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Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti)

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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:25

ubik ha scritto:(con)tribute gallery Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 382133

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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:26

Grasssie assaie per le immagini evocative :pollicesu:
..
Prima di continuare, a proposito di Guccini, non sono riuscita al momento a ricostruire quanto ricordavo sopra, ma ho trovato online alcuni riferimenti a Guccini come partecipante a Improvvisazioni poetiche a ottave ...
http://www.provincia.pistoia.it/sentieriacustici/

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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:28

Data inserimento: 12 Dicembre 2009

Poichè nel secondo dopoguerra, uno dei filoni piu' vivaci ed innovativi fu quello che si esprimeva utilizzando il dialetto napoletano/siciliano, mi sembra quantomeno doveroso citare alcuni tratti della canzone napoletana che specie fuori d'Italia (nei paesi di arrivo delle migliaia di emigranti che in piu' periodi lasciarono il nostro paese specie tra la fine dell'800 e la metà degli anni 50) spesso è stata totalmente identificata con la canzone italiana.
Sulle origini e la diffusione della canzone napoletana

In Spoiler, riporto una breve storia della canzone nap..
Spoiler:
A proposito della diffusione popolare ..


http://www.interviu.it/canzone/feste/piedigrotta.htm

LE FESTE ESTIVE
Le Piedigrotte



LA PIEDIGROTTA DEL 1895

di Ferdinando Porcelli e Rosaria Maggio

La ricostruzione di una Piedigrotta ci offre l'opportunità di mostrare l'articolazione territoriale, economica, organizzativa di una festa che a partire dagli anni intorno al 1880 cominciò a cambiare fisionomia, trasformandosi dapprima in momento di diffusione delle canzoni che annualmente gli editori musicali rendevano pubbliche tramite giornali e riviste, quindi in un momento pubblicitario per merci e per nuovi modi di consumare, ed infine definì un nuovo uso del territorio, divenendo un momento in cui la città metteva in scena se stessa e quelle che voleva definire come le sue caratteristiche e potenzialità.
Il modello della Piedigrotta delle canzoni funzionò per l'ideazione delle Feste Estive che nel 1894, proprio l'anno precedente quello da noi prescelto, furono promosse e finanziate per la prima volta dall'Associazione Commercianti, sostenuta dalla stampa cittadina, in collaborazione con le autorità comunali e con il Banco di Napoli.
Le Feste Estive consistevano in un fitto programma di gare sportive, spettacoli, esposizioni, concerti, tornei che duravano da luglio a settembre per culminare nella annuale celebrazione della Piedigrotta. In quest'ambito gli stabilimenti balneari e quelli termo-minerali, i café-chantante i ritrovi più eleganti organizzavano speciali programmazioni di spettacoli; si predisponevano calendari di gite nel golfo; la Villa Nazionale, Piazza Plebiscito e la Galleria Umberto ospitavano quotidianamente concerti gratuiti; i comuni vesuviani preparavano i loro "trattenimenti e svaghi estivi"; la Società Nazionale delle Strade Ferrate e la Navigazione Generale d'Italia concedevano particolari agevolazioni per il prezzo e la durata dei biglietti dei viaggiatori diretti a Napoli.

-----------
Anche la festa di Piedigrotta del 1895, dunque, si inscriveva nell'ambito delle Feste Estive che ne rappresentavano in qualche modo l'enfatizzazione e l'ampliamento. In questo secondo anno, le feste ebbero carattere di particolare ricchezza e il loro programma, oltre a essere diffuso come già l'anno precedente tramite quotidiani e periodici, fu oggetto di un opuscoletto particolarmente curato: la Guida Programma Ufficiale per le Feste Estive che - oltre a una breve sezione di letteratura amena - racchiudeva indicazioni utili come gli orari di treni e battelli da e per la città. In più, il Comitato Generale delle Feste Estive, di cui facevano parte eminenti personalità cittadine, letterati, musicisti, poeti, commercianti e industriali e che si avvaleva di sovvenzionamenti privati e comunali, aveva fatto pubblicare dall'editore Tocco un volume dal titolo Napoli. Storia, costume, igiene, clima, edilizia, risanamento, industria redatto anche da medici, igienisti, scienziati, in cui si elogiavano le attrattive climatiche, paesaggistiche, storiche e di costume della città.

..............................

Nel recinto della Villa durante la settimana di Piedigrotta - dunque nuovi e diversi motivi di piacere si sommavano a quelli cui i napoletani erano già stati abituati durante tutta l'estate: il 4 settembre ebbero luogo i quadri viventi - Nerone che assiste all'incendio, Apollo e le nove muse e Un duello dopo il ballo, ispirato quest'ultimo a un quadro di Gerome - per la scenografia del conte Antonio Coppola. Oltre al diletto per gli spiriti raffinati costituito dai quadri viventi, si pensò anche allo svago per le anime semplici, rappresentato dagli alberi della cuccagna, eretti in Villa 1'8 settembre.
Ma Piedigrotta non sarebbe stata completa senza le sfilate. Nel 1895 se ne tennero tre: quella dei carri, quella dei giornalai e la grande fiaccolata dei Tre regni della natura e le grandi invenzioni.
La sfilata dei carri era organizzata anch'essa nella modalità del concorso. I carri sfilarono attraverso la città per due volte: nella mattinata e nella serata del 7 settembre su un percorso che partiva dal Museo Nazionale e, lungo via Toledo, raggiungeva Piazza Plebiscito, quindi Santa Lucia, il Chiatamone e infine il recinto delle feste della Villa, dove i figuranti e i musicisti dei carri replicarono per due volte le loro canzoni. I carri furono 19, le canzoni qualcuna in più perché - come ad esempio sul carro Café Chantant sul quale si cantarono Café Chantant e 'A novità di Gabriele Marra - su alcuni carri si eseguirono più canzoni. Con 150 lire furono premiati (1° premio ex aequo) i carri Il voto (canzone 'O Vuto di Federico Cozzolino e del M° Albin, eseguita dagli eccentrici del S. Carlino); I Molinari alla festa (canzone Friccecarella di Nicola Marfé e Carmine Marino); Cesta di fichi (canzone So' d"o ciardino overo di Luigi Russo e Enrico Caino). Con il secondo premio ex aequo furono inoltre premiati i carri: Costumi napoletani, Carro Campestre, Corbeille, Pacchiani sul somaro.



Come si vede, in questa fase della festa la trasformazione del carro da mezzo di trasporto dei pacchiani dei casali e dei paesi limitrofi per il pellegrinaggio alla Madonna di Piedigrotta (quei carri su cui si cantavano le tammurriate e i canti 'a ffigliola in onore della Vergine) in carro allegorico stava avvenendo abbastanza lentamente. Prevalevano, infatti, gli allestimenti facilmente ottenibili con modeste modifiche ai carri agricoli di tipo tradizionale............
Ad attendere cavalcata e carri, una giuria formata, fra gli altri, da Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo, Eduardo Matania, Enrico De Leva, Roberto Bracco.
Tutti i costumi erano forniti dalla ditta Falanga, le armature da Salvatore Giuliano (noto armiere teatrale), le attrezzature dalla ditta Tammaro Mangini e i cavalli della ditta Forgione. Le forze economiche e commerciali cittadine - oltre che procurare forza lavoro intellettuale e organizzativa, e sostegno economico alle iniziative - svolgevano un ruolo nella produzione della festa anche nella offerta gratuita di merci, costumi e attrezzature per le principali messe in scena.
...............................

Ma gli eventi più attesi, quelli che si prevedevano più seguiti, erano naturalmente i concorsi delle canzoni: al solo concorso del Ciardino delle Feste, bandito dal Comitato per le Feste Estive, parteciparono oltre cento canzoni. Ma il numero delle canzoni che furono scritte quell'anno in città è senz'altro più imponente (4).
Concorsi di canzoni furono promossi dai giornali Napoli Musicale e Diavolo Rosso e dall'impresa del teatro Grande Esedra; vi fu un concorso Fiorillo (presumibilmente bandito dai proprietari del ristorante Ai Due Leoni in piazza Municipio), uno indetto dal Circolo Musicale Fenaroli (quest'ultimo - secondo il Roma del 6 settembre - patrocinato anche da Il Mattino); un concorso ebbe anche la casa editrice Pisano, il cui negozio di musica era in Via Toledo, e naturalmente vi fu quello che Bideri lanciò attraverso la sua rivista La Tavola Rotonda. Ricordi, invece, non bandì - né era sua abitudine - alcun concorso, limitandosi a presentare in più occasioni e in diversi luoghi la sua produzione per quell'anno: produzione già stampata in un elegante volumetto di soli testi, illustrato da Scoppetta e intitolato Chi chiagne, chi ride. Canzoni furono pubblicate inoltre su tutti i principali giornali quotidiani e periodici: dal Roma, all'Occhialetto, dal Don Marzio, al Fortunio, da 11 Mattino a Le Varietà. Canzoni vennero eseguite in vari giorni, diverse occasioni e in più luoghi. Il Giardino delle feste in Villa Nazionale il 5 e 6 settembre ospitò l'esecuzione delle circa venti canzoni selezionate dal concorso del Comitato per le Feste Estive; fra gli interpreti, Diego Giannini e Emilia Persico. In questo concorso l'editore Santojanni fu particolarmente favorito dalla sorte (e dalla giuria) e portò al successo tre sue canzoni - Ndringhete ndrà! di De Gregorio e Cinquegrana; Girulà di Califano e Nutile; 'E Cataplaseme di Capurro e Di Chiara, tutte pubblicate da L'Occhialetto - che si aggiudicarono primo, secondo e terzo premio.


