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... e le stelle si fanno guardare
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Alida Valli
http://www.mymovies.it/biografia/?a=2852
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Strawberry Fields- satellite artificiale
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Charlie Chaplin
- Spoiler:
- Oggi il suo nome rimane immortale nella mente di ogni spettatore, i suoi film cortometraggi o lungometraggi lasciano ancora spazio al riso, alla commozione, all’ammirazione di un talento senza confini, la cui genialità fa parte del patrimonio cinematografico mondiale.
Si dice che nacque il 16 aprile 1889 nell’East Lane, Walworth (Londra), si dice perché ancora oggi non esiste un certificato che ne testimoni questa data e questo luogo. Diverse furono le località che gli attribuirono i natali, ma lo stesso Chaplin diceva di essere nato a Fontainebleau in Francia.
Certo è che visse la sua infanzia a Londra nel quartiere Kennington, un luogo nel quale vivevano molti artisti della vaudeville dell’epoca vittoriana. Il padre di Charles, Charles Chaplin senior, fu un cantante-ballerino di music hall, la sua carriera conobbe momenti di popolarità e prosperità economica, visto che apparve in diverse locandine del tempo. Ma cadde preda dell’alcolismo e quando Charles ebbe 12 anni il padre morì, mentre la madre cantante di music hall ebbe poca fortuna nello spettacolo, ben presto si trovò da sola a dover accudire il piccolo e il fratellastro Sydney e secondo quando racconta il futuro attore nella sua biografia dovette patire molti momenti di povertà. Alla fine la madre cedette alla tensione, ebbe un forte esaurimento tanto da essere rinchiusa in un manicomio e i due fratelli furono affidati a vari orfanatrofi e istituti.
Il suo destino era quello dello spettacolo, esserì sempre di essersi esibito all’età di cinque anni quando dovette sostituire la madre sul palcoscenico dell’Andreshot Canteen, perché aveva perso la voce. A otto anni si unì alla compagnia di “Eight Lancashire Lads” di Jackson, la più famosa del periodo nel campo del music-hall. Qualche gionale parlò di lui come attore-bambino prodigio e lui recitò anche nei teatri del West End e in provincia.
Nello stesso periodo il fratello Sydney era diventato un commediante molto ricercato con una compagnia di Fred Karno, acrobata, che creò a Londra una scuola di attori chiamata “Fun Factory”. Gli attori allenati da Karno risultavano in quel periodo essere i migliori in assoluto sulle scene del music-hall. Così Sydney convinse Karno ad assumere Charles per fargli interpretare uno sketch intitolato “The Football Match”. Ebbe successo e in capo a due anni divenne il primo attore della compagnia, tanto che Karno decise di fare una tournèe negli Stati Uniti nel 1910-11 e di nuovo nel 1912-13. Fu questa seconda tournèe che lo fece conoscere alla società cinematografica Keystone diretta da Mack Sennett il quale gli propose un contratto per l’epoca d’oro di circa 150 dollari la settimana il doppio offertogli da Karno e Charles non rifiutò. Si trovò, abituato al genere inglese, fin da subito non a suo agio in questo nuovo ambiente fatto di ‘torte in faccia’ e sketch sbrigativi, il tutto girato nel trambusto e nel caos. Fece una prima collaborazione con il regista Henry Lehrman, che gli suggerì alcuni segreti e poi conobbe la sua partner di lavoro l’attrice comica Mabel Normand, la quale lo aiutò molto ad inserirsi nell’ambiente americano.
Il primo film di Chaplin fu "Charlot giornalista" (Making a Living) 1914, fu ben accolto, ma il futuro attore stentava nell'interpretazione, mentre la seconda interpretazione in "Charlot si distingue" (Kid Auto Races at Venice), 1914, cinque minuti in cui prendeva finalmente le sembianze di quello che sarebbe divenuto in futuro. Qui vestiva con un costume, che, narra la leggenda, era stato composto da vari pezzi d'abbigliamento presi da altri comici della compagnia di Fatty Arbuckle: gli enormi pantaloni erano proprio di Arbuckle, la giacca stretta di Cahrles Avery; cappello a bombetta del suocero di Arbuckle, gli stivali fuori misura (tanto da porteli portare anche con il piede sbagliato!) di Ford Sterling, i baffetti a spazzolino di Mack Swain. Disse lo stesso Chaplin: "Non avevo alcuna idea su come crearmi un personaggio. Ma nel momento in cui mi vestii, gli abiti e il trucco mi fecero sentire quello che era. Incominciai a conoscerlo e, al momento in cui salii sul palcoscenico, esso era completamento formato." Nasceva così il personaggio Charlot.
Nel 1915 Chaplin era ancora con i Keystore, guadagnava, divertiva e imparava, visto che in quell'anno aveva fatto trentacinque film. Dal dodicesimo "Charlot garzone di caffè" (Caught in a Cabaret), 1914, iniziò a fare l'aiuto regista, dal ventesimo "Gas esilarante" (Laughting Gas), 1914, fu sempre regista di se stesso.
le comiche si presentavano sempre allo stesso modo: ubriacature, amori illeciti, dentisti, martellate, inseguimenti a piedi e in auto, mariti gelosi, scontri di automobili, arresti, soldi ecc... materiale di comicità genuina che faceva presa sul pubblico. Nel frattempo Chaplin studiava anche la possibilità di diventare sceneggiatore come in "The New Janitor" (1914), mentre il lato dell'attore evolveva sempre di più. Sempre nel 1915 l’attore inglese passò alla Essanay, fu uno dei numerosi trasferimenti da una casa all’altra che servivano solo a Chaplin per un guadagno maggiore. Ma qui in questa nuova casa di produzione con sede a Chicago si trovò spaesato, ma, nonostante ciò, riportò un grande successo con la commedia “His New Job” 1915. Quando si trasferì sulla West Coast scoprì e portò con sé Roland Totheroh, l’operatore di fiducia che lo accompagnerà per oltre trent’anni di attività. Abitando, poi, a Niles in California iniziò a formare una sua compagnia, qui scoprì Edna Purviance, stenografa a digiuno di recitazione, ma fisicamente molto bella. Diventerà per l’autore nei successivi otto anni la sua protagonista femminile che meglio avrebbe interpretato le sue idee, che al tempo stesso maturarono anche una forte vena romantica.
