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Messaggio Da anna Mar 19 Feb - 18:15

VIETATO FAR VEDERE LA GRECIA CHE BRUCIA - L’ITALIA DEVE ANDARE AL VOTO SENZA AVERE NOTIZIE DELLA “GUERRA DEL PANE” DI ATENE: PERCHE’? - ASSALTI AGLI SCAFFALI PER DISTRIBUIRE VIVERI IN PIAZZA, RAPINE IN BANCA PER RESTITUIRE QUALCHE SOLDO ALLA POPOLAZIONE, DIMOSTRANTI PICCHIATI IN CELLA - L’EUROPA FRANCO-TEDESCA HA DISTRUTTO UNA NAZIONE E RIDOTTO ALLA FAME UN INTERO POPOLO - LA RIBELLIONE DEGLI AGRICOLTORI…

"La Grecia è crollata sotto il peso dei debiti contratti con la Bce ,ma in Italia nessuno ne parla perche' siamo in campagna elettorale, l'attenzione dei media e' stata spostata sulle dimissioni del Papa,mentre l'Europa brucia! Stanno assaltando i supermercati. Ma non sitratta di banditi armati. Si tratta di gente inviperita e affamata, chenon impugna neanche una pistola, con la complicità dei commessi che dicono loro "prendete quello che volete, noi facciamo finta di niente".
Si tratta della rivolta di 150 imprenditori agricoli, produttori di agrumi, che si sono rifiutati categoricamente di distruggere tonnellate di arance e limoni per calmierare i prezzi, come richiesto dall'Unione Europea.
Hanno preso la frutta, l'hanno caricata sui camion e sono andati nelle piazze della città con il megafono, regalandola alla gente,raccontando come stanno le cose.Si tratta di 200 produttori agricoli, ex proprietari di caseifici, che da padroni della propria azienda sono diventati impiegati della multinazionale bavarese Muller che si è appropriata delle loro aziende indebitate, acquistandole per pochi euro sorretta dal credito agevolato bancario, quelli hanno preso i loro prodotti della settimana, circa 40.000 vasetti di yogurt (l'eccellenza del made in Greece, il più buon yogurt del mondo da sempre) li hanno caricati sui camion e invece di portarli al Pireo per imbarcarli verso il mercato continentale della grande distribuzione, li hanno regalati alla popolazione andandoli a distribuire davanti alle scuole e agli ospedali.Si tratta anche di due movimenti anarchici locali, che si sono organizzati e sono passati alle vie di fatto: basta cortei e proteste, si va a rapinare le banche: nelle ultime cinque settimane le rapine sonoaumentate del 600% rispetto a un anno fa.Rubano ciò che possono e poi lo dividono con la gente che va a fare la spesa. La polizia è riuscita ad arrestarne quattro, rei confessi, ma una volta in cella li hanno massacrati di botte senza consentire loro di farsi rappresentare dai legali.
Lo si è saputo perché c'è stata la confessione del poliziotto scrivano addetto alla mansione di ritoccare con il Photoshop le fotografie dei quattro arrestati, due dei quali ricoverati in ospedale con gravi lesioni.E così, è piombata la sezione europea di Amnesty International, con i loro bravi ispettori svedesi, olandesi e tedeschi, che hanno realizzatouna inchiesta, raccolto documentazione e hanno denunciato ufficialmentela polizia locale, il ministero degli interni greco e l'intero governo alla commissione diritti e giustizia dell'Unione Europea a Bruxelles, chiedendo l'immediato intervento dell'intera comunità continentale per intervenire subito ed evitare che la situazione peggiori.

Rassegna Stampa - Pagina 6 Grecia-218389_tnGRECIASiamovenuti così a sapere che il più importante economista tedesco, il prof. Hans Werner Sinn, (consigliere personale di Frau Angela Merkel) sorretto da altri 50 economisti, avvalendosi addirittura dell'appoggio di un rappresentante doc del sistema bancario europeo, Sir Moorald Choudry (il vice-presidente della Royal Bank of Sctoland, la quarta banca al mondo) hanno presentato un rapporto urgente sia al Consiglio d'Europa che alla presidenza della BCE che all'ufficio centrale della commissione bilancio e tesoro dell'Unione Europea, sostenendo che "la Grecia deve uscire, subito, temporaneamente dall'euro, svalutando la loro moneta del 20/ 30%, pena la definitiva distruzione dell'economia, arrivata a un tale punto di degrado da poter essere considerata come "tragedia umanitaria" e quindi cominciare anche a ventilare l'ipotesi dichiedere l'intervento dell'Onu"
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Messaggio Da ubik Mer 20 Feb - 20:01