Al Gran Circo delle Varietà, al Chiatamone, il 1 settembre ebbe luogo il concerto del M Vincenzo Galassi, esecuzione delle canzoni di Piedigrotta delle edizioni Ricordi. I solisti furono Maria Masula, Nunziatina Lombardi, Raffaele De Rosa, Giuseppe Giusti. Furono eseguite canzoni di Vincenzo Valente, Mario Costa, Enrico De Leva; fra gli autori dei testi Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo.
All'Eldorado- stabilimento balneare di giorno, ritrovo elegante di sera, inaugurato il 16 luglio 1894 a Santa Lucia di fronte a Castel dell'Ovo il 1 settembre ebbe luogo l'audizione delle canzoni del concorso de La Tavola Rotonda: fra gli interpreti Amelia Faraone, Emilia Persico, Nicola Maldacea, Ciccillo Mazzola. La canzone vincitrice fu Don Saverio di Vincenzo Valente e Pasquale Cinquegrana, nell'esecuzione di Nicola Maldacea. Altri premi furono assegnati a 'O frate 'e Rosa (ed. Santojanni) di E. Di Capua e P. Cinquegrana; Venezia benedetta! di G.B. De Curtis; I' voglio bene a te di S. Gambardella e P. Cinquegrana; I' só franco 'e cerimonie di P. Guida, G.B. De Curtis; Cerasella di A. Califano e P. E. Fonzo; Crestina 'e Mondragone di A. Mancini e P. Cinquegrana.

Ma le esecuzioni di canzoni non si fermarono qui: al Teatro Sannazaro, in via Chiaia, il 4 settembre si svolsero le prove generali delle canzoni del concorso delle Feste Estive; sotto le finestre del Corriere di Napoli ebbe luogo il concerto-serenata 'E bellezze 'e Napule, diretto da Nicolò Evangelista; al Circolo Musicale Fenarolisi cantò Fatte vasà di Paolino Stefanile e A.F. Alfano; fra il 12 e il 16 senembre in Piazza Plebiscito e al Caffè Gambrinus si replicarono più volte le canzoni di Ricordi; il 26 settembre in Galleria Umberto 1°, al Caffè Starace (divenuto poi nel 1899 Caffè Calzona) quelle de La Tavola Rotonda.
La canzone era, dunque, il momento centrale delle festività piedigrottesche; tutto il complesso sistema editoriale, spettacolare, organizzativo, distributivo e di consumo che ad essa faceva capo - nel suo sforzo di utilizzare i linguaggi e le risorse cittadini in modo nuovo e per nuovi fini aveva provocato profondi cambiamenti nella festa tradizionale: erano nati nuovi riti, nuovi "pellegrinaggi", nuove mete per le feste settembrine.
.....................

Di conseguenza si accrebbero la complessità della festa, la sua articolazione e naturalmente aumentarono la specializzazione, la divisione del lavoro, la gerarchizzazione degli apparati e delle organizzazioni che presiedevano alla sua preparazione. E aumentò l'importanza economica della festa stessa, e non solo per i visitatori che essa portava a Napoli, o perché a partire dalla Piedigrotta gli editori musicali prendevano il via per "esportare" le loro canzoni anche nel resto d'Italia e del mondo. Carri, fuochi pirotecnici, sfilate, fiaccolate, palchi, pedane, chioschi, recinti nascevano dal lavoro di ideatori, organizzatori, finanziatori, architetti, scenografi, impresari, ma anche da quello di sarti, fuochisti, carpentieri, artigiani, decoratori; le canzoni erano il frutto della creatività di autori, musicisti, illustratori, dello spirito imprenditoriale degli editori, ma richiedevano l'impiego di compositori, tipografi, piegatori, spedizionieri: Piedigrotta era una grande occasione di lavoro - e richiedeva un'alta qualità di lavoro - per molte persone.



1 Notizie tratte dal Fortunio, 10 luglio 1895, 20 luglio 1895
2 Notizia tratta dalla Guida programma ufficiale delle Feste Estive, Napoli, Tocco, 1895.
3 Tutte le notizie del paragrafo sono tratte dal Fortunio, Don Marzio, Roma, Il Pungolo Parlamentare, Corriere di Napoli, Il Mattino, L'Occhialetto, La Tavola Rotonda dei giorni fra l'1 e il 15 settembre del 1895, confrontate e incrociate fra loro.
4 L'elenco riguarda solo le canzoni di cui si sono travati gli spartiti o quelle della cui esecuzione si è appresa la notizia tramite la consultazione dei giornali. Il numero delle canzoni effettivamente eseguite e satmpate potrebbe, dunque, essere più grande di quello indicato.

Tratto dal catalogo: Piedigrotta 1895-1995
Progetti Museali Editore, Roma 1995

Copyright (c) 2001 [Interviù]. Tutti i diritti riservati.Web Master: G.C.G.
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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:29

tratto da Qui

LA CANZONE NAPOLETANA NELLE SUE MANIFESTAZIONI

CANZONI A BALLO

Il ballo è sempre stato, sin dai tempi più remoti, nella coscienza di tutte le popolazioni, indipendentemente dal loro grado di civiltà. Ricordava avvenimenti, concorreva a celebrare riti religiosi, s'introduceva nei cerimoniali funebri e nelle pratiche degli stregoni. In genere era accompagnato, oltre che dagli strumenti in uso, dal canto. Napoli seguì la sorte comune a tutti gli altri popoli, e fino ai '700, le canzoni a ballo ebbero la preponderanza sugli altri canti. Anzi, parecchie canzoni, secondo notizie che diventano sempre meno vaghe a partire dai '400, prendevano addirittura il nome dai nuovi balli.

LA BALLATA, che vuoi significare proprio «aria da cantare ballando», pur diventando, nel 1300, per merito dei poeti toscani, un componimento dotto e aristocratico in Italia, come in Francia e nella Spagna, continuò ad essere popolarissima a Napoli, fino al '600. Lasciando da parte lo strambotto, che spesso integrò ballate e canzoni a ballo, e trascurando nomi di balli di poca importanza, si elencano, qui di seguito, quelli che ebbero maggiori rapporti con la canzone napoletana:

LA VILLANELLA - Nata a Napoli verso la fine del '400, da un ballo campestre - come è stato scritto nelle precedenti pagine - ebbe vita fino al '700.

LA CHIARANTANA - Già nota agli inizi del '400, fu diffusissima a Roma e a Firenze nel secolo successivo. Nello stesso periodo fu nota a Napoli.

LA CATUBBA -
Ballo napoletano, (alcuni lo dicono proveniente dalla Turchia), impiantato sull'imitazione dell'andatura degli ubriachi, nato verso la fine dei '500, fu uno dei più comuni fino a tutto il '600. Il delizioso poeta napoletano Filippo Sgruttendio scrisse alcune poesie per catubbe, pubblicate nel suo canzoniere «La tiorba a taccone».

Lo TORNIELLO - Ballo in giro, sorta di girotondo. Noto in mezza Europa e in Italia, dai toscani fu chiamato Carola. Diffuso nel Medio Evo, si voleva che fosse nato in Francia, anche se oggi è provato trattarsi di un antico canto popolare inglese. A Napoli si ballò specialmente nel '500 e nel '600.

Figurazione del Ballo Lo Torniello. Disegno di Callot, dalle Oeuvres - Ediz. 1701

LA CASCARDA - Fu nota in tutta la penisola e si ballò (in tempo 3/4 e 3/8) anche a Napoli, nel '500 e nel '600. Bartolomeo Zito, nel commento al poema napoletano di G. C. Cortese, elenca dodici titoli di canzoni a tempo di Gascarda, fra cui: Serenella, Gunto dell'uorco, Roggiero vattuto, Io vao cercanno e nen nne saccio nova, Guarda de chi me jette a nnammorare.

BALLO DI SFESSANIA O LA LUCIA
- (Dal quale derivò anche La Ntrezzata o L'Imperticata, una sorta di danza delle spade, che si svolgeva agitando dei bastoni inghirlandati di fiori). Trattasi di danza figurata e molto movimentata, formata da numerose coppie. Jacopo Callot (1592-1635) la illustrò in una serie di deliziosi disegni pubblicati nel 1620. Secondo il Del Tufo, fu importata da Malta. A Napoli, con le sue varianti, fu nota verso la metà del '500 e la sua popolarità aumentò col passare degli anni, per diminuire nella seconda metà del '600, finché non sfociò nel più celebre e affascinante ballo napoletano di tutti i tempi. La Tarantella, (vedi).
Versi di Ntrezzate e Lucie si possono leggere nel succitato Canzoniere di Filippo Sgruttendio, ma anche altri poeti e musicisti si cimentarono in questo genere.

