorella maggiore Aisha) Fatima nata casualmente a Dresda era una bellissima brunetta dagli ardenti occhi neri su un volto tondo e ben in carne e con una bellissima voce.
Leo Chiosso intanto insiste perche' Fred incida le canzoni che hanno scritto insieme. Ad introdurli nel mondo discografico e' Gino Latilla, anche lui torinese, per il quale la coppia ha scritto "Tchumbala-Bey". Gia' dai primi brani viene delineandosi il personaggio che Fred deve interpretare: il duro dal cuore tenero, una sorta di Clark Gable made in italy, rubacuori, sciupafemmine, messo pero' alle corde da maggiorate esplosive. L'idea piace al pubblico, anzi ha davvero un esito strepitoso: "Che bambola" vende 980mila copie senza nemmeno un battage pubblicitario. Per il musicista jazz con la "voce di carta di vetro" inizia il periodo del grande successo: non c'e' locale esclusivo che non voglia accaparrarselo almeno per una serata. Le sue esibizioni sono delle vere e proprie performance da cabaret, in piu' gli strumentisti che lo accompagnano (gli Asternovas) sono di tutto rispetto e di rimando i dischi si vendono alla grande tanto che Fred Buscaglione si puo' considerare il campione del primo vero boom discografico italiano.
La ricetta del successo e' chiara: il musicista torinese mette in scena stereotipi del cinema americano, tanto per intenderci i personaggi dei musical alla "Bulli & Pupe" o se preferite dei polizieschi alla Mike Hammer. Il nostro mette su un delisioso teatrino di bulli & pupe nostrani e da vita ad un universo canoro ispirato con evidenza a Damon Runyon. Brani che ce lo presentano di volta in volta come Dave lo Sciccoso, Cielo Masterson, Nathan Detroit, improbabili gangester chicagoani o newyorkesi, spietati coi nemici e sensibili al fascino femminile. Con quell'aria scanzonata da attore consumato mentre la voce ,quasi recitante, scivola su ritmi jazz di presa immediata. Strepitoso, mai sentito prima e impossibile da replicare, in seguito, se non come parodia dello stesso Fred! Incredibile anche l'immedesimazione fisica di Buscaglione con i testi delle canzoni, tanto da far pensare che qualche cromosoma dei personaggi stile Chicago anni '30 facesse parte del suo DNA.
E i succesi? Eccoli: preceduta dal fischio "Che bambola" (1956), "Teresa non sparare" (1957), "Eri piccola cosi'" (1958) e poi "Guarda che luna", "Porfirio Villarosa" (quello che faceva il manovale alla Viscosa!), "Whisky facile"...Anche la telvsione , la pubblicita' e il cinema lo vogliono, e lui accondiscende riproponendo il suo cliche' di duro. Una vita al massimo, insomma, sia nella finzione che nella realta', ma proprio mentre e' all'apice della parabola la morte lo ghermisce all'alba, alle 6,20 di un freddo mercoledi' qualsiasi del 3 Febbraio del 1960 mandando la sua Thunderbird rosa confetto a schiantarsi contro un camion carico di tufo in una strada del quartiere romano dei Parioli. In mille frangenti Fred si era accasciato a terra colpito dalle micidiali pallottole sparate dalle sue "bambole", e in altrettante occasioni era stato fulminato dalle scariche del fucile della sua Teresa o bersagliato da decine di pugni alla Rocky Marciano di splendide ragazze "modello 103" sempre si era rialzato, piu' vivo e divertito che mai, con stampata sulla bocca l'abituale e fragorosa risata che metteva in pericolo il mozzicone di sigaretta e l'equilibrio del bicchiere rigorosamente stracolmo di wisky. In quella circostanza invece, gli era andato tutto storto: cio' che era successo in quell'alba maledetta si rivelo' drammaticamente reale e irrimediabile. Poco prima, forse col cuore gonfio d'amarezza per essersi separato dall'amata moglie Fatima aveva scritto della disperazione lieve che abita le prime luci del mattino in una strofa di "Nei cieli dei bar", melodia fra le sue piu'struggenti:
"Ci vediamo al fondo di un bicchiere/
fino a quando l'alba nel cielo tornera'/
e nell'alba disperata/ sara' triste rincasare/
per attendere la notte/ e poterti ritrovare/
al fondo di un bicchiere/ nel cielo dei bar."
Tutto il resto, ci pare, e' silenzio...
velocemente su youtube trovato solo ..questo
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
Promemoria:
Carosone si ritira dalle scene - no concerti e no dischi a fine 1959, dicendo di aver esaurito la vena creativa e che la musicaleggera si allontani dal suo modo di intenderla...
A fine anni 50, trovano spazio cantanti di nuova-generazione(all'epoca intorno ai 20-25 anni)che iniziano a cantare in un altro modo e soprattutto cantano una generazione che prima di allora non aveva alcuna attenzione discografica: la categoria "Giovani" praticamente non esisteva ancora....la musicaleggera era regno della generazione precedente-adulta, quella che ha prima sofferto gli stenti e i lutti della guerra, poi i sacrifici e i distacchi del dopoguerra e si sta preparando ad uno stile di vita ignoto in precedenza: sono gli anni in cui arriva la tv, in cui si cominciano a vendere le automobili a rate, in cui si inizia ad andare in ferie-vacanza, in cui la musicaleggera ti segue anche fuoricasa, coi giradischi-valigetta "geloso", le radioline portatili, i mangiadischi e soprattutto...i juke-box nei bar e locali pubblici... Ultima cosa: le canzoni "di nuova generazione" si suonano soprattutto con la chitarra, che può essere acquistata da tutti, imparata negli accordi-strimpello senza sapere alcunchè di musica, può esser portata appresso fuoricasa ovunque...
Altro dettaglio: le canzoni, se prima erano fatte per essere ascoltate - perchè per cantarle occorreva una vocalità specifica e curata - adesso le possono cantare proprio tutti..nessuno escluso.
*********
Dicevo nel topic sulle covers che:
Sul pokerino degli anni Sessanta, ho qualche problema di Affollamento :vacanza:
Cioè:
SO che vorrei un capitolo sul Cantautorato Milaness - Gaber-Jannacci-Svampa......e co
SO che vorrei un capitolo sul Cantautorato Genovese - e i nomi non li faccio
so che vorrei un capitoletto su P. Conte
So che vorrei un capitoletto su certe cantantesse "regionali" ....ossia la Ferri e M.Carta la sarda..
So che vorrei un capitolo sui "complessini" ...ossia i Nomadi, i Giganti, i Ribelli, L'Equipe...insomma quella truppppppalllllà
MA NON SO SCEGLIERNE QUATTRO E BASTA :urlooo:
Quindi mò, voi Veci m'aiutate :urlouomo: sennò fasso sorteggio :èstatolui: :pianto2:
.....
Sto metabolizzando una MIA sintesi, quindi se nisciun interviene, poi vi beccate la sintesi-scelta..che ovviamente non anticipo adesso
Carosone si ritira dalle scene - no concerti e no dischi a fine 1959, dicendo di aver esaurito la vena creativa e che la musicaleggera si allontani dal suo modo di intenderla...
A fine anni 50, trovano spazio cantanti di nuova-generazione(all'epoca intorno ai 20-25 anni)che iniziano a cantare in un altro modo e soprattutto cantano una generazione che prima di allora non aveva alcuna attenzione discografica: la categoria "Giovani" praticamente non esisteva ancora....la musicaleggera era regno della generazione precedente-adulta, quella che ha prima sofferto gli stenti e i lutti della guerra, poi i sacrifici e i distacchi del dopoguerra e si sta preparando ad uno stile di vita ignoto in precedenza: sono gli anni in cui arriva la tv, in cui si cominciano a vendere le automobili a rate, in cui si inizia ad andare in ferie-vacanza, in cui la musicaleggera ti segue anche fuoricasa, coi giradischi-valigetta "geloso", le radioline portatili, i mangiadischi e soprattutto...i juke-box nei bar e locali pubblici... Ultima cosa: le canzoni "di nuova generazione" si suonano soprattutto con la chitarra, che può essere acquistata da tutti, imparata negli accordi-strimpello senza sapere alcunchè di musica, può esser portata appresso fuoricasa ovunque...