“Charlot vagabondo” (The Tramp), 1915 e “Charlot inserviente di banca” (The Bank), 1915 girati per l’Essanay dimostrarono il cambiamento di stile, l’attore diventava sempre più certosino nel girare i suoi cortometraggi, curava i set, l’ambientazione, lo stile di svolgimento, si sentiva l’ambizione di far bene. Quando ad esempio fece “Charlot marinaio” (Shanghaied), 1915, arrivò a far ingrandire ‘con effetti speciali’ un boccale di birra per mostrare la drammaticità di una scena. Non mancavano i primi tocchi di drammaticità sociale come negli ultimi film della Essanay, “Charlot ladro” (Police), 1916, che saranno poi ripresi e sviluppati ne “Il monello” e altri suoi film parlati.
Passato alla nuova casa di produzione la Mutual, Chaplin guadagnava 100.000 dollari la settimana, più un premio extra annuale. Girò così in 16 mesi 12 film; naturalmente cortometraggi ma sempre più raffinati nelle gag i cui titoli suggerivano già quale sarebbe stata l’ambientazione come ad esempio “Charlot caporeparto” (The Floorwalker), 1916, “Charlot pompiere” (The Fireman), 1916, “Charlot macchinista” (Behind the Screen), 1916, “Charlot al pattinaggio” (The Rink), 1916, “La cura miracolosa” (The Cure), 1917.
Quanta cura impiegasse lo si può capire solo vedendo “Charlot rientra tardi” (Ome a.m.), 1916, in un’unica azione deve combattere in stato di ubriachezza contro la serratura di casa che non si apre, il letto, un tappetino e tanti altri oggetti. In “Charlot usuraio” (The Paw Shop), 1916 lo troviamo nei panni di un orologiaio alle prese con l’autopsia di una sveglia di un cliente. Iniziò in questo periodo la sua perlustrazione nel genere drammatico, “Il vagabondo” (The vagabond), 1916 e “L’emigrante” (The Immigrant), 1917 testimoniano la sua predisposizione verso questo tipo di atmosfere.
Con il nuovo contratto con la First National Distributors riuscì a realizzare forse il suo sogno più grande: avere uno studio proprio (creerà la United Artists con gli attori-amici Douglas Fairbanks, Mary Pickford e il famoso regista David W.Griffith) nel quale poter liberamente realizzare i propri progetti e infatti ne sarà legato per i futuri ventiquattro anni. Il nuovo contratto con la First National prevedeva di girare otto film in diciotto mesi, Chaplin ne impiegò cinque anni, ma portò sullo schermo opere ormai immortali come “Vita da cani” (A Dog’s Life), 1918 un parallelo molto elegante per far comprendere come la vita di un vagabondo poteva essere simile a quella del suo fedele cane. Fu poi duramente criticato durante la prima guerra mondiale, quando rappresentò un altro capolavoro “Charlot soldato” (Shoulder Arms) lo stesso autore vesti i panni di un soldato alle prese con la guerra e la sua incapacità di svolgere quel lavoro. In “Una giornata di vacanza” (A Day’s Pleasure), 1919 portava la famiglia in una gita con la sua Ford e tra i protagonisti bambini c’era il piccolo Jackie Coogan, il quale sarà poi il protagonista de “Il monello” (The Kid), 1921. Proprio quest’opera ne decretò la fama di poeta, realizzando forse il suo miglior film muto, “Il monello” ancor’oggi riesce a commuovere per lo stile di realizzazione, i contenuti e soprattutto la recitazione dei due protagonisti Chaplin da una parte capace di incantare il pubblico con le sue azioni e dall’altra la semplicità del piccolo Coogan, impressionante nel suo saper gareggiare nel recitare così piccolo con un maestro come Chaplin.
Il regista-attore decise di partire per l’Inghilterra e poi visitare l’Europa, il viaggio in quei luoghi che lo avevano visto crescere gli permise di maturare nuova ambizioni e nuove scelte artistiche. Di ritorno dal viaggio girò nel 1926 “La donna di Parigi” (A Woman of Paris), un film che ebbe poco successo commerciale, interpretato dalla sua fedele amica Edna Purviance, la quale (ebbe poca fortuna nel mondo del cinema) interpretava una ragazza di provincia che diventava una cortigiana. Il regista qui si riservava una piccola particina, anche al pubblico non piacque molto. Immediatamente la riscossa per Chaplin la si ebbe con i successivi film: 1925, un grande successo commerciale lo fece decollare nuovamente a grande talento cinematografico grazie a “La febbre dell’oro” (The Gold Rush), divertentissima parodia dei cercatori dell’oro in un Alaska completamente ghiacciata e priva di ogni forma di alimento e comodità. Meno successo commerciale lo ebbe con “Il circo” (The Circus), 1928, opera più sofisticata, poco apprezzata dal pubblico, che lo voleva immerso, invece in una serie di pasticci a cui sempre l’attore lo aveva abituato.
