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La casa della Poesia

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Messaggio Da miki Mar 14 Feb - 15:19

Wislawa Szymborska

Amore a prima vista


Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
E' bella una tale certezza
ma l'incertezza è più bella.

Non conoscendosi prima, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro
se non ricordano -
una volta un faccia a faccia
forse in una porta girevole?
uno "scusi" nella ressa?
un "ha sbagliato numero" nella cornetta?
- ma conosco la risposta.
No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio
il caso stava giocando con loro.

Non ancora del tutto pronto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando un risolino
si scansava con un salto.

Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o il martedì scorso
una fogliolina volò via
da una spalla all'altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
tra i cespugli dell'infanzia?

Vi furono maniglie e campanelli
in cui anzitempo
un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.

Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.
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Messaggio Da anna Gio 8 Mar - 10:09

Alda Merini - A tutte le Donne - Lettura di Betty Senatore



uniti a tutte noi La casa della Poesia - Pagina 6 46531
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Messaggio Da piergiorgio Gio 8 Mar - 10:28

I piedi della Terra sono i miei piedi, adesso,
e il corpo delle montagne sacre
ora è il mio corpo.
La voce della pioggia è la mia voce,
la mente del cielo e la mia mente
sono una cosa sola, adesso.
Sento che avrò
vita lunga e felice.
Che io sia benedetto

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Messaggio Da piergiorgio Gio 8 Mar - 12:11

La tenda dell'alba si schiude
laggiù nella Terra del Giorno.
Il Fanciullo d'Aurora vi si appende
per ciondolarsi dolcemente.
Tutt'intorno schiarisce.

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Messaggio Da piergiorgio Gio 8 Mar - 12:53

L'ARRIVO DELLA PRIMAVERA

Il polline di fiori nell'aria
sospinto dal vento mi avvolge,
mi ricopre.
Sono prezioso, adesso.
Cammino sui sentieri della terra
con mocassini di arcobaleno.
Da oggi sono un altro:
sono Colui-che-ha-visto-l'alba-nuova.

canto NAVAJO
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Messaggio Da piergiorgio Gio 8 Mar - 13:50

E' stato il vento


È stato il vento a darci la vita,
e quando il vento cessa,
quello .per noi è il momento di morire.
Le linee che portiamo
incise sulla punta delle dita
sono i mille sentieri che ha percorso.
Da essi ci è possibile capire
in che direzione soffiava
il giorno in cui furono creati
i nostri avi.
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Messaggio Da piergiorgio Gio 8 Mar - 13:54

Canto Navajo

Viaggio mistico


Sono giunto in un luogo
dove ogni cosa era di conchiglia bianca.
C'era una casa sospesa nell'aria
bianca e perfetta,
a cui giungeva un candido sentiero.
L'ho percorso,
e quando ho posato
i miei piedi sulla soglia luccicante,
la casa mi ha guardato
e mi ha sorriso.
E sono diventato
conchiglia bianca anch'io,
lucida e perfetta.
Questo luogo è laggiù,
verso occidente,
dove il cielo finisce
e nemmeno la luna si avventura.
piergiorgio
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Messaggio Da piergiorgio Gio 8 Mar - 14:14


