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Re: Rassegna Stampa
INGROIA, INTERCETTA QUESTO! - NAPOLITANO DICHIARA GUERRA ALLA PROCURA DI PALERMO! - “AFFIDATO ALL'AVVOCATO GENERALE DELLO STATO L'INCARICO DI RAPPRESENTARE LA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA NEL GIUDIZIO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE DA SOLLEVARE DINANZI ALLA CORTE COSTITUZIONALE NEI CONFRONTI DELLA PROCURA DI PALERMO”…
"Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - si legge in una nota - ha oggi affidato all'Avvocato Generale dello Stato l'incarico di rappresentare la Presidenza della Repubblica nel giudizio per conflitto di attribuzione da sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo per le decisioni che questa ha assunto su intercettazioni di conversazioni telefoniche del Capo dello Stato; decisioni che il Presidente ha considerato, anche se riferite a intercettazioni indirette, lesive di prerogative attribuitegli dalla Costituzione".
"Alla determinazione di sollevare il confitto - prosegue la nota - il Presidente Napolitano è pervenuto ritenendo 'dovere del Presidente della Repubblica', secondo l'insegnamento di Luigi Einaudi, 'evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell'occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuiscé". Lo rende noto un comunicato del Quirinale.
dagospia
"Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - si legge in una nota - ha oggi affidato all'Avvocato Generale dello Stato l'incarico di rappresentare la Presidenza della Repubblica nel giudizio per conflitto di attribuzione da sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo per le decisioni che questa ha assunto su intercettazioni di conversazioni telefoniche del Capo dello Stato; decisioni che il Presidente ha considerato, anche se riferite a intercettazioni indirette, lesive di prerogative attribuitegli dalla Costituzione".
"Alla determinazione di sollevare il confitto - prosegue la nota - il Presidente Napolitano è pervenuto ritenendo 'dovere del Presidente della Repubblica', secondo l'insegnamento di Luigi Einaudi, 'evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell'occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuiscé". Lo rende noto un comunicato del Quirinale.
dagospia
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Re: Rassegna Stampa
Trattativa, Rita Borsellino: “La mossa del Colle è uno schiaffo a me e all’Italia”
"Non mi aspettavo da Napolitano una presa di posizione così netta e grave nei confronti della Procura di Palermo, nel momento in cui quest’ultima sta cercando di fare chiarezza tra depistaggi e sentenze indotte. A pochi giorni dall’anniversario della strage, ci viene detto che delle intercettazioni tra Mancino e il Presidente la gente non deve sapere nulla"
Mi sento schiaffeggiata da questa notizia”. Rita Borsellino, sorella di Paolo, europarlamentare, ripete queste sei parole seduta nella sua casa al mare, a Trabia, dove il pomeriggio del 19 luglio venne a sapere della strage di via D’Amelio. Le ha pronunciate la prima volta l’altroieri in una libreria a pochi passi dalla storica focacceria di San Francesco, appena saputo che il Quirinale aveva sollevato un conflitto di attribuzioni alla Consulta contro la Procura di Palermo. E non torna indietro. Rincara la dose. Non porge l’altra guancia. Come quando alla vigilia del Natale 2007, alla notizia dell’istruttoria sollecitata dallo stesso Giorgio Napolitano per un’eventuale concessione della grazia all’ex funzionario del Sisde Bruno Contrada, si oppose senza se e senza ma. Quella volta Napolitano la chiamò al telefono e non fu certo una conversazione tranquilla. “La sensazione di essere stati schiaffeggiati credo l’abbiano provata tutti gli italiani. Non ce l’aspettavamo dal Capo dello Stato una presa di posizione così netta e grave nei confronti della Procura di Palermo, nel momento in cui quest’ultima sta cercando di fare chiarezza tra depistaggi e sentenze indotte. A pochi giorni dall’anniversario della strage, ci viene detto che delle intercettazioni tra Mancino e il Presidente la gente non deve sapere nulla. Ma tutti quanti abbiamo il diritto di conoscere tutto ciò che può servire a scoprire la verità. Siamo stanchi di sentire solo i non so e i non ricordo. Quando abbiamo gli elementi concreti è giusto che siano messi a disposizione. Io voglio sapere se Mancino è una persona che effettivamente sta facendo un doppio gioco. Se i magistrati abbiano violato la legge sull’immunità del Capo dello Stato o no questo dovrà essere stabilito. Intanto mi ritrovo sul piatto della bilancia la Presidenza della Repubblica che dice che ciò che è accaduto non è lecito, ma anche la Procura di Palermo che afferma il contrario. Come persona alla ricerca della verità, come famigliare, ma soprattutto come cittadina, mi sento offesa. E’ come se mi fosse stato detto: certe cose non le puoi e non le devi sapere. E io non lo posso accettare”.
È un caso che il decreto del Presidente della Repubblica sia arrivato a pochi giorni dalle celebrazioni del ventesimo anniversario della strage di via D’Amelio?
Ci sono delle ragioni di opportunità. Non penso che gli avvisi di garanzia debbano essere sospesi in funzione dei momenti. La giustizia deve fare il suo corso, ma credo che tirare fuori un argomento così controverso nella circostanza in cui tutti quanti avrebbero dovuto concentrarsi sulla necessità di fare chiarezza in occasione del ventennale della strage, sia stato inopportuno. O forse si è voluto contribuire proprio così.
Il 19 luglio arriverà come ogni anno il messaggio del Capo dello Stato e la sua corona di fiori in via D’Amelio.
Se il Presidente della Repubblica manderà il suo fax di partecipazione sarà sempre accolto con deferenza perché è il capo dello Stato. Ma la richiesta che abbiamo fatto io e mio fratello Salvatore al sindaco di Palermo è chiara: non rifiutiamo i fiori della Presidenza della Repubblica, del Consiglio o della Regione, ma chiediamo che via D’Amelio quest’anno sia un luogo dove viene ricordata la vita. I simboli della morte come possono essere le corone, siano depositati in un altro luogo . Noi vogliamo ricordare la vita di Paolo Borsellino. Vogliamo che lì dove ci sono dei dubbi che investono le istituzioni non ci siano simboli che le rappresentano. Paolo diceva che le istituzioni sono sacre. Possono essere discutibili gli uomini. Mio fratello era un uomo di quelle istituzioni sacre. Purtroppo oggi abbiamo troppi elementi per confermare quello che lui diceva: ci sono state persone che in quelle istituzioni hanno tradito. Non vogliamo correre il rischio che i simboli si possano confondere con le persone, perché ancor oggi non sappiamo chi sono i traditori”.