Dopo questi anni Venti, la produzione chapliniana rallentò bruscamente, quasi cinque anni per ogni film, ma tutto dipese dal fatto che Chaplin e altri attori del muto si trovarono a dover fare i conti con il passaggio dal muto al sonoro, una sfida che lasciò quasi tutti spiazzati, ma non lui, che, dopo aver realizzato “Luci della città” (City Lights) nel 1931 fece questo esperimento, diresse il film muto e l’accompagnò lui stesso attraverso della musiche da lui composte. Nel 1931, in pieno sviluppo del sonoro riuscì nell’impresa “Luci della città” ebbe un grande successo commosse intere generazioni e permise all’attore-regista di modificare il suo stile nella nuova era sonora. Nel 1936 realizzò un film sociale, “Tempi moderni” (Modern Times), divertente affresco sul mondo del lavoro, qui Chaplin porta per l’ultima volta Charlot il Vagabondo che per decine e decine di film ha accompagnato lo spettatore in migliaia di gag divertenti e commoventi. Un film accusato di eccessi, di filosofare troppo, ma questa accusa non cadde neppure quando mise in scena “Il grande dittatore” (The Great Dictator) nel 1940, satira sul totalitarismo e che affrontò il tema tragico della guerra in una amara comicità. Alla fine delle riprese lo stesso autore ammise che se avesse saputo per tempo quali orrori aveva creato la guerra e il nazismo di Hitler non avrebbe mai avuto il coraggio di far ridere il pubblico con quel genere di farsa. Nel 1947 passò al macabro e diresse “Monsieur Verdoux” (id.), storia di un assassino di donne, tragico film con momenti di comicità che non ebbero il successo che meritava e così durante la guerra fredda, nel 1953, dovette esiliare in America. Ma prima di lasciare il paese che l’aveva reso celebre al mondo riuscì a portare sullo schermo un’altra grande interpretazione in “Luci della ribalta” (Limelight), 1952, tributandosi un ruolo che aveva dei cenni autobiografici specie nella sua prima giovinezza di Londra. Calvero, questo il suo personaggio, attore ormai finito e dedito all’alcolismo incontra la bella ballerina (Claire Bloom) colpita da paralisi psicosomatica e decide di redimersi e aiutarla a tornare sulle scene.
Giunto in Inghilterra decise di girare un film sugli Stati Uniti e così fece “Un re a New York” (A King in New York), 1957, un’opera amara e feroce commedia sulle paranoie che l’America del tempo stava attraversando. Concesse al figlio Michael di interpretare il ruolo che fece fare a Jackie Coogan ne “Il monello”, ma questa volta in chiave anni Cinquanta. L’opera non ebbe la fortuna che l’autore si aspettava, ma anche i tempi stavano cambiando e l’ultimo film che volle realizzare fu “La contessa di Hong Kong” (A Countess From Hong Kong) nel 1967 con Marlon Brando e Sophia Loren. Il prodotto creato fu una commedia piacevole, romantica, ma certamente la lavorazione ebbe non pochi problemi visto che i due protagonisti erano inadatti al suo stile di lavoro.
L’età era avanzata, ma Chaplin non si arrendeva, anzi voleva portare sullo schermo un film che non fece mai dal titolo “The Freak”, continuò a scrivere musica per i suoi vecchi film muti, riadattava le nuove e vecchie partiture. Per un gioco del destino, non vinse mai un premio benché le sue opere meritassero sempre riconoscimenti, nel 1972 quando ancora era fuori dagli Stati Uniti, si ricordarono di lui e gli assegnarono un Oscar alla carriera, forse per riparare gli errori del passato. Chaplin comparve per l’ultima volta dinnanzi al proprio pubblico per dimostrare che egli aveva lavorato per più di ottant’anni, di cui sessantadue per il cinema, stabilendo ancor’oggi un primato che nessuno può e potrà mai superare.
http://www.ciakhollywood.com/biografie/cchaplin/
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Alida Valli ...........
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
........che bello questo tread
grazie a todos
..............aspettatevi 18 pagine su Winona ...
Ci vorrebbe però anche il supporto di Mambu.... ma giungono voci che sia innamorato
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
OTLucy Gordon ha scritto:
Ci vorrebbe però anche il supporto di Mambu.... ma giungono voci che sia innamorato
- Spoiler:
- pare proprio di sì il buon vecchio Mambu evvai Mambu
seunanotte- cometa
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Sempre innamorato di Gene Tierney, la donna più bella del mondo (presenti escluse, naturalmente ).
Ho un mucchio di belle e strane foto sue, ma nella metà dell'HD che in questi dì ha qualche problema; quindi pazientate che non ho tempo di andarle a ricercare in giro per mille siti.
Un piccolo anticipo, dal Docteur Korvo (Whirpool/ Il segreto di una donna)
Ho un mucchio di belle e strane foto sue, ma nella metà dell'HD che in questi dì ha qualche problema; quindi pazientate che non ho tempo di andarle a ricercare in giro per mille siti.
Un piccolo anticipo, dal Docteur Korvo (Whirpool/ Il segreto di una donna)
mambu- cometa
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Buster Keaton
Buster Keaton, all'anagrafe Joseph Frank Keaton VI (Piqua, 4 ottobre 1895 – Woodland Hills, 1º febbraio 1966), è stato un attore, regista e sceneggiatore statunitense, tra i maestri del periodo del cinema muto classico.
Celebre per l'espressione stralunata e triste dei suoi personaggi e soprattutto per la mimica e il suo talento "acrobatico" nelle gag che portava sullo schermo, è considerato uno dei maggiori artisti del genere burlesque.
L'AFI lo ha inserito al ventunesimo posto nella classifica dei migliori venticinque attori americani di tutti i tempi.
Esordi sul palcoscenico
Nacque, primo di tre figli, in una famiglia di attori di vaudeville. I genitori - Joseph e Myra Keaton - collaborarono a lungo con Bessie e Harry Houdini. Houdini frequentava spesso la casa dei Keaton. Un giorno assistì sbigottito alla caduta dalle scale del piccolo Joseph, il quale non si fece nulla.«Che bel buster!» esclamò. Fu proprio l'illusionista a soprannominare il piccolo Keaton "Buster". Si narra inoltre che sia stato portato in scena ancora in fasce o che, a nove mesi, sia entrato casualmente in scena. Ma si tratta, verosimilmente, di leggende mentre lo stesso Keaton fece risalire il suo esordio al 1899 quando aveva tre anni (intervista ai Cahiers du cinéma, 1962).