UNO SCHERZUCCIO
È un luminoso mezzogiorno d'inverno... Il gelo é forte, la neve scricchiola e a
Nàden'ka, che mi dà il braccio, i riccioli sulle tempie e la lanugine sul
labbro.superiore si coprono di una brina argentea.
Ci troviamo sulla cresta di una montagnola di ghiaccio. Dai nostri piedi fino al
piano si distende una superficie levigata, nella quale il sole si mira come in uno
specchio. Accanto a noi c'é una piccola slitta foderata di panno scarlatto.
«Scivoliamo giù, Nadézda Petròvna!» supplico. «Una volta sola! Vi assicuro,
resteremo interi, non ci faremomale!»
Ma Nadèzda ha paura. Tutto lo spazio che va dalle sue piccole soprascarpe di
gomma fino al fondo della montagna di ghiaccio, le sembra un precipizio spaventoso,
incommensurabilmente profondo. Le si ghiaccia l'animo e le manca il respiro se
soltanto guarda giù, se soltanto le offro di sedere nella slitta; che mai sarebbe se si
arrischiasse a volare nel baratro? Morrebbe o perderebbe la ragione.
«Vi supplico!» dico io. «Non bisogna aver paura! Rendetevi conto: é una
debolezza, una viltà!»
Nàden'ka alla fine cede ed io dal suo volto capisco che si rassegna, pur
convinta che c'é pericolo per la vita. La faccio sedere tutta pallida e tremante nella
slitta, le cingo col braccio la vita e mi precipito insieme con lei nell'abisso.
La slitta vola come un proiettile. L'aria tagliata ci batte in viso, mugola, fischia
negli orecchi, ci punge di rabbia fino a farci male, ci vuole strappare dalle spalle la
testa. La resistenza del vento toglie il respiro. Come se il diavolo ci avesse preso fra
le sue zampe e con un muggito ci trascinasse all'inferno. Le cose intorno si
confondono in una lunga striscia vertiginosamente fuggente... Ecco ancora un attimo
e,sembra, saremo perduti!
«Io vi amo, Nadja!» dico sottovoce.
La slitta rallenta la sua corsa sempre più; il muggito del vento e il ronzio
dei pattini non sono ormai così terribili, non manca più il respiro, e, finalmente,
siamo in fondo. Nàden'ka non é né viva né morta. È pallida, respira appena...
L'aiuto ad alzarsi.
«Per nulla al mondo verrò un'altra volta!» dice, guardandomi con gli occhi
sbarrati, pieni di orrore. «Per nulla al mondo! Per poco non son morta!»

Dopo un istante ella torna in sé e già mi guarda negli occhi, come
interrogando: sono io che ho detto quelle quattro parole o ho creduto soltanto di
udirle nel rumore del turbine? Ed io sto ritto, accanto a lei, fumo e osservo
attentamente uno dei miei guanti.
Ella mi prende sotto il braccio e passeggiamo a lungo presso la montagnola.
L'enigma, si vede, non le dà pace. Sono state dette quelle parole, o no? Sì o no? Sì
o no? È una questione di amor proprio, d'onore, di vita, di felicità, una questione
molto grave, la più grave del mondo. Nàden'ka impazientemente, tristemente, con
uno sguardo penetrante mi guarda furtiva in viso, risponde a sproposito, aspetta
ch'io parli. Oh, quale giuoco di espressioni in quel suo caro viso, quale giuoco! Vedo
che ella lotta con se stessa, che ha bisogno di dire qualcosa, di domandare, ma non
trova le parole, è imbarazzata, non osa, la gioia la turba...
«Sapete?» dice senza guardarmi.
«Cosa?» domando.
«Proviamo ancora una volta... a andar giù.»
Montiamo per la scala su fino alla cresta del pendio. Di nuovo faccio
accomodare Nàden'ka, pallida, tremante, nella slitta; di nuovo voliamo nel baratro
terribile, di nuovo il vento ruggisce e ronzano i pattini e di nuovo nel momento del
più forte impeto e rumore io mormoro sottovoce:
«Io vi amo, Nàden'ka!»
Quando la piccola slitta si arresta, Nàden'ka abbraccia con uno sguardo il
monte, lungo il quale un istante prima volavamo, poi osserva a lungo il mio viso,
ascolta la mia voce indifferente e vuota di passione, e tutta, tutta, persino il suo
manicotto e il suo cappuccio, tutta la sua figurina esprime una perplessità estrema.
E sul suo viso sta scritto:
«Che cosa é dunque? Chi ha pronunciato
quelle
parole? Mi é parso soltanto?»
Questo dubbio la inquieta, la impazientisce. La povera fanciulla non risponde
alle domande, si rabbuia, é sul punto di piangere.
«Torniamo a casa?» domando io.
«A me... a me piacciono queste scivolate,» dice ella arrossendo. «Non vogliamo
farne ancora una?»
A lei «piacciono» quelle scivolate, e intanto sedendo nella slitta, come le
altre volte, impallidisce, respira appena per la paura, trema.
Ci slanciamo giù per la terza volta e vedo ch'ella mi guarda in viso, fissa le
mie labbra. Ma io porto alle labbra un fazzoletto, tossisco e quando siamo a metà

