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Uomini e donne ai margini. Storie di poco conto.

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Uomini e donne ai margini. Storie di poco conto. Empty Uomini e donne ai margini. Storie di poco conto.

Messaggio Da Lucy Gordon Lun 21 Mar - 23:12



Storie ai margini, ma di cui ci sarebbe molto da discutere.
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Uomini e donne ai margini. Storie di poco conto. Empty Re: Uomini e donne ai margini. Storie di poco conto.

Messaggio Da Lucy Gordon Lun 21 Mar - 23:13

La violenza del sistema. La violenza su se stessa.

Una donna che si è arresa.

dal blog di Beppe Grillo.


"Caro Beppe,
stasera nella mia città, come in tante altre, inizieranno i festeggiamenti per i 150 anni. Ma di cosa? Mi sono rifiutata di appendere la bandiera al balcone perché non credo che l'Italia esista davvero. Formalmente sì ma come popolo no. Siamo un branco di individualisti che si riconoscono come popolo giusto quando gioca la nazionale. Non ci indigniamo più per quello che la nostra classe dirigente fa e dice; l'importante è avere il carrello della spesa pieno e una bella televisione con abbonamento a Sky. Sono amareggiata perché dopo la laurea ho lavorato diversi anni come libera professionista coniugando lavoro e famiglia avendo messo al mondo un discreto numero di figli. Dopo una separazione molto controversa ho ripreso a lavorare fatturando ogni euro che incassavo ( e anche quelli che alcuni clienti non mi hanno mai pagato ). Non ho mai smesso di seguire i miei figli da vicino lottando con una scuola pubblica che fa acqua con insegnanti che non sanno parlare l'italiano e che mi costringevano ad un lavoro extra serale di assistenza nello studio per essere sicura che imparassero ad esprimersi nella lingua nazionale. Con tutto ciò ho sempre pagato le stesse tasse che paga un collega che non ha prole e magari vive con i genitori...... Morale della favola da alcuni mesi ho cambiato lavoro: ricevo uomini su appuntamento. Mi prostituisco insomma. Non potevo fare diversamente. Stavo per dare il giro ed ero stufa di arrivare a certi week end con i figli in casa, il frigo vuoto e venti euro nel portafoglio. Le ho provate tutte ma alla fine mi sono buttata in un lavoro che sicuramente permette guadagni notevoli e tempo libero da dedicare ai figli. E di pagare i debiti che inevitabilmente si sono accumulati nel corso degli anni. Non è facile ma almeno provo l'orgoglio di poter garantire il minimo indispensabile ai miei figli. Però il tricolore lo lascio appendere agli altri".


Maria

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Messaggio Da ubik Lun 21 Mar - 23:32

eeehhhhhhhhhhhhh, si, cara lucy, ci sarebbe veramente molto da discutere su questa lettera Uomini e donne ai margini. Storie di poco conto. 79629 e da diversi punti di vista anche

anch'io l'avevo letta l'altro giorno sul blog di Grillo, e una delle tante cose che mi sono richiesto rileggendola adesso è, per esempio, se risponde a realtà o se è una provocatoria fantasia

prendendola per reale, credo che si potrebbe commentare da diversi punti di vista
quello psicologico, per esempio
cosa può spingere una persona a dichiarare pubblicamente pensieri e comportamenti di questo tipo?
e cosa può indurre una persona a questi stessi comportamenti?
e quali vissuti personali può sottintendere una vicenda di questo genere?

dal punto di vista sociale poi, ce ne sarebbero di commenti da fare

potrebbe persino essere interessante interrogarsi sul senso di un mezzo come la "rete" usata per diramare messaggi che una volta venivano assolutamente taciuti, passati a poche persone intime o sottoposti al vaglio dei vari curatori delle "poste" sui giornali

l'unico aspetto che, francamente, non mi interessa minimamente accostare è quello del giudizio morale, di moralisti in questo paese ne vedo ovunque volgo lo sguardo, ormai...
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Messaggio Da anna Lun 21 Mar - 23:50

gli spunti sono tanti, Uomini e donne ai margini. Storie di poco conto. 30341 troppi forse, e questo mi fa pensare che non si tratti di un semplice racconto di vita vissuta
Cosa ha a che fare il rifiuto di 'festeggiare' con le proprie scelte personali? perchè di scelta si tratta, per me
E prendendo per oro colato tutto quello che scrive io ci vedo rabbia
Per gli insegnanti che considera tutti ignoranti, i colleghi tutti evasori, ma forse Maria se esiste è solo una donna molto sola
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Messaggio Da Lucy Gordon Gio 24 Mar - 16:41