Altro dettaglio: le canzoni, se prima erano fatte per essere ascoltate - perchè per cantarle occorreva una vocalità specifica e curata - adesso le possono cantare proprio tutti..nessuno escluso.
*********
Dicevo nel topic sulle covers che:
Sul pokerino degli anni Sessanta, ho qualche problema di Affollamento :vacanza:
Cioè:
SO che vorrei un capitolo sul Cantautorato Milaness - Gaber-Jannacci-Svampa......e co
SO che vorrei un capitolo sul Cantautorato Genovese - e i nomi non li faccio
so che vorrei un capitoletto su P. Conte
So che vorrei un capitoletto su certe cantantesse "regionali" ....ossia la Ferri e M.Carta la sarda..
So che vorrei un capitolo sui "complessini" ...ossia i Nomadi, i Giganti, i Ribelli, L'Equipe...insomma quella truppppppalllllà
MA NON SO SCEGLIERNE QUATTRO E BASTA :urlooo:
Quindi mò, voi Veci m'aiutate :urlouomo: sennò fasso sorteggio :èstatolui: :pianto2:
.....
Sto metabolizzando una MIA sintesi, quindi se nisciun interviene, poi vi beccate la sintesi-scelta..che ovviamente non anticipo adesso
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
Pensavate che non intervenendo m'arrendessi? :occhioni:
Errato fanciulli :vacanza:
Nemmeno foste un silente trattore in retromarcia, figuramose se ci si riesce semplicemente non balbettando baucipeciop :birra:
A mio insindacabile e univoco judissio ho deciso che:
-------
Di quanto sopra scrivero' a saltelli e pulzelli durante sto periodo festivalier-freddoso, sempre lieta di legger spunti, diramazioni, divagassioni che vorrete ggiungere-suggerir...
Errato fanciulli :vacanza:
Nemmeno foste un silente trattore in retromarcia, figuramose se ci si riesce semplicemente non balbettando baucipeciop :birra:
A mio insindacabile e univoco judissio ho deciso che:
Anni Sessanta:
* Area Lumbarda: Gaber-Jannacci (con intermezzi con Fo, Svampa e chi mi pass per la test di richiamare..)
* Area Piemont-genovese: I romanticoni e gli Impegnatoni(lo so io chi sono..poi ve lo dico :spia.:)
* Area appennin-emiliana: gli Impegnatoni e i gruppss :;p27: (anche qua, li so io chi sono)
* W le Donne (..ecchevvelodicoafffa)
* Area Lumbarda: Gaber-Jannacci (con intermezzi con Fo, Svampa e chi mi pass per la test di richiamare..)
* Area Piemont-genovese: I romanticoni e gli Impegnatoni(lo so io chi sono..poi ve lo dico :spia.:)
* Area appennin-emiliana: gli Impegnatoni e i gruppss :;p27: (anche qua, li so io chi sono)
* W le Donne (..ecchevvelodicoafffa)
-------
Di quanto sopra scrivero' a saltelli e pulzelli durante sto periodo festivalier-freddoso, sempre lieta di legger spunti, diramazioni, divagassioni che vorrete ggiungere-suggerir...
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
Questa è una puntata di "Correva l'anno" dedicata al passaggio dagli anni cinquanta agli anni sessanta....basta seguire il Racconto-video per avere un minimo di coordinate valide per rendersi conto che se la canzone negli anni cinquanta era destinata ad un pubblico adulto, nel decennio successivo è sia fatta che diretta ad un pubblico giovanile di consumatori che si identificano come generazione con chi canta Di loro e per loro...a cui serve la musica che parli di loro, che li faccia ballare ed aggregare come mai prima..sono loro gli Acquirenti.
Si racconta il boom di vendite e successi velocissimi della Pavone e di Morandi..e gli inizi si Celentano e Mina..
Si racconta l'esperienza della Ricordi che si dedica alla musica d'autore ......cantautori genovesi e milanesi...alla RCA di Roma che invece si dedica sostanzialmente ai cantanti di canzonette estive...e si parla del PIPER di Roma e i balli da soli, i complessi musicali inglesi e il beat-oltre che il rock....i Rockets, l'Equipe84, Patti Pravo (che nella canzone fa quello che al cinema fece Bardot)....etc etc etc etc
http://video.google.it/videoplay?docid=4662972457300724787&ei=x2gzS9-vD5a62wLEpJ2QDw&q=correva+l%27anno+raitre+-+la+canzone&hl=it&client=firefox-a#docid=-33137081528138328
insomma questo è un primo Cadeau natalizio di questo topic
Si racconta il boom di vendite e successi velocissimi della Pavone e di Morandi..e gli inizi si Celentano e Mina..
Si racconta l'esperienza della Ricordi che si dedica alla musica d'autore ......cantautori genovesi e milanesi...alla RCA di Roma che invece si dedica sostanzialmente ai cantanti di canzonette estive...e si parla del PIPER di Roma e i balli da soli, i complessi musicali inglesi e il beat-oltre che il rock....i Rockets, l'Equipe84, Patti Pravo (che nella canzone fa quello che al cinema fece Bardot)....etc etc etc etc
http://video.google.it/videoplay?docid=4662972457300724787&ei=x2gzS9-vD5a62wLEpJ2QDw&q=correva+l%27anno+raitre+-+la+canzone&hl=it&client=firefox-a#docid=-33137081528138328
insomma questo è un primo Cadeau natalizio di questo topic
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
Deroga Attualità (relativa al dicembre 2009)
Simone cristicchi - Canti di Miniera,Amore, Vino e Anarchia
Ogni luogo dove andiamo a cantare..si trasforma magicamente in OSTERIA
Sito Ufficiale CristicchiSito del comune di Santafiora
Un articolo estivo su "Repubblica" ..
Ho conosciuto il coro di minatori grazie a un amico che mi ha portato a Santa Fiora, paese sulle pendici del Monte Amiata - racconta il cantautore romano - La prima volta li ho sentiti cantare in una cantina: sono rimasto folgorato e mi è venuta subito l'idea di portarli su un palco vero davanti a un pubblico più vasto. Così è stato, abbiamo costruito insieme lo spettacolo cantando le loro canzoni alternate a monologhi sulle loro storie".
Cristicchi ha cominciato un lavoro di ricerca e di recupero di questo repertorio di canzoni tradizionali che vengono tramandate oralmente e che sono strettamente legate alla vita dei minatori. Contrariamente al buio e alla fatica delle loro condizioni di lavoro, i canti sono allegri e variopinti, come i giorni di festa in cui venivano eseguiti.
"Alla ricerca musicale si è affiancato il tema della memoria - prosegue - incontrando le persone e i parenti dei minatori, morti sempre troppo giovani. Alla fine è diventato uno spettacolo di teatro e canzoni, che ha acquisito un valore civile e sociale perché racconta lo sforzo dei minatori che hanno contribuito a ricostruire l'Italia nel dopoguerra".
"Ho incontrato molte persone, ho visitato altre miniere, anche in Sardegna" dice Cristicchi, diventato un esperto. "Il coro in particolare ha contribuito raccontandomi storie e aneddoti, ora riportati nei monologhi in cui cerco di dire al meglio e con le loro parole quello che era il loro mondo. Ho voluto che restassero così come li ho visti in quella cantina, perché hanno un modo naturale di stare sul palco, con una semplicità e una purezza che sono la forza dello spettacolo".
Ogni serata è diversa dall'altra perché cambiano gli ospiti. "Camilleri va abitualmente in vacanza a Santa Fiora ed è stato semplice coinvolgerlo nello spettacolo, ha accettato con entusiasmo, lui come Laura Morante, nata a Santa Fiora, che torna nel paese di origine. Il bello è che rimane un progetto aperto, che si arricchisce di richieste in posti meravigliosi che si riempiono ogni volta, ed è impreziosito dalla partecipazione di Alessandro Benvenuti, Ginevra Di Marco, Mannarino. Mi hanno già dato la disponibilità Ascanio Celestini, Gianmaria Testa, e anche Erri De Luca che sarà a Torino".