della china riesco a bisbigliare:
«Io vi amo, Nadja!»
E l'enigma resta enigma. Nàden'ka tace, riflette... L'accompagno dal campo di
pattinaggio a casa; ella cerca di camminare adagino, rallenta i passi e aspetta
sempre se io non ripeta quelle parole. E io vedo come la sua anima soffre, come ella
si fa forza per non gridare:
«Non può essere che le abbia dette il vento? E io non voglio che le abbia dette il
vento!»
Il mattino seguente ricevo un biglietto: «Se oggi andate al pattinaggio,
passate a prendermi. N.» E da allora ho cominciato ad andare ogni giorno al
pattinaggio insieme con Nàden'ka e volando giù nella slitta ogni volta pronuncio
sottovoce le stesse parole:
«Io vi amo, Nadja!»
Presto Nàden'ka si abitua a questa frase come ci si abitua al vino o alla
morfina. Non può vivere senza. È vero, volar giù in slitta dalla montagnola é
spaventoso come prima, ma ora la paura e il pericolo dànno un incanto speciale
alle parole d'amore, alle parole che come prima restano un enigma e fanno languir
l'anima. Sospettati sono sempre gli stessi due, io e il vento... Chi dei due le
confessi l'amor suo, ella non sa, ma evidentemente ormai poco importa: da quale
tazza si beva è lo stesso, purché ci si ubriachi.
Una volta a mezzogiorno mi reco al campo di pattinaggio solo; confuso fra la
gente, vedo Nàden'ka che si avvicina alla montagnola, che mi cerca con gli occhi...
poi timidamente sale per la piccola scala... È tremendo andar sola; oh com'é
tremendo! Ella è pallida come la neve, trema, va come al supplizio, ma va, senza
guardarsi indietro, risolutamente. È chiaro che ha deciso di provare, alla fine: si
udranno quelle meravigliose dolci parole, quando io non ci sono? Vedo come, pallida,
con la bocca aperta per lo spavento, si siede nella slitta, chiude gli occhi, e dato un
addio per sempre alla terra, si muove... Sssss... ronzano i pattini. Ode Nàden'ka
quelle parole? non so... Vedo solo che si alza dalla slitta affaticata, debole. E si vede
dal suo volto ch'ella stessa non sa se abbia udito qualche cosa o no. La paura,
mentre scivolava giù, le ha tolto la capacità di udire, di discernere i suoni, di
capire...
Ma ecco giunge il primaverile mese di marzo. Il sole si fa più carezzevole. La
nostra montagnola di ghiaccio si oscura perde la lucentezza e alla fine si scioglie.