ilfattoquotidiano
"Non mi aspettavo da Napolitano una presa di posizione così netta e grave nei confronti della Procura di Palermo, nel momento in cui quest’ultima sta cercando di fare chiarezza tra depistaggi e sentenze indotte. A pochi giorni dall’anniversario della strage, ci viene detto che delle intercettazioni tra Mancino e il Presidente la gente non deve sapere nulla"
Mi sento schiaffeggiata da questa notizia”. Rita Borsellino, sorella di Paolo, europarlamentare, ripete queste sei parole seduta nella sua casa al mare, a Trabia, dove il pomeriggio del 19 luglio venne a sapere della strage di via D’Amelio. Le ha pronunciate la prima volta l’altroieri in una libreria a pochi passi dalla storica focacceria di San Francesco, appena saputo che il Quirinale aveva sollevato un conflitto di attribuzioni alla Consulta contro la Procura di Palermo. E non torna indietro. Rincara la dose. Non porge l’altra guancia. Come quando alla vigilia del Natale 2007, alla notizia dell’istruttoria sollecitata dallo stesso Giorgio Napolitano per un’eventuale concessione della grazia all’ex funzionario del Sisde Bruno Contrada, si oppose senza se e senza ma. Quella volta Napolitano la chiamò al telefono e non fu certo una conversazione tranquilla. “La sensazione di essere stati schiaffeggiati credo l’abbiano provata tutti gli italiani. Non ce l’aspettavamo dal Capo dello Stato una presa di posizione così netta e grave nei confronti della Procura di Palermo, nel momento in cui quest’ultima sta cercando di fare chiarezza tra depistaggi e sentenze indotte. A pochi giorni dall’anniversario della strage, ci viene detto che delle intercettazioni tra Mancino e il Presidente la gente non deve sapere nulla. Ma tutti quanti abbiamo il diritto di conoscere tutto ciò che può servire a scoprire la verità. Siamo stanchi di sentire solo i non so e i non ricordo. Quando abbiamo gli elementi concreti è giusto che siano messi a disposizione. Io voglio sapere se Mancino è una persona che effettivamente sta facendo un doppio gioco. Se i magistrati abbiano violato la legge sull’immunità del Capo dello Stato o no questo dovrà essere stabilito. Intanto mi ritrovo sul piatto della bilancia la Presidenza della Repubblica che dice che ciò che è accaduto non è lecito, ma anche la Procura di Palermo che afferma il contrario. Come persona alla ricerca della verità, come famigliare, ma soprattutto come cittadina, mi sento offesa. E’ come se mi fosse stato detto: certe cose non le puoi e non le devi sapere. E io non lo posso accettare”.
È un caso che il decreto del Presidente della Repubblica sia arrivato a pochi giorni dalle celebrazioni del ventesimo anniversario della strage di via D’Amelio?
Ci sono delle ragioni di opportunità. Non penso che gli avvisi di garanzia debbano essere sospesi in funzione dei momenti. La giustizia deve fare il suo corso, ma credo che tirare fuori un argomento così controverso nella circostanza in cui tutti quanti avrebbero dovuto concentrarsi sulla necessità di fare chiarezza in occasione del ventennale della strage, sia stato inopportuno. O forse si è voluto contribuire proprio così.
Il 19 luglio arriverà come ogni anno il messaggio del Capo dello Stato e la sua corona di fiori in via D’Amelio.
Se il Presidente della Repubblica manderà il suo fax di partecipazione sarà sempre accolto con deferenza perché è il capo dello Stato. Ma la richiesta che abbiamo fatto io e mio fratello Salvatore al sindaco di Palermo è chiara: non rifiutiamo i fiori della Presidenza della Repubblica, del Consiglio o della Regione, ma chiediamo che via D’Amelio quest’anno sia un luogo dove viene ricordata la vita. I simboli della morte come possono essere le corone, siano depositati in un altro luogo . Noi vogliamo ricordare la vita di Paolo Borsellino. Vogliamo che lì dove ci sono dei dubbi che investono le istituzioni non ci siano simboli che le rappresentano. Paolo diceva che le istituzioni sono sacre. Possono essere discutibili gli uomini. Mio fratello era un uomo di quelle istituzioni sacre. Purtroppo oggi abbiamo troppi elementi per confermare quello che lui diceva: ci sono state persone che in quelle istituzioni hanno tradito. Non vogliamo correre il rischio che i simboli si possano confondere con le persone, perché ancor oggi non sappiamo chi sono i traditori”.
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Re: Rassegna Stampa
Lettera di Aldo Busi pubblicata da "altriabusi.it"
"Rosy non ha mai avuto problemi a regolarizzare il rapporto con l'amore della sua vita", sottinteso ‘perché non ne ha mai avuto uno', non mi sembrano parole inficiate da alcuna particolare volgarità; uno come Grillo poteva andare giù in maniera ben più pesante.
Lo sfottarello mi sembra un delizioso buffetto e niente più, l'omaggio a una famosa vergine di ferro irreversibile perché irreversibilmente attempata, orgogliosa di questa risaputa e riaffermata nel tempo aura pubblica, e saranno pure cazzi suoi e tali restano anche nell'innocente pizzicotto del politico genovese (comici, pietosamente involontari, sono gli altri);
non mi pare che Grillo abbia aggredito la sfera privata della creatura in alcun modo; se cerco di capire più a fondo le sue parole, mi sembra di capire che intenda dire, ‘Rosy, se nessuno interferisce coi cazzi tuoi, perché te la prendi sempre così a morte coi cazzi degli altri?'. Niente di più, per l'appunto.
Ciò che mi ha sempre colpito nelle decisioni politiche di chi le decide o orienta è che aderiscano in modo pedissequo, e ottusamente egoistico, alle sue opinioni o convincimenti, diciamo pure alle sue esperienze - inesperienze personali, inevitabilmente passatiste e quindi reazionarie, allorché dovrebbe deliberare non per sé - spesso neppure sfiorato dalle richieste di diritti civili del momento per età e rimozioni e traumi e repressioni e delusioni e ipocrisie varie originate dalla strenua difesa della morale sessuale cattolica, e privilegi istituzionali che gridano vendetta davanti a tutto il popolo -, ma per le generazioni future, oltre che per le presenti, che affrontano in modo nuovo e finalmente laico una certa problematica che drammaticamente le riguarda e che esige una modifica, un aggiornamento urgentissimo a certe leggi o alla loro totale mancanza.
I vari scandalizzatissimi esponenti del Partito democratico(?), invece di tacciare Beppe Grillo di "indecente maschilista, peggio di Berlusconi" per avere detto ciò che pensa mezza Italia e mezza, dovrebbero
a) fare tesoro delle sue parole almeno sulle dichiarazioni di Rosy Bindi circa i diritti civili per le persone dello stesso genere che lei ha di nuovo contestato offendendo e lo stesso programma d'intenti annunciato da Bersani e l'attesa, anche stavolta frustrata, di milioni di coppie,
b) estrometterla dal partito - potrebbe sempre affiancare Paola Binetti all'UDC, che ne rafforzerebbe la morale sessuale, e anche asessuale, cattolica
c) non presentarsi alle elezioni sicuri di perdere, solo per questo ridicolo atavismo ideologico da rottamazione mancata, un paio di milioni di voti. Innanzitutto il mio, il quale, che piaccia o no, non entra mai da solo nella cabina elettorale.
Aldo Busi
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Re: Rassegna Stampa
La fiera dell'ipocrisia
tanto i signori onorevoli hanno tra i loro privilegi quello di salvaguardare i diritti dei loro conviventi
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Re: Rassegna Stampa
E ORA CHI PORTIAMO IN PARLAMENTO? I GRILLINI IN CERCA DI 100 CANDIDATI DA ELEGGERE ALLA CAMERA E AL SENATO - ALTISSIMO IL RISCHIO DI “INFILTRAZIONI”: OVUNQUE SI SENTONO TROMBATI ECCELLENTI DIRE “MI BUTTO CON GRILLO!” - IDEE VARIE E AVARIATE: PRIMARIE ON LINE, RECLUTAMENTI PORTA A PORTA - COME EVITARE LE MELE MARCE? L’IDEA E’ LASCIARE I CURRICULUM SUL WEB PER RACCOGLIERE SEGNALAZIONI & DELAZIONI….
Ferruccio Sansa per il "Fatto quotidiano"
Siamo un treno lanciato a velocità supersonica... verso l'ignoto. L'unica cosa certa è che ormai non possiamo più fermarci". Entusiasmo e panico. Ecco l'aria che si respira nel movimento Cinque Stelle, mentre si leggono i sondaggi: ormai si naviga verso il 20%, il Pdl è quasi superato, il Pd sembra a tiro. Percentuali da fare impallidire il Psi di craxiana memoria e An dei tempi d'oro. Per non dire della Lega.