Se trovo online i testi di qualche canto...inserisco
................................
In nota, la storia del corominatori ..
SITO quasi ufficiale con info e news..
Simone cristicchi - Canti di Miniera,Amore, Vino e Anarchia
Ogni luogo dove andiamo a cantare..si trasforma magicamente in OSTERIA
Sito Ufficiale CristicchiSito del comune di Santafiora
Un articolo estivo su "Repubblica" ..
Ho conosciuto il coro di minatori grazie a un amico che mi ha portato a Santa Fiora, paese sulle pendici del Monte Amiata - racconta il cantautore romano - La prima volta li ho sentiti cantare in una cantina: sono rimasto folgorato e mi è venuta subito l'idea di portarli su un palco vero davanti a un pubblico più vasto. Così è stato, abbiamo costruito insieme lo spettacolo cantando le loro canzoni alternate a monologhi sulle loro storie".
Cristicchi ha cominciato un lavoro di ricerca e di recupero di questo repertorio di canzoni tradizionali che vengono tramandate oralmente e che sono strettamente legate alla vita dei minatori. Contrariamente al buio e alla fatica delle loro condizioni di lavoro, i canti sono allegri e variopinti, come i giorni di festa in cui venivano eseguiti.
"Alla ricerca musicale si è affiancato il tema della memoria - prosegue - incontrando le persone e i parenti dei minatori, morti sempre troppo giovani. Alla fine è diventato uno spettacolo di teatro e canzoni, che ha acquisito un valore civile e sociale perché racconta lo sforzo dei minatori che hanno contribuito a ricostruire l'Italia nel dopoguerra".
"Ho incontrato molte persone, ho visitato altre miniere, anche in Sardegna" dice Cristicchi, diventato un esperto. "Il coro in particolare ha contribuito raccontandomi storie e aneddoti, ora riportati nei monologhi in cui cerco di dire al meglio e con le loro parole quello che era il loro mondo. Ho voluto che restassero così come li ho visti in quella cantina, perché hanno un modo naturale di stare sul palco, con una semplicità e una purezza che sono la forza dello spettacolo".
Ogni serata è diversa dall'altra perché cambiano gli ospiti. "Camilleri va abitualmente in vacanza a Santa Fiora ed è stato semplice coinvolgerlo nello spettacolo, ha accettato con entusiasmo, lui come Laura Morante, nata a Santa Fiora, che torna nel paese di origine. Il bello è che rimane un progetto aperto, che si arricchisce di richieste in posti meravigliosi che si riempiono ogni volta, ed è impreziosito dalla partecipazione di Alessandro Benvenuti, Ginevra Di Marco, Mannarino. Mi hanno già dato la disponibilità Ascanio Celestini, Gianmaria Testa, e anche Erri De Luca che sarà a Torino".
Se trovo online i testi di qualche canto...inserisco
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In nota, la storia del corominatori ..
- Spoiler:
- Il Coro dei minatori di Santa Fiora si costituì in occasione della partecipazione alla trasmissione RAI “Voi ed io” condotta da Ernesto Balducci, nel 1977. Prima di allora, il gruppo (Tizzo, Amerigo, Lellone ecc.) che avrebbe costituito il Coro, era solito cantare in maniera estemporanea nelle osterie, soprattutto il sabato e la domenica: “ci si trovava – riferisce il Binda, uno dei protagonisti originari – da Natalina, al Mambo, da Smeralda o da Boccabella [tipiche osterie santafioresi che non esistono più]. La domenica era tutto un canto.
Normalmente si cantava senza accompagnamento musicale, solo le voci, con l’uso del bèi-boi. Principale animatore del Coro era Tizzo, che, insieme ad Amerigo, faceva spesso la prima voce. Poi c’era Lellone, minatore, impegnato politicamente. Quando si andò la prima volta a Firenze (1977), si viaggiò con il furgone di Aldo Balducci e si dormì a Badia Fiesolana. Avevamo portato qualche fiasco di vino per noi (si sentiva ai microfoni il glu-glu quando riempivamo i bicchieri) e un paniere di castagne per Ernesto”.
Il Coro partecipò poi al Festival del folklore canoro amiatino organizzato dal Circolo “La melangula” (ne era principale animatore Ennio Sensi), a varie manifestazioni organizzate per sostenere la lotta dei minatori contro la chiusura delle miniere, al Festival dell’Unità di Grosseto e di nuovo alla trasmissione RAI “Voi ed io”, ospite di Balducci, nel 1978. Secondo Binda il gruppo non è stato in vita più di due-tre anni perché l’inserimento di nuovi elementi creò attriti e problemi.
Così Balducci presentava il gruppo alla RAI nel 1977:
"Questa mattina gli ospiti della trasmissione non sono personaggi illustri ma un gruppo di minatori del Monte Amiata, precisamente di Santa Fiora. Sono dieci amici, scelti da me non con criteri politici o sindacali; non so nemmeno di preciso a quale partito appartengano, a quale sindacato siano iscritti, per chi votino. Sono amici d’infanzia che ho ritrovato via via nei brevi soggiorni estivi al mio paese, nelle osterie dove insieme con loro anch’io ogni tanto mi ritrovo per parlare del nostro passato e per cantare, rinnovando così certe gioie antiche che in un tempo tanto crudele sembrano quasi impossibili. Insieme con loro rivivo le emozioni di una vita terribilmente beffata dalla miseria, come loro stessi sapranno dire, eppure ricca di virtù e di sentimenti che rappresentano ancora un patrimonio straordinario per noi. Sono, i minatori qui presenti, come l’ultimo residuo di un mondo antico. Rassomigliano straordinariamente ai nostri genitori, a mio padre e ai loro rispettivi padri. Questi miei amici hanno salvato un tipo di umanità schietta che nemmeno tutti gli operai hanno salvato; spesso, infatti, essi, nel clima della civiltà dei consumi, hanno ambizioni e modi di vivere che rassomigliano molto a quelli borghesi. Questi miei amici minatori conservano un’autenticità umana, una fierezza che li tiene distanti dalle ambizioni e dai conformismi della società di oggi. Vorrei presentarvi... anzi facciamo una cosa, presentatevi da voi, dando il vostro nome e cognome e, se volete, anche il soprannome, che è un’altra finezza della cultura popolare. Ecco, comincia, tu.
I minatori: Gabriello detto Lellone, Evangelisti Luigi detto Tizzo, Panichella Aldo detto Binda, Bani Giuseppe detto il Treccino, Bindocci Mario detto Pipetta, Uberti Eraldo detto Bronzone, Balducci Aldo detto Maconne, Domenichini Amerigo detto Gerbi, Martinelli Mario detto il Ghego, Celli Dante."
Le canzoni presentate alla trasmissione del 1977 furono 5: La Puscina (con una variante: il Coro canta “…andando a spasso alle Cascine” invece che “… andando a spasso alla Puscina”), Vallerona, Lisa di Santino, Il mulinaro e La miniera (la famosa canzone di Cherubini-Bixio). Le prime tre sono eseguite con la tecnica del “bèi”; le ultime due con stile corale.
Nel 1978 il Coro, nuovamente ospite della trasmissione di Balducci, eseguì 4 pezzi: Oh bella bella e Stornelli sanatafioresi (“Ti credi d’esse’ bella…, strofe documentate dal Galletti nel 1913), eseguiti con la tecnica tradizionale del “bèi”, Venite sull’Amiata, un pezzo di attualità dedicato alla crisi mineraria composto dal Coro stesso, e Un amore a Santa Fiora di Alfio Durazzi, detto “Il Menestrello” (che in questa occasione accompagnò il gruppo suonando la chitarra).
Molte altre le canzoni che il Coro interpretava dal vivo (ne abbiamo un’idea dalla cassetta autoprodotta Ricordando Tizzo che raccoglie registrazioni diverse e fatte in più occasioni), quali Maremma, Quando la notte gira per incanto, Bussa bussa (la porticella), Liolì liolà, La campagnola, Pescator di Feniglia, Era d’estate.