Noi non andiamo più in slitta. La povera Nàden'ka non ha più dove udire quelle
parole e non c'è più nessuno che possa pronunciarle, perché il vento non soffia più
ed io mi preparo a partire per Pietroburgo per molto tempo, probabilmente per
sempre.
Una volta, un paio di giomi prima della partenza, verso il crepuscolo, sono nel
giardinetto, che un alto steccato irto di chiodi separa dal cortile della casa dove
abita Nàden'ka... Fa ancora abbastanza freddo, sotto il concime c'è ancora della
neve; gli alberi sono morti, ma già si sente nell'aria l'odore della primavera e,
disponendosi al sonno, le cornacchie gracchiano in modo assordante. Mi avvicino
allo steccato e a lungo guardo attentamente una fessura. Vedo Nàden'ka che esce
sulla soglia e volge lo sguardo melanconico, angosciato al cielo... Il vento serale le
soffia diritto nel viso pallido, intristito... Questo vento le ricorda l'altro che muggiva
intorno a noi, allora sulla montagna, quando udiva quelle quattro parole, e il viso le
si fa triste triste, sulla guancia scorre una lacrima...
E la povera fanciulla stende tutte e due le braccia come a supplicare questo
vento di portarle ancora una volta quelle parole.
Ed io aspetto un soffio più forte e dico sottovoce:
«Io vi amo, Nadja!»
Dio mio, che le succede? Nàden'ka getta un piccolo grido, un sorriso le
illumina tutto il volto e stende incontro al vento le mani, gioiosa, felice, tanto, tanto
bella.
E io vado a preparare i bauli...
Questo è stato molto tempo fa. Ora Nàden'ka ha marito; le hanno dato, o
lei lo ha voluto fa lo stesso il segretario di un'istituzione nobiliare; e ha già tre
bambini. Quel tempo in cui andavamo insieme a slittare sulla montagnola di
ghiaccio, e il vento le portava quelle parole: «Io vi amo, Nadja!» ella non l'ha
dimenticato; esso è ora per lei il più felice, il più commovente e bel ricordo della sua
vita...
Ed io, ora che son più vecchio, non capisco più perché ho detto quelle parole,
perché ho scherzato...


Anton Cechov - Uno scherzuccio


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Messaggio Da picpiera Gio 8 Mar - 19:06

che belli questi canti Navajo La casa della Poesia - Pagina 6 79629
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Messaggio Da anna Dom 8 Apr - 10:51

I BAMBINI GIOCANO

I bambini giocano alla guerra.
È raro che giochino alla pace
perché gli adulti
da sempre fanno la guerra,
tu fai "pum" e ridi;
il soldato spara
e un altro uomo
non ride più.
È la guerra.
C’è un altro gioco
da inventare:
far sorridere il mondo,
non farlo piangere.
Pace vuol dire
che non a tutti piace
lo stesso gioco,
che i tuoi giocattoli
piacciono anche
agli altri bimbi
che spesso non ne hanno,
perché ne hai troppi tu;
che i disegni degli altri bambini
non sono dei pasticci;
che la tua mamma
non è solo tutta tua;
che tutti i bambini
sono tuoi amici.
E pace è ancora
non avere fame
non avere freddo
non avere paura.

BERTOLT BRECHT
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Messaggio Da ubik Mar 1 Mag - 23:25

Trilussa

L'elezzione der Presidente

Un giorno tutti quanti l’animali
sottomessi ar lavoro
decisero d’elegge un Presidente
che je guardasse l’interessi loro.
C’era la Società de li Majali,
la Società der Toro,
er Circolo der Basto e de la Soma,
la Lega indipendente
fra li Somari residenti a Roma;
e poi la Fratellanza
de li Gatti soriani, de li Cani,
de li Cavalli senza vetturini,
la Lega fra le Vacche, Bovi e affini…
Tutti pijorno parte all’adunanza.
Un Somarello, che pe’ l’ambizzione
de fasse elegge s’era messo addosso
la pelle d’un leone,
disse: - Bestie elettore, io so’ commosso:
la civirtà, la libbertà, er progresso…
ecco er vero programma che ciò io,
ch’è l’istesso der popolo! Per cui
voterete compatti er nome mio. -
Defatti venne eletto proprio lui.
Er Somaro, contento, fece un rajo,
e allora solo er popolo bestione
s’accorse de lo sbajo
d’avé pijato un ciuccio p’un leone!
- Miffarolo! - Imbrojone! - Buvattaro!
- Ho pijato possesso:
- disse allora er Somaro - e nu’ la pianto
nemmanco se morite d’accidente.
Peggio pe’ voi che me ciavete messo!
Silenzio! e rispettate er Presidente.
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Messaggio Da alexcda Mer 2 Mag - 6:26