Ecco allora comparire parole che una volta erano tabù: premier, candidati in Parlamento. Sono passati i tempi in cui Beppe Grillo tagliava corto: "Governare? No, noi dobbiamo restare al 5-10 per cento, essere uno stimolo, una coscienza critica". Passato. Remoto. "La politica è come una gara, non scendi in campo per fare atto di presenza. E noi ormai siamo in ballo", sussurra una delle figure più in vista del movimento che vuole restare anonimo.
E mostra due conti: "Potremmo portare in Parlamento cento persone. Bello, bellissimo, però ho paura. Mancano pochi mesi all'inizio della campagna elettorale, noi dobbiamo scegliere un migliaio di candidati... per non dire del candidato premier. Non possiamo fallire, sono in gioco gli ideali in cui crediamo . Ma dobbiamo ancora capire come faremo a sceglierli. Chi deve sceglierli". Già, il nodo della democrazia interna. Su cui ieri ha puntato ancora il dito Valentino Tavolazzi, espulso dal Movimento. Sul sito del Fatto quotidiano in poche ore undicimila persone hanno espresso la loro opinione: il 55% non è d'accordo con lui. Ma il 45% condivide le critiche.
Ai piani alti del Movimento si mostrano tranquilli. Gian Roberto Casaleggio preferisce un diplomatico "no comment". Ma i bene informati assicurano che la selezione si farà su internet. Presto potrebbe arrivare una piattaforma digitale sul sito www.beppegrillo.it , simile a quella oggi utilizzata per proposte e programmi. Davide Bono, consigliere regionale Cinque Stelle in Piemonte, ipotizza: "Gli aspiranti candidati potrebbero inviare curriculum e programmi, magari un video, che sarebbe votato online". Per esprimere la propria preferenza via internet si dovrebbero magari fornire le generalità insieme con una fotocopia dei documenti di identità, per evitare voti plurimi e fasulli.
Non basta: "L'onestà, la coerenza, la trasparenza non si possono valutare via internet. Serve altro, anche i Pirati tedeschi non si affidano solo a internet. Siamo forti, troveremo i modi, ma sarà una bella fatica", sostiene Giovanni Favia, consigliere regionale Cinque Stelle in Emilia Romagna. Questioni tecniche che diventano politiche.
"Il guaio - racconta dietro le quinte un altro volto noto del movimento - è che dobbiamo selezionare un migliaio di candidati. Ma la nostra gente, e di questo siamo fieri, spesso non ha ambizioni di gloria e poltrone. Il rischio è che i candidati forti prendano migliaia di voti, gli altri invece se la giochino su una manciata di preferenze. Insomma, che per entrare in Parlamento bastino dieci, venti voti online. Un po' di amici e parenti".
Max Bugani, consigliere comunale a Bologna, è entusiasta ma sente il tempo che manca: "Bisogna partire al più presto. In tanti si stanno avvicinando al Movimento. Gente che fiuta odore di vittoria. La selezione deve essere accurata". Lo stesso Bono non si nasconde il problema: "Ci troveremo anche noi delle mele marce. Ma riusciremo a ridurre i rischi, perché la rete conosce tutti". Già, la rete: "Potremmo lasciare le candidature e i curricula esposti online un mese prima del voto, per dare tempo ai cittadini di valutare e sollevare obiezioni", propone Mattia Calise, consigliere comunale a Milano. Altri sono meno fiduciosi: "Se usiamo soltanto internet, rischiamo che a vincere siano persone che hanno grande notorietà online, tipo blogger eccetera. Ma non c'è soltanto la rete".
Problemi tecnici che si intrecciano a questioni di fondo. Per esempio tracciando l'identikit dei candidati. Del "front runner", come dice qualcuno per evitare una parola che sa di politica: "il candidato premier". Sui requisiti preliminari tutti d'accordo: "Fedina penale pulita e competenze", chiede Bono. Poi nessuna tessera di partito. Incompatibilità? "Niente giornalisti e magistrati che devono essere utili nella loro professione", chiedono altri.
Oppure: "Quelli di noi che hanno già cariche pubbliche non potranno correre", è convinto Bugani. Bono aggiunge: "Meglio non scegliere persone note, nemmeno per il candidato premier". Non si rischia di escludere anche chi è noto per i propri meriti? "Valuteremo caso per caso".
Nomi? Qualcuno butta lì David Borrelli (consigliere comunale a Treviso) e Roberto Fico (candidato sindaco a Napoli), personaggi amati dal popolo del Movimento. Svegli, trenta-quarantenni. Ma se vinceste? Se si trovassero di fronte Angela Merkel e dovessero parlare di spread o della crisi siriana? "Vincere mi sembra impossibile", rispondono in molti. Forse nel trionfo del Cinque Stelle finora credono più gli avversari che i ragazzi del Movimento.
dagospia
Ferruccio Sansa per il "Fatto quotidiano"
Siamo un treno lanciato a velocità supersonica... verso l'ignoto. L'unica cosa certa è che ormai non possiamo più fermarci". Entusiasmo e panico. Ecco l'aria che si respira nel movimento Cinque Stelle, mentre si leggono i sondaggi: ormai si naviga verso il 20%, il Pdl è quasi superato, il Pd sembra a tiro. Percentuali da fare impallidire il Psi di craxiana memoria e An dei tempi d'oro. Per non dire della Lega.
Ecco allora comparire parole che una volta erano tabù: premier, candidati in Parlamento. Sono passati i tempi in cui Beppe Grillo tagliava corto: "Governare? No, noi dobbiamo restare al 5-10 per cento, essere uno stimolo, una coscienza critica". Passato. Remoto. "La politica è come una gara, non scendi in campo per fare atto di presenza. E noi ormai siamo in ballo", sussurra una delle figure più in vista del movimento che vuole restare anonimo.
E mostra due conti: "Potremmo portare in Parlamento cento persone. Bello, bellissimo, però ho paura. Mancano pochi mesi all'inizio della campagna elettorale, noi dobbiamo scegliere un migliaio di candidati... per non dire del candidato premier. Non possiamo fallire, sono in gioco gli ideali in cui crediamo . Ma dobbiamo ancora capire come faremo a sceglierli. Chi deve sceglierli". Già, il nodo della democrazia interna. Su cui ieri ha puntato ancora il dito Valentino Tavolazzi, espulso dal Movimento. Sul sito del Fatto quotidiano in poche ore undicimila persone hanno espresso la loro opinione: il 55% non è d'accordo con lui. Ma il 45% condivide le critiche.
Ai piani alti del Movimento si mostrano tranquilli. Gian Roberto Casaleggio preferisce un diplomatico "no comment". Ma i bene informati assicurano che la selezione si farà su internet. Presto potrebbe arrivare una piattaforma digitale sul sito www.beppegrillo.it , simile a quella oggi utilizzata per proposte e programmi. Davide Bono, consigliere regionale Cinque Stelle in Piemonte, ipotizza: "Gli aspiranti candidati potrebbero inviare curriculum e programmi, magari un video, che sarebbe votato online". Per esprimere la propria preferenza via internet si dovrebbero magari fornire le generalità insieme con una fotocopia dei documenti di identità, per evitare voti plurimi e fasulli.
Non basta: "L'onestà, la coerenza, la trasparenza non si possono valutare via internet. Serve altro, anche i Pirati tedeschi non si affidano solo a internet. Siamo forti, troveremo i modi, ma sarà una bella fatica", sostiene Giovanni Favia, consigliere regionale Cinque Stelle in Emilia Romagna. Questioni tecniche che diventano politiche.