Da "affaritaliani.it"
Aldo Busi, domenica andrà a votare? Per chi?
"Certo che andrò a votare, esclusivamente come atto di rispetto e di speranza verso le nuove generazioni di italiani e innanzitutto di europei. Sarà un voto all'insegna della Realpolitik che non deve necessariamente incontrare il mio favore e appoggio personali. Se si esclude tutta la vecchia e nuova ferramenta italiota...
Berlusconi, Lega, Casini, Grillo, che tanto mi ritroverò per obbligatoria alleanza governativa di qua o di là... voterò di sicuro Ambrosoli per la Regione Lombardia, mentre non dico chi voterò per le Politiche: nessuno se lo merita veramente e non mi va di fare da traino a una carretta appena appena meno traballante delle altre in circolo, vizioso. Se Grillo ha Casaleggio, un Bersani e un Monti che non abbiano Aldo Busi oggi hanno scarsissima credibilità circa i loro programmi anche solo d'intenti".
Ha seguito la campagna elettorale?
"Non particolarmente, l'ho subita come tutti, troppe trame e poco ordito visibile, quasi sfilacciato apposta da patti segreti tra poli solo apparentemente opposti, aspetto che ricamo e ricamato facciano tutt'uno e si veda il disegno finale, a me forse meno imperscrutabile che agli stessi tessitori.
L'unica cosa che mi ha colpito è una non recente intervista al procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, una delle grandi e vere coscienze civili del Paese, che ha avuto di nuovo il potere di raggelarmi il sangue, cito a braccio: 'Dagli anni Settanta in poi, le mafie hanno fatto studiare i loro eredi nelle più prestigiose università europee e americane e oggi sono chirurghi, banchieri, politici, poliziotti...
Sono professionalmente al di sopra di ogni sospetto e al contempo sono dei veri e propri capi mafia'. Non ricordo se abbia aggiunto 'giudici e preti' ma ci sta, la lista delle arti & mestieri poteva andare avanti di un bel po' per forza d'inerzia. Come scrittore immagino che l'unico colpo di vita di una mela marcia sarebbe staccarsi dal picciolo e fare autodafé. In un romanzo può succedere che un pentito non scaglioni nel tempo le sue verità a scoppio ritardato".
Beppe Grillo sta riempiendo le piazze, e il Movimento 5 Stelle preoccupa i partiti tradizionali. Anche Dario Fo e Adriano Celentano appoggiano l'ex comico. La sua "avanzata" la preoccupa?
"Almeno quanto il crocefisso che uno di queste romantiche ugole d'antan esibiva proprio l'altro ieri fuori dalla maglietta a V, che poi è sempre la solita avvertenza riciclata dell'‘in hoc signo Vinces' del chierichetto avvizzito che va sull'usato sicuro".
Ancora una volta, la campagna elettorale ha rilanciato Silvio Berlusconi. Pensa che gli italiani rivoteranno l'ex premier?
"Certo che lo voteranno, perché non dovrebbero votarlo e perché stupirsene? Ma se nell'imminente conclave ci sarà qualcuno che vota persino il cardinale Mahony che ha coperto i preti pedofili statunitensi!".
E come giudica la campagna elettorale di Bersani e del Partito Democratico?
"Di un tatticismo esasperato ed esasperante degno del 'Cortigiano' di Baldassar Castiglione, linguaggio sublime a parte. In soldoni: nessuno di loro... perché sono propri tanti... ha né l'umiltà del capo né la grandezza del gregario, da qui questa disgregazione suicidale. Chi non sa mettersi a servizio in un momento di nevralgica gravità... prossima a essere tragica in maniera greca... non è poi neppure in grado di mettersi a capotavola qualora pure gli riuscisse".
Ha notato la "trasformazione" di Mario Monti, da leader del "governo dei tecnici" a politico a tutti gli effetti. La sua "evoluzione" convincerà gli italiani?
"Guardi, Monti meriterebbe il voto solo perché ha detto circa un paio di mesi fa che mentre Berlusconi prometteva di eliminare l'Imu, lui stava pensando di raddoppiarla a fine anno. Poi, da un punto di vista culturale e di processo di emancipazione globale del Paese, non mi rappresenta in niente e per niente, ha detto delle cose invero reazionarie sul concetto di famiglia e di diritti civili, cose che starebbero bene in bocca a un Putin o a uno dei suoi nerissimi mignon ortodossi.
Insomma, Monti farebbe meglio a portare un po' di Europa in Italia invece di portare dell'altro Vaticano in Europa. E poi vorrei ricordargli che un Primo Ministro degno di tale carica si commuove ricordando i nipotini solo se sono quelli degli altri che non mangiano a sufficienza o non hanno i soldi per la retta dell'asilo perché i loro genitori sono disoccupati e i loro nonni si sono visti decurtare la pensione di un terzo del suo valore d'acquisto in dieci anni".
Lei ha dedicato il suo ultimo libro al magistrato Antonio Ingroia, ma non ha condiviso la sua scelta di candidarsi. La delusione resta?
"Nessuna delusione in alcun senso, non vedo con qual diritto potrei essere deluso, non ci siamo neppure mai parlati per telefono, non ho investito poi ‘sto granché sulla sua decisione. Non la condivido ma la rispetto.
E' notorio che sto aspettando la seconda ristampa de 'El especialista de Barcelona' per togliere quella dedica. Del resto, lui magistrato non lo è più, non sono io che mi rimangio alcunché. Magari un giorno la ripristinerò senza qualifica, il che significherebbe per lui un trionfo assoluto. Glielo auguro. Certo dovrà meritarsela".
In generale, la cultura trova pochissimo spazio in campagna elettorale: perché ai politici interessa così poco?
"Perché soffrono della sindrome della Bella Fighetta, ‘se scoprono che non sono del tutto un'oca giuliva poi gli uomini non mi vogliono più e le donne sono ancora più invidiose'. A me basterebbe che avessero una solida cultura del lavoro, ma per averla bisogna anche aver lavorato non in politica ma per mettere assieme il pranzo con la cena. Quanto al resto, adesso non esageriamo con le pretese intellettuali e cognitive e di conseguenza etiche dei politici italiani o il popolo degli elettori non vi si riconoscerebbe più".
Mentre l'Italia va al voto, in Vaticano è andato in scena un momento epocale: Papa Ratzinger ha deciso di dimettersi. La sua scelta l'ha colpita?
"Be', ha fatto pur sempre una gran bella carriera se si tiene conto che con lo Sbarco in Normandia sembrava che, aprendosi i cancelli dei campi di concentramento, alla Hitlerjugend si chiudessero in faccia tutte le porte. Ora anche le dimissioni! Come inviarsi da sé un mazzo di baccarat del porpora più divinamente sberluccicante. Un colpo di scena degno di Wanda Osiris".
A luglio, al Ninfeo di Villa Giulia, potrebbe essere lei a venir votato, da candidato al premio Strega con il suo ultimo romanzo, "El especialista de Barcelona" (Dalai Editore), molto apprezzato dalla critica: cosa si aspetta dai giurati, gli Amici della Domenica?
"Del mero buon senso, e cioè che rendendo omaggio al dissoluto e cül alegher genius loci papa Giulio III colgano al volo l'occasione unica... e che mai più si ripresenterà con un capolavoro di pari levatura... e premino finalmente se stessi premiando me. Mi sto già guardando in giro perché per l'occasione non so ancora che scopa mettermi e dove. Ton-sur-ton e va bene, ma ton-sur-ton con che?".
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Messaggio Da ubik Gio 21 Feb - 18:22

Giannino, il Mago Zurlì: “Lui allo Zecchino d’oro? Ma quando mai”
Dopo lo scandalo sui falsi titoli accademici, in dubbio anche la partecipazione di Oscar Giannino al programma canoro per bambini vantata dal giornalista. Il conduttore storico Cino Tortorella dichiara ai microfoni del ‘La Zanzara’ (Radio24): “Ho verificato su un annuario tutti i nomi dei bambini e non c’è nessuno che si chiama così. E non si può presentarsi sotto falso nome”
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Messaggio Da ubik Ven 22 Feb - 20:18

Rassegna Stampa - Pagina 6 Meteorite-abbattuto-sulla-220137
IL METEORITE CHE SI ABBATTUTO SULLA RUSSIA FOTO DI MARAT AKHMETALEYEV
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Messaggio Da ubik Dom 24 Feb - 21:41

"Tutti i giornali sono d’accordo: Grillo ha riempito con i suoi ragazzi la fatidica Piazza San Giovanni. Sono giovani, sono inesperti, sono entusiasti: si torna a vivere. E’ questa l’umanità che ha fatto la storia: quella che si è lanciata nella vita ingenuamente, forte soltanto del proprio entusiasmo, della sicurezza che essere uomini significhi sognare, sperare, amare, godere, gioire, e credere di riuscirci lavorando strenuamente per realizzare il sogno.
Siamo usciti, con questi sognatori, dall’incubo peggiore che gli Italiani si siano mai trovati a sperimentare, malgrado il loro lungo passato pieno di catastrofi: non avere un futuro. Non avere ciò che sostanzia, per ogni uomo, l’idea di futuro: che sarà bello, gioioso, nuovo, diverso, ricco di vita. Può forse il pareggio di bilancio, per quanto lo si prospetti come indispensabile, costituire “Il Futuro”? Può forse la Banca Centrale Europea, per quanti bond italiani sia disposta ad acquistare, vestire i panni della Fata Turchina? Basta, sì basta! Abbiamo assoluto bisogno di tornare a vivere la vita vera, quella che ha sempre reso ricchissimi gli Italiani anche quando erano poveri: la capacità di credere nel futuro, di lavorare per il futuro, nella bellezza della propria terra, nella fiducia del suo “stellone” gioioso e fortunato.
Tutto questo è stato deliberatamente ucciso, seppellito nel mondo lugubre dei sacerdoti del denaro, sordi e ciechi di fronte a qualsiasi cosa che non sia l’accumulo delle proprie monete. Economisti e banchieri si sono impadroniti dell’Europa e hanno scelto l’Italia come centro sperimentale del proprio potere, dove cominciare a sostituirsi ai politici, ormai del tutto succubi e corrotti. Ci sono riusciti con tanta facilità da rimanerne stupiti essi stessi. Forse non avevano immaginato, pur nella loro immensa presunzione, che sarebbe bastato il tintinnio delle monete a farsi addirittura chiamare da politici e capi di stato per governare al loro posto. Nel giro di un anno hanno costretto al suicidio 45 imprenditori. Un risultato davvero di tutto rispetto! L’Italia non è mai stato un paese da suicidio, neanche in tempo di guerra. I membri del governo, però, sono rimasti impassibili. Sono dei “fannulloni” questi italiani, purtroppo: sanno soltanto lamentarsi. Il giorno successivo al suicidio di un imprenditore Mario Monti è andato a consolare, non la famiglia disperata, ma i funzionari di Equitalia: quelli sì che sono dei solerti lavoratori!
La verità è che con la tirannide dei banchieri-politici si è diffusa nell’aria la certezza della loro incancrenita disumanità. L’arido deserto della loro anima è incompatibile con la vita. Hanno ingoiato, distruggendoli, tutti i sentimenti, gli affetti, i valori nei quali gli Italiani hanno creduto, e per i quali hanno lavorato e combattuto fin dall’inizio della loro storia. Tutto è stato azzerato, in nome del bilancio, in nome di una moneta. Perfino la Chiesa si è azzittita. Dopo aver sempre proclamato il primato dello spirito sulla materia, non ha avuto la forza di ribellarsi al primato del dio euro. C’è stato, a Sanremo, il “segno” della morte dell’italianità, un segno che soltanto il pensiero italiano poteva inventare: la deliberata, consapevole cacofonia della canzone Mononota.
Adesso, però, i giovani di Grillo hanno lanciato il grido della speranza: “politici, andate a casa!”. Per prima cosa, dunque, un Presidente della Repubblica che non appartenga ai partiti, che non sia né un economista né un banchiere, che non piaccia ai politici e non sia un fiancheggiatore dei politici, ma che rappresenti davvero gli Italiani, quello per cui tutto il mondo ha sempre apprezzato gli Italiani: l’arte, la poesia, la musica."
Ida Magli
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Messaggio Da ubik Mer 27 Feb - 23:09