LA GAGLIARDA
- Proveniente dalla campagna romana, fu in voga in tutta Italia e in Europa. Dall'inizio dei '500 ebbe vita fino alla metà del secolo successivo e si unì alle più apprezzate danze delle case principesche e reali. Il suo ritmo, vivace, era di 3/2. Una gagliarda a forma di villanella fu musicata da Baldassarre Donato (Chi la gagliarda, donne vo' imparare - Venite a noi che siamo mastri fini), e pubblicata a Venezia nel 1558. Ma, prima ancora, nel 1541, era stata musicata e pubblicata da Giovan Domenico Del Giovane.

LA CIACCONA - A parte l'importanza che ebbe nel campo della composizione musicale classica italiana e straniera, la ciaccona fu conosciuta a Napoli come ballo licenzioso, importato dalle prime compagnie teatrali spagnole, verso il 1620. Purificata dai maestri di ballo napoletani, conquistò rapidamente i giovani napoletani e fu ballata fino alla metà del '700. Le canzoni a tempo di ciaccona, che fu anche volta al maschile, il Ciccone, furono abbondanti, e moltissime se ne trovano nelle opere buffe del '700. Solamente la Tarantella poté far dimenticare a Napoli questo ballo.

IL ROGGIERO - Doveva essere una delle tante musiche a ballo create dal girovago Masto Roggiero «rapsodo della canzone» e autore di arie e villanelle. Il Roggiero si cominciò a ballare a Napoli sulla fine del '500 e resistette fino al primo ventennio del '700.

LA TARANTELLA - Nel '700, con la comparsa della Tarantella, i napoletani abbandonarono quasi del tutto gli altri balli per riversarsi, entusiasti, sul nuovo ritmo. La Tarantella, nata nella seconda metà del '600 dalla Sfessania, dalla Ntrezzata e da altre ancora (vedi pagine precedenti), col suo tempo indiavolato, 3/8 o 6/8, con le sue figurazioni di corteggiamento e conquista, si presentava, infatti, come una delle danze più attraenti. Nelle campagne, sulle spiagge, sulle terrazze di Posillipo, nelle piazze, nelle bettole, a suon di nacchere e tamburelli, - quando non intervenivano altri strumenti come la chitarra, di gran moda, clarinetti o flauti - non si ballava che la Tarantella. Bastava un gruppo di ballerini di tarantella per attirare folla e forestieri. Diverse diecine di scrittori stranieri l'hanno descritta nei loro libri, in diari e corrispondenze, e parecchi musicisti classici si ispirarono ad essa per comporre musiche sullo stesso ritmo, da Auber a Chopin, da Liszt a Mendelssohn, da Rossini a Bellini, da Donizetti a Ricci, autore quest'ultimo, di una delle più celebri tarantelle, inserita - ballata e cantata - nell'opera buffa Piedigrotta. Di canzoni a tempo di tarantella si è parlato, e ancora se ne parlerà, per l'abbondanza delle composizioni avutesi nell' '800 ed oltre, fino ai tempi nostri. Aggiungo, per chi ne volesse sapere di più, che è di pochi anni fa, 1963, la pubblicazione di un bei saggio - davvero esauriente - di Renato Penna, sulle origini e le vicende della tarantella. Per la prima volta si congettura come essa possa risalire al tempo della corte aragonese, cioè al 1450.

Nei '600, e maggiormente nel '700, le ragazze del popolo impazzivano per il ballo, tanto da far dire al poeta Velardino Bottone nella sua commedia Lo Barone de Trocchia, musicata da Leonardo Vinci e rappresentata al Fiorentini nel gennaio del 1721: Non c'è fegliola a Napoli -che non saccia de museca e d'abballo (Non v'è ragazza a Napoli che non sappia di musica e di ballo). Si ballava, oltre la Tarantella, il Minuetto - d'origine francese e apprezzato dalle case blasonate - la Controdanza e la Gavotta, arrivate a noi sulla eco dei successi inglesi. In conseguenza, i "maste abballature" (i maestri di ballo) che nel '500 formavano soltanto un piccolo gruppo, divennero tanto numerosi da avvertire la necessità di inserirsi nelle corporazioni di cui già facevano parte musicisti, cantanti, girovaghi e simili, tutti beneficiati da regolamenti che prevedevano soccorsi per disoccupazione, malattie, invalidità, maritaggi per le figliuole, sepolture. Qualcosa di più, come si vede, dei moderni istituti di assistenza. Canzoni per argomenti sacri, con musiche appropriate, esistevano da anni; ma, essendo diventato, di fatto, 'indispensabile il ballo nella vita dei napoletani del '700, alcuni ecclesiastici credettero opportuno di scrivere canzoncine religiose sui motivi dei ballabili più in voga. Ho il piacere di possedere un raro libriccino riportante alcune di coteste canzoncine, stampato nel 1744 da Giovanni Di Simone: «Canzoni nuove, divote, belle - Secondo i suoni della chitarra, e sì d'ogni altro strumento - dedicate - a' valenti sonatori - da un Fedel di Gesucristo". Nella prefazione, "il Fedel di Gesucristo" racconta che "udendo suoni e canti d'un gran valente maestro sonator di chitarra, il quale fu da un buon amico a lui recato per sollazzarlo; i canti udendo, lasciamo stare senza forma di metro, di rime, laidi assai per la materia sporca, scandalosi a concupiscenza svegliare infocare... " si convinse dell'utilità di adattare canzoni spirituali ai ritmi in voga, sì che, pur soddisfacendo al desiderio di ballare dei giovani, avrebbero, però, evitato di portare nocumento alla salute delle loro anime. Anzi, lui stesso ne scrisse e ne stampò. Fra le tante, figurano: Della potenza del Padre Eterno (al suono nominato della tarantella), Dell'Incarnazione di Gesucristo e morte (al suono di Roggiero), A Nostra Signora (adattabile al suono della Siciliana), A Nostra Donna Dolorata (al suono flebile simile al Roggiero), e via di seguito. E non si commenta, perché, indubbiamente, nel "Fedel di Gesucristo" c'era una perfetta buona fede! Compreso quel peccatuccio di presunzione commesso nel definire «belle» quelle sue canzoni.

Ed ora non dispiacerà, credo, che io qui inserisca un accenno alle «quadriglie» di Carnevale ed ai «Cartelli», che non erano altro se non carri allegorici, come quelli che si sono sempre visti alla festa di Piedigrotta, e programmi (cartelli) con poesie, o canzoni, presentati separatamente da categorie di piccoli commercianti o artigiani. Non hanno nulla a che vedere con le canzoni a ballo, è vero, ma con esse costituiscono pur sempre un interessante segno del costume dell'epoca. Verso la fine del '600, a Napoli, con l'inizio del Carnevale, si usava intonare canti carnascialeschi ed allestire feste di cuccagna. Setajuoli, armieri, carrozzieri, berrettieri, macellai, e numerose altre associazioni di arti, mestieri e venditori, si organizzavano per dar vita alle manifestazioni note col nome di «quadriglie delle arti». I vari gruppi erano composti esclusivamente da uomini mascherati e indossanti vesti fantasiosamente strane; così acconciati, i gruppi si esibivano in balletti dinanzi al viceré, alla viceregina, ad alti dignitari e nobili, mentre i popolani, che tutt'intorno facevano corona, applaudivano o schernivano, a seconda degli umori. Dopo di che, i carri allegorici (quadriglie), percorso che avevano per intero la via Toledo, raggiungevano il largo di Palazzo per sostare proprio sotto il balcone donde si affacciava il viceré. Qui si cantavano le canzoni che ciascun gruppo aveva fatto comporre per l'occasione, appunto per magnificare la propria attività e far risaltare i propri prodotti che ne erano oggetto. Alla fine, i carri, traboccanti di ogni specie di commestibili (pani, prosciutti, capretti, salcicce, polli, formaggi e altro), venivano abbandonati al saccheggio della plebe che muoveva all'assalto tra violenze di. ogni sorta. Lo spettacolo era orrendo e gli effetti disastrosi: urla, pugni, calci, contusi, feriti, e del carro, compresi i buòi o i cavalli, non rimaneva nemmeno l'ombra. Le «quadriglie ", le troviamo ancora in voga verso la metà del '700, senza, però, la selvaggia usanza della "cuccagna". Cavalcate e carri allegorici continuavano a reclamizzare merci e prodotti, bottegai e commercianti; ciascun raggruppamento, con un esaltante manifesto, annunciava la propria esibizione, ne illustrava lo svolgimento e pubblicava la canzone, o la poesia, scritta di proposito. Il notaio Trinchera e Giacomo Antonio Palmieri, furono tra i più fecondi autori di poesie (come si è detto, si chiamavano " cartelli ") per "quadriglie", insieme con altri che sono rimasti sconosciuti. Alcuni titoli di chiara indicazione: Li padulane, Li panettiere, Li casadduoglie, Li maccarunare, Li canteniere, Li ciardeniere, Li pisciavinnole, Li chianchiere, e via di seguito. In altre pagine, se ne pubblica qualcuna.