"Il guaio - racconta dietro le quinte un altro volto noto del movimento - è che dobbiamo selezionare un migliaio di candidati. Ma la nostra gente, e di questo siamo fieri, spesso non ha ambizioni di gloria e poltrone. Il rischio è che i candidati forti prendano migliaia di voti, gli altri invece se la giochino su una manciata di preferenze. Insomma, che per entrare in Parlamento bastino dieci, venti voti online. Un po' di amici e parenti".
Max Bugani, consigliere comunale a Bologna, è entusiasta ma sente il tempo che manca: "Bisogna partire al più presto. In tanti si stanno avvicinando al Movimento. Gente che fiuta odore di vittoria. La selezione deve essere accurata". Lo stesso Bono non si nasconde il problema: "Ci troveremo anche noi delle mele marce. Ma riusciremo a ridurre i rischi, perché la rete conosce tutti". Già, la rete: "Potremmo lasciare le candidature e i curricula esposti online un mese prima del voto, per dare tempo ai cittadini di valutare e sollevare obiezioni", propone Mattia Calise, consigliere comunale a Milano. Altri sono meno fiduciosi: "Se usiamo soltanto internet, rischiamo che a vincere siano persone che hanno grande notorietà online, tipo blogger eccetera. Ma non c'è soltanto la rete".
Problemi tecnici che si intrecciano a questioni di fondo. Per esempio tracciando l'identikit dei candidati. Del "front runner", come dice qualcuno per evitare una parola che sa di politica: "il candidato premier". Sui requisiti preliminari tutti d'accordo: "Fedina penale pulita e competenze", chiede Bono. Poi nessuna tessera di partito. Incompatibilità? "Niente giornalisti e magistrati che devono essere utili nella loro professione", chiedono altri.
Oppure: "Quelli di noi che hanno già cariche pubbliche non potranno correre", è convinto Bugani. Bono aggiunge: "Meglio non scegliere persone note, nemmeno per il candidato premier". Non si rischia di escludere anche chi è noto per i propri meriti? "Valuteremo caso per caso".
Nomi? Qualcuno butta lì David Borrelli (consigliere comunale a Treviso) e Roberto Fico (candidato sindaco a Napoli), personaggi amati dal popolo del Movimento. Svegli, trenta-quarantenni. Ma se vinceste? Se si trovassero di fronte Angela Merkel e dovessero parlare di spread o della crisi siriana? "Vincere mi sembra impossibile", rispondono in molti. Forse nel trionfo del Cinque Stelle finora credono più gli avversari che i ragazzi del Movimento.
dagospia
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Re: Rassegna Stampa
Ombra selvaggia
Adoro i miei connazionali, anche se a volte si comportano un po’ troppo da italiani. Prendiamo lo sciopero degli stabilimenti balneari annunciato per stamattina. Le ragioni sono serie: c’è una direttiva europea già antipatica fin dal nome, Bolkestein, che prevede la messa all’asta delle concessioni e potrebbe ridurre le spiagge come le città, dove i negozi a conduzione familiare sono stati soppiantati dai grandi gruppi. Per attirare l’attenzione della politica bisognava scioperare. Ma per non irritare la clientela bisognava farlo per finta. E qui entra in scena la creatività italica. Intanto il giorno scelto per lo sciopero, un venerdì: vicino al weekend, ma non dentro. Poi le modalità. L’accesso alla spiaggia rimane aperto, il bar funzionante, le cabine a disposizione, le sdraio in assetto da tintarella. Restano chiusi solo gli ombrelloni. Ma non nelle ore di punta, quando la sabbia scotta e si rischia l’insolazione. Dalle nove alle undici del mattino, mentre i ragazzi dormono, gli adulti fanno colazione e la spiaggia è un deserto tiepido attraversato da torme di nonne e nipoti in età prescolare, ai quali siamo sicuri che anche il bagnino più sindacalizzato spalancherà, a richiesta, almeno un ombrellino.
Ho raccontato questa storia a un tedesco in partenza per la Riviera. Dall’alto del suo spread ha commentato che gli italiani non riescono a essere seri nemmeno quando si arrabbiano. Gli ho risposto che è vero, non siamo seri. Però siamo dei paraculi fantastici. E pure un po’ vendicativi. In spiaggia alle nove del mattino non ci vanno solo i bambini, ma anche i tedeschi.
Massimo Gramellini
Adoro i miei connazionali, anche se a volte si comportano un po’ troppo da italiani. Prendiamo lo sciopero degli stabilimenti balneari annunciato per stamattina. Le ragioni sono serie: c’è una direttiva europea già antipatica fin dal nome, Bolkestein, che prevede la messa all’asta delle concessioni e potrebbe ridurre le spiagge come le città, dove i negozi a conduzione familiare sono stati soppiantati dai grandi gruppi. Per attirare l’attenzione della politica bisognava scioperare. Ma per non irritare la clientela bisognava farlo per finta. E qui entra in scena la creatività italica. Intanto il giorno scelto per lo sciopero, un venerdì: vicino al weekend, ma non dentro. Poi le modalità. L’accesso alla spiaggia rimane aperto, il bar funzionante, le cabine a disposizione, le sdraio in assetto da tintarella. Restano chiusi solo gli ombrelloni. Ma non nelle ore di punta, quando la sabbia scotta e si rischia l’insolazione. Dalle nove alle undici del mattino, mentre i ragazzi dormono, gli adulti fanno colazione e la spiaggia è un deserto tiepido attraversato da torme di nonne e nipoti in età prescolare, ai quali siamo sicuri che anche il bagnino più sindacalizzato spalancherà, a richiesta, almeno un ombrellino.
Ho raccontato questa storia a un tedesco in partenza per la Riviera. Dall’alto del suo spread ha commentato che gli italiani non riescono a essere seri nemmeno quando si arrabbiano. Gli ho risposto che è vero, non siamo seri. Però siamo dei paraculi fantastici. E pure un po’ vendicativi. In spiaggia alle nove del mattino non ci vanno solo i bambini, ma anche i tedeschi.
Massimo Gramellini
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Re: Rassegna Stampa
ILVA, una favola noir
"Io ho sempre sostenuto che bisogna pagare la stampa per tagliargli la lingua! Cioè pagare la stampa per non parlare!". Lo ha detto Girolamo Archinà, responsabile delle pubbliche relazioni dell'ILVA di Taranto. Archinà sopravvaluta la stampa, a chiudersi la bocca ci pensa da sola (*). La situazione drammatica di Taranto dove i tumori sono diffusi come il raffreddore era evidente anche a un cieco. Se non veniva denunciata dai partiti, dai governi, dalla Confindustria e dalla stampa nazionale vuol dire che erano tutti in torta con diversi interessi, chi economico, chi politico, chi semplicemente mazzettaro. Nessuno si è accorto di nulla. Deve essere un caso di cecità collettiva. Il presidente dell'ILVA è Ferrante, ex prefetto di Milano, candidato sindaco pdmenoellino. Non ha visto niente. I partiti del "lavoro, lavoro, lavoro" per dirla alla Fassino, che del lavoro ha una visione esoterica, mantenuto insieme alla moglie dalla politica da più di un ventennio, non sospettavano nulla, ma prendevano contributi generosi da Riva, il padrone dell'ILVA. 245.000 euro a Forza Italia e 98.000 a Pierluigi Bersani. Contributi a norma di legge.
