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Messaggio Da anny_skod Lun 7 Mar - 16:59

Qui si postano notizie e articoli musicali Music Press 561231 Inauguro con Assante Music Press 5983

Radiohead

Partiamo dai Radiohead. King of limbs non è un disco qualsiasi e non è un disco facile. I Radiohead non sono nuovi a esperimenti di questo genere, già in passato, altre volte, avevano provato a spostarsi in avanti assieme a tutto il loro pubblico, anzi, tutta la loro storia è fatta di costanti progressi verso un “altrove” musicale privo di connotazioni stilistiche determinate. Da quando la loro astronave ha lasciato il pianeta del rock, abbandonandolo al proprio destino, viaggia nella sua “missione quinquennale, diretta all’esplorazione di strani, nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima”, tanto per parafrasare Star Trek.
King of limbs (al di la della difficile traduzione del titolo, almeno per me, “re degli arti”, “re dei monelli”, “re dei tentacoli”, “re degli orli”) è un disco in cui è difficile entrare ma dal quale è altrettanto difficile uscire, perchè la costruzione dei Radiohead è quella di una sorta di universo sensoriale parallelo, nel quale una volta entrati, dopo avere con difficoltà aperto la porta, ci si sente a proprio agio, ci si muove con lentezza, ascoltando con attenzione la musica e il battito del proprio cuore. Disco di emozioni, dunque, non tanto di “speculazioni” intellettuali, disco che o si ama o si odia, o si trova “bello”, nel senso pieno del termine, dove la “bellezza” è una sensazione di completezza assoluta, o spinge alla repulsione. Se ci si consente un parallelo, magari non del tutto calzante, i Radiohead provano a fare in musica quello che fa l’arte contemporanea, che destruttura in maniera radicale ogni rappresentazione del reale, ottenendo però il risultato opposto, quello di essere in perfetta sintonia con i tempi che stiamo vivendo. King of limbs non vuole “descrivere” il mondo, o spiegarlo, prova piuttosto a rappresentarlo con i mezzi dell’arte e del suono, liberamente, senza limiti o costrizioni, senza canzoni, usando di tanto in tanto tutto quello che può tornare utile, che sia ritmo o melodia, che sia un sospiro o un suono. Il gruppo, in quanto tale, forse non si sa più nemmeno cosa sia, nel senso che il “suono” dei Radiohead non è più quello di una band, e gli strumenti tradizionali del fare musica, voce a parte, sono tutti sostanzialmente modificati dalle tecnologie. Ora, se non avete ancora sentito il disco, vi sta venendo il dubbio che King of limbs sia un disco noioso. Avete in parte ragione, ma, la cosa non vi sembri assurda, la noia fa parte del progetto. Il “landscape” che i Radiohead costruiscono e nel quale ci accompagnano è l’elemento centrale del disco, non gli oggetti che in questo scenario incontriamo, e viaggiare comporta, come tutti sanno, emozioni e momenti di noia, che messi insieme costituiscono l’esperienza. A me il disco piace, piace molto, trovo che sia piacevolmente sorprendente non nelle grandi immagini ma nei piccoli particolari, ai quali i Radiohead dedicano particolare attenzione. Hanno distrutto il concetto di band, hanno abbandonato il rock, hanno demolito la forma canzone, ed hanno messo in soffitta anche l’industria discografica e i supporti, dato che anche questo album si acquista in download direttamente dal loro sito per 7 euro, o in edizione deluxe, con molte altre cose fisiche da possedere per i feticisti, a 36 euro. Cosa volere di più da una band contemporanea?

http://assante.blogautore.repubblica.it/2011/02/radiohead-p-j-harvey-e-qualcosaltro/
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Messaggio Da anny_skod Mer 9 Mar - 16:42

Giuliano dei Negramaro: «Non si spenga la scuola»

Reduce da un intervento alle corde vocali, Giuliano Sangiorgi, leader dei Negramaro, risponde via mail alle nostre domande. Con la passione che traspare dalla sua musica e la sincerità di chi sente il dovere di esporsi.

Che effetto ti hanno fatto le dichiarazioni del premier sulla scuola pubblica?
«Se ricordo bene, in quella stessa scuola pubblica, oggi tanto umiliata e da me frequentata solo pochi anni fa, leggendo un tale Plutarco imparai bene che "gli studenti non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere". Una frase che, per la sua intrinseca bellezza, peraltro testimoniata quotidianamente dall'instancabile passione dei miei insegnanti, avrei voluto tatuare sulla pelle, quasi a voler imprimere indelebilmente su di me l'orma di quello stesso fuoco sacro. Ma l'inutilità di affermare cose che, in natura, non hanno bisogno di essere ribadite, ha preservato per tanti anni la mia pelle e la mia speranza integre, almeno sino ad oggi. A rivederla, infatti, campeggiare a caratteri cubitali su di uno striscione di una scuola pubblica, proprio come la mia, non ho potuto far altro che rabbrividire, constatando la necessità di ripristinare un concetto talmente ovvio che nessuno aveva osato metterlo in discussione nel corso di duemila anni. Risulta pertanto evidente che io consideri la frase “vogliono inculcare principi contrari a quelli della famiglia” quantomeno sintomatica di una involuzione culturale del nostro paese».