Dopo lo scioglimento del gruppo, la sigla de “I minatori” fu ripresa da Alfio Durazzi che costituì un proprio gruppo , la cui esperienza è documentata da due cassette autoprodotte nel 1983 , caratterizzato dalla presenza di due chitarre, l’abbandono della tecnica del bèi (ma non dei controcanti) e la preponderanza di pezzi d’autore (oltre 1/3) nella scelta del repertorio.
Tra il 2003 e il 2004, su impulso dell’associazione Consultacultura, nasceva un nuovo gruppo di musica popolare che riprendeva, come chiara forma di omaggio e continuità con il repertorio del gruppo degli anni ’70, la sigla Coro dei minatori.
L’organico è variato nel tempo e, ad un nucleo “storico” stabile – Giuliano Martellini, Piero D’Amario e Lino Nucciotti alle voci, Lucio Niccolai alla chitarra e Giuliano Travi alla fisarmonica – si sono aggiunti via via, nel corso del tempo, altri componenti. Il Coro, che si riunisce settimanalmente a Consultacultura (Santa Fiora, Via Marconi 93), con l’immancabile “merendina” – “il nostro menù è il vino”, ma, insomma, anche un po’ di cacio, di salame, di salsiccia e, a volte qualche zuppa di funghi e fagioli o un’acquacotta – è attualmente formato da: Giuliano Martellini, (cl. ’48), ex forestale, pensionato,prima voce; Piero D’Amario (cl. ’45), mobiliere, prima e seconda voce bassa; Lino Nucciotti (cl. ’28), ex vetturino con muli, prima voce, controcanti e cori; Lucio Niccolai (cl.’52), insegnante di lettere, ricercatore e coordinatore del Coro, chitarra e, occasionalmente (finché gli altri non hanno imparato i pezzi) prima voce; Giuliano Travi (cl. ’43), detto “il genovese”, ex operaio Sip ed ex “camallo”, fisarmonica con “50 anni di folklore” alle spalle; Renzo Verdi (cl. ’56), operaio e Sindaco di Santa Fiora, prima voce, controcanti e cori; Gianluca Detti (cl ’57), detto “Mocone”, gestore del Franchino garage (luogo d’incontro prediletto del Coro) e della Locanda Laudomia a Poderi di Montemerano, controcanti e cori; Ennio Sensi, (cl. ’50), insegnante di lettere, esperto di tradizioni popolari santafioresi, cori; Enzo Marelli (cl. ’28), detto “Tascapane”, ex cavatore, cori; Mauro Bernacchi (cl. ’53), libero professionista, cori; Stefano Battisti (cl. ’56), impiegato, cori; Giammarco Nucciotti, (cl. ’89), chitarra, controcanti e cori; Antonio Pascuzzo (cl), direttore artistico del The Place, conduttore sul palco del Coro, prima voce e controcanto; Osvaldo Ballerini (cl. ’29), boscaiolo, legnaiolo e scalpellino, seconda fisarmonica.
Il gruppo ha visto crescere progressivamente la propria capacità di interpretazione, di recupero, riscoperta e valorizzazione autonoma del repertorio tradizionale (una cinquantina i brani in scaletta)e nel corso della sua pur breve vita associativa, ha già realizzato un cd, allegato al libro di Lucio Niccolai Canti di maremme e di miniere, amore, vino e anarchia, e partecipato a numerosi eventi e manifestazioni: dalla Triennale delle culture anarchiche e libertarie di Firenze, alla Festa di Santa Barbara a Charleroi (Belgio), da feste e iniziative culturali locali a rassegne di musica popolare (da Grancia di Grosseto, a Firenze, da Monticello Amiata al The Place di Roma, da Roselle – Parco di Pietra – a Frigolandia, da Sesto San Giovanni a Verona per il Tocatì) e ha collaborato recentemente (estate 2009) con Simone Cristicchi alla realizzazione di uno spettacolo dedicato alle miniere intitolato Canti di miniere, amore, vino e anarchia che ha percorso l’Italia in lungo e largo, da Torino a Melpignano, da Zevi di Verona a Ascoli Piceno.
Tra i pezzi più significativi del repertorio si ricordano: La Puscina, uno dei pochi pezzi del repertorio santafiorese dove si parla esplicitamente dei minatori; Oh bella, oh bella, un pezzo probabilmente originario di Santa Fiora (non se ne conoscono altre versioni simili nell’area circostante), nei cui versi compaiono delle belle e originali metafore; Vien la primavera, una canzone dai forti connotati sociali registrata nell’area di Castell’Azzara; Lisa di Santino, un pezzo originariamente strutturato con la tecnica del bèi; Stornelli (Bella se voi veni’) con strofe già documentate e raccolte nell’Ottocento; Vallerona (un luogo topico del viatico dei minatori verso la Maremma e le Colline metallifere); Volemo le bambole (diventata una hit con Simone Cristicchi) ed altri della tradizione popolare, ma anche rielaborazioni autonome del Coro a partire da stornelli e strofe già documentati tra la metà dell’Ottocento e i primi anni del Novecento da Stanislao Bianciardi (1840 circa), Tigri (1869) e Galletti (1913), quali, Serenata, La monella, Mamma non mi manda’ alla fornacina, Oh gentilina, No no alla guerra.
SITO quasi ufficiale con info e news..
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
mambu ha scritto:Balducci era di Santa Fiora, uno dei pochi preti che non mi è dispiaciuto conoscere
ma è proprio lui? non ricordo quella trasmissione
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
Link forum originale
bellaprincipessa ha scritto:Sono passati da Baudo a "Domenica In" domenica scorsa... Cristicchi ha lanciato le sue frecciatine sulle nostre ministre quando hanno cantato "volemo le bambole"... Baudo ha abbozzato... 'na tristezza....
x Mambu:
Della trasmissione tv citata non ricordo nulla nemmeno io, però E.Balducci era nato a Santa Fiora e il papà faceva il minatore...altra tempra di preti quelli di quella generazione post-concilio oh YES!
http://www.fondazionebalducci.it/balducci_01.htm
l'unica canzone popolare di quella zona che conoscevo e' Maremma amara..
http://archiviotradizionipopolarimaremma.comune.grosseto.it/index.php/tradizione-orale/canto-popolare
in questo sito si trovano alcuni testi di canto popolare maremmano e si riparla della tradiz dei canti di maggio a cui ho fatto riferimento nei primi messaggi di questo topic ..
X Principessa ..
Non ho visto domenica in
...avevo visto la partecipazione a Parlaconme della Dandini su Raitre e da là m'è venuta la connessione col tematopic qui..
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
mambu ha scritto:Di corsa: cerca cose di Caterina Bueno.
Qui puoi scaricare suoi mp3 aggratis. Qui son cose solo maremmane o quasi, ma ha fatto di un po' tutta la toscana, dalla lunigiana al grossetano
http://www.corodeglietruschi.it/cdcaterina.htm
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
LInk forum Originale
killer73 ha scritto:santa fiora di buono ha qualche pub e la grande vasca coi pesci nel centro storico,poi gli abitanti son chiamati "ciacciai", nel gergo del luogo significa gente che parla molto e fa poco.lo dico perche' son nato a 7 km da santa fiora.la vita pero' e' strana,il pezzo "le bambole",quella con cui cristicchi ha chiuso la partecipazione da baudo,la sentivo cantare dal mi babbo quando ero molto piccolo,e di solito si cantava,e si canta ancora,quando nel corpo c'e un bel po di alcol durante cene in cantina o nei ritrovi abituali.sentirla eseguire in tutta italia nei loro concerti mi ha fatto uno strano effetto,anche se e' molto piu lunga rispetto a quella incisa.l amiata e' piena di mercurio nel sottosuolo,di certo non fa bene alla salute,pero' e' un posto meraviglioso( qui son di parte ),venite a visitarla ,e specialmente il mio paese,altro che santa fiora! ecco,mo l ho detto .vabe comunque so contento escludendo il campanilismo,che si sia dato risalto ad un luogo e alla sua storia,e io che li ho visti proprio a santa fiora ad agosto mi son davvero divertito.