Nel governo attuale il posto di Bersani è occupato da Passera, l'ovetto kinder, che oggi si reca in visita pastorale a Taranto. Passera è stato amministratore delegato di Intesa San Paolo che ha finanziato Riva. Passera è accompagnato all'ILVA dal ministro dell'Ambiente Clini sul quale Archinà ha detto "Corrado Clini è un uomo nostro". Clini, che ha avuto come sponsor Gianni De Michelis, è stato direttore generale del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare dal 1991 al 2011. Anche lui non ha mai visto nulla. Mi immagino la faccia dei tarantini e dei dipendenti dell'ILVA all'arrivo di Passera e Clini. Due vampiri all'AVIS. E questi dovrebbero salvarli? Il Governo vorrebbe destinare 336 milioni di soldi dei contribuenti alla bonifica della città. Non pagherebbe quindi Riva, che del resto ha già pagato i politici, ma gli italiani. Questa è una favola noir, senza lieto fine, dove nessuno si prende alcuna responsabilità, la gente muore per anni (lo ha denunciato più volte questo blog) per incuria e per interesse. E, nella migliore tradizione italiana, l'unica via di uscita è la magistratura che, come da copione, è subito demonizzata.Il giudice Patrizia Todisco ha chiuso sei reparti dell'ILVA di Taranto per tutelare la salute dei suoi cittadini. I partiti e le altre istituzioni sono rimasti a guardare. I danni li paghi Riva insieme ai partiti che ha finanziato in questi anni.
(*) finanziamenti pubblici a parte..."
blogdigrillo
io mi ricordo di avere girato intorno a Taranto nel 1996, andando nel Salento a passare le ferie... ogni cosa era ricoperta da una polvere rossa, sembava di essere su Marte
"Io ho sempre sostenuto che bisogna pagare la stampa per tagliargli la lingua! Cioè pagare la stampa per non parlare!". Lo ha detto Girolamo Archinà, responsabile delle pubbliche relazioni dell'ILVA di Taranto. Archinà sopravvaluta la stampa, a chiudersi la bocca ci pensa da sola (*). La situazione drammatica di Taranto dove i tumori sono diffusi come il raffreddore era evidente anche a un cieco. Se non veniva denunciata dai partiti, dai governi, dalla Confindustria e dalla stampa nazionale vuol dire che erano tutti in torta con diversi interessi, chi economico, chi politico, chi semplicemente mazzettaro. Nessuno si è accorto di nulla. Deve essere un caso di cecità collettiva. Il presidente dell'ILVA è Ferrante, ex prefetto di Milano, candidato sindaco pdmenoellino. Non ha visto niente. I partiti del "lavoro, lavoro, lavoro" per dirla alla Fassino, che del lavoro ha una visione esoterica, mantenuto insieme alla moglie dalla politica da più di un ventennio, non sospettavano nulla, ma prendevano contributi generosi da Riva, il padrone dell'ILVA. 245.000 euro a Forza Italia e 98.000 a Pierluigi Bersani. Contributi a norma di legge.
Nel governo attuale il posto di Bersani è occupato da Passera, l'ovetto kinder, che oggi si reca in visita pastorale a Taranto. Passera è stato amministratore delegato di Intesa San Paolo che ha finanziato Riva. Passera è accompagnato all'ILVA dal ministro dell'Ambiente Clini sul quale Archinà ha detto "Corrado Clini è un uomo nostro". Clini, che ha avuto come sponsor Gianni De Michelis, è stato direttore generale del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare dal 1991 al 2011. Anche lui non ha mai visto nulla. Mi immagino la faccia dei tarantini e dei dipendenti dell'ILVA all'arrivo di Passera e Clini. Due vampiri all'AVIS. E questi dovrebbero salvarli? Il Governo vorrebbe destinare 336 milioni di soldi dei contribuenti alla bonifica della città. Non pagherebbe quindi Riva, che del resto ha già pagato i politici, ma gli italiani. Questa è una favola noir, senza lieto fine, dove nessuno si prende alcuna responsabilità, la gente muore per anni (lo ha denunciato più volte questo blog) per incuria e per interesse. E, nella migliore tradizione italiana, l'unica via di uscita è la magistratura che, come da copione, è subito demonizzata.Il giudice Patrizia Todisco ha chiuso sei reparti dell'ILVA di Taranto per tutelare la salute dei suoi cittadini. I partiti e le altre istituzioni sono rimasti a guardare. I danni li paghi Riva insieme ai partiti che ha finanziato in questi anni.
(*) finanziamenti pubblici a parte..."
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Re: Rassegna Stampa
Nonna a me? Mi offendo
Sentirsi ancora giovani a 90 anni, credo sia questo l’unico vero segreto della longevità. Ai tanti anni che ho lasciato alle spalle non ci penso, non sono abituata a guardare indietro, ho sempre vissuto alla giornata, lo facevo da bambina e lo faccio ora.
Preferisco volgere gli occhi al futuro, agli impegni che mi aspettano, a breve e a lunga scadenza. Oggi il mio corpo è stanco, sono zoppicante, il respiro è sempre più affannoso e parlare mi affatica, ma la testa è viva, vivissima: i libri, gli aggiornamenti, i convegni, gli incontri di divulgazione, le domande che mi fanno e la ricerca di risposte chiare e puntuali, sono il mio allenamento quotidiano, sono il mio personale elisir di lunga vita. Non esistono medicine miracolose, ma tenere acceso e attivo il cervello ti porta a non spegnerti, a non farti schiacciare dal tempo che passa. Senza rimpianti e senza rammarichi.
Io stessa mi meraviglio del fatto che mi dovrebbe dispiacere e mettere malinconia il non poter più giocare a pallavolo come ho sempre fatto, il non farcela a nuotare in mare o il non riuscire più a fare lunghe camminate: inutile piangersi addosso, il mio fisico è vecchio, mi accontento di quello che mi permette ancora di fare e mi basta così. Sicuramente l’aver fatto sempre tanto sport mi ha mantenuto in forma, così come ha contribuito l’alimentazione sana avuta fin da bambina: già i miei genitori erano vegetariani e io non ho mai toccato un pezzo di carne in tutta la mia esistenza, e i benefici del non nutrirsi con animali ammalati sono smisurati.
La longevità però non è un valore assoluto: non basta vivere a lungo, ma bisogna vivere bene, con consapevolezza. Io non penso mai alla morte, è una dimensione di cui non me ne frega niente, quello che mi spaventa è il soffrire inutilmente: penso che la vita ad un certo punto, per mille motivi diversi, possa stancare, e che le persone debbano essere libere di poter scegliere di spegnere l’interruttore. Per fortuna io mi sento ancora giovane: quando una mamma mi incontra per strada e dice al proprio figlio: «Guarda, c’è nonna Margherita», mi volto anche io a cercare questa nonna Margherita: perché di sicuro non sono io
Margherita Hack
Sentirsi ancora giovani a 90 anni, credo sia questo l’unico vero segreto della longevità. Ai tanti anni che ho lasciato alle spalle non ci penso, non sono abituata a guardare indietro, ho sempre vissuto alla giornata, lo facevo da bambina e lo faccio ora.
Preferisco volgere gli occhi al futuro, agli impegni che mi aspettano, a breve e a lunga scadenza. Oggi il mio corpo è stanco, sono zoppicante, il respiro è sempre più affannoso e parlare mi affatica, ma la testa è viva, vivissima: i libri, gli aggiornamenti, i convegni, gli incontri di divulgazione, le domande che mi fanno e la ricerca di risposte chiare e puntuali, sono il mio allenamento quotidiano, sono il mio personale elisir di lunga vita. Non esistono medicine miracolose, ma tenere acceso e attivo il cervello ti porta a non spegnerti, a non farti schiacciare dal tempo che passa. Senza rimpianti e senza rammarichi.
Io stessa mi meraviglio del fatto che mi dovrebbe dispiacere e mettere malinconia il non poter più giocare a pallavolo come ho sempre fatto, il non farcela a nuotare in mare o il non riuscire più a fare lunghe camminate: inutile piangersi addosso, il mio fisico è vecchio, mi accontento di quello che mi permette ancora di fare e mi basta così. Sicuramente l’aver fatto sempre tanto sport mi ha mantenuto in forma, così come ha contribuito l’alimentazione sana avuta fin da bambina: già i miei genitori erano vegetariani e io non ho mai toccato un pezzo di carne in tutta la mia esistenza, e i benefici del non nutrirsi con animali ammalati sono smisurati.