Qual è il più grande insegnamento che hai ricavato dalla scuola?
«La scuola pubblica è un terreno di crescita comune dove si impara, sin da subito, che il tuo è un mero punto di vista sulle cose e che il mondo non è altro che la somma delle rappresentazioni di tutti. È il luogo più vicino alla famiglia, dove si confrontano mondi culturali e sociali così eterogenei tra loro da educarti al rispetto assoluto delle libertà e delle diversità altrui, principio questo alla base di una società che voglia definirsi autenticamente civile, fondata cioè sulla pacifica convivenza e sulla collaborazione solidale di tutti».

Manderesti i tuoi figli alla scuola pubblica?
«Assolutamente sì. Ma, visti i tagli previsti per il prossimo anno, che non lasciano presagire nulla di buono, spero solo che resista fino ad allora».

Che cosa cambieresti della scuola?
«Destinerei maggiori risorse, perché docenti e scuola abbiano a disposizione ogni cosa che serva a rendere migliore la nostra società, proprio perché dai loro insegnamenti dipende il presente e il futuro di una nazione intera. Grandi maestri per un grande stato. La cultura alla base del progresso. Chi non investe nella cultura, non investe nel proprio futuro. Per questo insisterei sugli studi classici, ritenuti oggi anacronistici, perché credo fermamente che solo guardandoci indietro potremo fare mille passi avanti. Insieme».

9 marzo 2011

http://www.unita.it/scuola/giuliano-dei-negramaro-non-si-spenga-la-scuola-1.275983

se é meglio postarlo nel topic delle notizie spostate pure
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Messaggio Da anna Mer 9 Mar - 17:26

http://www.corriere.it/spettacoli/11_marzo_03/phil-collins-rinuncia-batteria_2d43763a-458f-11e0-be93-d37b38d5ef64.shtml

L'ANNUNCIO AD UNA RIVISTA INGLESE, DOPO LE ANTICIPAZIONI DI UN PAIO D'ANNI FA
Troppi malanni, Collins smette di suonare
L'ex Genesis soffre di problemi all'udito e ai nervi delle mani. «Ma temo di più il non poter giocare con i figli»


Phil Collins ha deciso di riporre nel cassetto le bacchette della batteria. Colpa dei malanni fisici che lo stanno affliggendo da ormai qualche anno e la cui causa sarebbe da ricondurre proprio alla sua lunga permanenza dietro alla batteria: l’ex leader dei Genesis soffre, infatti, di gravi problemi all’udito, ha una vertebra slogata e i nervi delle mani che fanno i capricci. Insomma, si sente “arrivato” sia fisicamente che musicalmente. «Credo sia il momento giusto per dire basta – ha raccontato la 60enne popstar in un’intervista alla rivista FHM, – e non penso che qualcuno sentirà la mia mancanza, perché ormai io non appartengo più al mondo della musica. Guardavo gli MTV Music Awards e pensavo: io con questo ambiente non c’entro più nulla e sono molto più felice di scrivere solo per me stesso».
TROPPO SUCCESSO - Con oltre quarant’anni di carriera alle spalle, prima nei Genesis e poi come solista, e più di 150 milioni di dischi venduti (anche se non pubblica niente di nuovo da un decennio), Collins è considerato uno degli artisti che ha guadagnato di più al mondo. Una popolarità che, sostiene lui, lo avrebbe fatto quasi «odiare» dalla gente, fino a spingerlo a pensare al suicidio per le continue critiche che riceveva per la sua musica. A salvarlo dal suo intento malsano, l’amore per i figli (ne ha avuti cinque da tre matrimoni diversi). «Mi dispiace di aver avuto tutto questo successo – ha detto il cantante -. Onestamente, non volevo che accadesse una cosa del genere, ecco perché sento che sia un buon momento per mollare. Di recente, David Letterman mi ha invitato al suo show, ma ho rifiutato, perché gli ho detto che al lunedì “tengo i ragazzi”, anche se la mia etichetta ha cercato di farmi cambiare idea, dicendomi “ma è il Letterman!”».
Insomma, il batterista ha detto stop. Almeno per un po’. E il problema maggiore riguarda proprio i danni ai nervi delle mani, tanto che in passato lui stesso aveva ammesso che il solo modo per tornare a suonare un giorno la batteria sarebbe stato quello di attaccare le bacchette alle sue mani con del nastro adesivo. «Non mi preoccupa di non poter più suonare la batteria – ha spiegato ancora Collins - ma mi preoccupa invece molto di più non riuscire a tagliare una fetta di pane senza farmi male o non poter giocare alle costruzioni coi miei figli. I dottori mi dicono che sono uno “work in progress” e che mi ci vorrà un anno per recuperare, ma non credo che sarò in grado di suonare di nuovo». Dopo il divorzio dalla terza moglie Orianne Cevey, da cui ha avuto Nicolas e Matthew, ora Collins vive da solo in Svizzera e ha già in mente quale potrebbe essere il modo migliore per uscire di scena: «Andrò a fare una misteriosa vacanza in bicicletta, dalla quale non tornerò mai più. Sarebbe davvero un gran bel modo per chiudere la storia, non vi pare?».
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Messaggio Da anny_skod Mer 9 Mar - 20:17