Pur non essendo una compagnia tra le più famose, quella dei Keaton non se la passava male anche se nel corso di una serata a New York il loro spettacolo venne interrotto e i Keaton furono condannati al pagamento di una multa di 300 dollari e fu loro interdetta la recitazione a New York fino al 1909 proprio perché l'impiego del giovanissimo Buster venne considerato sfruttamento di minore. Dopo essersi trasferita in Michigan, la famiglia Keaton partì nel 1909 per una tournée in Inghilterra. Tornata in seguito negli Stati Uniti la famiglia continuò a mettere in scena i suoi spettacoli e il crescente successo di pubblico e critica che il giovane Buster ricevette lo convinse nel 1917 a recarsi, da solo, a New York.
Esordio cinematografico
Qui conobbe Natalie Talmadge, che sposò nel 1921, e da cui ebbe due figli. Natalie, oltre a essere sorella di due famose attrici dell'epoca (Norma e Constance Talmadge), era segretaria di produzione di un famosissimo comico di quel periodo: Roscoe "Fatty" Arbuckle.
Natalie presentò Keaton ad Arbuckle e questi gli offrì di lavorare con lui nel cinema con un contratto di 40 dollari la settimana (all'epoca Charlie Chaplin ne guadagnava 1250 la settimana e Arbuckle addirittura 1000 al giorno). Keaton non ebbe esitazioni, e il suo primo film fu Fatty Macellaio, a cui seguirono altri 14 cortometraggi tra il 1918 e il 1919, tra questi si ricordano: Chiaro di luna, Il fattorino, Fatty alla festa, Il cuoco e altri, i due diventarono presto amici.
Per questi film con Arbukle egli infatti rinunciò a un'importante parte che gli era stata offerta per una rivista a Broadway ed ebbe così inizio la carriera di uno dei più grandi comici che abbiano calcato i set del muto.
Nel 1919 Keaton interruppe per un po' l'attività per il servizio militare per cui fu mandato in Francia, e quando riprese girò i tre ultimi film con Arbucke, questi film erano comunque solo semplici slapstick comedy in cui la trama è spesso inesistente, tutto il film si svolge all'interno di un unico ambiente che fa da sfondo e crea l'occasione per una continua serie di gag spesso slegate l'una dall'altra. Il valore artistico del film era molto scadente e di certo non bastava per far vedere la bravura di Keaton.
Dietro la macchina da presa
Sul finire del 1919 Joseph Schenck, che aveva sposato Norma Talmadge e che nel 1916 aveva creato la Comique Films per cui lavorava Arbuckle, propose a Keaton di creare una compagnia autonoma, la Buster Keaton Comedies. Fu così che Keaton si mise in proprio, ma, prima di tornare al cortometraggio, accettò di interpretare un film di ben sette bobine - The Saphead - che costituì una sorta di cerniera tra il primo periodo e il ben più significativo secondo periodo in cui Keaton oltre che interprete fu anche soggettista, sceneggiatore e regista.
Il primo cortometraggio di questa seconda fase della sua carriera cinematografica è The High Sign anche se per molti anni si è pensato che fosse One Week. L'equivoco si spiega con il fatto che il neo regista estremamente esigente non rimase soddisfatto della sua prima prova e il film fu distribuito oltre un anno dopo essere stato girato (la prima è dell'aprile 1921) quando Keaton era costretto all'inattività a causa di un incidente occorsogli sul set.
Tra il 1920 e 1923 Keaton interpretò 23 cortometraggi di cui curò anche la regia (sempre insieme a Eddie Cline, se se ne escludono due in cui lo affiancò Mal St. Clair e uno diretto dal solo Keaton). La visione di queste pellicole, anche di quelle meno riuscite, mostra una netta discontinuità con quelle interpretate e dirette da Arbuckle. I film diretti da Keaton hanno una trama e una loro precisa riconoscibilità. L'attore regista mostra una grandissima padronanza tecnica. Il suo processo di maturazione artistica è rapidissimo ma ben visibile. Le singole pellicole, pur molto diverse tra loro, evidenziano l'eclettismo di Keaton ma anche alcuni temi cari al regista e ricorrenti anche negli anni successivi, primo tra tutti il rapporto tra opposti e soprattutto quelli tra veglia e sogno, tra realtà e finzione, tra il normale e l'imprevisto (e imprevedibile). Un rapporto i cui margini sono spesso sfumati e inafferrabili. La caratteristica che forse è però più evidente è la struttura narrativa: "i suoi cortometraggi erano pensati come se fossero dei lungometraggi - come dei lungometraggi corti insomma" (G. Cremonini). E questo gli consentì di fare ciò che riuscì a pochissimi (e tra questi Chaplin con Il Monello): passare senza alcun problema a ideare, dirigere e interpretare pellicole di durata decisamente maggiore.
Lungometraggi
In verità il contratto firmato con la First National prevedeva venti cortometraggi, ma l'ultimo non fu mai realizzato. Quando infatti Keaton stava per iniziarne la lavorazione, Joseph Schenck ricevette dal presidente della compagnia un telegramma in cui si dichiarava non interessato al rinnovo del contratto. In seguito si seppe che il telegramma aveva il solo scopo di evitare che il rinnovo fosse maggiormente oneroso per la First National, ma intanto Keaton aveva deciso di non realizzare quell'ultimo lavoro e aveva accettato l'offerta della Metro Pictures Inc. (la futura Metro-Goldwyn-Mayer) di distribuire dei lungometraggi da lui diretti.