Uomini e donne ai margini. Storie di poco conto. 2qa44y9





Non solo il cavaliere, non solo le ragazzine, non solo le maitresse e gli adulatori, non solo gli amici travestiti da maggiordomi, le procacciatrici di sesso, i dischi di Apicella e la lap dance in cantina: in questa storia da basso impero ci sono anche i padri. E sono l´evocazione più sfrontata, più malinconica di cosa sia rimasto dell´Italia ai tempi di Berlusconi. I padri che amministrano le figlie, che le introducono alla corte del drago, le istruiscono, le accompagnano all´imbocco della notte. I padri che chiedono meticoloso conto e ragione delle loro performance, che si lagnano perché la nomination del Berlusca le ha escluse, che chiedono a quelle loro figlie di non sfigurare, di impegnarsi di più a letto, di meritarsi i favori del vecchio sultano. I padri un po´ prosseneti, un po´ procuratori che smanacciano la vita di quelle ragazze come se fossero biglietti della lotteria e si aggrappano alle fregole del capo del governo come si farebbe con la leva di una slot machine…
Insomma questi padri ci sono, esistono, li abbiamo sentiti sospirare in attesa del verdetto, abbiamo letto nei verbali delle intercettazioni i loro pensieri, li abbiamo sentiti ragionare di rricchimenti e di case e di esistenze cambiate in cambio di una sveltina delle loro figlie con un uomo di settantaquattro anni: sono loro, più del drago, più delle sue ancelle, i veri sconfitti di questa storia. Perché con loro, con i padri, viene meno l´ultimo tassello di italianissima normalità, con loro tutto assume definitivamente un prezzo, una convenienza, un´opportunità.
Ecco perché accanto ai dieci milioni di firme contro Berlusconi andrebbero raccolti altri dieci milioni di firme contro noi italiani. Quelle notti ad Arcore sono lo specchio del paese.
Di ragazzine invecchiate in fretta e di padri ottusi e contenti. Convinti che per le loro figlie, grande fratello o grande bordello, l’isola dei famosi, l´importante sia essere scelte, essere annusate, essere comprate. Dici: colpa della periferia, della televisione, della povertà che pesa come un cilicio, della ricchezza di pochi che offende come uno sputo e autorizza pensieri impuri.
Balle.
Bernardo Viola, voi non vi ricordate chi sia stato. Ve lo racconto io.
Era il padre di Franca Viola, la ragazzina di diciassette anni di Alcamo che, a metà degli anni sessanta, fu rapita per ordine del suo corteggiatore respinto, tenuta prigioniera per una settimana in un casolare di campagna e a lungo violentata. Era un preludio alle nozze, nell´Italia e nel codice penale di quei tempi. Se ti piaceva una ragazza, e tu a quella ragazza non piacevi, avevi due strade: o ti rassegnavi o te la prendevi. La sequestravi, la stupravi, la sposavi. Secondo le leggi dell´epoca, il matrimonio sanava ogni reato: era l´amore che trionfava, era il senso buono della famiglia e pazienza se per arrivarci dovevi passare sul corpo e sulla dignità di una donna.
A Franca Viola fu riservato lo stesso trattamento. Lui, Filippo Melodia, un picciotto di paese, ricco e figlio di gente dal cognome pesante, aveva offerto in dote a Franca la spider, la terra e il rispetto degli amici. Tutto quello che una ragazza di paese poteva desiderare da un uomo e da un matrimonio nella Sicilia degli anni sessanta. E quando Franca gli disse di no, lui se l´andò a prendere, com´era costume dei tempi. Solo che Franca gli disse di no anche dopo, glielo disse quando fece arrestare lui e i suoi amici, glielo urlò il giorno della sentenza, quando Filippo si sentì condannare a dodici anni di galera.
Il costume morale e sessuale dell´Italia cominciò a cambiare quel giorno, cambiò anche il codice penale, venne cancellato il diritto di rapire e violentare all´ombra di un matrimonio riparatore. Fu per il coraggio di quella ragazzina siciliana. E per suo padre: Bernardo, appunto. Un contadino semianalfabeta, cresciuto a pane e fame zappando la terra degli altri. Gli tagliarono gli alberi, gli ammazzarono le bestie, gli tolsero il lavoro: convinci tua figlia a sposarsi, gli fecero sapere. E lui invece la convinse a tener duro, a denunziare, a pretendere il rispetto della verità. Tu gli metti una mano e io gliene metto altre cento, disse Bernardo a sua figlia Franca.
Atto d´amore, più che di coraggio. Era povero, Bernardo, più povero dei padri di alcune “squinzie” di Arcore, quelli che s´informano se le loro figlie sono state prescelte per il letto del drago. Ma forse era solo un´altra Italia.