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Messaggio Da Zoe Lun 14 Mar - 10:28

http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/03/14/news/muti_cultura-13575549/?ref=HRERO-1

L'INTERVISTA
Muti: "Io ribelle dal podio un urlo per salvare la cultura"
Il maestro che ha trionfato all'Opera di Roma racconta come è nata l'idea di far intonare "Va pensiero" al pubblico

di ERNESTO ASSANTE

ROMA - Riccardo Muti in prima fila contro i tagli alla cultura. Contro "la riduzione al nulla" della nostra cultura. La serata di sabato, per la prima di Nabucco all'Opera di Roma, si è trasformata in una straordinaria manifestazione sulle note del "Va pensiero".

Maestro Muti, una serata davvero speciale...
"Veramente fuori dalla norma, non preparata, ci tengo molto a dirlo. Io penso che i direttori d'orchestra non dovrebbero parlare dal podio, ma ieri, dopo l'intervento del sindaco di Roma, era necessario, importante, che anche il musicista prendesse la parola. Per un musicista come me che poi ha la fortuna di girare il mondo e vedere la realtà italiana dalle altre nazioni, e quindi soffrire per la situazione. Era doveroso parlare. Ma pensavo di aver terminato lì, dopo aver detto: 'Il 9 marzo del 1842 Nabucco debuttava come opera patriottica tesa all'unità ed all'identità dell'Italia. Oggi, 12 marzo 2011 non vorrei che Nabucco fosse il canto funebre della cultura e della musica'. Perché una nazione che perde la propria cultura perde la propria identità".

Cos'è accaduto allora?
"E' chiaro che il 'Va pensiero', al di la delle assurdità che si dicono dell'inno nazionale, è un canto che esprime in maniera intensa l'animo degli italiani, una nostalgia, un senso di preghiera, una profondità mediterranea che Verdi attribuisce al popolo degli ebrei schiavi ma che gli italiani hanno scelto come bandiera del loro Risorgimento. E quando l'ho diretto la prima volta ho sentito, quando il coro ha cantato "oh mia patria si bella e perduta", che quel momento fosse carico della situazione drammatica non solo per le istituzioni ma anche per la vita delle persone chiamate a studiare nei conservatori, nelle accademie, nelle università. Ho sentito che quel grido veniva dal profondo dell'animo, un grido vero da parte di chi sta vivendo questo dramma, uomini e donne che producono cultura nel nostro Paese. E lo fanno nel disinteresse sempre più grande da parte di chi deve preservare la cultura, non solo per rispetto del paese ma anche per il rispetto del mondo verso l'Italia. Il mondo non guarda a noi per le tecnologie, facciamo cose importanti ma quando si pensa all'Italia si pensa ai poeti, ai pittori, ai musicisti, ai nostri musei e teatri, a ciò che l'Italia rappresenta. È pieno di italiani - ricercatori, studiosi, medici - che sono nelle grandi università, come quelle americane, e fanno ben parlare di sé. Giovani che si fanno stimare fuori dall'Italia, perché da noi trovano difficoltà. Noi non possiamo vedere questa barca affondare, sabato sentivo che il 'Va pensiero' era questo grido".

E ha deciso di sorprendere tutti
"Dovevo decidere: faccio il bis come viene chiesto, una ripetizione consolidata nell'abitudine, oppure offro a questa ripetizione un carattere nuovo, aderente alla situazione? ho pensato, il coro ha cantato, 'Oh mia patria, si bella e perduta' e sicuramente se perdiamo al cultura andiamo in questa direzione, facciamo che questo grido sia contro questa operazione di riduzione al nulla della nostra cultura. Allora ho invitato, dato che il discorso doveva essere globale, tutti a cantare. Non mi aspettavo che l'intero teatro si unisse, tutti sapevano il testo. Poi, come in una situazione surreale, dal podio ho visto le persone alzarsi a piccoli gruppi, per cui tutto il teatro alla fine era in piedi, fino alle ultime gradinate. Era una specie di coralità straziata e straziante, un grido che invocava il ritorno alla luce della cultura che è la colonna portante dell'Italia, sono le nostre radici".