Il Movimento 5 stelle ha difeso il sistema
Wu Ming per Internazionale
Adesso che il Movimento 5 stelle sembra aver “fatto il botto” alle elezioni, non crediamo si possa più rinviare una constatazione sull’assenza, sulla mancanza, che il movimento di Grillo e Casaleggio rappresenta e amministra. L’M5s amministra la mancanza di movimenti radicali in Italia. C’è uno spazio vuoto che l’M5S occupa… per mantenerlo vuoto.
Nonostante le apparenze e le retoriche rivoluzionarie, crediamo che negli ultimi anni il Movimento 5 stelle sia stato un efficiente difensore dell’esistente. Una forza che ha fatto da “tappo” e stabilizzato il sistema. È un’affermazione controintuitiva, suona assurda, se si guarda solo all’Italia e, soprattutto, ci si ferma alla prima occhiata. Ma come? Grillo stabilizzante? Proprio lui che vuole “mandare a casa la vecchia politica”? Proprio lui che, dicono tutti, si appresta a essere un fattore di ingovernabilità?
Noi crediamo che negli ultimi anni Grillo, nolente o volente, abbia garantito la tenuta del sistema.
Negli ultimi tre anni, mentre negli altri paesi euromediterranei e in generale in occidente si estendevano e in alcuni casi si radicavano movimenti inequivocabilmente antiausterity e antiliberisti, qui da noi non è successo. Ci sono sì state lotte importanti, ma sono rimaste confinate in territori ristretti oppure sono durate poco. Tanti fuochi di paglia, ma nessuna scintilla ha incendiato la prateria, come invece è accaduto altrove. Niente indignados, da noi; niente #Occupy; niente “primavere” di alcun genere; niente “Je lutte des classes” contro la riforma delle pensioni.
Non abbiamo avuto una piazza Tahrir, non abbiamo avuto una Puerta de Sol, non abbiamo avuto una piazza Syntagma. Non abbiamo combattuto come si è combattuto – e in certi casi tuttora si combatte – altrove. Perché?
I motivi sono diversi, ma oggi vogliamo ipotizzarne uno solo. Forse non è il principale, ma crediamo abbia un certo rilievo.
Da noi, una grossa quota di “indignazione” è stata intercettata e organizzata da Grillo e Casaleggio – due ricchi sessantenni provenienti dalle industrie dell’entertainment e del marketing – in un franchise politico/aziendale con tanto di copyright e trademark, un “movimento” rigidamente controllato e mobilitato da un vertice, che raccatta e ripropone rivendicazioni e parole d’ordine dei movimenti sociali, ma le mescola ad apologie del capitalismo “sano” e a discorsi superficiali incentrati sull’onestà del singolo politico/amministratore, in un programma confusionista dove coesistono proposte liberiste e antiliberiste, centraliste e federaliste, libertarie e forcaiole. Un programma passepartout e “dove prendo prendo”, tipico di un movimento diversivo.
Fateci caso: l’M5s separa il mondo tra un “noi” e un “loro” in modo completamente diverso da quello dei movimenti di cui sopra.
Quando #Occupy ha proposto la separazione tra 1 e 99 per cento della società, si riferiva alla distribuzione della ricchezza, andando dritta al punto della disuguaglianza: l’1 per cento sono i multimilionari. Se lo avesse conosciuto, #Occupy ci avrebbe messo anche Grillo. In Italia, Grillo fa parte dell’1 per cento.
Quando il movimento spagnolo riprende il grido dei cacerolazos argentini “Que se vayan todos!”, non si sta riferendo solo alla “casta”, e non sta implicitamente aggiungendo “Andiamo noi al posto loro”.
Sta rivendicando l’autorganizzazione autogestione sociale: proviamo a fare il più possibile senza di loro, inventiamo nuove forme, nei quartieri, sui posti di lavoro, nelle università. E non sono le fesserie tecnofeticistiche grilline, le montagne di retorica che danno alla luce piccoli roditori tipo le “parlamentarie”: sono pratiche radicali, mettersi insieme per difendere le comunità di esclusi, impedire fisicamente sfratti e pignoramenti eccetera.
Tra quelli che “se ne devono andare”, gli spagnoli includerebbero anche Grillo e Casaleggio (inconcepibile un movimento comandato da un milionario e da un’azienda di pubblicità!), e anche quel Pizzarotti che a Parma da mesi gestisce l’austerity e si rimangia le roboanti promesse elettorali una dopo l’altra.
Ora che il grillismo entra in parlamento, votato come extrema ratio da milioni di persone che giustamente hanno trovato disgustose o comunque irricevibili le altre offerte politiche, termina una fase e ne comincia un’altra. L’unico modo per saper leggere la fase che inizia, è comprendere quale sia stato il ruolo di Grillo e Casaleggio nella fase che termina. Per molti, si sono comportati da incendiari. Per noi, hanno avuto la funzione di pompieri.
Può un movimento nato come diversivo diventare un movimento radicale che punta a questioni cruciali e dirimenti e divide il “noi” dal “loro” lungo le giuste linee di frattura?
Perché accada, deve prima accadere altro. Deve verificarsi un Evento che introduca una discontinuità, una spaccatura (o più spaccature) dentro quel movimento. In parole povere: il grillismo dovrebbe sfuggire alla “cattura” di Grillo. Finora non è successo, ed è difficile che succeda ora. Ma non impossibile. Noi come sempre, “tifiamo rivolta”. Anche dentro il Movimento 5 stelle.
(In risposta ai commenti e alle reazioni provocate da questo articolo, Wu Ming ha pubblicato il 27 febbraio 2013 nel suo sito Giap un post intitolato Perché “tifiamo rivolta” nel Movimento 5 stelle).
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Messaggio Da ubik Mer 27 Feb - 23:20