anna ha scritto:
I BAMBINI GIOCANO

I bambini giocano alla guerra.
È raro che giochino alla pace
perché gli adulti
da sempre fanno la guerra,
tu fai "pum" e ridi;
il soldato spara
e un altro uomo
non ride più.
È la guerra.
C’è un altro gioco
da inventare:
far sorridere il mondo,
non farlo piangere.
Pace vuol dire
che non a tutti piace
lo stesso gioco,
che i tuoi giocattoli
piacciono anche
agli altri bimbi
che spesso non ne hanno,
perché ne hai troppi tu;
che i disegni degli altri bambini
non sono dei pasticci;
che la tua mamma
non è solo tutta tua;
che tutti i bambini
sono tuoi amici.
E pace è ancora
non avere fame
non avere freddo
non avere paura.

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questa poesia è splendida, bellissima scelta uniti
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Messaggio Da ubik Gio 21 Giu - 22:30

Paolo Poli

recita due poesie La casa della Poesia - Pagina 6 57089
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Messaggio Da miki Ven 13 Lug - 22:58

Goethe Perché ci hai dato sguardi profondi

Perché ci hai dato sguardi profondi
per scrutare presaghi il futuro
e mai abbandonarci, in un'illusione beata,
al nostro amore, alla felicità terrena?
Perché ci hai dato, sorte, i sentimenti
che ci fanno guardar l'un l'altro nel cuore
per indovinare negli astrusi viluppi
Il vero legame che ci tiene?


Ah, tanti e tanti a stento conoscono
il loro cuore, s'agitano confusi,
vagano senza meta, e senza rimedio
incorrono in mali non sanati;
e di nuovo esultano quando spunta
l'aurora inattesa di effimere gioie.
Solo a noi due, poveri amanti,
è negata la felicità reciproca
di amarci senza intenderci,
di vedere nell'altro ciò che non fu mai,
d'inseguire una sempre nuova felicità di sogno,
e di vacillare anche nel pericolo del sogno.

Felice chi è preso in un vacuo sogno!
Felice chi mancò il presagio!
Ogni presenza e ogni sguardo rafforza
in noi, ahimè, sogno e presagio.
Dì, come fu che ci legò così stretti?
Ah, in tempi remoti tu fosti
mia sorella o la mia sposa.

Conosci ogni tratto del mio essere,
coglievi il vibrare della mia corda più pura,
leggevi con un solo sguardo in me
che occhio umano a stento penetra;
temperavi il sangue ardente,
indirizzavi l'errante, selvatica corsa,
e nelle tue braccia angeliche
il petto lacerato ritrovava la quiete.
Lo tenevi avvinto in un tenue incanto,
allietavi col tuo gioco i suoi giorni.
Quale felicità fu mai pari all'ebbrezza delle ore
quando lui grato giaceva ai tuoi piedi,
accanto al tuo sentiva il suo cuore traboccare,
si sentiva buono nei tuoi occhi,
i sensi purificati,
placato il sangue in tumulto.

E di tutto questo resta un ricordo
che trascorre per il cuore incerto,
sente l'antica verità identica all'intimo;
e il nuovo stato per lui è dolore.
E a noi sembra d'aver anima solo per metà,
all'intorno è crepuscolo il giorno più chiaro.
Fortuna che la sorte, che ci tormenta,
cambiarci tuttavia non può.

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Messaggio Da anna Lun 31 Dic - 14:58

Vi auguro sogni
a non finire
la voglia furiosa
di realizzarne qualcuno
vi auguro di amare
ciò che si deve amare
e di dimenticare
ciò che si deve dimenticare
vi auguro passioni
vi auguro silenzi
vi auguro il canto degli uccelli
al risveglio
e risate di bambini
vi auguro di resistere
all’affondamento,
all’indifferenza,
alle virtù negative
della nostra epoca.
Vi auguro soprattutto
di essere voi stessi.

Jacques Brel
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