E il pubblico si è commosso.
"Si, ho visto nelle prime file diverse persone con le lacrime agli occhi. E' la dimostrazione di un popolo che si sente fortemente unito, al di la dei proclami. E della straordinaria attualità di Verdi, valido anche per il futuro, con la sua grande universalità. Verdi parla all'uomo dell'uomo e resterà sempre collegato alla nostra realtà, sempre assolutamente attuale".
(14 marzo 2011)
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Messaggio Da anny_skod Lun 14 Mar - 10:50

ho visto un pezzo stamattina in tv,è stato strepitoso,cerco il video Music Press 731826434 Music Press 731826434
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Messaggio Da anna Mar 15 Mar - 10:51

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/14/come-litalia-fa-scappare-la-musica-un-film-racconta-lesodo-del-rototom/97511/

Come l’Italia fa scappare la musica: un film racconta l’esodo del Rototom


In un Paese pieno di problemi come l’Italia, l’esodo in Spagna di un festival musicale non ha fatto molto scalpore. Certo, il Rototom Sunsplah, Festival Reggae più importante d’Europa – dal 1994 andava in scena Friuli – non è la Fiat che (forse) va a Detroid, né l’Olivetti che dilapida un patrimonio industriale nazionale. Ma il suo trasferimento in Spagna, adesso raccontato in un documentario che verrà presentato oggi a Roma, rappresenta bene l’incapacità della nostra politica di valorizzare la cultura giovanile e le eccellenze del territorio.

Appuntamento fisso fino al 2009 ad Osoppo, in provincia di Udine, il Rototom ha rappresentato per oltre un decennio un punto d’incontro fondamentale per i ragazzi di tutta Europa: 150mila partecipanti nell’ultima edizione, otto giorni di incontri, mostre, campeggi e naturalmente, concerti che negli anni hanno visto la partecipazione di tutti i più importanti artisti reggae sulla scena mondiale: da Alborosie agli Africa Unite, da Buju Banton a Luciano.

La situazione però precipita nel 2009: una serie di avvisi di garanzia piovono sulla testa dell’amministrazione comunale della cittadina che ospita il Rototom e sui responsabili dell’associazione che organizza il festival. Agli indagati viene contestata la violazione della Legge Fini-Giovanardi che all’articolo 79 punisce chi: “adibisce o consente che sia adibito in un locale pubblico o un circolo privato a luogo di convegno di persone che ivi si danno all’uso delle sostanza stupefacenti”. L’equazione giudiziaria, basata sulla durissima legge che punisce i consumatori di droghe anche leggere nel nostro paese è che, essendo la cultura che ruota intorno alla musica reggae favorevole all’antiproibizionismo e all’uso di cannabis, allora anche il solo organizzare un concerto reggae può essere reato.

Un anno fa, quando partì l’inchiesta, gli organizzatori del Festival ricevettero la solidarietà da tutta Italia e organizzarono una giornata di protesta ad Udine: “Non processate Bob Marley” alla quale prende parte anche un applauditissimo Beppe Grillo. Nonostante la solidarietà anche di alcuni esponenti politici (tra tutti Debora Serracchiani e Ignazio Marino); tutto si dimostrò inutile: l’unica soluzione per far sopravvivere il Rototom era esportarlo, e così è stato: dal 2010 la manifestazione si svolge a Benicassim, sulla costa orientale della Spagna.

Questa storia, con il racconto dei protagonisti e degli artisti, è oggi al centro del documentario “Exodus, Finding Shelter” diretto da Tommasso D’Elia e Silvia Bonanni e prodotto proprio dal Rototom Sunsplash. Il doc, presentato nei giorni scorsi a Udine, verrà proiettato questa sera al cinema L’Aquila di Roma e nei prossimi giorni in altre città italiane.
Dalle storie del Rototom alla delusione di amministratori e cittadini del Friuli, dall’entusiasmo delle amministrazioni spagnole alle difficoltà in cui si trovano gli organizzatori italiani, Exodus mostra plasticamente come un’impostazione ideologica e reazionaria da parte del governo in carica (“La marijuana fa i buchi nel cervello” dice il sottosegretario Giovanardi in un passaggio del film) abbia portato all’azzeramento di un evento che portava al nostro Paese non solo cultura, ma anche ricchezza (circa 4 milioni di euro ogni edizione il calcolo degli organizzatori).

“Il Rototom ha fatto la fine della ricerca, degli scienziati, dei ricercatori universitari che vengono cacciata dall’italia. Non c’è spazio per la cultura nel nostro paese!” dicono i Sud Sound System in un passaggio del documentario.

Per ora gli organizzatori del Festival mantengono una punta di ottimismo: “Speriamo un giorno di riuscire a tornare in Italia” il loro auspicio. Ma non si vede ancora all’orizzonte alcun governo in grado di capire il valore sociale, culturale ed economico che si porta dietro un evento come il Rototom. La vicina Spagna, al contrario, sembra averlo capito benissimo.
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Messaggio Da anna Mar 22 Mar - 10:30

http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/03/22/news/noemi-13932932/?ref=HRERO-1


Noemi, da X-Factor alla serie A
"Mi ha chiamato Vasco Rossi"

Esce il nuovo album della cantante con brani scritti da Blasco, Zampaglione... "Abbiamo registrato a San Francisco, mi sembrava un sogno. Per prima cosa sono andata a vedere la casa di Janis Joplin"


Le scarpe All Star sono di due colori differenti, lilla e azzurro ("una volta l'ho fatto per sbaglio, nella fretta, poi mi è piaciuta l'idea, in fondo la forma è la stessa, ed è la forma che conta, no?"), i capelli sempre più rossi, quasi luminosi, e nei due occhioni spalancati si legge tutto il desiderio di una giovane cantante che vorrebbe conquistare il mondo. E' grata al nostro giornale, perché fummo noi a lanciare il suo appello: "Per una canzone di Vasco Rossi sarei disposta anche a lavargli i piatti per un anno". E come nelle favole il sogno di Noemi si è avverato, e senza neppure dover lavare i piatti. Vasco, che neanche la conosceva, si è incuriosito e poi l'ha chiamata come supporter ai suoi concerti. E alla fine le ha scritto anche una canzone, Vuoto a perdere, storia di celluliti e disagi di donna, firmata con Gaetano Curreri, stessa coppia di ferro che costruì la bellissima Dimmi che non vuoi morire per Patty Pravo.