Perché «tifiamo rivolta» nel Movimento 5 Stelle – di Wu Ming
Mettetevi comodi, vi raccontiamo una storia.
Due giorni fa, durante il pomeriggio dello spoglio elettorale, la rivista Internazionale ci ha chiesto uno o più brevi testi da inserire nel «flusso» della sua diretta web dedicata al voto.
- Volentieri!
- Grazie!
Abbiamo scritto un rapido, sintetico intervento intitolato «Il Movimento 5 Stelle ha difeso il sistema», dove ricapitolavamo e ribadivamo posizioni che i lettori di questo blog conoscono bene. Posizioni che si sono sempre più definite nell’ultimo anno e mezzo, discutendo animatamente con molte persone – compresi gli attivisti del M5S capitati qui sopra – e/o commentando il libro di Giuliano Santoro Un Grillo qualunque. Il Movimento 5 Stelle e il populismo digitale nella crisi dei partiti italiani (Castelvecchi, 2012).
- Alt, mozione d’ordine!
- «Mozione d’ordine»?!
Sì, perché prima di proseguire, è meglio ricordare i post dove si è discusso (non solo, ma prevalentemente) del fenomeno Grillo/«grillismo»/M5S.
Appunti diseguali sulla frase «Né destra né sinistra»
(2 gennaio 2012)
Un Grillo qualunque. Wu Ming 2 intervista Giuliano Santoro
(8 novembre 2012)
Un Grillo qualunque. Audio completo della presentazione bolognese
(6 dicembre 2012)
Consigli per riconoscere la destra sotto qualunque maschera
(20 febbraio 2013)
Intendiamoci, è sempre poca roba rispetto alla mole dei commenti in cui, nel corso degli anni, abbiamo eviscerato la pochezza e l’abiezione del «centrosinistra» (qualcuno ancora ricorda quando definimmo il PD «fossa di scolo di ogni vergogna»), comunque sono quattro post belli densi, che hanno scatenato dibattiti pieni di esempi, link, precedenti storici, casi di studio, testimonianze etc.

1. «Sì, ma voi chi cazzo siete?»

Giusto, è necessario un chiarimento per chi non ci conosce e magari viene su Giap oggi per la prima volta. Dove siamo «situati», noialtri? Da dove scriviamo e prendiamo posizione?
Noi – semplificando per essere chiari e diretti – siamo di sinistra, apparteniamo da sempre a una sinistra sociale diffusa, una sinistra «dei movimenti», tendenzialmente extraistituzionale.
Come ha scritto Antonio Caronia, mentre il più delle volte la destra presenta il proprio racconto del mondo come giusto in quanto «neutro», rappresentativo di una totalità indifferenziata (che sia la nazione o altro) al di sopra degli interessi e delle fazioni, la sinistra (e più radicale è, più chiaramente lo fa) rivendica il suo approccio partigiano, lo dichiara, a volte in modo discreto, a volte più orgoglioso ed esibito, ma quasi sempre (lasciatemelo dire) onesto. La sinistra dice «non esiste un punto di vista neutro, oggettivo, equidistante, disinteressato, universale – neanche nelle questioni della cultura e dell’arte. Chi parla lo fa sempre da un luogo preciso, da un corpo preciso, da un nodo della storia, da un insieme di interessi di cui è portatore, dall’interno di una classe sociale, di un sesso o di un genere. Il discorso è sempre un discorso storicamente e socialmente determinato. E sta all’analisi critica smascherare il falso universalismo di cui – a volte – i discorsi si ammantano e si travestono, per portare sotto gli occhi di tutti “di che lacrime grondi e di che sangue” anche la più innocente apologia dell’esistente.»
Non potremmo essere più d’accordo, è la stessa distinzione destra-sinistra da cui partiamo noi, pari pari. Il discrimine è proprio il falso universalismo. Qualche giorno fa abbiamo anche ricapitolato come la pensiamo su questo in 8 punti numerati (come mai otto? Beh, perché ne sono venuti fuori otto). Li riproponiamo qui sotto, a fine post.
Ecco, noi scriviamo da un nodo della storia preciso. Abbiamo preso parte, e tuttora prendiamo parte, a lotte per gli spazi sociali; abbiamo scarpinato contro diverse guerre imperialistiche, dalla prima guerra nel Golfo in avanti; da precari abbiamo lottato sui nostri luoghi di lavoro; ci siamo battuti contro il razzismo e per i diritti dei migranti, contro i CPT / CIE, anche partecipando ad azioni dirette; abbiamo fatto cortei contro privatizzazioni e tagli al welfare; abbiamo manifestato a Praga nel 2000 contro il Fondo Monetario Internazionale, a Québec nel 2001 contro l’approvazione dell’ALCA, e un mese dopo abbiamo partecipato alla «Marcia della dignità» zapatista dal Chiapas a Città del Messico. Al G8 di Genova eravamo dietro la prima fila di scudi quand’è partita la carica di via Tolemaide.
Soprattutto, da anni cerchiamo di portare avanti una battaglia culturale contro le narrazioni del potere capitalistico. Lo facciamo coi nostri libri, nei numerosi incontri coi lettori, e gestendo questo blog che prima era una newsletter. Ci siamo sucati sconfitte, scazzi, frustrazioni e manganellate, ma abbiamo anche fatto più volte l’esperienza di sentirci in fusione con la comunità estesa e informale di un movimento che monta.
La nostra critica alle ambiguità del «grillismo» (inteso come struttura organizzativa e comunicativa, e soprattutto come orizzonte di discorso), alla sua natura di movimento «diversivo», è situata in tutto questo. E’ figlia di una lunga prassi, e di un approccio onestamente partigiano.

2. Con chi non ce l’abbiamo

Siamo convinti che il grillismo sia fondamentalmente un’ideologia e un racconto del mondo di destra, proprio nel senso che dicevamo sopra. I motivi per cui ne siamo convinti, e gli esempi che abbiamo fatto, sono tanti. Per noi il discorso di Grillo/Casaleggio è un mix di vari populismi e miti interclassisti, con fortissimi elementi di liberismo e addirittura di ideologia da destra «anarcocapitalista» statunitense (non a caso un esponente di punta del M5S, Vittorio Bertola, proprio qui su Giap ha dichiarato: «Mi piace Ron Paul»). Su alcune tematiche, come quella dell’immigrazione, tanto dal blog di Grillo quanto da certi meandri del suo moVimento sono partiti enunciati addirittura criptofascisti. Chi vuole potrà approfondire seguendo i link sopra.
Il fatto che il programma del M5S elenchi molti punti che sollecitano provvedimenti normalmente considerati «di sinistra» non solo non inficia le nostre conclusioni, ma è stato una delle premesse del dibattito. Anche le considerazioni specifiche sul programma le trovate nelle discussioni di cui sopra.
Il paradosso è che il M5S ha molti attivisti e moltissimi elettori (andando a spanne in base alle percentuali dei sondaggi, non meno di tre milioni) che vengono da sinistra e tuttora si considerano di sinistra.
Abbiamo più volte detto di capire queste persone, abbiamo dichiarato che se vedono in quel movimento un’alternativa da provare «la colpa di questo è delle sinistre, che fanno di tutto per risultare invotabili».
Anche nell’ormai famigerato pezzo pubblicato sul sito di Internazionale abbiamo scritto che milioni di persone hanno votato M5S come extrema ratio perché (rimarchiamo l’avverbio usando il corsivo) «giustamente hanno trovato disgustose o comunque irricevibili le altre offerte politiche».
Le alternative «a sinistra» (e nel caso del PD si fa davvero per dire…) sono state giudicate odiose oppure irrilevanti. Per citare un nostro tweet dell’altro giorno, «il centrosinistra è il nulla coalizzato per gestire nel grigiore un presente intollerabile. Così è stato percepito, così è stato trattato».
Ergo, non è con chi ha votato M5S che ce l’abbiamo.
Non ce l’abbiamo nemmeno con la maggioranza degli attivisti: fin dalla primissima discussione sull’argomento, ci siamo auspicati che le energie convogliate dal dispositivo grillino sfuggissero a quella «cattura» e si verificassero spaccature liberanti. E’ tutto nero su bianco (non proprio: su Giap il font è di colore blu scuro).