La Tarantella, nel 1800, anziché tediare come tutte le cose che si ingurgitano in abbondanza, mantenne costante, anzi, accrebbe l'entusiasmo che aveva suscitato fino allora. Proclamata «ballo nazionale» nello scorcio del secolo precedente, continuò a interessare popolani, salotti eleganti, forestieri, scrittori, musicisti. Si formarono troupes di tarantella che al suono di nacchere e tamburelli nonché degli strumenti più di moda - violini, mandolini e chitarre - portarono la napoletanissima danza in giro per l'Italia e all'estero, comprese la Russia e l'America. Molte canzoni furono musicate su quel ritmo; tutti i compositori, dal primo all'ultimo, ne furono suggestionati. Tra gli altri: Labriola, Biscardi, Florimo, Cottrau, Acton. Ad essi seguirono quelli della nuova leva: Costa, con i versi deliziosi del Di Giacomo; Vincenzo Valente, Di Capua, Di Chiara, Gambardella, e, nel primo quarto del '900, Nicola Valente, Cannio, Falvo, Tagliaferri, E. A. Mario e tanti, tanti fino ai giorni nostri.

VALZER ED ALTRE. Non mancarono, sin dai primi anni dell' '800, canzoni a Valzer, un ballo che, nato in Austria nella metà del '700, non tardò ad invadere tutta l'Europa. Il suo tempo, 3/4, e il movimento variato - lento allegro e allegretto - ancora oggi ingentilisce un certo tipo di canzoni nostre. Neppure il tempo dei 2/4 della polka - danza nata in Boemia - passo inosservato ai nostri canzonieri (Cannio, nel secondo decennio del '900, su testi spassosissimi fornitigli dal Capurro, di polke ne compose parecchie). Una canzone di Salvatore Di Giacomo e Vincenzo Valente, nel 1917 (Tango napulitano), sottolinea la popolarità del Tango in Italia, arrivato dal Messico una diecina d'anni prima. L'esempio era stato preceduto, e fu seguito, da altri poeti e musicisti. E occorre proprio dire che tutti i balli degli ultimi tempi: Fox, Shirnrny, Charleston, Rok n'roll, Beguine, Cha cha cha, hanno alimentato motivi di canzoni napoletane?

Vediamo, adesso, della nostra canzone, gli altri suoi generi e alcune sue manifestazioni:

MELODIA

E' il genere più comune. Non ha una forma precisa, non ha tempo obbligato e non sfocia mai nell'allegro sfrenato. E' la composizione più espressiva - com'è intesa universalmente e sin dagli antichi tempi - capace di suscitare nell'ascoltatore vibrazioni romantiche e commozione. E' vicina alla romanza da camera, da cui, qualche volta, ha tratto anche ispirazione, ma è a carattere più popolare.

SERENATA

Trovò i primi accenti sui liuti dei trovatori e dei giullari in pieno medioevo. Le più dolci serenate le ebbero Firenze e Venezia. Sempre suonata di sera, sotto il balcone della fanciulla amata, siccome dettava la consuetudine, anche a Napoli ha espresso i più comuni trasporti d'amore, compreso il dispetto. Prevalentemente sentimentale, il suo ritmo è basato sul tempo 3/4 o 2/4; qualche volta, per soggetti allegri, è stato usato il tempo cS~ (tagliato). La canzone napoletana vanta gioielli di "canzoni a serenata", e basterà citare: Maria, Marì del Di Capua, Scetate di Costa e Voce 'e notte del De Curtis. MATTINATA E' un componimento simile alla serenata, solo che, anziché di sera, o di notte, veniva cantato all'alba, per svegliare le ragazze, con una dichiarazione d'amore. Canzoni ispirate alla Mattinata sono state scritte fino ad oggi. Fra quelle antiche si ricordano: Primmamatina di Falvo (1912) e Buongiorno a Maria di E. A. Mario (1916).

Serenate e Mattinate, erano in gran voga a Napoli, sin dai primi anni del '200, ed erano tanto frequenti da generare fastidio. Nel 1221, l'Imperatore Federico Il, per le tante istanze pervenutegli dai napoletani che protestavano contro i cantori - ed erano parecchi - che all'alba turbavano il loro sonno con canzoni d'amore, o dispettose, con un apposito bando vietò le Mattinate. Ma gli innamorati non si dovettero dare per vinti se un'altra ordinanza del 1335, di Roberto D'Angiò, che rinnovava il divieto, provocò l'arresto del notaio Jacovello Fusco perché faceva di continuo cantare " mattinate " sotto la finestra di una certa Giovannella De Gennaro, donna maritata ed onesta; la quale donna, restia all'insistente corte del Fusco, s'era rivolta al re perché offesa ed esasperata dalle canzoni triviali che le dedicava il notaio. Al genere delle Serenate si possono assegnare anche le Ciambellarie e le Macriate, che hanno avuto vita dal '500 fino ai primi del '700. Don Pietro di Toledo, fra i tanti meriti che ebbe durante il suo viceregno, represse innumerevoli abusi che si commettevano nella città; fra i tanti, verso la metà del '500, quello delle Ciambellarie. Per dare l'idea di che cosa fossero queste deplorevoli manifestazioni riporto testualmente quanto scrive il Giannone (Storia civile del Regno di Napoli, Ediz. 1723 - Vol. IV -pag. 49): "Era si introdotto costume in Napoli che quando le donne vedove si rimaritavano, s'univan le brigate, e la notte con suoni villani, e canti ingiuriosi, andavano sotto le finestre degli sposi a cantar mille spropositi ed oscenità; e questi suoni e canti chiamavano Ciambellarie; donde ne sortivano molte risse, e talora omicidi; e sovente gli sposi per non sentirsi queste baje, si componevano con denaro, o altra cosa colle brigate, perché se n'andassero". Di qualche secolo dopo furono le Macriate, consistenti in un oltraggio portato a quei mariti che, essendo stati traditi, meritavano, secondo un pregiudizio largamente diffuso, derisione. Di notte, si riuniva una comitiva di musici e cantanti che, fermatasi sotto le finestre del disgraziato, narrava, a suon di musica, le disavventure della coppia; il tutto, rinforzato da contumelie e invettive. Questo malcostume, è da notare, si propagò anche fra la nobiltà: infatti giovani blasonati spesso si servirono di Macriate per offendere la donna che li aveva respinti o abbandonati, non tralasciando di far cadere il loro livore anche sui mariti, narrando in musica atroci verità, ma, più sovente, soltanto delle malignità. Nella notte di San Martino, protettore dei mariti.., sfortunati, le Macriate si decuplicavano. Le leggi del vicereame, benché ritenute ferree per le severe pene che assegnavano a chi era arrestato per tale reato, nulla poterono contro questa incivilissima usanza.

BARCAROLA

Canzone ispirata al mare e in generale, alle donne dei marinai e dei pescatori. La sua musica è suadente, ha un tempo di 6/8 o 12/8 ed imita il movimento cullante di una barca. Sono degli ultimi anni del '700 le prime barcarole napoletane, almeno quelle che si possono con sicurezza definire tali. Nell' '800 abbondarono, e alcune di esse ancora famose oggi, come la Santa Lucia di Cottrau, 'A sirena di V. Valente, Luna nova di Costa, 'O marenariello di Gambardella, fino alle più moderne Ncopp'a ll'onne di Fassone e Piscatore 'e Pusilleco di Tagliaferri. Uno dei più geniali autori di barcarole fu il M° Gaetano Lama.

MANDOLINATA

Ha il tempo della Serenata, ma è scritta prevalentemente per essere accompagnata da mandolini o da strumenti che riescono a produrre ugual trillo.

CANZONE A MARCIA

Il suo tempo ritmico è il 2/4 o il 4/4, più raramente il 6/8. Sin dai tempi antichi ha regolato il passo dei soldati. La canzone napoletana l'ha adottato per quei soggetti a carattere militaresco anche se, i protagonisti, soffusi come spesso sono, di nostalgia per la donna amata e per il paese lontano, di marziale hanno ben poco. Anche i temi a carattere patriottico sono stati trattati dai nostri musicisti, con lo stesso ritmo. Uno dei compositori di maggiore spicco, nel genere di canzone a marcia, è stato, nel primo quarto del nostro secolo, il M° Enrico Cannio; per tutte, valga la bellissima 'O surdato nnammurato.