"La prima reazione, quando ho sentito il pezzo, è stata strana. Sentivo le parole e dicevo, oddio, perché mi vede come un vuoto a perdere? Forse perché vengo dai talent-show, perché sono ingrassata, la cellulite, aiuto... Poi ho capito. E' un pezzo bellissimo contro tutti questi stereotipi e mi ci sono calata dentro fino in fondo". E al di là degli stereotipi la piccola Noemi vive ancora nel suo modesto appartamento alla periferia nord di Roma, col citofono rotto e la cancellata arrugginita, lo stesso fidanzato e un gatto bianco dal pelo lunghissimo. Ma il passo delle ambizioni si è allungato. E in effetti da X Factor a Vasco il salto è clamoroso.

Ora si gioca il secondo tempo. "Il nuovo disco, Rosso Noemi, (che esce oggi) parte da qui, sulla scia dell'euforia di quella canzone di Vasco. Io per me avrei anche continuato a collaborare con lui, ma non bisogna esagerare, e poi lui aveva il suo disco da finire. Ho avuto la fortuna di incontrare il produttore Corrado Rustici, e ho chiesto pezzi a Federico Zampaglione, sornione, carino, "te conosco" m'ha detto, e ha scritto una canzone in cui ci vedo molte cose romane, la Ferri, Califano, poi a Pacifico, a Diego Mancino. A volte hanno lavorato su mie idee, molte cose le ho scritte io e anche questo è un modo di crescere". Ma essere prodotti da Corrado Rustici vuol dire anche vedere il mondo, vero? "Altroché, il disco è stato registrato agli studi Fantasy di San Francisco, e anche questa sembra una favola. In quella città c'è un'atmosfera stupenda, sembra che siano tutti al di fuori delle mode, conta solo la buona musica. Ci sono rimasta venti giorni e la prima cosa che ho fatto è andare a vedere la casa di Janis Joplin".

E a questo punto che appello vogliamo lanciare? Più di Vasco chi c'è? "Nessuno, no questa volta non ho appelli da lanciare. Voglio godermi quello che mi è già successo".
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Messaggio Da istinto Mar 22 Mar - 11:34


http://music.fanpage.it/tour-di-primavera-per-roy-paci-aretuska/
Tour di primavera per Roy Paci & Aretuska
Roy Paci & Aretuska, concerti, news

22 marzo 2011
10:58
pubblicato da PaolaC

roy paci tour

A maggio dello scorso anno ci hanno presentato Latinista, il loro ultimo progetto discografico, nato in Brasile – “nel luogo ove lo stimolo creativo si è innescato – ma registrato in Italia, a Lecce. Ora Roy Paci & Aretuska stanno per tornare in scena con il RevolutionareTour 2011, una serie di concerti al via il 26 marzo da Bitonto (Bari).

Durante i live, l’artista e l’inseparabile band canteranno i pezzi dell’album pubblicato nel 2010 e ripercorreranno anche i tredici anni di carriera, sulla scia della greatest hits BESTiario Siciliano, del 2008.

La formazione Roy Paci & Aretuska nasce alla fine degli anni Novanta, su iniziativa dello stesso trombettista, arrangiatore e compositore siciliano: oggi il gruppo, completamente cambiato rispetto a quello originario, conta undici membri, tra cui Stefano Bannò, in arte Anansi, in gara tra i giovani di Sanremo 2011.

Roy Paci è impegnato anche sul fronte sociale, sostenendo con la propria musica diverse campagne umanitarie, ad esempio quella di Amnesty International contro la violenza sulle donne e di AMREF a favore della costruzione di pozzi in Africa; a breve il musicista sarà testimonial di un’importante iniziativa ambientalista di livello internazionale.