3. Perché l’Italia non ha avuto movimenti come Occupy o il «15 de Mayo» spagnolo?

Nel pezzo per Internazionale abbiamo ribadito quanto appena detto, in forma il più possibile contratta perché ci era stato richiesto un intervento breve.
Tuttavia, il focus dell’articolo era più specifico, stava in una constatazione fatta più volte da noi e, soprattutto, da Giuliano Santoro nel suo libro, ovvero: il grillismo ha occupato con un discorso diversivo (contro la «Kasta» invece che contro le politiche liberiste, contro la disonestà degli amministratori anziché contro le basi strutturali di un sistema che mostra la corda in tutto l’occidente, per l’efficientismo «meritocratico» etc.) lo spazio che in altri paesi europei è occupato da movimenti nitidamente anti-austerity, quando non esplicitamente anticapitalistici.
Santoro scrive un’altra cosa interessante correlata a questo: nel discorso grillino gli altri movimenti non esistono. Quando il M5s partecipa a una lotta avviata da altri, Grillo tende a descrivere quella lotta come se fosse patrimonio esclusivo cinque stelle, e la sua descrizione diviene ben presto quella di prammatica: Noi abbiamo usato i nostri corpi per fermare il TAV, noi abbiamo fermato il ponte sullo Stretto, noi abbiamo vinto i referendum per l’acqua etc. In qusto modo, negli anni, Grillo ha «messo il cappello» o provato a mettere il cappello su quasi tutte le mobilitazioni e rivendicazioni dei movimenti sociali in Italia. Ma qui ci dilungheremmo troppo, leggete il libro.
Su Giap ci siamo più volte chiesti perché in Italia non siano nati movimenti radicali e dritti-al-punto come quelli che negli ultimi tre anni si sono manifestati in Grecia, in Spagna, sull’altra sponda del Mediterraneo, negli Stati Uniti, in Francia contro la riforma delle pensioni e, negli ultimi mesi, persino nella piccola Slovenia.
Uno dei motivi principali, sui quali abbiamo più volte insistito, è, per quanto possa sembrare strano di primo acchito, l’antiberlusconismo, ovvero l’interpretazione destoricizzata (e quindi «berluscocentrica») dello sfascio italiano.
A partire dal ’94 quest’interpretazione si è diffusa a macchia d’olio nella sinistra, facendo scambiare l’effetto (l’avvento di Berlusconi) per le cause, che invece risiedono nella sconfitta dei movimenti di emancipazione degli anni ’60-’70, con conseguente toga party reazionario, vero e proprio festival trentennale di controriforme, privatizzazioni, concentrazioni di potere, corruzione, riduzione dei partiti a cosche mafiose etc. Berlusconi è figlio di quella temperie. Di più: è l’antropomorfosi degli anni Ottanta, guardi lui e vedi gli anni Ottanta. Ma non te ne accorgi, perché credi che dei mali d’Italia abbia colpa principalmente lui.
Berlusconi non è una causa, ma una conseguenza. Aver concentrato tutta l’attenzione su di lui e sulle sue malefatte ha disarmato concettualmente la sinistra e i movimenti, impedendo di aggredire i nodi di fondo che generano i Berlusconi. Questo ha causato gravi danni, oltre ad aver regalato una «luna di miele» al governo Monti, per il solo fatto che a Palazzo Chigi non c’era più Lui.
Intendiamoci: non che la sinistra «ufficiale» avesse granché bisogno di essere disarmata; si stava già disarmando da sola, in un lungo processo di capitolazione culturale – diremmo addirittura antropologica – iniziato già negli anni Settanta.
Abbiamo anche indicato altre possibili cause. Una di quelle «di breve corso», cioè recenti, è proprio la comparsa del Movimento 5 Stelle.
Il Movimento 5 Stelle che ha inquadrato le energie potenziali in una cornice di discorso che riteniamo ambigua e fondamentalmente di destra, oltreché dentro un’organizzazione settario-aziendale sulla quale si è appena iniziato a fare inchiesta.
Come abbiamo scritto su Internazionale, il grillismo non è la causa principale dell’assenza di movimenti radicali, ma crediamo abbia un certo rilievo. Come minimo, è una conseguenza che retroagisce pesantemente sulle cause, aggravandole.
Non solo: la «cattura» grillina ha retroagito su una condizione di debolezza, marginalità e riflusso del movimento altermondialista (quello frettolosamente etichettato «no global»), che a partire dal 2002-2003 aveva subito tutti i possibili contraccolpi e «aftershock» della batosta genovese. Il M5S, appropriandosi di parte dei discorsi altermondialisti e proponendoli in un’altra chiave, ha dato il colpo di grazia a quell’ambito già sfiancato e deperito.

4. «Occupy? Acampadas? Ma di che andate blaterando?»

Terminata la diretta web, Internazionale ha ripubblicato il nostro testo come articolo sul suo sito. Apriti cielo! In calce, scariche di insulti, basta con gli intellettuali, siete finiti, andate a lavorare, la sinistra è morta, mi avete deluso, siete servi etc.
Questi commenti, il cui flusso continua anche mentre scriviamo, vanno presi in esame, perché sono molto interessanti, a partire da come viene interpretato il titolo: molti pensano che secondo noi il M5S abbia difeso il sistema l’altro ieri (il giorno delle elezioni) e dicono: è troppo presto per parlare.
Solo che il nostro è uno sguardo retrospettivo, su una fase che con le elezioni dell’altro giorno è terminata. E’ almeno dal primo VDay che il grillismo funziona da apparato di cattura delle istanze degli altri movimenti. Ora, come abbiamo scritto, inizia una fase nuova e piena di incognite.
Un’altra osservazione che viene da fare è che quei commenti non sembrano affatto scritti da lettori di Internazionale, nonostante molte comincino con frasi sulla falsariga: «Che delusione voi di Internazionale, ho sempre apprezzato etc. etc. ma con questo articolo scritto da idioti etc. etc.»
Se ci si dà la pena di leggerli tutti, si capisce che si tratta in larga parte dello stesso commento, della stessa argomentazione ripetuta in serie con poche variazioni, quasi si fosse compilato un modulo (non diciamo che sia accaduto questo, diciamo che l’effetto è quello), da parte di persone che con tutta evidenza non sanno niente dei movimenti europei e americani che abbiamo citato.
Quel che è accaduto e accade in Spagna è sistematicamente ridotto a violenza di strada e… vetrine rotte. Niente dimensione di massa delle acampadas, niente comitati popolari contro i pignoramenti di case, niente sperimentazione di controsocietà e democrazia diretta (radicalmente praticata, non soltanto evocata in modo feticistico), niente organizzazione dal basso di scioperi generali, niente.
Idem per la Grecia: niente fabbriche gestite dai lavoratori etc. Diversi fanno tutto un fascio tra movimento antiausterity greco e neonazisti, forse perché Grillo, loro unica fonte, ha più volte nominato Alba dorata ma non ha mai parlato di Syriza o degli anarchici.
Anche la conoscenza di #Occupy è pari a zero.
Sono cose che noi abbiamo dato per scontate per due motivi:
1) perchè il nostro era un intervento estemporaneo dentro una diretta elettorale via web;
2) perché Internazionale negli ultimi due anni ha pubblicato diversi articoli di approfondimento su quelle lotte.
Ma quei commentatori non ne sanno nulla. L’immagine che hanno in testa è tutta nostrana, è Roma il 15 ottobre 2011, che probabilmente conoscono solo tramite le narrazioni delatorie che giravano su Facebook nei giorni successivi.
Il pattern/pateracchiern è questo:
«Questi intellettuali radical-chic con la penna in mano e il culo sulla sedia hanno rotto il cazzo, con i loro centri sociali e la loro sinistra che ormai è morta e il loro amico Scalfari [?]. Invece di un grande movimento che arriva in parlamento e cambia la democrazia, preferivano qualche vetrina rotta e i nazisti come in Grecia?? . Questi vogliono una qualche poltrona [?] ma è finita per quelli come loro, ci vuole lo psichiatra» etc. etc.