LA MACCHIETTA

S'inquadra nel genere comico, ove sentimenti e atteggiamenti sono presentati di volta in volta, con spunti umoristici, satirici, ridicoli, ironici, grotteschi, arguti e scherzosi. Il suo scopo è di provocare il riso, od almeno un sorriso. La tnacchietta mette in primo piano un tipo, cerca il più possibile di ritrarne, deformandoli, i lati apparentemente comici, così come il vero artista della matita da un solo tratto caratteristico della figura che ha preso in oggetto, ricava una ben riuscita caricatura alterando, in piccolo o in grande, i punti che più sollecitamente lo hanno colpito. Nicola Maldacea, genuino asso della risata dal 1891, fu l'animatore, il numero uno del prestigioso "genere". La musica della macchietta non ha un ritmo particolare perché la sua funzione è di far da sottofondo alla mimica del macchiettista. Sin dal '600, la canzone napoletana ha avuto componimenti comici: Lo paglietta di Andrea Perrucci e Michelangelo Faggiolo; il '700, tante ne trasse dalle opere buffe, e l' '800, come per tutti gli altri generi di canzoni, ne ebbe moltissime: Lo cucchiere d'affitto, Don Ciccillo a la Fan farra, Stò tanto ncuietato pe stu fatto, La melizia terretoriale, ecc. Ma qui, in verità, si tratta di canzoni buffe e non di macchiette vere e proprie. La macchietta si differisce molto dalla canzone buffa, che, si ricordi, rinvigorì le sue radici nella commedia musicale del '700. Come ebbe origine la macchietta, l'apprenderemo dal suo ideatore: Ferdinando Russo, che ne parla in un articolo apparso su «La Tribuna» del 18 agosto 1925, dal titolo «Piedigrotta di oggi».

Or sono molti anni, dall'inizio della sua carriera di dicitore, Nicola Maldacea canticchiava con singolare espressione, le canzoni del tempo, Lariuld, Oilì-Oilà ed altre; ma non tutte, per mancanza quasi assoluta d'un volume - e direi meglio: d'un volumetto - di voce, poteva egli rendere con quella mirabile efficacia che lo ha fatto diventare celebre. Le canzoni, sia pure bene scelte e adattate alla vostra piccola voce, non sono per voi, gli dicevo una sera, dopo il suo debutto, che fu nondimeno una rivelazione, al «Salone Margherita», voi avete bisogno di un repertorio speciale, fatto di cose che non siano la vera e propria canzone. - E gli spiegai in che cosa consistesse questo repertorio; e per la prima volta gli parlai della macchietta. La macchietta era, per me che l'avevo ideata, una canzonetta appena cantata e un po' sussurrata, che serbando tutto il carattere napoletano, doveva delineare tipi, non sospirare d'amore; e questi tipi, curiosi, comici, o grotteschi, dovevano essere scrupolosamente interpretati. Maldacea questo poteva farlo prodigiosamente. Ed avrebbe così dato un nuovo genere di composizione, più importante della canzone perché di contenuto psicologico, e appena bisognevole di un tenue commento musicale che non superasse il suono della voce, sì da lasciare emergere, in tutta la espressione più efficace e sostanziale, la qualità singolare del dicitore, cioè la incarnazione, presentata al pubblico, di un tipo della vita. - E chi me le farebbe queste macchiette? - Io. Così sorsero le primissime macchiette: L'Elegante, Pozzo fa 'o prevete?, Il Cantastorie, Il Madro, Il Pompiere del teatro, Il Cicerone e tante altre. E il nuovo genere fu subito imitato perché accolto ed accettato, come una rivelazione, con entusiasmo indimenticabile. E durò un bel pezzo; poi, caduto in mano dei soliti guastamestieri, si andò deformando, senza logica, fino a degenerare in isconcezze e volgarità che non avevano alcuna ragione di essere. La macchietta, dopo il suo periodo d'oro, come avverte il caro Don Ferdinando, decadde verso il '20, per riprendersi, trasformata e aggiornata, alcuni anni più tardi, quando il maestro Giuseppe Cioffi e Gigi Pisano, non disdegnando di rimetter su questo componimento spassoso, ottennero clamorosi successi con Ciccio Formaggio, Datemi Elisabetta, L'hai voluto te!, Mazza, Pezza e Pizzo, ecc. E Nino Taranto, che ancora oggi ne è l'interprete, può considerarsi l'erede ed il continuatore di Nicola Maldacea.

CANZONE DI GIACCA

Già in voga verso la fine del secolo scorso con soggetti che esprimevano desideri di libertà dei carcerati, atteggiamenti spavaldi di guappi, si consolidò nei primi anni del nostro secolo con soggetti di cronaca nera. Prese il nome di "canzone di giacca" perché il cantante, smesso il frak indossato per cantare gentili melodie, si ripresentava al pubblico in giacca e con un fazzoletto annodato alla gola, per apparire vero figlio del popolo. Un abbigliamento, insomma, che gli permetteva di interpretare con maggiore naturalezza una canzone di contenuto drammatico o guappesco, e sfociante, quasi sempre, in un'azione violenta, in un progettato, o consumato, delitto. La musica, che aderiva al testo ora con slancio impetuoso, ora con sottolineature passionali, non ebbe nessun modulo particolare sebbene da più di un compositore venisse usato il tempo 4/4. Molti autori si cimentarono in questo genere, anche il Di Giacomo con Tarantella scura. Ma il vero creatore della canzone di giacca fu Libero Bovio. Le tre parti della canzone di Bovio erano congegnate con tecnica sorprendente, tanto da apparire come la sintesi di un dramma in tre atti. Ne scrissero anche E. A. Mario, Francesco Fiore, ed altri. Fra i tanti interpreti della canzone di giacca, i più efficaci furono Gennaro Pasquariello e Mario Mari.

CANZONE SCENEGGIATA

E' un lavoro teatrale il cui soggetto è stato tratto da una canzone. Già nell' '800, al San Carlino, l'Altavilla scriveva commedie sfruttando, a volte, il titolo di una canzone di successo, sicuro di richiamare pubblico. A sta fenesta affacciate!, Te voglio bene assaie, Don Ciccillo a la Fanfarra, fecero parte del suo repertorio. Eduardo Scarpetta, nel 1898, utilizzò un titolo del Di Giacomo: 'E tre terature, per una sua nuova commedia. Maldacea, la Faraone ed altri comici, al Salone Margherita, nell'ultimo decennio del secolo, interpretarono scenette che prendevano lo spunto e il titolo da canzoni di successo. Ma la sua vita migliore, la canzone sceneggiata la visse tra il 1920 e l'ultimo dopo guerra. Una compagnia formata dal comico Salvatore Cafiero (vedi) e dall'attore Eugenio Fumo, portò ai sette cieli questo genere che, curato nei minimi particolari, richiamava uno strabocchevole pubblico ogni qualvolta il lavoro portava il titolo di una canzone cantata e ricantata. Per la cronaca, si deve dire che, precedentemente, sebbene in una formazione più ridotta, c'era già stata una compagnia di sceneggiate: quella animata dai cantanti Mimì Maggio, Roberto Ciaramella e Silvia Coruzzolo.

TAMMURRIATA

Canzone allegra in cui il tamburo, agitato dalla cantante, diventa protagonista, fra tutti gli altri strumenti accompagnatori. Anche le canzoni campagnole, purché abbiano ritmo, possono far parte delle cc tammurriate ". Bellissima la Tammurriata palazzola di Russo e Falvo, quelle scritte da E. A. Mario, da Tammurriatella (versi di Furnò) a Tammurriata all'antica (versi di Murolo) e Tammurriata nera (versi di Nicolardi); quella di Tagliaferri: Tammurriata d'autunno, e tante altre.

CANZONI DI PRIMAVERA

Le canzoni dedicate a quella ch'è considerata come la più bella tra le stagioni, ebbero un grande sviluppo nell'ultimo decennio del secolo scorso. Le musiche tenui, flautate, d'un allegretto piacevole e insinuante, avevano, in un certo senso, il carattere delle antiche pastorali.
E come ogni anno, di Piedigrotta, le case editrici bandivano concorsi, pubblicavano novità, organizzavano audizioni, così, a partire dalla fine dell' '800, quando il calendario segnava il 21 marzo, le stesse case facevano altrettanto per lanciare le canzoni di primavera, quasi si trattasse di una seconda Piedigrotta. La consuetudine durò per oltre trent'anni; poi si diradò e, infine, fu del tutto abbandonata. Uno dei più dotati compositori di canzoni primaverili e campagnole fu Giuseppe Capo-longo. (E' Primmavera, Fronn' 'e cerase, Ammore ncampagna).

Non mi pare sia il caso di parlare, in queste note, anche perché gli argomenti richiederebbero particolari svolgimenti, dei Canti di malavita e dei Canti a figliola (appartenenti più al folklore che alla canzone); delle Canzoni religiose (scritte, come si è già accennato, in tutte le epoche e meritevoli di un discorso approfondito); dei Canti e delle Canzoni politiche (in massima parte di anonimi, specie quelle che riguardano le rivoluzioni del 1799 e 1848); delle Canzoni occasionali (scritte per avvenimenti importanti: la prima ferrovia, la prima funicolare, la ferrovia Cumana, l'invenzione della luce elettrica, della bicicletta, il variare della moda, ecc.). Né, ritengo, sia il caso di dar conto delle Parodie e del Duetto, due generi di canzoni che si spiegano da soli. Non mi resta, quindi, che parlare, sia pure fugacemente, della più importante festa napotana, "la festa delle feste", come dicono i suoi amatori, e che ha tanti legami con la can zone: la Piedigrotta.