Tornando alla nuova tournée, le date confermate finora sono quattro, ma in estate la band sarà impegnata con vari concerti in Europa e incursioni nei principali festival della Penisola. Ed ecco le tappe del RevolutionareTour 2011:

26 marzo – Chiascia San Barbato, BITONTO (BA)
1° aprile – Land of Live, LEGNANO (MI)
2 aprile – Urban, PERUGIA
25 aprile – Ex Fadda, SAN VITO DEI NORMANNI (BR)
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continua su: http://music.fanpage.it/tour-di-primavera-per-roy-paci-aretuska/#ixzz1HK6OxdcK
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Messaggio Da anna Mar 22 Mar - 18:22

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/spettacolo/2011/03/22/visualizza_new.html_1533022365.html

Ligabue a Campovolo, tra sfida e sfiga
Il cantautore: ''La guerra è il fallimento dell'idea di modernità''


"O mi piacciono le sfide o le sfighe!": Ligabue ironizza così con chi gli chiede perché abbia deciso di tornare a esibirsi il prossimo 16 luglio a Campovolo dove, nel 2005, tenne un concerto passato alla storia per il record europeo di presenze, ma anche per i problemi di acustica che rovinarono la serata a una parte dei 180 mila spettatori. "Non è che non ci siamo accorti dei problemi, ma un conto - sottolinea l'artista - è dire che Campovolo è stato il trionfo della sfiga, un conto invece ricondurre le cose alla loro giusta dimensione".

Secondo Ligabue, infatti, è vero che quella sera si sono verificati dei problemi, tanto che lui stesso scrisse una lettera di scuse ai fans, ma "vi invito - dice ai giornalisti - a fare i conti con ciò ché è stato davvero Campovolo, il cui Dvd forse è il più venduto della musica italiana". Per evitare qualsiasi problemi, comunque, l'organizzazione ha deciso di fermare a quota 100 mila i biglietti, che saranno in vendita da domani.

''GUERRA E' FALLIMENTO IDEA MODERNITA''' - "Qualsiasi guerra è il fallimento di qualsiasi idea di modernità nel 2011, ma per molti la mia è l'idea di Biancaneve, di uno che non accetta la realtà ": così Ligabue, pacifista dichiarato fin dai tempi del singolo 'Il mio nome e' mai più ', commenta l'intervento in Libia. Il rocker di Correggio cita anche Einstein, "pacifista convinto che inviò una lettera a Roosevelt incitandolo all'atomica per precedere i nazisti. Non so cosa sarebbe successo se ci fossero arrivati prima i nazisti, ma non so come abbia vissuto lui come pacifista - conclude - dopo aver visto gli effetti della bomba".

ITALIA 150: ''LIGABUE, NAZIONE VECCHISSIMA E UNITA' GIOVANISSIMA'' ''Siamo una nazione vecchissima, ma la nostra unita' e' giovanissima'': cosi' Ligabue commenta la ricorrenza dei 150 anni di Unita' nazionale, raccontando che ''gli americani che suonano con me godono delle bellezze del nostro Paese, vedono le antichita' e si sbalordiscono, ma come nazione unita siamo piu' giovani di loro''. Sempre sull'Italia, il cantautore aggiunge: ''Amo questo Paese e odio i difetti che lo fermano e che, in molti casi, gli hanno fatto innescare la retromarcia''.
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Messaggio Da Stellaneltempo Mar 22 Mar - 18:58

anna ha scritto:http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/spettacolo/2011/03/22/visualizza_new.html_1533022365.html

Ligabue a Campovolo, tra sfida e sfiga
Il cantautore: ''La guerra è il fallimento dell'idea di modernità''




E speriamo che questa volta non gli entrino i ladri in casa mentre canta (a proposito di sfiga...)... Music Press 378480
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Messaggio Da Lucy Gordon Mar 22 Mar - 19:41

I 16 Finalisti della XXII edizione del Musicultura Festival

Le sedici proposte finaliste che andranno a comporre il cd compilation della XXII edizione di Musicultura.

Babalù (Potenza), "Mio fratello è Pakistano"
Davide Bassino (Torino), "Vescovalzer"
Chopas&TheDoctor (Filottrano, AN), "Se alzo le mani tocco il fondo"
Andrea Cola (Cesena, FC), "Se io tra voi"
Pierluigi Colantoni (Roma), "Casadolcecasa"
Edgar Cafè (Genova), "L'orchestra nel giardino"
Esterina (Genova), "Baciapile"
Lp#9 (Legnano, MI), "Giulia"
Massimo Moi (Roma), "Libero all'infinito"
Momo (Lanciano, CH), "La canzone che si capisce"
Piccola Bottega Baltazar (Padova), "La donna del cowboy"
Vanni Pinzauti (Firenze), "Battitura"

Radiolondra (Riccione, RN), "Amore sei tornata finalmente"
Romeus (Galatina, LE), "Caviglie stanche"
Renzo Rubino (Martina Franca, TA), "Bignè"
Matteo Sperandio and the Q-artet (Terni), "L'amore originale



http://www.musicultura.it/
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Messaggio Da anna Ven 25 Mar - 10:47

http://www.ansa.it/web/notizie/photostory/spettacolo/2011/03/25/visualizza_new.html_1531359767.html?idPhoto=5

Gianna Nannini Special guest agli Echo 2011

Gianna Nannini Special Guest agli Echo 2011 -
The German Music Awards, i più importanti premi musicali in Germania assegnati agli artisti di maggior successo in base alle vendite dei dischi dell'anno precedente nel mercato tedesco.