Claudio Fava - 24 gennaio 2011

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Messaggio Da camila Gio 24 Mar - 17:02

Ricordo bene il caso di Franca Viola,una eroina dei nostri tempi:rivendicò il diritto di ogni persona all'autodeterminazione,pagò il suo coraggio con una vita all'indice,in una Sicilia dove,come in tutta Italia a quei tempi,vigeva il maschilismo e la donna doveva solo tenere gli occhi bassi e ubbidire...non dimentichiamo che fino al 68 l'adulterio era reato punibile con la reclusione fino a due anni,ma solo quando a commetterlo era la donna!
Le donne italiane devono molto al coraggio di questa ragazza e a suo padre .
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Messaggio Da anna Gio 24 Mar - 17:20

Coraggio e dignità, amore, e la forza di dire no. Di scegliere di dire no
Un esempio di come si può lottare per quello in cui si crede, per la vita come la si vorrebbe
Il coraggio e la forza che ci vuole oggi e può far emergere quello che di buono c'è, perchè c'è
Forse parlare di Franca può servire anche a questo
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Messaggio Da Lucy Gordon Gio 24 Mar - 17:29

Un punto importante di questa storia credo sia la figura del padre. E' difficile credere al coraggio di una giovane donna, se non fosse cresciuta con così alti principi votati al sacrificio.
Un uomo di poca cultura è riuscito a sostenere in un ambiente più che ostico, la figlia nella sua lotta contro un intero sistema, rimettendoci tutto quello che aveva, ma niente a confronto della dignità della figlia. Sarebbe stato semplice obbligarla al matrimonio riparatore, invece lui la seguita ed incoraggiata nella sua battaglia.

Una grande persona.
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Messaggio Da anna Gio 24 Mar - 17:37

si Lucy, e ancor di più se si pensa che a quei tempi una donna non più vergine veniva considerata rispettabile solo se sposata
Uomini e donne ai margini. Storie di poco conto. 30341 ho fatto a botte con l'italiano, volevo dire che poteva riacquistare la rispettabilità solo sposandosi
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Messaggio Da Lucy Gordon Gio 24 Mar - 17:45

Lo ammetto questa storia non la conoscevo. Sto leggendo qua e la adesso. E' stata una vicenda molto interessante, con risvolti difficile da credere per quel periodo.
La Franca si sposò grazie ad un ragazzo che volle unirsi in matrimonio con lei a tutti i costi , pur rischiando di suo. Vissero per pochi anni furi Alcamo per poi ritornarvi. Ci fecero anche un film con Ornella Muti.
Gran bella storia.
Quello che mi fa pensare della lettera di Fava è il parallelo con i padri delle ragazze del bunga bunga.
Penso anche però, che noi viviamo un'epoca dove vengono reclamizzate solo notizie negative.
L'amore di un genitore per i propri figli non può essere rappresentato da certi esempi.
Ho dubbi che storie come quella di Franca possano avere la stessa risonaza oggi sui media attuali.
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Messaggio Da anna Gio 24 Mar - 18:03

Quello sui media sarebbe un discorso lungo, non a caso siamo in fondo alle classifiche sulla libertà di informazione, come siamo in alto (in Europa forse primi) nello spazio dedicato alla cronaca nera, quella dei plastici, dei giri turistici sui luoghi dei delitti, dei 'corona' che si intrufolano dalle finestre, e non c'è certo spazio per storie che parlano di valori, di principi, che vogliono venderci come 'antichi', ma che sono alla base di una civile convivenza, in fondo non si parla altro che di rispetto, per se stessi e per gli altri
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Messaggio Da seunanotte Gio 24 Mar - 18:08