LA FESTA DI PIEDIGROTTA

Lasciando da parte documenti e leggende che desumano la festa di Piedigrotta sia la continuazione purificata di feste pagane e baccanali; trascurando le testimonianze del Petrarca e del Boccaccio che videro affollare l'allora piccolo tempio dedicato alla Madonna di Piedigrotta dai marinai della spiaggia di Mergellina, si può, con ragionevole certèzza, ritenere che il culto dei napoletani per la Grande Madre nella ricorrenza della Sua natività, sia cominciato verso la metà del '409. Già prima, nel Santuario, ingrandito e abbellito più volte, si erano recati spesso sovrani, principi e ministri a pregare per grazie ricevute, ma le visite ufficiali dei regnanti ebbero inizio più tardi. "E' probabile - scrive il Volpicella - che sin dal 1528 incominciasse l'usanza della visita reale o vicereale, e la rivista militare che l'accompagnava". E le parate più o meno sfarzose, con carrozze e abbigliamenti eleganti dei nobili, sfilate di soldati, bande, fuochi d'artificio, navi che sparavano a salve, fiumane di popolo provenienti da tutte le città del Regno, durarono fino al 1861. Giuseppe Garibaldi - entrato in città -partecipò alla festa. L'anno successivo vi prese parte il Generale Enrico Cialdini. E fu tutto! I resoconti degli avvenimenti piedigrotteschi di oltre cinque secoli, sono sparsi in diari, guide e gazzette, e sono anche leggibili nel voluminoso e ben ordinato archivio della Basilica. E le canzoni? Scarse notizie. Si sa che durante il fanatismo per la tarantella, gruppi di popolani, nella notte della festa, ballavano nella grotta di Piedigrotta illuminata con torce, e nei viali della villa reale aperta al pubblico per l'occasione; e che, prima o dopo il ballo, si cantavano canzoni in voga. E' dalla nascita di Te voglio bene assaie, (1839), che si comincia a parlare di «Canzoni di Piedigrotta» .

Impropriamente, devo soggiungere, perché durante la festa non è che si intonassero canti nuovi di trinca, bensì canzoni che, già conosciute in altre circostanze e ambienti, soltanto in un secondo momento erano diventate, per la loro orecchiabilità, patrimonio dei popolani, di quei popolani che, durante la notte del 7 settembre, aspettavano l'apertura del Santuario di Piedigrotta, alternando canzoni a vino e cibarie. La tradizione canora e festaiola s'interruppe nel 1861; fu ripresa qualche anno dopo, nel 1876, per iniziativa di un distributore di giornali, certo Luigi Capuozzo. I Sovrani, e le loro truppe, non partecipano più alla nostra festa? Ebbene, li sostituiremo con sovrani e truppe finte, si dovette dire il Capuozzo. Senza frapporre indugi, radunò gli amici strilloni, e organizzò quella che doveva essere la prima cavalcata storica di Piedigrotta. Poi ricomparvero i carri allegorici, si riprese a cantare canzoni scritte su misura per esaltare, questa volta, gli aspetti più folkloristici della festa o per richiamare l'attenzione sulla validità del soggetto del carro. In comune con le «quadriglie» di fine '600, non restava che la propensione ad una gran scalmana da ricordare per tutto l'anno, scalmana nella quale la rapinosa conclusione di un tempo, era sostituita dal più modesto assalto a «ruoti» di melenzane di casalinga provenienza. La vera Piedigrotta delle canzoni la si può far coincidere con la nascita del caffè-concerto, allorché, in quelle sale, si prese l'abitudine di presentare piccoli gruppi di nuove composizioni nei pomeriggi, o sere, del 7, 8 e 9 settembre. Dal 1891, facendo valere una tradizione che, sebbene verde di anni, era ormai entrata nel costume dell'intera città, la Piedigrotta delle canzoni venne presentata nelle più importanti sale teatrali, di mattina, sempre nei medesimi giorni, e poi in normali spettacoli serali, tra agosto e settembre. Il seguito, è storia che abbiamo vissuto noi stessi.Qui
Ettore de Mura - Enciclopedia della Canzone Napoletana
Casa Editrice IL TORCHIO, Napoli 1969
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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:34


Messaggio di un non iscritto qui (link alla discussione originale):
athelas ha scritto:Quando i balli pugliesi? Adoro la pizzica :normalwub:
Cantastorie ha scritto:si, è la Puglia che manca all'appello...sto preparando un post non solo sulle tradiz della pizzica, ma anche qualcosa sul Folk di Carpino (Fg) http://www.carpinofolkfestival.com/
su M. Salvatore, e su uno strumento tipico soprattutto della zona jonica tra Calabria e Puglia...la chitarra battente...
http://it.wikipedia.org/wiki/Chitarra_battente



e intanto lascio questo link pdf ..

sul canto tradiz pugliese..
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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:38

ecco, ho trovato il sito-miniera a prop. della musica popolare pugliese '900 ...
archivio sonoro pugliese
E' un sito che raccoglie diverse schede tematiche; tre distinguono le aree geografiche - gargano - murgia - salento, un'altra sezione si occupa di singoli cantastorie protagonisti ..
Alcune tra le figure più significative della musica popolare pugliese.

http://www.archiviosonoro.org/puglia/i-protagonisti.html

Entrati in alcuni casi nel circuito dello spettacolo grazie al folk revival degli anni ’70 e all’esplosione della cosiddetta World Music degli anni ’90, gli esecutori più rappresentativi godevano di un riconoscimento particolare presso le comunità di appartenenza. Accanto a voci e volti diventati emblematici perché fissati su nastro e pellicola nel corso delle ricerche, vogliamo ricordare altri esecutori che, documentati nell'Archivio, continuano a tenere vivo il lascito delle generazioni precedenti.

* Aloisi Uccio
* Bandello Antonio
* Carbotti Martino
* Marzo Salvatora
* Petrachi Niceta
* Piccininno Antonio
* Sacco Andrea
* Salvatore Matteo
* Stifani Luigi
* Zurlo Antonio


Infine, una sezione di quel sito è dedicato agli Artisti o Gruppi di Riproposta, ossia di nuove formazioni che in qualche modo continuano il filone della Tradizione locale, esportandola fuori dai confini regionali..

per quanto riguarda il Ballo della Pizzica..

La Pizzica - Tarantata
E' una danza terapeutica individuale o collettiva che prende origine dall'antichissimo rito di guarigione dei tarantati e dal loro pellegrinaggio del 29 giugno presso la Cappella di San Paolo a Galatina.

La "Taranta" che si nasconde negli anfratti, nelle fratture della terra e tra le pietre a secco di muretti e Pajare, è in grado, secondo la credenza popolare, di pizzicare (da cui, appunto, il nome dato alla musica...).

E secondo le stesse credenze popolari, dal morso della tarantola si guariva solo grazie all'ausilio della nostra musica: la "pizzica".


TARANTA

Il rito terapeutico si svolgeva per lo più nelle proprie case dove con l'aiuto della musica, i tarantati, ipnotizzati dal ritmo musicale, entravano in uno stato di incoscienza e ballavano per ore ed ore fino a cadere stremati a terra e portando alla morte la tarantola. La musica quindi, ha un'importanza notevole in questo processo, infatti solo grazie alla "pizzica", suonata con un violino e un tamburello, la vittima si scatenava e riusciva a superare il suo stato di malessere.

La nascita di questo fenomeno nel Salento si fa risalire al 1.100 (anche se alcuni studiosi sono propensi ad anticipare notevolmente la datazione) e si manifesta in maniera diffusa almeno sino a tutto l'800. Oggi il "tarantismo" è praticamente inesistente, ma nel corso dei secoli ha acquistato una sua autonomia culturale e simbolica che lo svincola dal morso dell'insetto come causa diretta.

Ed anche l'interesse per la "pizzica" si è ormai consolidato come codice etnico (culturale e naturale) che si trasmette fra generazioni, unendo giovani, anziani e giovanissimi.

La Pizzica de Core
Si danza soprattutto in occasione di feste popolari, di matrimoni, battesimi e feste familiari. Si tratta di una danza "saltata" di coppia mista e ritmo veloce che viene ballata da tutti, grandi e piccoli, diventando espressione di sentimento di gioia. La pizzica de core rappresenta bene i sentimenti d'amore, la passione e l'erotismo.


Pizzica, il ballo del salento


La Pizzica - Scherma
E' un ballo che va di scena durante la celebrazione di San Rocco a Torrepaduli, frazione di Ruffano nella notte tra il 15 ed il 16 agosto.
E' una danza rituale di coppia, a tema antagonista, che in passato prevedeva la presenza di coltelli (Danza delle Spade) nelle mani dei danzatori e radunava i migliori suonatori di tamburello attorno ad interminabili ronde di danze e sfide che si prolungavano per tutta la notte. Oggi i coltelli sono sostituiti dalle dita: indice e medio della mano colpiscono il petto dell'avversario; tutt'attorno è musica e rullare di tamburelli a cornice. (48)
La scherma è danzata soprattutto da uomini e si accompagna bene con l'armonica a bocca.