Prima dell'avvento del sonoro ne interpretò dodici (anche se l'ultimo non fu diretto da lui) tra il 1923 e il 1929; le riprese duravano mediamente otto settimane e altre due o tre erano dedicate al montaggio. Se nei primi film Keaton ebbe piena libertà, negli ultimi le influenze delle major si fecero sempre più forti e anche la qualità dei film inevitabilmente ne risentì. Lo stesso Keaton in seguito confessò: "nel 1928 commisi l'errore più grande della mia vita. Mi lasciai convincere da Joe Schenck, mio malgrado, a rinunciare ai miei studios per lavorare con la Metro-Goldwyn-Mayer"
Arrivo del sonoro e declino
Le difficoltà con la Metro-Goldwyn-Mayer furono però solo l'inizio. L'avvento del sonoro infatti implicò una trasformazione complessiva del linguaggio cinematografico che fece molte vittime tra le star del muto e il genere più colpito fu proprio quello comico fino ad allora basato sulla fisicità e sul movimento.
Nel 1929 Keaton girò il suo primo film sonoro: Hollywood che canta dove ebbe una piccola parte, i tre successivi film - che furono girati anche in versioni francesi, tedesche e spagnole, perché non esisteva il doppiaggio - non erano all'altezza dei precedenti, ormai l'attore sembrò essere quasi una vittima predestinata del sonoro e nel febbraio 1932 venne addirittura licenziato dalla Metro-Goldwyn-Mayer. Come in alcune delle sue pellicole, questo fu solo l'inizio di un vortice.
Lo stesso anno divorziò da Natalie Talmadge, per poi risposarsi altre due volte (nel 1933 e nel 1940). Keaton trovò rifugio nell'alcool. Anni dopo lui stesso raccontò: "i due anni peggiori della mia vita furono quelli tra il 1933 e il 1935. Mi misi a scolare una bottiglia dietro l'altra e fui colpito da un brutto attacco di delirium tremens". Fu ricoverato più volte in clinica per disintossicarsi ma con risultati lontani da quelli sperati.
Per guadagnarsi da vivere e forse sperando in nuovi successi, nel periodo 1934-1937 interpretò sedici cortometraggi per la Educational Pictures e poi tra il 1939 e il 1941, altri dieci per la Columbia Pictures. Sono pellicole dirette da altri con pochi mezzi e con risultati artistici scadenti, ciò nonostante da alcuni di essi continua a trasparire a tratti la grandezza di Keaton attore.
Neppure i film in cui recitò all'estero lasciano il segno e forse i suoi contributi migliori di questo periodo furono le collaborazioni alle sceneggiature di Una notte all'opera (A Night at the Opera) nel 1935 e Tre pazzi a zonzo (At the Circus) nel 1940, entrambi dei fratelli Marx, e alcune parti, tra queste si ricordino il giocatore di bridge in Viale del tramonto (1950) il vecchio pianista in Luci della ribalta (1952) (in cui fa spalla con il suo grande rivale Chaplin) e infine l'uomo che cancella se stesso nel cortometraggio Film (1966) unico film del drammaturgo teatrale Samuel Beckett.
Non degne di particolare nota sono documentari sulla sua vita come (The Buster Keaton Story e The Misadventures of Buster Keaton), mentre apprezzabile rimane la sua partecipazione a un episodio di Ai confini della realtà (The Twilight Zone) del 1961 (episodio 3.13, Once Upon a Time). L'anno prima aveva scritto, insieme a C. Samuels, un libro di memorie: My Wonderful World of Slapistick.
Partecipò anche ad alcune tournée del Circo Medrano e al film Due marines e un generale (1965) in cui recitò a fianco di Franco Franchi e Ciccio IngrassiaKeaton nel film recitò solo una battuta: "Thank you".
Tenuto ignaro di essere un malato terminale, Buster morì il 1º febbraio 1966 per un cancro ai polmoni, poco dopo la fine delle riprese del suo ultimo film, Dolci vizi al foro (A Funny Thing Happened on the Way to the Forum).
La moglie in seguito raccontò che morì poco dopo aver giocato tranquillamente a carte con i suoi amici, e ciò è confermato anche dal documentario del 1987 Buster Keaton:Un genio difficile da imitare di Kevin Brownlow e David Gill.
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anna- admin anna
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
James Stewart
FONTE: http://www.mymovies.it/biografia/?a=1752
In C'era una volta Hollywood James Stewart parla di se stesso in questi termini: Con l'avvento del sonoro molte carriere cessarono dall'oggi al domani. Gli studios, per adeguarsi, dovettero cominciare a cercare attori che sapessero parlare. È chiaro che il serbatoio doveva essere il teatro. Ecco, io ero uno dei tanti attori di teatro che arrivarono a Hollywood in cerca di fortuna". E l'ebbe.
Dal palcoscenico al grande schermo nel segno di Capra
James si era fatto le ossa in una celebre compagnia teatrale dell'epoca, siamo negli anni trenta, la "University Player"s, diretta da Joshua Logan. Scritturato dalla Metro si vide subito assegnare un ruolo di cantante, lui che era quasi stonato. Ma fu solo un errore di percorso. Ci pensa Frank Capra a mettere le cose a posto, dandogli la parte di protagonista nell'Eterna illusione. Stewart dichiara ancora: "Dopo quel film la gente cominciò a riconoscermi per strada". Capra lo vuole protagonista anche di Mr. Smith va a Washington. Tutte pietre miliari del cinema americano e del mondo. Nel '40 arriva addirittura l'Oscar, grazie a Scandalo a Filadelfia, di Cukor. Ecco che ha preso corpo il suo personaggio. L'uomo onesto, anche a oltranza, che deve lottare con grinta, quasi con dolore, per fare la sua conquista. Assomiglia in questo senso a Gary Cooper (altro grande "capriano"), ma quest'ultimo ha maggiori doti e appeal, mentre James parte ad handicap, dunque deve lottare di più, essere anche più bravo.