5. Sull’espressione di destra «intellettuali radical-chic»

Lasciamo perdere le origini del termine «radical-chic», inventato dallo scrittore conservatore Tom Wolfe per irridere gli artisti di sinistra – su tutti Leonard Bernstein - che raccoglievano fondi per le spese processuali delle Pantere Nere. Oggi «intellettuali radical-chic» è l’espressione stereotipata per dire che chiunque svolga un ragionamento complesso non fa parte del «Popolo», fa perdere tempo prezioso al «Popolo», annoia il «Popolo», perché il «Popolo» – per definizione – «non capisce le vostre seghe mentali!»
Il sottotesto è che un intellettuale possa solo essere un benestante staccato dal mondo. Che figli di proletari abbiano sviluppato la passione per la cultura e lo spirito critico grazie agli sforzi delle loro famiglie e poi abbiano lavorato per pagarsi gli studi non è uno scenario contemplato, come non è contemplato che un intellettuale possa essere un precario. Questo dopo vent’anni di discorsi sul «cognitariato» fatti anche da pensatori di movimento che oggi votano Grillo. Discorsi che evidentemente hanno lasciato il tempo che avevano trovato, e sono stati messi in soffitta.
Questi elementi di complessità non possono essere introdotti, perché incompatibili con la narrazione del Popolo «uno e indivisibile» che rappresenta in blocco la «società onesta» e si oppone ai «politici», alla «casta», ai «ladri» (che evidentemente non fanno parte del Popolo, chissà da dove sbucano!).
Perché questa narrazione rimanga in piedi, ogni nemico dev’essere esterno all’immagine di popolo che il movimento diversivo propaganda.
Ergo: niente contraddizioni di classe, niente interessi contrapposti, niente scontri dentro il Popolo.
Ergo, chiunque esprima una critica minimamente articolata è un «intellettuale radical-chic».
Ancora: nonostante nell’articolo si dicesse esplicitamente che il M5S non è la causa principale dell’assenza di movimenti radicali (ma, essendo quello l’argomento, di quello avremmo parlato); che chi lo ha votato lo ha fatto come extrema ratio perché ha riconosciuto le altre proposte come orribili e, infine, che noi «tifiamo rivolta» dentro il M5S (cioè ci auguriamo che le energie convogliate da Grillo trovino altri sbocchi, cosa difficile ma non impossibile), il riassuntino frequente dell’articolo è stato: «Questo signor Ming dice che i milioni di persone che hanno votato M5S sono decerebrati ed è solo colpa loro se in Italia non ci sono movimenti!»
Anche questo è riconducibile al frame di destra: se viene espressa una critica al M5S che distingue (la base dal vertice, gli elettori dal capo politico, una causa dalle altre, una motivazione per il voto dall’altra, una destra da una sinistra), va subito «schiacciata» (nel senso di schiacciare una prospettiva, in modo da ammucchiare i diversi elementi di un’inquadratura) affinché tali distinzioni scompaiano, perché il Popolo è indiviso, non ha classi ed è animato da un’unica volontà di cambiamento etc. etc.

6. Ma davvero, noi chi cazzo siamo?

La cosa più interessante da analizzare è il fatto stesso che questi commenti vengano scritti.
Nemmeno adesso che hanno stravinto e dovrebbero sentirsi fortissimi i troll/propagandisti tollerano la minima critica. Perché?
In fondo, se sul M5S avremo torto, a smentirci saranno i fatti e faremo una figura di merda. Inoltre, noi siamo irrilevanti. Che minaccia possono mai costituire, di fronte a una potenza mediatico-politica da nove milioni di voti, le parole di quattro scrittori precari, mezzi ammazzati dalla crisi (e che a dire il vero, anche quando le cose andavano benino, non contavano nulla perchè in Italia non si legge e la letteratura non conta nulla)?
Per giunta, quattro scrittori che vengono da un mondo, quello dei movimenti radicali e delle controculture, che in Italia tutti dichiarano morto e sepolto?
Che danno possiamo mai arrecare, dalla nostra “Zattera della Medusa”, alla corazzata di Grillo?
Come mai, anche il giorno dopo la festa, tutto quest’astio, questa voglia di accerchiamento, questi attacchi a «intellettuali» che, a detta degli stessi che li attaccano, «non spostano un cazzo» (cosa tristemente vera)?
Viene da pensare che simili reazioni servano soprattutto a placare un’ansia, a rassicurare se stessi e la tribù. Forse dietro il successo del M5S c’è più incertezza e debolezza di quella che traspare, e anche un intervento estemporaneo da una posizione marginale può gettarci sopra un piccolo fascio di luce, che va subito offuscato alzando un polverone.
Insomma, sicuramente «noi siamo gli ultimi di un mondo», ma forse quel mondo tormenta la cattiva coscienza di qualcuno e… va ucciso anche da morto.

7. You can’t have it both ways, comrades

Che significa, nel concreto, «tifare rivolta» dentro il M5S?
Significa dire: smettete di fingervi un monolite, riconoscete che dentro il «moVimento» ci sono contraddizioni, tensioni divergenti, anche interessi contrapposti.
Ad esempio, smettetela di mettere sotto il tappeto la polvere delle espulsioni avvenute in giro per l’Italia, i casi sono troppo numerosi perché la colpa fosse sempre degli espulsi.
E’ inevitabile che vi siano contraddizioni nel M5S, vista l’estrema contraddittorietà del discorso e del programma: liberismo e «beni comuni», «meritocrazia» e «reddito di cittadinanza», pulsioni libertarie e pulsioni forcaiole, afflato universalistico e invettive contro i migranti che insidiano le nostre donne (si veda l’infame comunicato del M5S di Pontedera) o i romeni che «sconsacrano i confini della patria» (questo è Grillo in persona, o chi gli scrive i post), democrazia «liquida» e uso verticale della rete, retorica dell’apertura e controllo rigido del trademark, un «capo politico» che non è stato eletto ma è presidente de facto di entrambi i gruppi parlamentari… Su qualunque punto nevralgico si posi il dito, si tocca una contraddizione destinata ad acuirsi, perché una contraddizione può essere rimossa per qualche tempo ma non per sempre.
Quale delle due strade imboccherà il M5S dopo il suo boom nazionale, che inevitabilmente porta a maggiori responsabilità anche nelle città, sui territori?
Se prevarrà l’impostazione liberista e «anarco-capitalista» (richiesta di abolire tout court i sindacati, tagli per espellere dalla macchina dello stato i «parassiti», privatizzazioni etc.), di fatto il M5S si inserirà senza troppi scossoni nel solco dell’austerity. Sta già applicando l’austerity nelle amministrazioni locali che governa, in primis a Parma. Senz’altro, questo decorso se lo auspicano quei settori di Confindustria che negli ultimi tempi hanno pronunciato mezzi endorsement o comunque rivolto sorrisi al moVimento.
Del resto, i precedenti storici parlano di altri programmi che contenevano tutto e il contrario di tutto. Chi li sventolava si è sempre piegato, presto o tardi, alla difesa dell’esistente. Di programmi così – si veda quello di San Sepolcro del primo fascismo, 1919 – in poco tempo resta solo la retorica, mentre la sostanza dei punti più «sovversivi» viene sacrificata.
[Una precisazione per gli stupidi, visto che sul web si sono lette concioni scandalizzate: il programma di San Sepolcro non lo abbiamo citato per dire che il M5S è una riproposizione tale e quale del fascismo storico, ma come esempio di programma «né-né», dove-prendo-prendo e passepartout.]
Se invece prevarranno le rivendicazioni più «sociali» e «di sinistra», lo scenario è meno prevedibile. Quel che è certo è che le contraddizioni si acuiranno. Finora, Grillo è stato il garante simbolico e Casaleggio l’amministratore reale della compresenza di questo e di quello. Ora che si tratta di scegliere, per quanto tempo ancora riusciranno a esercitare quei ruoli?
Agli attivisti del M5S, anche ai compagni che si sono riposizionati nel M5S, noi diciamo questo: o si sceglie l’anarcocapitalismo (tendenza che per sua natura porta a chiedere la privatizzazione di tutto e la distruzione del welfare) o si sceglie la difesa dei beni comuni, il reddito garantito etc. Tertium non datur.
Qualunque tentativo di tenere insieme le due cose è destinato a naufragare. Non basta dirsi «non più di sinistra» o «né di destra né di sinistra» per occultare le faglie che, anche non viste, continuano a produrre movimenti tellurici nel fondo della società. Non è gettando nella spazzatura il sismografo (presuntamente) obsoleto che si evitano i terremoti.
Per fare un esempio, cosa ne pensano i grillini del cancro della «sussidiarietà» che sui territori, pur conservando un’apparenza di «pubblico», sta di fatto divorando e privatizzando tutti i servizi sociali?
Dovrete scegliere. A imporvelo saranno le lotte stesse a cui state prendendo parte, a cominciare dai referendum contro i finanziamenti pubblici alle scuole private. Bologna sarà, almeno a rigore di calendario, uno dei primi campi di battaglia (si veda qui e qui). E’ bello che vi dichiariate per la difesa della scuola pubblica. E’ un vero peccato, però, che tale difesa faccia a pugni con lo spirito liberista che plasma molti altri punti del vostro programma. Chissà se questo è un primo nodo che presto verrà al pettine. In ogni caso, noi tifiamo rivolta, e voi?