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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:40

mambu ha scritto:Ho visto che con Capossela è venuto fuori Matteo Salvatore. Propongo allora un piccolo approfondimento su questo straordinario creatore di falsa musica tradizionale, uomo cresciuto nella miseria dei latifondi del Gargano e poi cantando canzoni in voga nelle trattorie mentre viveva nelle baraccopoli romane (più o meno quelle di Brutti, sporchi e cattivi).
Quando nel 1956 un intellettuale, il regista De Sanctis, gli chiese delle canzoni tradizionali - seguendo la moda di quegli anni -, lui prese i soldi, girò le osterie della sua terra dove scoprì che i vecchi ormai cantavano Il Piave mormorava, O sole mio e altre cose pseudopopolari. Finiti i soldi s'inventò un po' di pezzi e li vendette a De Sanctis come pezzi tradizionali.
In questo aneddoto c'è un po' il sunto di Salvatore, vero uomo del popolo che si portò dierto la condanna della miseria anche quando ebbe successo. E visse tra baracche, lusso, imbrogli, menzogne e pure quattro anni di galera per aver ucciso la sua donna ("La povera Adriana morì d'infarto. Io per quattro anni sono uscito dal giro dell'arte" racconta nella sua biografia, con quel misto di pudore e menzogna che i più vecchi tra voi avranno conosciuto nelle culture agricole tradizionali).
Ma è l'uomo che ha cantato questo

Padrone mio (da Myspace-ultimo brano)

Padrone mio ti voglio arricchire
come un cane voglio lavorare
quando sbaglio dammi le botte
voglio la morte non mi cacciare

Ho i figli che vogliono il pane
chi glielo dà? io glielo devo dare.

Padrone mio ti voglio arricchire


Vi propongo la lettura di due brevi articoli, uno dal sito preziosissimo segnalato da Canta
http://www.archiviosonoro.org/puglia/i-protagonisti/334-salvatore-matteo.html

Spoiler:

e uno scritto da Alessio Lega su Rivista Anarchica in occasione delle morte, nel 2005
http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/312/42.htm

Spoiler:

Giusto per dare un'idea più ampia vi propongo l'ascolto di una canzone d'amore (purtroppo è l'incisione del 2001, fatta per il Cd allegato a Matteo Salvatore, La luna aggira il mondo e voi dormite. Autobiografia raccontata ad Angelo Cavallo, Stampa Alternativa).

Lu bene mio

Altri brani di miseria bracciantile.. status statùss dominùss

Sempre poveri

E una storia che sembra di Scorza, ma questa è l'Italia non il Perù

Don Nicola si diverte

l'Italia degli anni '30, quella degli 8 milioni di baionette

Figliete figliete figliete!

Lu suprastende (il soprastante... quello che sorvegliava i braccianti a giornata) anche questa su myspace http://www.myspace.com/matteosalvatore

Ma da buon cantore popolano ha anche un ampio repertorio buffo

Le chicchiere de lu paese (con Capossela e Teresa De Sio. Il testo è mei commenti... abbastanza comprensibile anche per i polentoni)

magari anche un po' sporcaccione e giocato sui doppi sensi

La bicicletta
La via d'la funtanela

Nella sua caotica discografia sarebbe da recuperare il cofanetto di 4 Lp Le quattro stagioni del Gargano. Quasi impossibile.

Si può trovare Il lamento dei mendicanti, pubblicato dai Dischi del sole nel 1967 come raccolta di canzoni anonime tradizionali e ristampato anche all'estero, ad esempio nella collana Le Chants du Monde in Francia

http://www.ibs.it/disco/8012855376720/matteo-salvatore-1/lamento-dei-mendicanti.html
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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:42


mambu ha scritto:
Link al messaggio originale
lepidezza ha scritto:grazie canta e grazie mambu.
ero certo che tu avresti potuto dipanare il riferimento di capossela..
trovi nel suo repertorio citazioni e commistione?

Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 277752 qua mi chiedi troppo. Citazioni dirette direi di no; c'è una distanza generazione che è quasi una distanza di epoche. Salvatore ha imparato a suonare da un mitico vecchio cieco quasi centenario, Capossela ha fatto il conservatorio;
Salvatore ha conosciuto il sud di prima della rifoma agraria, fatto di analfabetismo, miseria e schiavitù, e l'emigrazione stracciona, quella che si accalcava ai margini delle grandi città per vivere di espedienti e di lavoretti e avanzava letteralmente a dorso di mulo; Vinicio l'emigrazione operaia, miserrima anch'essa ma che aveva come obbiettivo il cantiere e la fabbrica.

Vinicio ha sempre giustamente cantato il suo mondo, che è un mondo urbano, moderno anche se popolato di marginali e disperati. Un mondo di night e sale da balle, magari trasfigurato dalla sua poesia e dal gusto per l'assurdo.

La sua visione del sud è quello di uno straniero, o meglio di uno sradicato
(Sud, fuga dell'anima tornare a sud.... Sudati è meglio e il morso è più maturo e la fame è più fame e la sete è più sete.... da Camera a Sud).

Per semplificare direi che c'è una differenza sostanziale ma un amore di Vinicio per quel mondo poetico, anche per quei suoni, ma non un tentativo d'imitazione.
Forse qualcuno più acuto potrà trovare qualcosa di più preciso...
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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:44

Salvatore ha in sè l'esperienza di vita vissuta di espedienti, di mille mestieri, di stenti, di galera.... e di ritorno a casa (pur avendo vissuto a Roma per anni...poi è finito per tornare "a casa"). Il tale cieco che gli insegno' a strimpellare una chitarra a me l'altra sera ricordava un altro cieco famoso che si inventava storie che poi ci sono state tramandate... (papà Omero ppe capisse..chi non vede, vede lontano perchè non si lascia abbagliare dalle belleviste ihihihihih..)..anche il fatto che il padre abbia scritto insieme a Di Vittorio un canto di libertà-protesta quando chi si occupava di lotte sindacali e bracciantili finiva in galera e in altri casi pure morto ammazzato...testimonia proprio un altro modo di vivere e di affrontare le questioni di Disuguaglianza (con buona pace di noi moderni e viziatissimi bbuonialamentasse sulla pelle altrui..ma questa è un'altra facenna...)..

Non ho davanti le % di migrazione sud-nord del dopoguerra, ma sul fatto che i pugliesi siano tra coloro che in massa hanno affollato almeno un paio delle tre cittadone del triangolo industriale nord-ovest (TO-MI-GE) mi sembra fuori dubbio...

Se mi metto a scorrere anche i nomi di chi ha fatto fortuna nel mondo della canzone o dello spettacolo...beh i pugliesi non son secondi ad altri...Ne volete tre/quattro da valore assoluto nei rispettivi campi?
Un tal Walter Annichiarico vi dice qualcosa?
Un tal Domenico Modugno....o un tal Adriano Celentano?
Un tal Renzo Arbore?

---Di questi quattro, solo D. Modugno ha fatto l'emigrante per qualche anno ...tra TO e Roma...
mentre sia Celentano che Chiari erano figli di seconda generazione (ossia nati da genitori emigranti al nord..)..Arbore è quello che ha solo cambiato città elettiva, inventandosi ogni volta un nuovo programma radio prima...e piu' programmi tv poi..
................................

Ho già detto, ho intenzione di concentrare l'attenzione su Modugno perchè quell'omino è stato un punto imprescindibile che, partito da suoni-parole tradizional-dialettali se n'è poi allontanato, facendo un mix tutto suo tra tradizione-innovazione...
quando inizia, il cantante-tipo italiano e quello col vocione tenorile impostato alla Villa e Togliani....le canzoni parlano di mamme, di giovanotti timidi e fanciulle arrossenti, di malinconie e lontananze...tranne quelle scritte da un pianista napoletano che cantava in dialetto....e di un chitarrista-autore napoletano che riprendeva la tradiz alta della canzone napoletana...lasciando perdere le canzoni strappalacrime del periodo pre e post guerra...

per dar traccia di tutto questo, ricopierò le classifiche dei dischi piu' venduti dei primi anni 50...riportati dal sito
Singoli piu' venduti in Italia - a partire dal 1947
..............................................................

Prendiamo ad es la classifica dei dischi piu' venduti nel 1952 ...
sul sito trovate anche qualche link ad youtube...
Classifica 1952

1. Anema e core - Roberto Murolo [1951/52]
2. Les Feuilles mortes - Yves Montand [1951/53]
3. Vola colomba - Nilla Pizzi
4. Non ti ricordi - Antonio Vasquez [1952/53]
5. C'est si bon - Yves Montand [1951/52]
6. Papaveri e papere - Nilla Pizzi
7. Jezebel - Carla Boni [1952/53]
8. Stelle e lacrime - Nilla Pizzi
9. Madonna delle rose - Oscar Carboni
10. Una Donna prega - Nilla Pizzi

in spoiler trovate la classifica fino al n 100

Spoiler:

Scorrendo la lista, almeno a me, colpisce: i pochi nomi dei cantanti in classifica...saranno al max una 15na...e il miscuglio evidente tra la canzone in lingua italiana e in dialetto napoletano. La presenza di canzoni straniere è infinitesimale e le eccezioni sono in lingua francese (vedi Montand in 3' posizione..)
Se guardo o ricordo il modo di cantare dei cantanti, vanno per la maggiore le voci-impostate...tranne due eccezioni: Murolo e Teddy Reno...