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
Esatto Killer...le canzoni di radice popolare si accompagnano alla buonatavola, al vino, allo stareinsieme nella semplicità :amici: Io penso che proprio perchè il tipo di vita che facevano era dura e scarna, riuscissero a godersi fino in fondo proprio quelle occasioni di allegriacollettiva con gran divertimento e che quelle canzoni avessero strofe infinite, aggiunte, cambiate, storpiate è una ricchezza creativa
Noi abbiamo perso memoria di tante realtà locali...che fossero realtà agricole, marinare, montanare, minerarie e invece sono quelle che sono la nostra spinadorsale perchè un paese che non cura la propria memoria si disorienta, ondeggia e rincretinisce ..e' per quello che è importante recuperare e tramandare...anche le ballate da osteria :vacanza: :birra:
Noi abbiamo perso memoria di tante realtà locali...che fossero realtà agricole, marinare, montanare, minerarie e invece sono quelle che sono la nostra spinadorsale perchè un paese che non cura la propria memoria si disorienta, ondeggia e rincretinisce ..e' per quello che è importante recuperare e tramandare...anche le ballate da osteria :vacanza: :birra:
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
Cantastorie ha scritto:Pensavate che non intervenendo m'arrendessi? :occhioni:
Errato fanciulli :vacanza:
Nemmeno foste un silente trattore in retromarcia, figuramose se ci si riesce semplicemente non balbettando baucipeciop :birra:
A mio insindacabile e univoco judissio ho deciso che:Anni Sessanta:
* Area Lumbarda: Gaber-Jannacci (con intermezzi con Fo, Svampa e chi mi pass per la test di richiamare..)
* Area Piemont-genovese: I romanticoni e gli Impegnatoni(lo so io chi sono..poi ve lo dico :spia.:)
* Area appennin-emiliana: gli Impegnatoni e i gruppss :;p27: (anche qua, li so io chi sono)
* W le Donne (..ecchevvelodicoafffa)
Riprendo da qui, inserendo un co-protagonista che ha contribuito all'emersione-diffusione delle prime due Aree citate in precedenza..
tratto da ... http://wapedia.mobi/it/Dischi_Ricordi#2.
L'idea di ampliare il settore della Ricordi, che fino a quel momento si era occupata solo di edizioni musicali con le storiche Edizioni Ricordi, e solo nel settore della musica classica, fu di uno dei membri della famiglia, Nanni Ricordi, e di un suo collaboratore, Franco Crepax: fu il primo ottobre 1958 che nacque ufficialmente la Dischi Ricordi S.p.A., azienda autonoma anche se di proprietà al 100% delle edizioni musicali.
Il primo disco, uscito nello stesso mese, fu un album di Maria Callas, quasi per ribadire una sorta di continuità con l'attività della casa editrice; ma già nel mese di novembre vennero pubblicati i primi 45 giri di Giorgio Gaber.
In contemporanea venne deciso di trasformare i diciotto negozi di proprietà della casa editrice (che fino a quel momento vendevano per lo più spartiti e articoli musicali) anche in negozi di dischi, per poter promuovere le proprie incisioni.
Come ha più volte raccontato Nanni, l'idea gli era venuta proprio ascoltando nei locali di Milano questi nuovi autori e interpreti che scrivevano canzoni che nessuno pubblicava, ed allora decise di farli incidere lui stesso, fondando una nuova casa discografica.
In breve tempo gli autori messi sotto contratto da Ricordi (oltre a Gaber, Gino Paoli, Ornella Vanoni, Umberto Bindi) iniziarono a riscuotere successo, al punto che Nanni Ricordi decise di creare una sottoetichetta, la Tavola Rotonda, con l'obiettivo di lanciare esclusivamente nuovi autori, da girare poi, in caso di successo, alla casa madre: e fu così che incisero i primi dischi da solisti Sergio Endrigo e Enzo Jannacci.
Sempre in quegli anni la Ricordi mise sotto contratto anche un gruppo storico come il Quartetto Cetra ed Emilio Pericoli; mise insieme inoltre uno staff di arrangiatori come Giampiero Boneschi o i due fratelli Gian Piero Reverberi e Gianfranco Reverberi che contribuirono a creare un tipo di suono caratteristico per quelle incisioni.
Un primo momento di crisi si ebbe nel 1963: Nanni Ricordi, per contrasti con le edizioni musicali (che erano sempre le proprietarie dell'azienda) abbandonò la Dischi Ricordi per diventare direttore artistico alla RCA Italiana, trasferendosi da Milano a Roma e portando via con sé artisti quali Paoli ed Endrigo; anche Crepax fece la stessa scelta, passando alla CGD - Compagnia Generale del Disco.
Ricordi fu rimpiazzato da uno dei più capaci dirigenti della RCA Italiana, Vincenzo Micocci, che si trasferì a Milano e rilanciò l'etichetta, da un lato valorizzando interpreti del catalogo come la Vanoni o Milva, dall'altro scoprendo e lanciando un giovane cantante, Bobby Solo, che nel 1964 con "Una lacrima sul viso" superò il milione di copie vendute.
La crisi fu superata in maniera definitiva grazie all'esplosione del beat, poiché la Ricordi ebbe l'intuito di mettere sotto contratto due gruppi come i Dik Dik e l'Equipe 84, che dominarono le classifiche del 1966 rispettivamente con "Sognando la California" e "Io ho in mente te", e nel 1967 sotto la direzione artistica di Alessandro Colombini grazie alla scoperta e al lancio di Lucio Battisti; Micocci ritornò a Roma, per fondare la Parade .
Negli stessi anni la Dischi Ricordi siglava accordi per la distribuzione in Italia di case discografiche estere, come la statunitense Vanguard (per cui incideva Joan Baez, consentendo così all'artista la pubblicazione di due dischi solo per il mercato italiano, come "Joan Baez in Italy" nel 1967 e "24 luglio 1970 all'Arena civica di Milano" nel 1970).
Nel frattempo era cresciuta una nuova generazione di produttori che lavoravano per la Ricordi, come Alessandro Colombini che dopo l'esperienza Numero Uno ritornò a collaborare con la casa discografica portando artisti come Edoardo Bennato e il Banco del Mutuo Soccorso. Con lo sviluppo del progressivo che si ebbe negli anni '70 la Dischi Ricordi fu all'avanguardia, sia lanciando un gruppo storico come il Banco del Mutuo Soccorso o i Napoli Centrale, sia ottenendo la distribuzione esclusiva per l'Italia della Manticore, la casa discografica fondata da Emerson, Lake & Palmer, e della Island Records (per cui incidevano Cat Stevens, gli Amazing Blondel e poi, in seguito, Bob Marley).
Inoltre otteneva la distribuzione di piccole case discografiche come la Produttori Associati (della quale, al momento del fallimento, avrebbe rilevato il catalogo e i contratti di artisti come Fabrizio De André e gli Alunni del Sole), la Bla Bla (Franco Battiato) e la Carosello (Domenico Modugno, Giorgio Gaber e alcuni anni dopo Vasco Rossi).
Tra gli artisti che negli anni '70 incisero per la Dischi Ricordi da ricordare anche Milva, Mia Martini, Franco Califano e, anche se per un solo album, Patty Pravo.
.....
Aver avuto casa discografica con sede e danari Locali ha contribuito a far crescere-espandere-far conoscere alcune tendenze-aree musical-leggere che sarebbero diventati ....tra gli anni sessanta e settanta ...FRUTTUOSI per la canzone d'autore da un lato e per la formazione di alcuni gruppi musicali (complessi)..di larga popolarità e longevità..
Motivazione e occhio attento, oltre ad un interesse che non sia solo immediatamente economico-guadagno rapido FORSE sono un ingrediente irrinunciabile affinchè un territorio promuova e mantenga una propria evoluzione-tradizione musicale che si nutre di contemporaneità sia nei temi testuali che nella propensione musicale.
La Ricordi, riassumendo, inizialmente rivolse la sua attenzione verso quei giovani cantanti - spesso autori delle proprie canzoni....o della musica o dei testi o di entrambi - che si esibivano in ogni sorta di locale - ritrovo...ma che non trovavano imprenditori discografici che investissero su essi...
I primi tra essi furono: Bindi - Paoli from Genova - Endrigo
I milanes furono: Gaber - Jannacci - Vanoni
....