Molto bello l'articolo di Fava.Questi padri vivono nel mito della ricchezza facile,senza moralità e principi e per questo sono disposti ad "amministrare"il corpo delle figlie.
Di ragazzine invecchiate in fretta e di padri ottusi e contenti. Convinti che per le loro figlie, grande fratello o grande bordello, l’isola dei famosi, l´importante sia essere scelte, essere annusate, essere comprate. Dici: colpa della periferia, della televisione, della povertà che pesa come un cilicio, della ricchezza di pochi che offende come uno sputo e autorizza pensieri impuri.
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Messaggio Da seunanotte Gio 31 Mar - 13:43

Uomini e donne ai margini. Storie di poco conto. 4081003426

http://www.repubblica.it/rubriche/bussole/2011/03/30/news/buongiorno_no_grazie-14267893/?ref=HREC2-4

Buongiorno? No, grazie

Passeggiando con il cane, si arriva a scoprire un paesaggio che cambia. E con esso, le persone

Da sempre ho l'abitudine di salutare, sempre, quando incontro qualcuno. L'ho appresa da bambino. Frutto di un'educazione tradizionale, si direbbe oggi. L'ho mantenuta fino ad oggi. Così, nei miei percorsi quotidiani saluto tutte le persone che incrocio. Soprattutto, intorno a casa, a Caldogno, quando mi faccio guidare dal cane. (Lui - meglio: lei - sceglie l'tinerario mentre io leggo). Oppure a Vicenza, in centro. O ancora a Urbino o a Urbania. A volte anche altrove.

Quando incontro qualcuno, da solo, mi è difficile fingere di non vederlo. Distogliere lo sguardo. Ma poi perché? Allora saluto con un cenno, con un buongiorno. Un "ciao", quando si tratta di persona conosciuta. Serve a stabilire una relazione. Un legame. Nulla di vincolante. Ma la persona con cui hai "scambiato" il saluto - dopo - non è più un "altro". Diventa un "prossimo". Magari non troppo "prossimo". Perché il "prossimo" è qualcuno che ti sta vicino dal punto di vista della distanza non tanto (solo) fisica, ma emotiva e cognitiva. La persona che saluti diventa qualcuno che "ri-conosci" anche se non lo conosci. Qualcuno che, a sua volta, ti ri-conosce, per reciprocità. Un "quasi" prossimo. Un "non estraneo", Un cenno di saluto serve, dunque, a tracciare un perimetro dentro il quale ti senti maggiormente a tuo agio. Meno estraneo. Come avviene dovunque tu conosca o almeno riconosca qualcuno. Altrimenti, per quel che mi riguarda, mi sento spaesato. Fuori con-testo. Non dispongo, cioè, di un testo condiviso, di un linguaggio comune ad altri, anche se espresso senza parlare. Perché non c'è bisogno di parole per comunicare con gli altri. Se non amici: non conoscenti. O, almeno, ri-conoscenti. Non è sempre facile, lo ammetto. Anzi, lo è sempre meno. Soprattutto da quando l'urbanizzazione ha stravolto i luoghi in cui vivo.
Dove abito. Da quando lo spazio intorno a casa si è condensato e al tempo stesso liquefatto. Sovraffollato. Si è trasformato in una plaga immobiliare, una non-città, dove sono affluite centinaia e centinaia di persone. Sconosciute. A me, ma anche tra loro. Non è facile salutare le persone (?) che incontro. D'altronde, è divenuto sempre più difficile trovare un po' di verde.