Oltre alle premiazioni nel corso della serata anche la partecipazione di artisti internazionali tra cui i Take That, Adele e Bruno Mars.
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Messaggio Da anna Dom 27 Mar - 11:55

http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2011/03/26/news/daniele_silvestri-intervista-14119194/?ref=HREC2-7

S.C.O.T.C.H., l'acronimo di Silvestri
Canzoni-cerotto per aggiustare la realtà
Il cantautore romano torna con un nuovo disco. Pieno di idee e collaborazioni, tra cui un buffo rifacimento de 'La gatta' di Gino Paoli, trasformata in 'La chatta'. "Devo dire che parte di questo progetto lo devo a Fazio e Saviano, che mi invitarono nel loro programma per cantare una canzone di Gaber"


Il titolo è già un enigma, o meglio un gioco enigmistico, l'invito a esercitare liberamente la fantasia per un possibile acronimo: S.C.O.T.C.H., e chiunque ha licenza di immaginare ("Uno dei migliori che mi sono arrivati" confessa Daniele Silvestri, "è: Sconcerto Con Orrore, Tokio Come Hiroshima"). Ma "scotch" è anche una parola con suo significato. Perché chiamare così un nuovo disco? "E' una delle canzoni più anomale ma che meglio rappresenta il nuovo progetto. Nel momento in cui ho pensato di farne il titolo generale mi sembrava che poche immagini potessero rendere meglio il senso della precarietà che stiamo vivendo oggi, la rincorsa continua all'emergenza, riparare le cose facendo solo finta che siano state riparate bene".

Ovvero l'immagine di un desolato presente da incerottare, ma che può generare sorprese. Martedì Daniele Silvestri pubblica il suo nuovo disco pieno di idee, ospiti, cover, tra cui la straordinaria gaberiana Io non mi sento italiano, e un buffissimo rifacimento de La gatta di Gino Paoli, rimasticata insieme all'autore fino a trasformarla in La chatta, con un divertente
siparietto telefonico in cui Silvestri si presenta per chiedere l'autorizzazione ai cambiamenti e Paoli neanche lo riconosce. "Sì praticamente il disco era finito e Paoli non riuscivo a contattarlo. Ma io volevo solo chiedergli l'autorizzazione. E invece all'ultimo lui non solo mi ha detto sì, ma mi ha anche chiesto di partecipare. Quindi ho dovuto smontare il pezzo e rifarlo da capo, ma così è stato magnifico. E poi la voce di Paoli arriva come un monumento timbrico, perfetto, inamovibile".

Complimenti a Paoli che, a differenza di molti suoi colleghi, è stato al gioco. E poi ci sono Niccolò Fabi, il poco conosciuto ma bravissimo Diego Mancino, un eccezionale Peppe Servillo in chiave di fine dicitore e addirittura Andrea Camilleri, un'allegra brigata di voci che dà il senso di una coralità alta, della ricerca di segni poetici e inconfondibili. Nomi a parte, il disco risulta molto ispirato, denso, saggiamente in bilico tra una delicata intimità e una visione generale del paesaggio, e Silvestri stesso conferma come i due mondi siano in realtà uno solo, si intreccino, non possano fare a meno l'uno dell'altro.

"Non riesco a immaginarle come due vie separate. Magari a volte ci sono entrambe nella stessa canzone. Mi sembra che sia l'unico modo per guardare il mondo, forse in questo disco è più evidente del solito, si nota di più. A volte proprio guardando una cosa minuta e privata come un trasloco, oppure un momento di traffico in cui sei sull'autobus e una signora ti alita in faccia, scopri che se ci metti una lente di ingrandimento si apre uno sguardo che ti porta fuori". Come raccontare il presente se non si riesce a guardare a fondo nel proprio privato orticello? Ci ha messo quattro anni per fare un nuovo disco, ma poi le canzoni sono arrivate come un fiume in piena, tante da far pensare addirittura a un altro disco che, suggerisce maliziosamente il cantautore, potrebbe uscire presto e suonare come un vero e proprio disco dance.

S.C.O.T.C.H. al contrario è un disco registrato in vena quasi analogica, ben suonato, omogeneo d'atmosfera, curato come fosse il desiderio di un racconto-affresco dei nostri tempi in cui scoprire il nostro posto nel mondo. "Mai come questa volta, il disco è frutto di scelte precise, e penso che alla fine, crescendo, uno possa permetterselo. Le canzoni si sono messe in sequenza una dopo l'altra, e devo dire che parte di questo progetto lo devo a Fazio e Saviano, che mi invitarono nel loro programma per cantare la canzone di Gaber. Ci fu un problema tecnico e loro mi invitarono a rifarla nell'ultima puntata. Io ne proposi un'altra, che del resto non era ancora finita e l'ho terminata in due giorni. Ma tra l'una e l'altra cosa è successo che tutte le cose che avevo in mente e che stavo preparando, hanno preso una direzione fluente e da lì ho cominciato a lavorare giorno e notte, e il disco è arrivato, in tempo per uscire il 29 marzo, come avevo promesso".
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Messaggio Da anna Dom 27 Mar - 23:35

http://www.ansa.it/web/notizie/photostory/spettacolo/2011/03/27/visualizza_new.html_1530435261.html

De Gregori: 60 anni tra impegno e poesia

Camminando sui pezzi vetro, Francesco De Gregori e' giunto al traguardo dei sessant'anni - li compira' il 4 aprile - forte del suo istinto di cantastorie, e di una rinnovata voglia di divertirsi sul palco, come dimostra il tour Work in Progress insieme a Lucio Dalla. E in quarant'anni di canzoni, quella del Principe e' stata certamente ''un'evoluzione nella continuita' '', scrive Claudio Fabretti in 'Fra le pagine chiare e le pagine scure' (Arcana, Collana Songbook, 300 pp. - 18,50 euro), volume che ne analizza biografia e opera, in libreria dal 30 marzo.