I milanes ...
Gaber inizio' come chitarrista rock di Celentano...Jannacci inizio' come pianista di Tony Dallara...e fu il discografico Ricordi a metterli insieme, in duo ...ne "I due corsari" con una versione umoristico-demenziale di "come facette mammeta" e un altro 45 giri intitolato "non occupatemi il telefono" ..
Jannacci è l'autore della canzone con cui Gaber andò a Sanremo.."benzina e cerini".
Sempre agli inizi degli anni sessanta, Jannacci conosce Tenco - sempre tramite Ricordi - e con Tenco inizia a scrivere canzoni piu' seriose e intimiste come "passaggio a livello", che Tenco inciderà. Nello stesso periodo Jannacci fa tournee come Pianista di Endrigo e conosce Dario Fo e Cochi e Renato....con cui lavorerà/collaborera' in seguito al Derby di Milano. E' di Jannacci la musica di "Via del campo" del giovane De Andrè...
Dario Fo è autore di alcune canzoni del suo primo album "la milano di E. Jannacci" ..e i due continueranno a collaborare come autori di canzoni da "vengo anch'io" a "ho visto un re"...dello stesso periodo è "faceva il palo" scritta con l'attore-autore Walter Valdi, altra colonna del Derby.
.....
Continua (of course..)
Re: Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)
su Jannacci, una meticolosa cronologia si trova .. Qui
Quel che però mi preme sottolineare è che quest'omo, che inizia principalmente come musicista, suonando il pianoforte per cantanti diversi, nella scrittura dei testi alterna canzoni demenzial-fantasiose (sull'onda del Buscaglione di cui abbiamo già trattato) a canzoni socialmente impegnate con protagonisti soggetti marginali, i quali vengono amplificati PROPRIO dalle incertezze e dalla parlata incespicante di Jannacci.....Come dire, fosse un fine cantante precisino, renderebbe inverosimili le cose che canta...
Il concetto viene così espresso ..
http://www.bielle.org/Artisti/JannacciNew.htm
Caratteristica comune alle canzoni di Enzo che non rinunciano mai a contaminare il tragico col comico, giocando spesso, con maestria, su un crinale al limite tra i due elementi. Jannacci che, come l’amico Gaber e come Fabrizio De André ha passato una vita intera a gettare uno sguardo mai pietistico, ma semmai partecipe e commosso su tutta una parte di umanità che ora fa fine definire “gli ultimi” e che in tempi di sbornie ideologiche si etichettavano come “lumpenproletariat”: i reietti, i marginali, le persone che, normalmente non arrivano alla gloria di una canzone tutta per loro. Personaggi che, come dice lo stesso Jannacci, non sono di ieri, non risalgono agli anni ’50, ma in alcuni casi rimontano il tempo all’indietro fino ad arrivare alla prima guerra mondiale. Personaggi che vivono di piccolo e piccolissime cose: “Un dì lü l'avea menada a veder la Fiera/
la gh'eva un vestidin color del trasú / disse: "vorrei un krapfen... non ho moneta"/ "Pronti!" El gh'ha dà dés chili... e l'ha vista pü!” (Andava a Rogoredo). “Rivò un bel dì che era l'otto d'Agosto/ con la cravatta colore rosso/ Chissà perché, che io m'ero illusa /che mi volesse parlare d'amor!” (Chissà se è vero). “Lesto si avvia, con la cartella sotto il braccio/ male annodata la cravatta dell'Upim...” (Prendeva il treno). “Sporchi ancora del sudore / del lavoro appena smesso” (Qualcosa da aspettare). “Sia ben chiaro che non penso alla casetta/ due locali più i servizi, tante rate, pochi vizi” (Quella cosa in Lombardia). “Fu quando gli zingari arrivarono al mare che la gente li vide, che la gente li vide come si presentano loro, loro, loro gli zingari, come un gruppo cencioso, così disuguale e negli occhi, negli occhi impossibile, impossibile poterli guardare” (Gli zingari). “Giovanni telegrafista e nulla più / stazioncina povera c'erano più alberi e uccelli che persone / ma aveva il cuore urgente anche senza nessuna promozione / battendo, battendo su un tasto solo” (Giovanni Telegrafista). Un campionario di ultimi, di reietti, di barboni, di gente cunt su i scarp del tennis, ma visto dall’interno. Non è l’abito, è la fodera. Jannacci indossa i suoi personaggi e se ne fa voce e questa voce è straziata, spezzata, incerta e balbettante. La vera innovazione di Enzo Jannacci è nella voce con cui canta le sue storie. Credo lo abbia detto anche Umberto Eco e concediamoci il lusso di concordare. Un Jannacci che cantasse “pulito”, come si dovrebbe fare, non sarebbe lui e non riuscirebbe a inserire tanta forza drammatica, come ne mette nei suoi urlati, nei suoi “fortissimo”, nelle sue balbuzie o esitazioni. È un canto “disperato” che ridà voce ai disperati.
Come accaduto al suo socio di inizi Gaber, ad un certo punto della carriera discografica...il produrre musica e venderne non riesce a coprire l'intera parabola creativa di questi artisti, come se la musica e la canzone fosse riduttiva rispetto alle loro necessità d'espressione, fosse un mezzo troppo sintetico..ristretto...mediato.
Entrambi, si rivolgono ad altro....Gaber sviluppera il genere del cosiddetto TEATRO-CANZONE in cui s'alternano monologhi e canzoni scritti entrambi dallo stesso Gaber..che per una trentina d'anni porterà in giro per teatri italiani..
Per Jannacci si apre negli anni settanta una parentesi di collaborazioni musical-artistiche con il cinema...scrive diversi temi originali per films italiani ..
Torna a scrivere canzoni con Cochi e Renato che a metà anni settanta hanno il loro apice di successo televisivo e negli anni ottanta collima pubblicando nuovi album e portando in giro diversi recitals .. "Niente domande", nel 1987 con "Parlare con i limoni" e nel 1988 con "Tempo di pace...pazienza!".
inserito da Piccoloprincipe
.......
I testi delle canzoni ... http://www.angelfire.com/music2/Jannacci/testi.html
Riporto il testo della mia "preferita"...
SOLDATO NENCINI
Soldato Nencini, soldato d'Italia
semianalfabeeta, schedato: "terrone",
l'han messo a Alessandria perchè c'è più nebbia;
ben presto ha capito che a volergli bene
c'è solo quel cane che mangia la stoppa
fra i vecchi autoblindo, pezzato marrone...
Due o anche tre volte ha chiesto il tenente
a un suo subalterno: "Ma questo Nencini,
cos'ha, da sorridere sempre per niente?
Sorride un pò perso... magari a nessuno;
e mangia di gusto 'sto rancio puzzone!...
Ma è analfabeta, e per giunta, terrone!"
E arriva anche il giorno che arriva la posta;
e piove, e di dentro c'è tante persone.
S'inganna ridendo l'odore di piedi,
e là, più di tutti, chi ride è il terrone:
gli stanno leggendo del padre a Corfù;
C'è stata una capra malata... e continua:
"Sai, tristi è aspettari: se non t'amo più,
conviene lasciarsi..." Firmato: Mariù
Soldato Nencini, soldato d'Italia
di stanza a Alessandria, schedato: "terrone",
si è messo in disparte, sorride un pò meno;
ma di tanto in tanto, ti ferma qualcuno
e gira e rigira quel foglio marrone:
ti legge un frase; ti dice:"c'è scritto
"Sai, tristi è aspettari: se non t'amo più,
conviene lasciarsi..." Firmato: Mariù"
Un'intervista del 1995 sulla canzone d'autore, l'ispirazione musicale, l'importanza della vocalità...
...continua..
Quel che però mi preme sottolineare è che quest'omo, che inizia principalmente come musicista, suonando il pianoforte per cantanti diversi, nella scrittura dei testi alterna canzoni demenzial-fantasiose (sull'onda del Buscaglione di cui abbiamo già trattato) a canzoni socialmente impegnate con protagonisti soggetti marginali, i quali vengono amplificati PROPRIO dalle incertezze e dalla parlata incespicante di Jannacci.....Come dire, fosse un fine cantante precisino, renderebbe inverosimili le cose che canta...