La longevità però non è un valore assoluto: non basta vivere a lungo, ma bisogna vivere bene, con consapevolezza. Io non penso mai alla morte, è una dimensione di cui non me ne frega niente, quello che mi spaventa è il soffrire inutilmente: penso che la vita ad un certo punto, per mille motivi diversi, possa stancare, e che le persone debbano essere libere di poter scegliere di spegnere l’interruttore. Per fortuna io mi sento ancora giovane: quando una mamma mi incontra per strada e dice al proprio figlio: «Guarda, c’è nonna Margherita», mi volto anche io a cercare questa nonna Margherita: perché di sicuro non sono io
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Re: Rassegna Stampa
Tasse senza gas
Ma quanto è ipocrita tassare le bevande gasate, contrabbandando la cannuccia assetata dello Stato per espressione di moralità. Non mi scandalizza che il governo utilizzi la leva fiscale per distillare ai cittadini qualche gocciolina di educazione: se non civica e sentimentale, entrambe drammaticamente latitanti nelle famiglie, almeno alimentare. Mi irrita piuttosto che usi quella leva al contrario. Un ministro della Salute che ha davvero a cuore la salute dei suoi amministrati non tassa le bibite che fanno male. Detassa quelle che fanno bene.
Per convincermi a trarre felicità da una minestra di farro e da un succo di mirtillo, o quantomeno a sperimentarne l’eventualità, la soluzione più semplice e anche più ovvia consiste nel rendermeli meno costosi di un hamburger a tre strati o di una bibita zuccherata. Invece qualsiasi governo, tecnico o politico, di destra o di sinistra, preferirà sempre tassare il vizio che detassare la virtù. E questo perché della virtù, reale o presunta, ai governanti non importa un fico. A loro interessa rastrellare soldi per continuare a mantenere il carrozzone di famigli che è andato stratificandosi nei decenni, fino a comporre la più elefantiaca, corrotta e intangibile burocrazia della storia umana. Sarebbe onesto, ma soprattutto adulto, quell’amministratore pubblico che avesse il coraggio di ammetterlo, anziché escogitare sempre nuovi espedienti, addirittura etici, per placare la sua sete inestinguibile di liquidità.
Massimo Gramellini
Ma quanto è ipocrita tassare le bevande gasate, contrabbandando la cannuccia assetata dello Stato per espressione di moralità. Non mi scandalizza che il governo utilizzi la leva fiscale per distillare ai cittadini qualche gocciolina di educazione: se non civica e sentimentale, entrambe drammaticamente latitanti nelle famiglie, almeno alimentare. Mi irrita piuttosto che usi quella leva al contrario. Un ministro della Salute che ha davvero a cuore la salute dei suoi amministrati non tassa le bibite che fanno male. Detassa quelle che fanno bene.
Per convincermi a trarre felicità da una minestra di farro e da un succo di mirtillo, o quantomeno a sperimentarne l’eventualità, la soluzione più semplice e anche più ovvia consiste nel rendermeli meno costosi di un hamburger a tre strati o di una bibita zuccherata. Invece qualsiasi governo, tecnico o politico, di destra o di sinistra, preferirà sempre tassare il vizio che detassare la virtù. E questo perché della virtù, reale o presunta, ai governanti non importa un fico. A loro interessa rastrellare soldi per continuare a mantenere il carrozzone di famigli che è andato stratificandosi nei decenni, fino a comporre la più elefantiaca, corrotta e intangibile burocrazia della storia umana. Sarebbe onesto, ma soprattutto adulto, quell’amministratore pubblico che avesse il coraggio di ammetterlo, anziché escogitare sempre nuovi espedienti, addirittura etici, per placare la sua sete inestinguibile di liquidità.
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Re: Rassegna Stampa
Storie di straordinaria follia
"Ad un controllo (relativo all'anno 2008, in piena crisi, con bilancio fortunatamente positivo, ma utili sotto gli studi di settore) ci è stato contestato un (presunto) "errore di gestione dei residui di fine anno", per il quale quell'anno avevamo pagato 11000 Euro di tasse in più. Avete capito bene: avevamo pagato più tasse del dovuto. E invece di farci un applauso per il regalo in un anno di crisi, non potendo appigliarsi a null'altro perchè tutti i nostri clienti sono grandi aziende e quindi tutti i pagamenti sono tracciati, per quell'errore formale a lor dire "gravissimo" hanno considerato TUTTA la contabilità inaffidabile (come dire che abbiamo scherzato tutto l'anno), ci hanno applicato il "redditometro" e appioppato una sanzione di oltre 100000 Euro. La regola è semplice: se si muovono per un controllo, qualcosa devono trovare, per star dentro nel "budget". Paradossalmente, chi fa le cose per bene al 100% li mette in difficoltà, perchè non riescono a trovare facilmente i soldi che cercano, e così devono inventarsi modi odiosi per tirar fuori qualcosa. Che ci crediate o no, poco importa. Auguratevi solo che non capiti a voi o alla vostra azienda."
beppegrillo.it
"Ad un controllo (relativo all'anno 2008, in piena crisi, con bilancio fortunatamente positivo, ma utili sotto gli studi di settore) ci è stato contestato un (presunto) "errore di gestione dei residui di fine anno", per il quale quell'anno avevamo pagato 11000 Euro di tasse in più. Avete capito bene: avevamo pagato più tasse del dovuto. E invece di farci un applauso per il regalo in un anno di crisi, non potendo appigliarsi a null'altro perchè tutti i nostri clienti sono grandi aziende e quindi tutti i pagamenti sono tracciati, per quell'errore formale a lor dire "gravissimo" hanno considerato TUTTA la contabilità inaffidabile (come dire che abbiamo scherzato tutto l'anno), ci hanno applicato il "redditometro" e appioppato una sanzione di oltre 100000 Euro. La regola è semplice: se si muovono per un controllo, qualcosa devono trovare, per star dentro nel "budget". Paradossalmente, chi fa le cose per bene al 100% li mette in difficoltà, perchè non riescono a trovare facilmente i soldi che cercano, e così devono inventarsi modi odiosi per tirar fuori qualcosa. Che ci crediate o no, poco importa. Auguratevi solo che non capiti a voi o alla vostra azienda."
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Re: Rassegna Stampa
"Il bersaglio di Panorama siamo noi"
Documenti - I mandanti occulti
Ingroia: “Il giornale di Mulé manovrato dalle sue stesse fonti”
di Giuseppe Lo Bianco - 31 agosto 2012
Sono un lettore di giornali da decenni, un vostro collega pubblicista da qualche mese, ma in vita mia non ho mai visto un articolo così costruito come quello pubblicato da Panorama. Con tutto il rispetto per la professionalità dell'autore non ho mai visto trattare un tema così incandescente e potenzialmente destabilizzante senza un fatto o una notizia”. E quindi? “Hanno titolato “Ricatto a Napolitano”, alludendo alla Procura di Palermo – spiega Ingroia – ma il ricatto lo hanno fatto altri. E l’obiettivo principale non è neanche il Quirinale, ma la magistratura di Palermo”.
Il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia ha appena finito un’intervista telefonica, sta per dettare un corsivo all'Unità e prima di entrare da Corrado Formigli, a La7 per partecipare a Piazza-pulita, accetta di rispondere alle nostre domande.
Fuga di notizie o, come lei stesso ha detto, giornalismo delle invenzioni?
Lo ha già detto il procuratore Messineo, ho la certezza che in quel pezzo non c’era una riga del contenuto effettivo di quelle telefonate coperte dal segreto.