Canzoni che fanno ancora presa sul pubblico, anche quello piu' giovane, e che l'autore classifica in due filoni: quello lirico-letterario-fiabesco e quello narrativo-storico-politico, che pero' spesso si intersecano tra loro. Dalle prime ballate folk agli album storici e alla dimensione concertistica dell'ultimo periodo, e' un viaggio nel songbook degregoriano che si snoda attorno ai suoi principali nuclei tematici, in bilico tra personale e sociale, realta' e fantasia. Tenendosi sempre a rigorosa distanza di sicurezza dalle mode e dai rituali dello show business. Si parte dall'inizio: il diciassettenne Francesco De Gregori, infreddolito e preoccupatissimo, si infila nei vicoli di Roma , giu' dalle pendici del Gianicolo. Sta per esibirsi per la prima volta con la sua chitarra.

Ad accompagnarlo e' il fratello Luigi, alias Ludwig, cantautore country-folk. Destinazione, una cantina di via Garibaldi, il Folkstudio, ai tempi crocevia obbligato per ogni folksinger o aspirante tale. Scuola di musica ma anche di vita, officina di amicizie vere (Venditti, Lo Cascio e Bassignano). ''Avevo le dita congelate e non presi un accordo giusto sulla chitarra'', raccontera', ''e a meta' di Buonanotte Nina per l'emozione mi venne un groppo in gola e mi dovetti fermare e ricominciare da capo. Qualcuno in mezzo al pubblico comincio' a tossicchiare, io diventai rosso e in qualche modo arrivai fino alla fine e scesi dal palco convinto che mai piu' avrei accettato di salirci''. Quello di De Gregori, ''dylaniano fino al midolllo'', e' un percorso che, lungo le curve della memoria, attraversa le fasi piu' oscure e controverse della storia italiana: dal fascismo agli anni di piombo, da Piazza Fontana a Tangentopoli. Non solo. Perche' nei suoi versi si e' compiuta anche una rivoluzione lessicale decisiva per la canzone italiana.

Dalle sue prime canzoni d'amore, ''virate a tinte fosche'', secondo la lezione di De Andre', altro suo grande modello, come 'Rosso Corallo'. Passando per 'Pezzi di vetro' e 'Alice non lo sa', che fara' decollare la sua carriera, liberandolo dall'abbraccio protettivo del Folkstudio. Nelle sue canzoni d'amore, forse si e' ''consumata la sua piu' importante rivoluzione semantica e concettuale''. 'Rimmel' e' l'archetipo di questo nuovo approccio basato sulla rottura degli argini angusti del rapporto di coppia, in cui l'amore e' l'unica prospettiva di salvezza, ma anche una possibile dannazione permanente. Mai un addio era stato raccontato in modo cosi' tagliente (''ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo e la mia faccia sovrapporla a a quella di chissa' chi altro'').

Esattamente l'opposto di quel che andranno vaneggiando quei critici che imputeranno all'intero Rimmel un eccesso di svenevolezza e romanticismo'', scrive Fabretti. Ma all'epoca mescolare politica e sdolcinatezze ''non rientrava nello schema del cantautore impegnato'', spieghera' De Gregori . Seconda, per fraintendimenti, alla sola Viva l'Italia, un'altra ballata sentimentale dell'album, Buonanotte Fiorellino, che restera' una delle canzoni piu' amate/odiate di De Gregori. ''Inchiodato per chissa' quanto tempo ancora allo stereotipo del cantautore con la k, del vate dell'impegno e del rigore, attaccato altrettanto spesso, da sinistra, per la presunta leziosita' di alcuni suoi testi'', De Gregori, sottolinea l'autore, e' sempre andato avanti a testa bassa, incurante dei fraintendimenti e dei significati a perdere.

Il cantautore romano ''insospettisce subito i pasdaran della sinistra. E' comunista, ma non abbastanza. Del resto, quel suo sussiego altezzoso e aristocratico e' gia' un indizio di eterodossia. Poi e' borghese, piace alle ragazze. In piu', fatto ancor piu' imperdonabile, comincia a vendere molti dischi''. Dopo 40 anni sul palco, ora il Principe sembra piu' affabile con il pubblico, meno serioso e ingessato. In un'intervista di qualche anno fa ha confessato: ''Ora mi da' meno fastidio incontrare la gente, ho imparato l'autoironia. O forse da domani tornero' ad essere la solita testa di cazzo''.
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