Il concetto viene così espresso ..
http://www.bielle.org/Artisti/JannacciNew.htm
Caratteristica comune alle canzoni di Enzo che non rinunciano mai a contaminare il tragico col comico, giocando spesso, con maestria, su un crinale al limite tra i due elementi. Jannacci che, come l’amico Gaber e come Fabrizio De André ha passato una vita intera a gettare uno sguardo mai pietistico, ma semmai partecipe e commosso su tutta una parte di umanità che ora fa fine definire “gli ultimi” e che in tempi di sbornie ideologiche si etichettavano come “lumpenproletariat”: i reietti, i marginali, le persone che, normalmente non arrivano alla gloria di una canzone tutta per loro. Personaggi che, come dice lo stesso Jannacci, non sono di ieri, non risalgono agli anni ’50, ma in alcuni casi rimontano il tempo all’indietro fino ad arrivare alla prima guerra mondiale. Personaggi che vivono di piccolo e piccolissime cose: “Un dì lü l'avea menada a veder la Fiera/
la gh'eva un vestidin color del trasú / disse: "vorrei un krapfen... non ho moneta"/ "Pronti!" El gh'ha dà dés chili... e l'ha vista pü!” (Andava a Rogoredo). “Rivò un bel dì che era l'otto d'Agosto/ con la cravatta colore rosso/ Chissà perché, che io m'ero illusa /che mi volesse parlare d'amor!” (Chissà se è vero). “Lesto si avvia, con la cartella sotto il braccio/ male annodata la cravatta dell'Upim...” (Prendeva il treno). “Sporchi ancora del sudore / del lavoro appena smesso” (Qualcosa da aspettare). “Sia ben chiaro che non penso alla casetta/ due locali più i servizi, tante rate, pochi vizi” (Quella cosa in Lombardia). “Fu quando gli zingari arrivarono al mare che la gente li vide, che la gente li vide come si presentano loro, loro, loro gli zingari, come un gruppo cencioso, così disuguale e negli occhi, negli occhi impossibile, impossibile poterli guardare” (Gli zingari). “Giovanni telegrafista e nulla più / stazioncina povera c'erano più alberi e uccelli che persone / ma aveva il cuore urgente anche senza nessuna promozione / battendo, battendo su un tasto solo” (Giovanni Telegrafista). Un campionario di ultimi, di reietti, di barboni, di gente cunt su i scarp del tennis, ma visto dall’interno. Non è l’abito, è la fodera. Jannacci indossa i suoi personaggi e se ne fa voce e questa voce è straziata, spezzata, incerta e balbettante. La vera innovazione di Enzo Jannacci è nella voce con cui canta le sue storie. Credo lo abbia detto anche Umberto Eco e concediamoci il lusso di concordare. Un Jannacci che cantasse “pulito”, come si dovrebbe fare, non sarebbe lui e non riuscirebbe a inserire tanta forza drammatica, come ne mette nei suoi urlati, nei suoi “fortissimo”, nelle sue balbuzie o esitazioni. È un canto “disperato” che ridà voce ai disperati.
Come accaduto al suo socio di inizi Gaber, ad un certo punto della carriera discografica...il produrre musica e venderne non riesce a coprire l'intera parabola creativa di questi artisti, come se la musica e la canzone fosse riduttiva rispetto alle loro necessità d'espressione, fosse un mezzo troppo sintetico..ristretto...mediato.
Entrambi, si rivolgono ad altro....Gaber sviluppera il genere del cosiddetto TEATRO-CANZONE in cui s'alternano monologhi e canzoni scritti entrambi dallo stesso Gaber..che per una trentina d'anni porterà in giro per teatri italiani..
Per Jannacci si apre negli anni settanta una parentesi di collaborazioni musical-artistiche con il cinema...scrive diversi temi originali per films italiani ..
Torna a scrivere canzoni con Cochi e Renato che a metà anni settanta hanno il loro apice di successo televisivo e negli anni ottanta collima pubblicando nuovi album e portando in giro diversi recitals .. "Niente domande", nel 1987 con "Parlare con i limoni" e nel 1988 con "Tempo di pace...pazienza!".
- Spoiler:
- http://www.angelfire.com/music2/Jannacci/biografia.html
Sul piano musicale vanno rilevate le esperienze come compositore di colonne sonore per il cinema: "Romanzo popolare" di Mario Monicelli, "Saxofone" di e con Renato Pozzetto, "Pasqualino Settebellezze" di Lina Wertmuller" (che nel 1977 gli vale una nomination all'Oscar come miglior colonna sonora), e "Piccoli equivoci" di Ricky Tognazzi.
Come autore e arrangiatore collabora con Mina (per l'album "Mina quasi Jannacci", nel 1977) e con Milva (per il disco "La rossa" nel 1980).
Nel 1979, in occasione dell'uscita dell'album "Fotoricordo" (uno dei suoi dischi migliori), realizza un programma televisivo, "Saltimbanchi si muore"; sempre nello stesso anno appare come ospite in un concerto di Paolo Conte al Teatro "Pier Lombardo" di Milano, dopo 5 anni di assenza dal palcoscenico (l'ultimo suo concerto risale al 1974).
E' il preludio ad una tournèe trionfale, del 1981, che parte il 15 Febbraio da un Teatro Tenda montato a San Siro dall'A.R.C.I.: lo accompagnano musicisti come Flaviano Cuffari alla batteria, Dino D'Autorio al basso, Sergio Farina alle chitarre, Gilberto Zilioli alle tastiere, Nando De Luca al pianoforte e alla fisarmonica, Bruno De Filippi alle chitarre e all'armonica, e Pino Sacchetti e Paolo Tomelleri ai fiati.
inserito da Piccoloprincipe
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I testi delle canzoni ... http://www.angelfire.com/music2/Jannacci/testi.html
Riporto il testo della mia "preferita"...
SOLDATO NENCINI
Soldato Nencini, soldato d'Italia
semianalfabeeta, schedato: "terrone",
l'han messo a Alessandria perchè c'è più nebbia;
ben presto ha capito che a volergli bene
c'è solo quel cane che mangia la stoppa
fra i vecchi autoblindo, pezzato marrone...
Due o anche tre volte ha chiesto il tenente
a un suo subalterno: "Ma questo Nencini,
cos'ha, da sorridere sempre per niente?
Sorride un pò perso... magari a nessuno;
e mangia di gusto 'sto rancio puzzone!...
Ma è analfabeta, e per giunta, terrone!"
E arriva anche il giorno che arriva la posta;
e piove, e di dentro c'è tante persone.
S'inganna ridendo l'odore di piedi,
e là, più di tutti, chi ride è il terrone:
gli stanno leggendo del padre a Corfù;
C'è stata una capra malata... e continua:
"Sai, tristi è aspettari: se non t'amo più,
conviene lasciarsi..." Firmato: Mariù
Soldato Nencini, soldato d'Italia
di stanza a Alessandria, schedato: "terrone",
si è messo in disparte, sorride un pò meno;
ma di tanto in tanto, ti ferma qualcuno
e gira e rigira quel foglio marrone:
ti legge un frase; ti dice:"c'è scritto
"Sai, tristi è aspettari: se non t'amo più,
conviene lasciarsi..." Firmato: Mariù"
Un'intervista del 1995 sulla canzone d'autore, l'ispirazione musicale, l'importanza della vocalità...
- Spoiler:
- co remoto | Community
Secondo lei la canzone d’autore è poesia?
Una volta di una bella canzone si diceva “fa ballare”....