Un eroe americano
Nel dopoguerra Capra gli offre la chance più grande in quello che alcuni considerano il più grande film americano: La vita è meravigliosa. L'utopia della bontà assoluta è in ottime mani. Nel ruolo di George Beiley, che può vedere se stesso dal futuro, Stewart offre il massimo di sè. Da qual momento è uno dei personaggi più amati d'America, e non solo. Non è davvero un caso che Hollywood gli offra le parti di alcuni dei massimi eroi americani, eroi diversi, come Charles Lindberg e Glenn Miller. Eroismo, patria, devozione. Sono parole, e pratiche che portano Stewart ad essere politicamente un falco, anche se meno perentorio di un John Wayne. Col valore aggiunto dell'azione: Stewart ha davvero fatto la guerra, è stato davvero decorato ed è rimasto per tutta la vita nella riserva raggiungendo il grado di generale. Un insieme di accrediti che si sono naturalmente riverberati sulla sua carriera. È stato un attore amato dai massimi registi: Hitchcock, Ford, Capra, Wilder, De Mille, Cukor. Facciamo dei titoli: La finestra sul cortile, L'uomo che sapeva troppo, La donna che visse due volte, con Hitchcock. Cavalcarono insieme e L'uomo che uccise Liberty Valance, con Ford. Tutti film che sono nelle classifiche dei generi. Ma forse lo Stewart più puro e completo è quello dei western di Anthony Mann: Là dove scende il fiume, Lo sperone nudo, Terra lontana, L'uomo di Laramie, Winchester 73. Tutti capolavori. Col suo personaggio tenace, forte, giusto e dolente ormai perfezionato. Nel '76 c'è un ultimo, struggente confronto col suo omologo John Wayne, nel Pistolero. I due eroi, vecchi, gloriosi, mai più riproducibili, finivano insieme. Stewart è stato personaggio enorme e attore grandissimo, buono per tutti i ruoli. Che fossero onesti, naturalmente.
FONTE: http://www.mymovies.it/biografia/?a=1752
In C'era una volta Hollywood James Stewart parla di se stesso in questi termini: Con l'avvento del sonoro molte carriere cessarono dall'oggi al domani. Gli studios, per adeguarsi, dovettero cominciare a cercare attori che sapessero parlare. È chiaro che il serbatoio doveva essere il teatro. Ecco, io ero uno dei tanti attori di teatro che arrivarono a Hollywood in cerca di fortuna". E l'ebbe.
Dal palcoscenico al grande schermo nel segno di Capra
James si era fatto le ossa in una celebre compagnia teatrale dell'epoca, siamo negli anni trenta, la "University Player"s, diretta da Joshua Logan. Scritturato dalla Metro si vide subito assegnare un ruolo di cantante, lui che era quasi stonato. Ma fu solo un errore di percorso. Ci pensa Frank Capra a mettere le cose a posto, dandogli la parte di protagonista nell'Eterna illusione. Stewart dichiara ancora: "Dopo quel film la gente cominciò a riconoscermi per strada". Capra lo vuole protagonista anche di Mr. Smith va a Washington. Tutte pietre miliari del cinema americano e del mondo. Nel '40 arriva addirittura l'Oscar, grazie a Scandalo a Filadelfia, di Cukor. Ecco che ha preso corpo il suo personaggio. L'uomo onesto, anche a oltranza, che deve lottare con grinta, quasi con dolore, per fare la sua conquista. Assomiglia in questo senso a Gary Cooper (altro grande "capriano"), ma quest'ultimo ha maggiori doti e appeal, mentre James parte ad handicap, dunque deve lottare di più, essere anche più bravo.
Un eroe americano
Nel dopoguerra Capra gli offre la chance più grande in quello che alcuni considerano il più grande film americano: La vita è meravigliosa. L'utopia della bontà assoluta è in ottime mani. Nel ruolo di George Beiley, che può vedere se stesso dal futuro, Stewart offre il massimo di sè. Da qual momento è uno dei personaggi più amati d'America, e non solo. Non è davvero un caso che Hollywood gli offra le parti di alcuni dei massimi eroi americani, eroi diversi, come Charles Lindberg e Glenn Miller. Eroismo, patria, devozione. Sono parole, e pratiche che portano Stewart ad essere politicamente un falco, anche se meno perentorio di un John Wayne. Col valore aggiunto dell'azione: Stewart ha davvero fatto la guerra, è stato davvero decorato ed è rimasto per tutta la vita nella riserva raggiungendo il grado di generale. Un insieme di accrediti che si sono naturalmente riverberati sulla sua carriera. È stato un attore amato dai massimi registi: Hitchcock, Ford, Capra, Wilder, De Mille, Cukor. Facciamo dei titoli: La finestra sul cortile, L'uomo che sapeva troppo, La donna che visse due volte, con Hitchcock. Cavalcarono insieme e L'uomo che uccise Liberty Valance, con Ford. Tutti film che sono nelle classifiche dei generi. Ma forse lo Stewart più puro e completo è quello dei western di Anthony Mann: Là dove scende il fiume, Lo sperone nudo, Terra lontana, L'uomo di Laramie, Winchester 73. Tutti capolavori. Col suo personaggio tenace, forte, giusto e dolente ormai perfezionato. Nel '76 c'è un ultimo, struggente confronto col suo omologo John Wayne, nel Pistolero. I due eroi, vecchi, gloriosi, mai più riproducibili, finivano insieme. Stewart è stato personaggio enorme e attore grandissimo, buono per tutti i ruoli. Che fossero onesti, naturalmente.
Strawberry Fields- satellite artificiale
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Strawberry Fields ha scritto:Ma forse lo Stewart più puro e completo è quello dei western di Anthony Mann: Là dove scende il fiume, Lo sperone nudo, Terra lontana, L'uomo di Laramie, Winchester 73. Tutti capolavori.
il tempo è galantuomo. Ricordo i tempi prima dei dizionari e di internet. Vantavo la bellezza de Lo sperone nudo e c'erano cinefili che non credevano neanche che esistesse
mambu- cometa
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Mi pare che da questi parti girino molte gattare e canare.