E allora?
Ho colto il sapore di una manovra proveniente dalle fonti. L’intero pezzo è costruito senza una notizia, è solo una ricostruzione giornalistica fondata su una lettura analitica comparata sugli articoli di tre testate, peraltro fra loro agli antipodi. Una lettura fondata sulla base dell’illazione indimostrabile, e indimostrata, che i tre autori degli articoli fossero in possesso del testo delle telefonate intercettate.
Sta pensando per caso all'inizio di una nuova stagione di veleni provenienti dagli stessi ambienti giornalistici figli del conflitto di interessi protagonisti in passato della costruzione di dossier infamanti e notizie infondate?
Sto pensando a una campagna di stampa orientata e finalizzata a gettare discredito su molte istituzioni. E l'obiettivo principale non è neanche il Quirinale, ma la magistratura di Palermo.
Famiglia Cristiana si chiede: cui prodest? Secondo lei?
Non giova certamente alle istituzioni e ai cittadini, giova a chi ha interesse a creare un clima di diffidenza e conflitto tra il Quirinale e la procura di Palermo: ricordo che fu proprio Panorama a sollevare per primo la questione delle intercettazioni del Quirinale parlando di “siluro”. Giova a chi non vuole la verità sulla stagione stragista e tra chi non la vuole non c'è certamente né la Procura di Palermo nè il Quirinale.
Qual è adesso una possibile via d’uscita? Se paradossalmente Panorama vi chiedesse di rendere pubbliche quelle telefonate per dimostrare la fondatezza di quanto scritto, cosa rispondereste ?
Risponderemmo ovviamente no. Se bastasse pubblicare notizie infondate su temi coperti da segreto per poi verificarne la fondatezza, non sarebbe più possibile indagare. É una tesi improponibile.
Sulla fuga di notizie (o di bufale) il procuratore Messineo ha già annunciato una verifica sull'apertura di un'inchiesta. Indagherete voi o i colleghi di Caltanissetta?
È ancora prematuro parlarne. Certo, se ci fosse stata una fuga di notizie sarebbe competente l'ufficio del pm di Caltanissetta, ma il punto è se c'è una notizia.
Il 19 ottobre la Consulta deciderà se ammettere il ricorso del Quirinale sul conflitto di attribuzioni. Se dovesse accoglierlo i pm rischierebbero conseguenze disciplinari e forse anche penali. Preoccupato?
Per nulla. Attendiamo serenamente la decisione della Corte e non credo che l'esito sia scontato. Leggeremo la sentenza e soprattutto le motivazioni.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano
fonte
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Re: Rassegna Stampa
Lezione di vita
Che cosa avete imparato quest’estate? Io soltanto una cosa, ma importante. Me ne stavo in spiaggia libera, all’ora in cui gli ombrelloni riflettono l’ombra di uno stecchino, e guardavo malinconicamente i relitti di una festa della sera prima - bottiglie, bicchieri, gusci spolpati di anguria - disseminati sulla sabbia rovente. Un tizio intorno ai cinquanta (molto ben portati) si è avvicinato a una comitiva di ragazzi sonnecchianti. Saltellava per via della sabbia, e della rabbia. L’ho sentito urlare: «Vi sembra il modo di lasciare uno spazio pubblico? E guardatemi mentre vi parlo! Io, alla vostra età…». Ho girato la testa: per l’imbarazzo che mi provocano le frasi fatte, ma soprattutto per osservare la compagna del tizio, che aveva afferrato dei sacconi di plastica e cominciato a scaraventarvi dentro bottiglie rotte e bicchieri appiccicosi. Allora anche il tizio ha smesso di sgridare i ragazzi e ha raggiunto la donna. I due hanno lavorato sodo, in silenzio e sotto il sole. Giunti al decimo saccone, li ho visti correre in mare a rinfrescarsi. Ma quando sono usciti dall’acqua per andare a completare l’opera, la scena era completamente cambiata. I ragazzi si erano alzati tutti e, sacconi alla mano, stavano rimuovendo gli ultimi resti della loro bisboccia, in silenzio e sotto il sole. Lì ho capito la cosa importante. Che le ramanzine, i discorsi, le parole in genere sono sterili. L’unica forza che smuove i cuori è l’esempio. Il gesto che accompagna o sostituisce le parole.
(La donna dei sacconi era mia moglie. Quanto al tizio, si sarà capito…)
Massimo Gramellini
Che cosa avete imparato quest’estate? Io soltanto una cosa, ma importante. Me ne stavo in spiaggia libera, all’ora in cui gli ombrelloni riflettono l’ombra di uno stecchino, e guardavo malinconicamente i relitti di una festa della sera prima - bottiglie, bicchieri, gusci spolpati di anguria - disseminati sulla sabbia rovente. Un tizio intorno ai cinquanta (molto ben portati) si è avvicinato a una comitiva di ragazzi sonnecchianti. Saltellava per via della sabbia, e della rabbia. L’ho sentito urlare: «Vi sembra il modo di lasciare uno spazio pubblico? E guardatemi mentre vi parlo! Io, alla vostra età…». Ho girato la testa: per l’imbarazzo che mi provocano le frasi fatte, ma soprattutto per osservare la compagna del tizio, che aveva afferrato dei sacconi di plastica e cominciato a scaraventarvi dentro bottiglie rotte e bicchieri appiccicosi. Allora anche il tizio ha smesso di sgridare i ragazzi e ha raggiunto la donna. I due hanno lavorato sodo, in silenzio e sotto il sole. Giunti al decimo saccone, li ho visti correre in mare a rinfrescarsi. Ma quando sono usciti dall’acqua per andare a completare l’opera, la scena era completamente cambiata. I ragazzi si erano alzati tutti e, sacconi alla mano, stavano rimuovendo gli ultimi resti della loro bisboccia, in silenzio e sotto il sole. Lì ho capito la cosa importante. Che le ramanzine, i discorsi, le parole in genere sono sterili. L’unica forza che smuove i cuori è l’esempio. Il gesto che accompagna o sostituisce le parole.