***
Appendice: otto (ap)punti sulla distinzione destra-sinistra [tratti da questa discussione]

1. «Destra» e «sinistra» sono due metafore spaziali convenzionali, derivate dalla disposizione dei posti alla Convenzione rivoluzionaria del 1789;
2. le due metafore da tempo hanno trasceso il loro significato letterale e sono arrivate a indicare due polarità entro le quali oscillano il discorso e l’agire politico e sociale;
3. in corrispondenza di queste polarità troviamo due schemi mentali di base, basati su due frame narrativi profondi che abbiamo descritto idealtipicamente (nella realtà tutto è più spurio);
4. a differenziare questi schemi mentali è l’approccio verso il conflitto sociale: per la sinistra è intrinseco al corpo sociale, per la destra è estrinseco; per la sinistra è parte ineludibile del funzionamento della società, per la destra ne è una «perturbazione», una stortura;
5. di conseguenza, nella narrazione «di sinistra» si individua il nemico all’interno delle relazioni sociali esistenti, mentre in quella «di destra» si nega di essere inevitabilmente in relazione col nemico e quindi lo si individua in base a una misteriosa «essenza» inassimilabile: il nemico è diverso, è il portatore della perturbazione di cui sopra.
6. solo dopo tutto questo si può parlare di schieramenti politici, perché gli schieramenti politici si formano su queste basi; non è nemmeno detto che si formino, e non per questo scomparirebbero le due polarità del discorso appena descritte; semplicemente, non troverebbero rappresentanza politica, o ne troverebbero pochissima (è quello che accade da anni alla mentalità «di sinistra» in Europa e negli USA).
7. E’ un grave errore confondere la crisi degli schieramenti politici corrispondenti alle due metafore spaziali «destra» e «sinistra» con la fine delle due polarità di discorso e dei due approcci al conflitto che le metafore indicano; quelle polarità continueranno a esistere, quegli schemi mentali continueranno a perpetuarsi e scontrarsi, perché sono radicati nelle contraddizioni del sistema in cui viviamo.
8. Il discorso che abbiamo appena fatto non c’entra nulla con ipersemplificazioni e banalizzazioni come «chi odia è di destra», «chi individua un nemico è di destra», quindi non vale nulla obiettare che anche «a sinistra» si odia e anche «a sinistra» si individuano nemici; è un’ovvietà. La differenza sta nel perché il nemico è individuato come tale, e in base a quali contraddizioni.
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Messaggio Da ubik Mer 27 Feb - 23:28

Rassegna Stampa - Pagina 6 Wm_q per chi fosse interessato Q è uno dei romanzi di Wu Ming (pubblicato con lo pseudonimo Luther Blissett) che io ho letto e che ho trovato uno dei migliori mai letti
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Messaggio Da anna Lun 4 Mar - 23:44

Brucia la città della Scienza a Napoli QUI

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Messaggio Da anna Gio 7 Mar - 22:00

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Messaggio Da ubik Sab 9 Mar - 1:06