Arri9chisco allora la documentazione su un paio di attrici già trattate
Carole Lombard
e, per le canare, la Giòan
Arri9chisco allora la documentazione su un paio di attrici già trattate
Carole Lombard
e, per le canare, la Giòan
mambu- cometa
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Simone Signoret
- Spoiler:
- Figlia primogenita di André Kaminker, ebreo polacco, e della parigina Georgette Signoret, Simone nacque a Wiesbaden che, pur in territorio tedesco, si trovava nel 1921 sotto l'occupazione francese seguita alla prima guerra mondiale.
André Kaminker (1888-1961), inventore della traduzione simultanea (nel 1934 tradusse anche un discorso ufficiale tenuto da Hitler a Norimberga), fu uno dei fondatori dell'Associazione internazionale interpreti (AIIC) e più tardi fu anche capo interprete del Consiglio d'Europa. Al tempo della nascita di Simone si trovava in Renania al seguito dell'esercito francese; nel 1923 Kaminker rientrò in Francia e si stabilì a Neuilly-sur-Seine, sobborgo di Parigi, dove Simone frequentò le scuole elementari, medie e superiori.
Dopo essersi trasferita con la famiglia in Bretagna nel 1939 per godere di una maggiore sicurezza durante la guerra, Simone tornò a Parigi nel 1941 e trovò lavoro come segretaria per Le nouveau temps, rivista fondata da Jean Luchaire, padre della sua ex compagna di scuola Corinne. Proprio grazie a Corinne, che aveva cominciato a recitare nel cinema, Simone fu introdotta nel mondo cinematografico e adottò come nome d'arte quello della madre.
Nel 1943 conosce Yves Allégret e nel 1948 lo sposa. La loro figlia Catherine era nata il 9 aprile 1946. Nello stesso anno Simone conosce la popolarità grazie al ruolo da lei interpretato nel film L'albero della malavita (Macadam), che le frutta il premio Suzanne Bianchetti nel 1947. Allégret offre a Simone Signoret i suoi primi ruoli importanti, tra cui quello della prostituta sfruttata in Dédée d'Anvers (1947).
Era l'epoca d'oro di Saint-Germain-des-Prés; Simone frequentava il mondo intellettuale della Rive Gauche, portava pantaloni di flanella, maglioni fino al collo e fumava le Caporal. Anticonformista, combattiva, devota alla causa della giustizia sociale, qui un giorno conobbe Jacques Prévert. Qualche anno dopo, Prévert le presentò un italiano arrivato in Francia da bambino, uno scaricatore di porto che la Piaf aveva scoperto e lanciato come cantante. Si chiamava Ivo Livi, poi Yves Montand.
Nell'agosto 1949, Simone decise di lasciare suo marito e di andare a vivere con Yves Montand. Dal loro matrimonio (dicembre 1951), il loro burrascoso legame durerà tutta la vita.
Dopo alcuni film prestigiosi, oggi considerati dei classici, quali Il piacere e l'amore (La ronde) di Max Ophüls (1950) e Casco d'oro (Casque d'or) di Jacques Becker, nel 1960 ottiene l'Oscar come migliore attrice protagonista per La strada dei quartieri alti (Room at the top). Nello stesso anno, sotto la direzione di Antonio Pietrangeli, veste i panni ancora una volta di prostituta agli sgoccioli della sua carriera nel film italiano Adua e le compagne, affiancata nel cast da Sandra Milo, Marcello Mastroianni e Domenico Modugno.
Durante il viaggio negli Stati Uniti per il ritiro del premio Oscar, la coppia Montand-Signoret ha occasione di conoscere Marilyn Monroe, al tempo sposata allo scrittore Arthur Miller. Le due coppie simpatizzano e Marilyn impone Yves Montand come suo partner nel film Facciamo l'amore (Let's Make Love), che avrebbe dovuto girare di lì a poco. Simone riparte per la Francia e fra i due attori nasce un legame passionale che diventa in breve di dominio pubblico. Al termine delle riprese e dopo la promozione del film, Yves Montand si riconcilia con sua moglie.
Anche la Signoret sarà invitata in America ad interpretare alcuni film tra il 1965 e il 1968: La nave dei folli (Ship of Fools) di Stanley Kramer, Chiamata per il morto (The Deadly Affair) e Il gabbiano (The Seagull), entrambi di Sidney Lumet, Assassinio al terzo piano (Games) di Curtis Harrington. In seguito sceglierà ruoli forti e determinati, spesso in film di denuncia civile come La confessione (L'Aveu) di Costa-Gavras (1970).
Nel 1976, Simone Signoret pubblica la sua autobiografia La nostalgia non è più quella di un tempo e nel 1985 il romanzo Addio Volodia.
Nel 1977, la sua interpretazione in La vita davanti a sé (La Vie devant soi) di Moshe Mizrahi, le varrà il premio César 1978 come migliore attrice, mentre il film vince l'Oscar al miglior film straniero. Narra la storia di Madame Rosa, ex prostituta ebrea, residente in un quartiere dove coabitano neri, arabi ed ebrei. Scampata al campo di concentramento, decide di allevare i figli delle colleghe. In miseria, alla fine dei suoi giorni, ha accanto a sé uno di loro, Momo.
L'ultimo film interpretato dalla Signoret, L'Etoile du Nord, risale al 1981. Successivamente la sua salute comincia a deteriorarsi e una grave malattia della retina la rende progressivamente cieca. Il 30 settembre 1985, a 64 anni, Simone si spegne nella grande villa di Autheuil-sur-Herne, che lei e Yves avevano acquistato nel 1954 dopo i primi grandi successi.
http://it.wikipedia.org/wiki/Simone_Signoret
seunanotte- cometa
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Myrna Loy
- Spoiler:
- Figlia di un politico di origine scozzese, Myrna Loy crebbe con la passione per la musica, di cui era appassionata la madre, e per il teatro. Dopo la prematura morte del padre, si trasferì con la madre e il fratellino nei pressi di Los Angeles, dove, ancora quindicenne, entrò a far parte di alcune compagnie locali come attrice e ballerina.