Guidato dal mio cane, allungo il percorso e mi sposto sempre più in là, sempre più lontano. Anche se ormai gli spazi verdi sono quasi scomparsi. E i pochi rimasti sono destinati a scomparire presto. Inseguiti ed erosi da nuovi insediamenti residenziali, da nuove strade e da nuove rotonde. Così, mentre mi costeggio cantieri e prati residuali, case abitate e altre che verranno, incontro perlopiù altre persone che accompagnano i loro cani. O viceversa (come me). Ma è difficile rivolgere loro un saluto. Perché non mi vedono. Occupate, al cellulare, a parlare con altre persone lontane. Oppure isolate da tutti, soli con il loro iPod. Ed è difficile, altrettanto difficile, salutare gli altri ("altri"), quelli che escono di casa mentre passo. Non importa se a 100 metri o a un chilometro da casa mia. Tanto non conosco quasi nessuno, di questi nuovi arrivati (o magari è da parecchio tempo che abitano nel quartiere, ma è lo stesso, perché sono anonimi. Non hanno un nome. Non li conosco e non si conoscono, neppure tra "vicini"). Quando li incontro e li saluto, con un buongiorno e (o) un cenno del capo, alcuni rispondono. Ri-cambiano. (Le donne, soprattutto). Altri si limitano a un gesto imbarazzato. Un po' sorpresi. Altri ancora non rispondono. Non dicono e non fanno nulla. Tirano dritto. Come non mi avessero visto. E forse è vero, è proprio così.

Abituati a stare e ad essere soli. Non si accorgono della mia presenza. O, comunque, preferiscono ignorarmi. (I più giovani, i ragazzi, in particolare.) Alcuni, infine, non rispondono ma mi guardano storto. Irritati più che stupiti. Percepiscono il mio saluto come un'intrusione. E si chiedono, mi chiedono, con lo sguardo, cosa io voglia da loro. E perché non me ne stia al mio posto. Cioè, lontano. Fuori dalla loro vista e dalla loro vita. Abitanti di questo mondo senza relazioni e senza società, guardano ma non vedono. E non ascoltano. Temono chi si avvicina troppo. (E non è un caso che gli "stranieri" suscitino imbarazzo e fastidio. Al di là di ogni altro problema: ci "avvicinano" e ci danno del tu).

Il prossimo, ha scritto Luigi Zoia, è morto da tempo. Sostituito da surrogati elettronici, che offrono mediazioni mediatiche infinite. Promuovono rapporti in-diretti e im-personali. Apatici invece che empatici.

Ma io non mi rassegno e continuo, continuerò a cercarlo. Il prossimo. A costruirlo, raffigurarlo. Intorno a me, almeno. Il prossimo. Anche se ridotto a un saluto, un cenno del capo. Non rinuncerò a guardare gli "altri" in faccia. Per egoismo. Per non sentirmi circondato "solo" da "altri". Cioè, per sentirmi meno "solo".
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Messaggio Da anna Gio 31 Mar - 22:13

Le difficoltà di comunicazione ci sono, è vero che non ci si conosce nemmeno tra vicini, ma non darei la colpa ai surrogati elettronici
Almeno non del tutto
In Rassegna Stampa c'è l'intervista a Castells che parla della comunicazione 'orizzontale' e di quanto sia stata importante, per esempio, nelle recenti rivolte che ci sono state, ma servono anche a altro, a tenere i contatti se si ha qualcuno lontano, informarsi, non solo ad avere contatti apatici con sconosciuti
Certo forse se ci fossero più persone che sorridono o salutano quando incontrano qualcuno, anche se sconosciuto, farebbe sentire tutti meno soli e invogliare a comunicare
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Messaggio Da seunanotte Ven 1 Apr - 12:37

Sono d'accordo con te Anna,anche io non darei la colpa del tutto ai surrogati elettronici se l'interazione tra persone è sempre più difficile,spesso questi mezzi sono un modo per sentirsi meno soli per molti e allora ben vengano a patto che si usino con moderazione e ci si ricordi che ci sono gli sguardi degli altri là fuori.Bisogna anche capire i contenuti di questa comunicazione,se è una comunicazione che serve ad informare e a mantenere contatti che altrimenti andrebbero persi allora certo l'utilità mi pare evidente ma se fosse per alcuni un modo per sfuggire alla realtà?avere l'illusione di non essere soli ma essere di fatto soli quali conseguenze può avere per alcuni?qualche volta basta poco,anche un "ciao"detto mentre si passeggia con il cane per sentirsi meno soli e anche per far sentire meno solo il "prossimo".
Detto ciò io senza internet non saprei neanche come fare ormai per tante cose e sono favorevole ad ogni mezzo che permetta una diffusa conoscenza,e quante persone che poi diventano care si possono conoscere uniti
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