.....
Roberto Murolo
http://www.italica.rai.it/monografie/canzone_italiana/pionieri/murolo/index.htm
Spoiler:
è figlio d'arte, il papà era un poeta-paroliere e Murolo figlio, per anni s'è occupato oltre che della propria carriera da cantan-chitarrista singolo, del recupero e della pulizia stilistica della canzone napoletana classica....nonchè un vero e proprio lavoro di ricerca meticolosa con il maestro Caliendo a prop della tradizione musicale in lingua napoletana dal medioevo in giu'...


Spoiler:


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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:45

Facciamo lo stesso giochino-classifica nel 1956 :occhioni: ?

Classifica singoli piu' venduti nel 1956
# Maruzzella - Renato Carosone [1955/57]
# Guaglione - Aurelio Fierro [1956/57]
# Love is a many splendored thing - The Four Aces and Al Alberts [1956/57]
# Mambo italiano - Rosemary Clooney [1955/56]
# Io, mammeta e tu - Renato Carosone
# Piccerella - Claudio Villa [1956/57]
# Giuvanne cu 'a chitarra - Renato Carosone
# Smile - Nat King Cole [1955/56]
# Oho aha - Caterina Valente
# Aprite le finestre - Franca Raimondi

Spoiler:

Se scorrete gli altri titoli, troverete tra gli italiani nomi nuovi...Modugno e Buscaglione...e l'avvento di un tot numero di cantanti USA ...Presley, Perry Como..F. Sinatra...

......
Carosone è un pianista-cantante napoletano che nell'arco degli anni 50 ebbe notevole successo pur cantando prettamente in dialetto napoletano....canzonette dal tema leggero e canzonatorio che spesso erano una non velata presa in giro proprio della canzone napoletana-italiana melensa, malinconica, strappalacrime che allora era in voga...
Biografia in Spoiler..
Spoiler:

Caravan petrol? Tu vuò fà l'americano? Torero? O sarracin? E la barca torno' sola? Io mammeta e tu? ....Io mammetà e tu fu scritta con Modugno
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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:47

mambu ha scritto:Scusa se torno un pochino indietro, Canta Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 492913

Quella di suo padre e Di Vittorio è una delle tante balle che Salvatore ha raccontato per "darsi un tono". Dopotutto era ben accolto e coccolato dagli ambienti di sinistra e forse ha voluto attribuirsi un quarto di nobiltà, e in questo dimostrò ancora di più quella mentalità da poar christ che lo imprigionò tutta la vita.
Altrove, forse più sinceramente, parla di suo padre che per un soldo cantava le orazioni ai morti, facendo incazzare il prete che gli mandava dietro i carabinieri per non avere un concorrente.

Sull'emigrazione interna ci sarà sicuramente qualche sito, ma non avendo tanto tempo e non essendo bravo a ravanare segnalo un vecchio libro molto documentato e pieno di grafici e tabelle
Ugo Ascoli, Movimenti migratori in Italia, BO, 1979

Sicuramente reperibile in molte biblioteche.
(per tutto il discorso che vuoi fare non sarebbe male tener bene presenti i fatti storici e sociali del periodo, quindi da bravi, voi seguaci di Canta, studiate Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 382133 )

dal libro di Ascoli si può vedere come i pugliesi in termini assoluti furono secondi solo ai siciliani nelle migrazioni interne. Però si concentrarono soprattutto su Roma nell'immediato dopoguerra e poi su Milano. Genova molto meno e Torino in modo significativo solo negli anni 60. La maggior parte dei migranti era della grande zona agricola del foggiano e del barese, dove c'era appunto una grande tradizione di lotte bracciantili, e i migranti venivano spesso da quelle famiglie che per motivi politici furono escluse o meno beneficiate dalla riforma agraria iniziata nel 1950.

Continuiamo con Carosone e il mitico autore di Non ho l'età (Nisa) Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 277752
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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:48

e non so documentare sulla veridicità-falsità di quell'aneddoto su canzonetta tra Di Vittorio e papà poverodiavolo Salvatore....quello che posso immaginare è che i due avevano lo stesso "mondo di indifesi alle spalle" e quel mondo ha contemporaneamente una forza e una fragilità che parecchi avevano come propriomondo di provenienza...e parlo proprio di quelle persone che dal secondo dopoguerra ai primi annisessanta fecero fagotto e da contadini di terra povera si trasformarono in popolazione di urbane periferie...fenomeno di cui ha scritto e filmato e raccontato in tv un tale delle tue parti...un tal PPP che credo scrisse anche qualcosa in dialetto per Endrigo...ma mink..il titolo della canzone non me lo ricord....

cmq, non si capisce un'emerito nisba di quel periodo - anni 50 - se non si considera che quel decennio fu sostanzialmente un decennio di brusco passaggio da una società italiana prettamente agricola e rurale...ad una società ndustrioso-urbana..

io non so dove diamine lessi...ai tempi dell'università, che in soldoni, l'emigrazione meridionale verso le città nord-ovest era fatta sostanzialmente da poveri-cristi, i cosiddetti terroni che arrivavano su con la valigia di cartone, ospitati da qualche paesano che già stava su...finchè trovato un lavoro e un buco-casa, richiamavano su mogli e figlioli, mentre l'emigrazione verso Roma è piu'antica e composita, essendone parte non solo la parte di popolazione piu' povera e senza mezzi, ma anche quella fetta che si trasfer' in quella città ma con professionalità specifiche e cmq legate al posto fisso pubblico....penso alla Pubblica Amministrazione centrale..uffici pubblici ...ministeriali e non..

Tutto questo c'entra con la canzone? Si che c'entra...perchè è proprio in quel periodo che la canzone smetterà di occuparsi solo di temi "privati-da fidanzatini" per aprir taccuini e suoni a tutto il circondario...
Se penso al testo di "amara terra mia" o "vecchio frac" ..non mi viene in mente il ragionare di un singolo che parla di singoli..ma di un singolo che parla di molti, indicando qualcosa che non riguarda solo sè, ma nel caso di vecchiofrac, di un periodo che si chiude per sempre..per avviare qualcosa che ancora non c'è (e gli anni 50 sono un decennio di attesa...di fuga da un periodo di macerie e di disfatte verso qualcosa che ancora non si sa come sarà...). Rassegnateve: su Vecchiofrac ho una valangata di cose da scrivere Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 1845395679
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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:50

mambu ha scritto:Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 144135 e io aspetto con ansia di leggere.

sull'immigrazione a Roma ricordo molte cose le libro di Portelli, L'ordine è già stato eseguito, che accennava a due periodi espansivi: la Roma umbertina neocapitale e gli anni dell'espasione burocratica dello stato fascista.
Come dicevi tu era un'immigrazione a due facce: i funzionari statali e lavoratori a quel giro collegati, quindi principalmente piccoli e medi borghesi; e la plebe funzionale alla crescita della città, cavatori e muratori per primi, ma anche piccoli commercianti, artigiani, bottegai, persone di servizio (le mitiche balie friulane Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 277752 che già avevano invaso le grandi città del nord).

Nel dopoguerra ci fu invece una vera ondata di miseria su Roma da un po' tutte le zone del sud: e si formò quella cinta di baracche che l'ha circondato fino addirittura agli anni '80.

PPP non scrisse esplicitamente per Endrigo, ma dietro sua proposta gli propose di adattare una delle poesie friulane di La miej zoventut (La meglio gioventù). Endrigo fece dei minimi adattamenti alla traduzione pasoliniana e nacque
Il soldato di Napoleone (1962, ma questa è la versione live del 1970)
ovviamente censurata dalla Rai.

Testo friulano e traduzione italiana
Spoiler:

Di Pasolini sono interessanti le canzoni in romanesco che fece per la Betti, oltre a quella con Modugno.

Associazioni di idee: Endrigo fece pure una canzone sull'emigrazione, Il treno che viene dal Sud (1967) in aperta polemica con Lauzi, La donna del sud (1966) e la sua visione pittoresca e porcellosa.

Associazione di idee 2: anche l'espressione "la meglio gioventù" viene da una canzone. Ve lo lascio come quiz Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 939831
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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:51

mambu ha scritto:Visto che ci sono metto le canzoni romanesche di Pasolini cantate da Laura betti
Valzer della toppa (musica di Piero Umiliani, che ricorderete come l'inventore del Crime jazz all'italiana de I soliti ignoti, parodia e affettuosa citazione del jazz da film neri, oltre che del mitico Mah na' mah na' Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 488981 )

Macrì Teresa detta Pazzia (qui la musica è di P. Piccioni, un altro ccènio della musica per cinema)

Cristo al Mandrione non nella versione della Betti e neanche in quella della Ferri, che non ho trovato, ma di Grazia De Marchi, una degna interprete del repertorio "popolare" (anche se è veronese e si sente)
Qui si potrebbe deviare a parlare del teatro canzone ma chiudo l'OT Cantautori & Cantastori (Puntate Precedenti) - Pagina 2 449332
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Messaggio Da Cantastorie Dom 9 Ott - 20:52

ecco in questa page c'è il colleg anche per scaricarsi l'mp3 della canzone di Endrigo su Napo62...
Su Endrigo-Pasolini

Ferri-Toppa-Pasolini

cercavo un link-page riassuntivo, ma non ci fu vers :chedici:
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