Nanni Ricordi inventò i cantautori: il primo fu Bindi, che suonava la fisarmonica, poi Paoli, che faceva il pittore, Gaber.... Per quanto riguarda la risposta che devo darti... la poesia c’è ovunque. Una volta erano in pochi a capire la poesia... e la medicina. Poi i medici sono ignoranti... Però poi ho scoperto le canzoni di Paolo Conte: un connubio tra testo e musica che non c’è quasi mai. Solo in alcuni brani di Dalla, Guccini... Quelli sono rimasti i capisaldi della canzoni d’autore. Io in particolare sono diventato un cantautore perché le mie canzoni non le voleva cantare nessuno; dovevo cantarmele da me. Molte canzoni dei cantautori hanno un momento di successo interno sublime, ad esempio Dalla quando dice “di così tanti capelli ci si può fidare” o De Gregori “non è da un calcio di rigore che si giudica un giocatore”. Ma ce ne sono tanti altri, Bertoli... ; forse Conte è il più poeta, ma è anche il meno sociale. Io non ho mai avuto delle basi importanti, come De Andrè o Vecchioni: la forza della mia canzone era il canto dei disperati. Si poteva anche cantare i ricchi, i nobili e loro disgrazie, ma allora mi interessava quello con “le scarpe da tennis”, anzi, ancora prima “il meccanico di cappelli” che era una canzone surreale, fattami conoscere da Dario Fo.
Infatti a Torino ho intervistato Dario Fo e mi ha detto che in quel periodo vi fu una vera e propria rivoluzione per quanto riguarda i testi. Lei è uscito sulla scia del Cantacronache, si è rifatto alla scuola francese?
Certe soluzioni melodiche, armoniche sono apparentemente della scuola francese. Non voglio essere modesto: ho scritto un pezzo che si chiama Musical, che non faccio quasi mai, in cui ho trovato una simbiosi particolare tra la melodia e ciò che volevo dire. E la gente poi se ne accorge, come La fotografia a Sanremo.
In Storia della canzone italiana Borgna riporta una frase di Umberto Eco secondo il quale lei è stato rivoluzionario nell’uso della voce, nel modo di cantare. Quanto conta in una canzone la voce, l’interpretazione?
E’ tutto, soprattutto in pubblico. Se ti presenti al pubblico hai bisogno di comunicare, e questo vale sempre, sia per le cose comiche, grottesche, sia per le cose tragiche, disperate.
Lei sembra sempre molto distaccato nelle sue interpretazioni, ha un modo di fare distante, lontano dalle cose che dice...
Questo è il sistema: non deve esserci niente di retorico. Devi tagliare, buttare via tutto quello che c’è di retorico.
Guccini mi ha detto che secondo lui tra la canzone e la poesia c’è una grande differenza: la poesia è più elitaria. In questo senso, secondo lei, il testo di una canzone deve avere degli accorgimenti diversi?
Proprio Guccini che è uno dei maggiori poeti che abbiamo... Io ho più di cinquant’anni - più o meno siamo tutti della stessa età - e sono convinto che siamo stati troppo attenti a certe cose, perché avevamo un certo ritegno. Sembrava che il grande pittore il grande architetto, da Renzo Appiano a Giacometti, facessero cose al cui confronto noi sembravamo dei saltimbanchi. Invece non è vero, prendi una canzone di Paoli, una delle prime, “ sassi sono le mie parole”: chiamarla poesia allora era un’eresia. Però è poesia: vale molto di più una canzone che ti tocchi il cuore, che dica delle cose, che migliaia di persone che vanno ad un comizio.
Secondo lei trattare la canzone come tema sociale, quindi politico, è una scelta estetica?
Sì, certo. Il più grande è stato Ivan Della Mea: lui ha dedicato la vita alla canzone politica, io lo ammiro molto. In un momento difficile, in cui ce n’era proprio bisogno, in cui noi eravamo un po’ vacillanti, lui e Gaber hanno avuto molto coraggio. Gaber era più portato all’anarchia, a vedere le cose con rabbia e distacco, Ivan invece era una vera e propria dichiarazione di guerra.
Lei tratta quasi sempre di temi sociali: lo fa perché la canzone deve anche essere provocazione?
No, provocazione no. La canzone deve lasciar turbati, per le pause, per la melodia, per quello che dici, per come ti senti... Ci sono sere infatti che non mi va di cantare, per qualunque motivo. Non capita solo a me, ma a chiunque abbia un impegno sociale, culturale: se stai bene canti, vai in platea, altrimenti... c’è una frase: “non esistono tutti i pubblici per gli artisti”. Può capitare una sera che non stai bene, che hai dei problemi grossi, e la gente se ne accorge. Io non voglio coinvolgere troppo: mi interessa che ascoltino, che si crei quell’affiatamento, che, quando escono, abbiano capito.
Per Ruwet nelle canzoni di Brassens testo e musica, presi separatamente, non hanno nulla di notevole. E’ la loro unione a dare un risultato straordinario... Secondo lei la simbiosi tra questi due elementi è importante?
In Brassens sì. Anche in Conte. Io ci ho messo un anno a scrivere La fotografia, a far collimare decentemente testo e musica. Bisogna ascoltare e ascoltarsi: una cosa non deve svilire l’altra.
E’ d’accorto con Zumthor, secondo cui i cantautori possono essere considerati gli ultimi poeti orali?
La poesia è una pozzanghera che io vedo in un certo modo, tu in un altro. Basta che vi sia nostalgia, serenità, una pace che non si riesce a trovare... è questo che dà l’input alla poesia vera e non alla retorica. Non si scrivono poesie: si scrive.
Se dovesse definire la canzone d’autore?
E’ un tipo di poesia minore abbinata ad un tipo di dialettica musicale intensa. Sto pensando al pezzo di Dalla quando dice, parafrasando un canzone napoletana, “ti voglio bene, ti voglio bene”. A nessuno viene in mente che sia una cosa che riguarda il suo animo, l’animus romantico, tragico, di questo ex-ragazzo che lanciando questo urlo...
Io non ho mai pensato che No tu no fosse un tipo di poesia di diversi; semmai era un urlo disperato della gente che ho sempre cantato, i disperati, i disadattati, gente che fatica ad andare avanti. Per questo sono d’accordo con Eco ed Eco è d’accordo con me: il diverso è colui per il quale noi siamo diversi.
Io spezzerei una lancia a favore di uno dei nostri più grandi poeti e compositori: Claudio Baglioni. Lui ha abbandonato per scelta di cantare l’amore delle ragazzine, per cantare l’amore per la gente: da I vecchi a Le ragazze dell’Est... Canta benissimo, sa abbinare meglio di noi le cose tra loro. Poi è anche giovane e bello... Pochi ne parlano, invece Claudio ha tanto da dare ancora.
Chi erano i suoi modelli, a chi si rifaceva?
Io accompagnavo Sergio Endrigo negli anni Sessanta: suonavo il piano e dovevo pagarmi gli studi in medicina; lui ha avuto la gentilezza di farmi lavorare, di prendermi come pianista per le sue serate. Un giorno capitammo alla Bussola (c’era ancora Bernardini), vidi Gilbert Becaud che provava e pensai: se un giorno dovessi fare quel mestiere, lo vorrei fare come quello lì.
Sempre Zumthor sostiene che la canzone è avvantaggiata sulla poesia, perché oggi la poesia è muta. Il successo maggiore della canzone è quindi dato dalla voce...
Gli aedi non potevano fare a meno dell’elemento musicale. Lo stesso Ungaretti, che voleva leggere lui le sue poesie, in una scala di valori molto più alta era un cantautore .
Non trova che la poesia oggi si sia allontanata dalla vita quotidiana?
Io sono per la poesia popolare. Che Guevara ha scritto delle cose bellissime. Ci sono poeti in Brasile, a Cuba, che cantano le loro poesie anziché recitarle: la poesia ha bisogno del supporto della musica, ancora oggi. E la gente ha bisogno di queste cose; ci vorrebbero più cantautori, più canzoni di qualità in un mondo dove è imperante il karaoke. Tanto i soldi li guadagni comunque, sia che canti puttanate, sia che fai canzoni belle, di valore.
Lei ha scritto molte canzoni in dialetto: è una carenza dell’italiano o ne è un arricchimento?
C’è il problema della comprensione: se io canto le canzoni in milanese a Peschici nessuno capisce un’ ostia; quindi se devo andare a cantare a Sanremo davanti a milioni di telespettatori canto in una lingua che tutti capiscono. Già gli inglesi sono avvantaggiati; se io fossi nato in America No tu no ve la dovevate sorbire per altri quarant’anni...
...continua..
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