(La donna dei sacconi era mia moglie. Quanto al tizio, si sarà capito…)
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Re: Rassegna Stampa
Breve storia di una generazione
"Eravamo ragazzi e ci dicevano: “Studiate, sennò non sarete nessuno nella vita”. Studiammo. Dopo aver studiato ci dissero: “Ma non lo sapete che la laurea non serve a niente? Avreste fatto meglio a imparare un mestiere!”. Lo imparammo. Dopo averlo imparato ci dissero: “Che peccato però, tutto quello studio per finire a fare un mestiere?”. Ci convinsero e lasciammo perdere. Quando lasciammo perdere, ...rimanemmo senza un centesimo. Ricominciammo a sperare, disperati. Prima eravamo troppo giovani e senza esperienza. Dopo pochissimo tempo eravamo già troppo grandi, con troppa esperienza e troppi titoli. Finalmente trovammo un lavoro, a contratto, ferie non pagate, zero malattie, zero tredicesime, zero Tf, zero sindacati, zero diritti. Lottammo per difendere quel non lavoro. Non facemmo figli - per senso di responsabilità - e crescemmo. Così ci dissero, dall’alto dei loro lavori trovati facilmente negli anni ’60, con uno straccio di diploma o la licenza media, quando si vinceva facile davvero: “Siete dei bamboccioni, non volete crescere e mettere su famiglia”. E intanto pagavamo le loro pensioni, mentre dicevamo per sempre addio alle nostre. Ci riproducemmo e ci dissero: “Ma come, senza una sicurezza nè un lavoro con un contratto sicuro fate i figli? Siete degli irresponsabili”. A quel punto non potevamo mica ucciderli. Così emigrammo. Andammo altrove, alla ricerca di un angolo sicuro nel mondo, lo trovammo, ci sentimmo bene. Ci sentimmo finalmente a casa. Ma un giorno, quando meno ce lo aspettavamo, il “Sistema Italia” fallì e tutti si ritrovarono col culo per terra. Allora ci dissero: “Ma perchè non avete fatto nulla per impedirlo?”. A quel punto non potemmo che rispondere: “Andatevene affanculo!”. (Breve storia di una generazione)
beppegrillo.it
"Eravamo ragazzi e ci dicevano: “Studiate, sennò non sarete nessuno nella vita”. Studiammo. Dopo aver studiato ci dissero: “Ma non lo sapete che la laurea non serve a niente? Avreste fatto meglio a imparare un mestiere!”. Lo imparammo. Dopo averlo imparato ci dissero: “Che peccato però, tutto quello studio per finire a fare un mestiere?”. Ci convinsero e lasciammo perdere. Quando lasciammo perdere, ...rimanemmo senza un centesimo. Ricominciammo a sperare, disperati. Prima eravamo troppo giovani e senza esperienza. Dopo pochissimo tempo eravamo già troppo grandi, con troppa esperienza e troppi titoli. Finalmente trovammo un lavoro, a contratto, ferie non pagate, zero malattie, zero tredicesime, zero Tf, zero sindacati, zero diritti. Lottammo per difendere quel non lavoro. Non facemmo figli - per senso di responsabilità - e crescemmo. Così ci dissero, dall’alto dei loro lavori trovati facilmente negli anni ’60, con uno straccio di diploma o la licenza media, quando si vinceva facile davvero: “Siete dei bamboccioni, non volete crescere e mettere su famiglia”. E intanto pagavamo le loro pensioni, mentre dicevamo per sempre addio alle nostre. Ci riproducemmo e ci dissero: “Ma come, senza una sicurezza nè un lavoro con un contratto sicuro fate i figli? Siete degli irresponsabili”. A quel punto non potevamo mica ucciderli. Così emigrammo. Andammo altrove, alla ricerca di un angolo sicuro nel mondo, lo trovammo, ci sentimmo bene. Ci sentimmo finalmente a casa. Ma un giorno, quando meno ce lo aspettavamo, il “Sistema Italia” fallì e tutti si ritrovarono col culo per terra. Allora ci dissero: “Ma perchè non avete fatto nulla per impedirlo?”. A quel punto non potemmo che rispondere: “Andatevene affanculo!”. (Breve storia di una generazione)
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Re: Rassegna Stampa
D’Agostino difende Grillo e attacca il ‘marciume’ dei partiti
Lungo ed appassionato intervento di Roberto D’Agostino a difesa di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle, durante la trasmissione “Piazza Pulita”, su la7. Il “casus belli” è stato lo sfogo fuorionda del consigliere regionale Giovanni Favia contro il comico genovese e Casaleggio. Dopo gli interventi degli ospiti in studio, si è innescata una bagarre in crescendo nella quale il creatore di Dagospia ha ammonito pesantemente i presenti, accusandoli di “controllare le pulci di Grillo” e del suo movimento e di ignorare il marciume dei partiti tradizionali. “Ma tutta questa vostra attenzione su questo “scazzetto” tra i 5 Stelle la applicate per caso anche al signor Passera?” – chiede polemicamente D’Agostino – “o a Profumo o a tutti i Cuffaro che abbiamo da tanti anni tra i piedi o ai signori che detengono il potere all’interno del Corriere della Sera, come Ligresti e company?”. E sulla lista 5 Stelle dichiara: “E’ un movimento che alle amministrative ha raggiunto l’8%, più della Lega e più di quel ca…o di Casini che ogni volta viene intervistato come se fosse un dio“. E aggiunge: “Signori, Grillo, in paese di disgraziati come il nostro, è riuscito con un mouse a creare un movimento. Sarà un comico, ma gli altri sono criminali e malfattori“. Nella sua invettiva, D’Agostino sottolinea anche il fatto che il creatore del Movimento 5 Stelle non ambisce ad essere un leader di Palazzo Chigi e, rivolgendosi a Francesco Boccia, fa una domanda provocatoria: “Grillo ha per caso un Penati tra i suoi, come il Pd? Abbiamo visto che il Pdl di Berlusconi è un partito d’affari, ma questo conflitto d’interessi esce da tutti i pori, da tutti i partiti”. Piccata la reazione del deputato Pd, che invita D’Agostino a fare nomi per evitare la deriva demagogica. “Ho fatto il nome, a bello de mamma” – replica il giornalista – “Penati. Che caxxo vuol dire ‘Penati’?”. Il dibattito si infiamma quando l’esponente del Pd menziona il faccendiere Luigi Bisignani. “L’ho chiamato e lo dico davanti alle telecamere” – si difende D’Agostino – “per avere informazioni, perchè sono un giornalista, non per fare affari. D’Alema lo chiamava per altri motivi“. Il conduttore Formigli tenta di sedare la polemica, congedando il direttore di Dagospia con un ringraziamento. Ma D’Agostino non ci sta e, scatenando l’ovazione del pubblico, risponde: “Grazie al ca..o!”
VIDEO
Lungo ed appassionato intervento di Roberto D’Agostino a difesa di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle, durante la trasmissione “Piazza Pulita”, su la7. Il “casus belli” è stato lo sfogo fuorionda del consigliere regionale Giovanni Favia contro il comico genovese e Casaleggio. Dopo gli interventi degli ospiti in studio, si è innescata una bagarre in crescendo nella quale il creatore di Dagospia ha ammonito pesantemente i presenti, accusandoli di “controllare le pulci di Grillo” e del suo movimento e di ignorare il marciume dei partiti tradizionali. “Ma tutta questa vostra attenzione su questo “scazzetto” tra i 5 Stelle la applicate per caso anche al signor Passera?” – chiede polemicamente D’Agostino – “o a Profumo o a tutti i Cuffaro che abbiamo da tanti anni tra i piedi o ai signori che detengono il potere all’interno del Corriere della Sera, come Ligresti e company?”. E sulla lista 5 Stelle dichiara: “E’ un movimento che alle amministrative ha raggiunto l’8%, più della Lega e più di quel ca…o di Casini che ogni volta viene intervistato come se fosse un dio“. E aggiunge: “Signori, Grillo, in paese di disgraziati come il nostro, è riuscito con un mouse a creare un movimento. Sarà un comico, ma gli altri sono criminali e malfattori“. Nella sua invettiva, D’Agostino sottolinea anche il fatto che il creatore del Movimento 5 Stelle non ambisce ad essere un leader di Palazzo Chigi e, rivolgendosi a Francesco Boccia, fa una domanda provocatoria: “Grillo ha per caso un Penati tra i suoi, come il Pd? Abbiamo visto che il Pdl di Berlusconi è un partito d’affari, ma questo conflitto d’interessi esce da tutti i pori, da tutti i partiti”. Piccata la reazione del deputato Pd, che invita D’Agostino a fare nomi per evitare la deriva demagogica. “Ho fatto il nome, a bello de mamma” – replica il giornalista – “Penati. Che caxxo vuol dire ‘Penati’?”. Il dibattito si infiamma quando l’esponente del Pd menziona il faccendiere Luigi Bisignani. “L’ho chiamato e lo dico davanti alle telecamere” – si difende D’Agostino – “per avere informazioni, perchè sono un giornalista, non per fare affari. D’Alema lo chiamava per altri motivi“. Il conduttore Formigli tenta di sedare la polemica, congedando il direttore di Dagospia con un ringraziamento. Ma D’Agostino non ci sta e, scatenando l’ovazione del pubblico, risponde: “Grazie al ca..o!”
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