Siamo diventati “consumatori difettosi”. Che non riescono più ad acquistare con il ritmo che richiede un’economia basata sul consumo. Il sociologo polacco ha un’opinione precisa su come uscire da questa situazione di stallo. Che parte da una semplice osservazione. Riscoprire la nostra vera identità. La società è complessa, globalizzata. Negli ultimi 50 anni tutto ha subito una profonda trasformazione dal lavoro alla politica, all’amore. Non ci sono certezze, solo trasformazioni continue. Tutto viene e va molto velocemente, dagli ideali, agli oggetti. Tutto sembra avere una data di scadenza. Perché, come ci dice Zygmut Bauman, sociologo e filosofo polacco di fama mondiale, siamo passati da una società di produttori a una società di consumatori. E se il consumatore non ce la fa più a fare il suo dovere, ecco che siamo di fronte a una società di “consumatori difettosi”. E questo porta Bauman a riflettere sulla necessità ormai di cambiare le nostra vite, come nell’ultimo libro Vite che non possiamo permetterci. Conversazioni con Citlali Rovirosa-Madrazo (Laterza Editore, 240 pag.)
Lucido e acuto osservatore della società contemporanea, a lui si deve la definizione della “modernità liquida”. La società liquida vive nella costante incertezza perché gli uomini si sono trasformati da produttori a consumatori. Come scrive nel saggio Il disagio della postmodernità: «oggi, il “principio di realtà” deve difendersi davanti al tribunale presieduto dal “principio di piacere”. La coazione e la rinuncia forzata non appaiono più alla gente una spiacevole necessità da accettare con umiltà, ma vengono piuttosto sentite come un’infondata aggressione alla sovrana libertà dell’individuo». Se l’idea di solidità ha caratterizzato il passato, noi oggi possiamo vivere soltanto una vita liquida, a meno di fare uso di regole morali che ci aiutino a ritrovare un’identità anche al di fuori delle merci.
Nella sue analisi sulla società stupisce l’agilità con cui analizza i sistemi complessi che regolano l’economia, la politica e i piccoli, ma non meno importanti, dettagli che la caratterizzano. Nella ricca bibliografia da lui prodotta si trovano profonde analisi sui regimi totalitari, libertà, democrazia, guerre, capitalismo, ma anche letture originali sul successo che hanno trasmissioni televisive come le soap-opera, Il grande fratello o la posta del cuore nei settimanali.
Da qualcuno è considerato un pessimista, perché ritiene che «l’insicurezza nella nostra società resterà, qualunque cosa accada». All’opposto qualcuno lo ritiene un ottimista perché solo attraverso l’accettazione della realtà, e quindi dell’incertezza, si potrà vivere una vita più aperta al futuro.
Professore, come si può avere fiducia, se nella nostra società si vive in una perenne incertezza?
Dovunque tengo conferenze, inevitabilmente, mi si rivolge la domanda: «signor Bauman, perché lei è così pessimista?», ad eccezione dell’Europa dove invece mi chiedono: «perché lei è così ottimista?». Io rispondo loro che non sono né ottimista, né pessimista. Perché credo che la differenza sia che l’ottimista dice: «il nostro mondo è il migliore possibile.», mentre il pessimista sospetta e dice: «chi lo sa? Forse, l’ottimista ha ragione». In fondo, per me è la stessa cosa. L’idea è che, e non è una classificazione esaustiva degli esseri umani, ci sia una terza categoria, che è quella dell’uomo che spera. Né ottimista, né pessimista, molto sobrio, sa che cosa è giusto, sa che cosa è sbagliato, ma continua a sperare.
Può farci un esempio?
L’esempio che voglio portare è del dissidente cecoslovacco Vaclav Havel. Che riuscì ad opporsi da solo, durante il regime, al peggiore tra gli schieramenti comunisti nonostante non avesse armi, grandi unità militari e nonostante il divieto di apparire in televisione, che come sappiamo oggi è un mezzo di comunicazione di grande potere. Havel non aveva nessuna di quelle che sono considerate armi indispensabili per cambiare il mondo.
Eppure Havel ci è riuscito, con quali armi?
Ne aveva tre. Primo, il coraggio, perché è andato per più di venti anni avanti e indietro dal carcere. E’ stato perseguitato e ci vuole coraggio per non arrendersi. Il 90% dei cecoslovacchi era contro di lui o lo ignorava, ma lui non cambiava idea.
Secondo, la tenacia, perché non dava retta alle statistiche. Se gli erano contro le ignorava.
Terzo, la speranza, perché diceva sempre che la speranza è immortale non la puoi uccidere, puoi uccidere qualsiasi cosa, ma non la speranza. Avere speranza è fondamentale.
Coraggio, tenacia e speranza non sono alla portata di tutti?
Sono qualità umane molto normali, popolari, comuni. Ognuno di noi ha una certa dose di coraggio, non tanto, ma un po’. Ognuno di noi mostra una certa tenacia in alcune circostanze. E tutti speriamo sempre che qualcosa possa cambiare. In una certa misura queste sono armi che tutti possiedono. L’unico problema è che, a differenza di Vaclav Havel, la maggior parte di noi non le utilizza spesso. Le abbiamo, non dobbiamo andarle a comprare in un negozio e non dobbiamo neanche produrle, sono lì che aspettano di essere usate, ma raramente lo facciamo. Quindi la mia risposta è la mia speranza. Non conto su grandi eserciti, grandi fabbriche o grandi governi. Conto sul coraggio, la tenacia e la speranza degli esseri umani.
E cosa possiamo fare per cambiare e migliorare la nostra società?
Le cose sono collegate, non credo sia una domanda diversa. Perché quando lei chiede che cosa possiamo fare, chi può farlo, allora la domanda: «che cosa si può fare per stimolare il cambiamento?» deve diventare «che cosa puoi fare tu?». Perché stiamo parlando di umanità, di nazioni, comunità, ma tutte si compongono di individui. E a meno che noi, io e lei, non facciamo qualcosa, la comunità non farà nulla. Una cosa che l’individuo può fare è integrarsi nella comunità, stare gomito a gomito, partecipare allo sforzo. So che sarebbe molto più bello dare una risposta semplice a una domanda complessa, ma non credo che le risposte semplici rendano gli interrogativi meno complessi, al contrario li rendono ancora più complicati.
Ma tutti hanno sempre più paura di impegnarsi…
A noi piace pensare di essere razionali. La solitudine dei giorni nostri è causata anche dalla incapacità che molte persone hanno di pianificare il futuro. Hanno paura di impegnarsi, perché se poi sopraggiungono nuove opportunità, l’impegno preso impedisce di essere liberi e trarre vantaggio dalle novità.
Come ha scritto, quindi, l’unico acquisto non deteriorabile che ci rimane è l’insicurezza endemica?
Noi viviamo nella società dei consumi, dove vige la regola che impone di mantenere sempre vivi i desideri, perché soddisfare il cliente sarebbe un vero disastro. Ad esempio, se ci si ritiene soddisfatti del cellulare comprato tre o quattro prima, indifferenti ai nuovi gadget e modelli, sarebbe la fine della nostra economia basata sul consumo. Questo tipo di economia fa finta di soddisfare le nostre esigenze, i nostri desideri, in realtà fa esattamente l’opposto, li gonfia. Dobbiamo desiderare sempre di più e per desiderare sempre di più dobbiamo stufarci presto di quello che abbiamo, le nuove cose squalificano quelle vecchie.
Desideriamo anche sempre più amici, relazioni, amori…
Una persona mi ha detto, con orgoglio, che è diventata amica di 500 persone in un giorno. Ho compiuto 85 anni e posso dire che non ho mai avuto 500 amici in tutta la mia vita, figuriamoci in un giorno. Certamente senza internet, senza Facebook, senza Myspace questo sarebbe impensabile. La sensazione di essere circondati da amici è confortante, e questo sarebbe impossibile senza la rete e i suoi mezzi, ma ripensando all’ episodio di questo giovane penso che parlando di amicizia intendessimo due cose diverse.
Per i giovani nati e cresciuti nella società dei consumi è difficile capire la differenza tra amici veri e amici virtuali?
Questo è un periodo molto difficile, se sei cresciuto nella società dei consumi, perché pensi che in fondo non valga la pena di riparare un vecchio oggetto, che non è più di moda e che richiede sforzo, tempo e soldi. In ogni caso non sarà mai quello dell’inizio, così la società dei consumi consiglia di ritornare al negozio e trovare un nuovo gadget, migliore, che non dia problemi, che non necessiti di riparazioni e che ti dia la possibilità di divertirti ancora. Quest’atteggiamento, magari razionale se si tratta di computer, cellulari, automobili, se applicato al partner o agli amici è semplicemente disastroso. Ci si toglie la possibilità di scoprire e apprezzare, dando tempo alle relazioni di crescere, il loro spessore.
Anche l’amore è liquido quindi …
La sensazione, nei momenti difficili o in cui bisogna prendere delle decisioni importanti, che ci sia un amico a cui rivolgersi non esiste più, quando le relazioni sono vissute su internet. Tutti i benefici dell’amore “di una volta” non ci sono più. Si vive tutto con molto clamore e molto turbamento, ma quello che resta è davvero poco. Infatti, se anche i rapporti interpersonali sono vissuti come se fossero prodotti che prediligono soluzioni rapide, soddisfazioni immediate e risultati senza fatica, tutto diventa un circolo vizioso da cui non si sa come uscire. Questo atteggiamento impedisce che l’inizio abbia una continuazione. Credo che alcune persone amino cambiare di continuo, entrare e uscire, surfare come si dice. Ma se non smetti di cambiare non avrai mai la possibilità di capire cosa c’è sotto, cosa ti stai perdendo. Bisogna lavorarci e tornare alla qualità delle relazioni. Non ho nessun argomento scientifico per convincere che questo atteggiamento è sbagliato. Non voglio farne un concetto assoluto, è una scelta.

Zygmunt Bauman: quest’economia ci consuma. (Informazione Libera)
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Messaggio Da anna Dom 10 Mar - 18:20

Rassegna Stampa - Pagina 6 197349 mi è finito il credito
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Messaggio Da anna Mar 12 Mar - 15:04

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Messaggio Da anna Mer 13 Mar - 20:19

Il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio è il nuovo Papa, Francesco I.
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