Durante una rappresentazione venne notata dalla moglie di Rodolfo Valentino, che la segnalò insistentemente al marito perché recitasse nel suo nuovo film, A che prezzo la bellezza? (What Price Beauty?, 1925). La giovanissima Myrna Loy fece così la sua prima apparizione cinematografica nel ruolo di una femme fatale.
Grazie al suo fascino intrigante e ai suoi lineamenti vagamente esotici, l'attrice fu impiegata durante tutti gli anni venti in ruoli di seduttrice e di vamp. Ma il vero grande successo arrivò con l'avvento del sonoro, che le diede l'opportunità di mettere in luce il suo sorprendente brio recitativo e la sua solare bellezza, in ruoli di ironica moglie o capricciosa ereditiera.
Nel 1933 venne scritturata dalla Metro Goldwyn Mayer e, l'anno seguente, ottenne un grande successo al fianco di William Powell nella gustosa commedia L'uomo ombra (The Thin Man), diretta dal grande W.S. Van Dyke, e tratta dall'omonimo romanzo di Dashiell Hammett, in cui i due impersonarono una coppia di coniugi detective, ironici e amanti dell'alcol. Il film, che avrà ben cinque seguiti (l'ultimo dei quali, Il canto dell'uomo ombra, The Song of the Thin Man, risale al 1947) offrì all'attrice la possibilità di dimostrarsi scanzonata, fascinosa e raffinata interprete brillante.
Negli anni trenta e quaranta tornò in altre occasioni in coppia con William Powell, sempre sfavillante interprete di numerose commedie, come La donna del giorno (Libeled Lady, 1936) di Jack Conway, Il paradiso delle fanciulle (The Great Ziegfeld, 1936) di Robert Z. Leonard, Gli arditi dell'aria (Test Pilot, 1938) di Victor Fleming, con Clark Gable, Ti amo ancora (I Love You Again, 1940) di W.S. Van Dyke e La casa dei nostri sogni (Mr. Blandings builds his dream house, 1947) di H.C. Potter, con Cary Grant; ma dimostrò grande versatilità anche in ruoli drammatici e di maggior impegno, come ne I migliori anni della nostra vita (The best years of our lives, 1946), diretto da William Wyler, in cui impersonò con grande intensità la dolce moglie di un reduce di guerra (interpretato da Fredric March).
Durante la Seconda guerra mondiale, si dedicò con costante impegno a spettacoli di intrattenimento per le truppe americane al fronte, e come organizzatrice di attività politiche e culturali per l'UNESCO.
Negli anni cinquanta e sessanta l'attrice diradò i suoi impegni cinematografici, limitando le sue apparizioni a film come Dodici lo chiamano papà (Cheaper by the dozen, 1950) accanto a Clifton Webb, Dalla terrazza (From the terrace, 1960), con Paul Newman, e Sento che mi sta succedendo qualcosa (The April fools, 1969) con Jack Lemmon.
Adolphe Menjou e Myrna Loy sul set di The Ambassador's Daughter (1956)
Negli anni settanta si dedicò maggiormente al teatro e alla televisione, ritirandosi dalle scene nel 1982.
Nel 1991 le venne conferito il Premio Oscar alla carriera.
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Veronica Lake
Veronica Lake, pseudonimo di Constance Frances Marie Ockleman (Brooklyn, 14 novembre 1922 – Burlington, 7 luglio 1973), è stata un'attrice statunitense, che godette di enorme popolarità negli anni '40 soprattutto grazie ai ruoli da protagonista in film noir in coppia con Alan Ladd.
Passerà però alla storia come icona di stile (famosa la sua pettinatura Pekaboo Bang, che le copriva metà del volto) e come diva di incredibile avvenenza. Non per niente la grande Bette Davis la definì "la persona più bella mai arrivata a Hollywood".
Nata a Brooklyn (New York) nel 1922, all'età di un anno la futura Veronica si trasferisce con la famiglia in Florida, per poi tornare di nuovo a Brooklyn nel 1927. Il padre Harry, che lavorava nel settore petrolifero muore in un'esplosione nel 1932, lasciando la figlia orfana all'età di 10 anni. L'anno successivo la madre si risposa con l'amico Anthony Keane, dal quale Constance prende il nuovo cognome.
In quel periodo frequenta una rigida scuola cattolica a Montreal in Canada, per poi passare ad un liceo di Miami: è in questo periodo che a Constance viene diagnosticata una probabile prima forma di schizofrenia.
Trasferitasi nel 1938 con la famiglia a Beverly Hills, frequenta una rinomata scuola di recitazione e comincia ad ottenere piccole parti in alcuni film della RKO con il nome di Constance Keane. Il regista di uno di questi film (Sorority House), John Farrow, la nota per la frangia di capelli biondi che le cade naturalmente sull'occhio destro e che la circonda di mistero. Presentata da Farrow al produttore Arthur Hornblow, Constance sarà messa presto sotto contratto dalla Paramount (1941), per iniziali 75 dollari la settimana, con il nome d'arte di Veronica Lake.
Lo stesso anno dà alla luce la figlia Elaine, avuta dal marito John Detlie (sposato l'anno prima). Il 1941 è inoltre l'anno del suo grande esordio, con I cavalieri del cielo ("I wanted wings"), accanto a Ray Milland.
Segue una serie di film di grande successo, come I dimenticati (1941), Il fuorilegge (1942), Ho sposato una strega (1942), La chiave di vetro (1942) e Sorelle in armi (1943), un film di propaganda bellica con Paulette Goddard e Claudette Colbert (che durante le riprese litigarono continuamente).
I film più amati dal pubblico e dalla critica sono i noir in cui è in coppia con Alan Ladd (come Il fuorilegge e La chiave di vetro): duo nato per necessità (alla Paramount, Ladd era l'unico attore di statura abbastanza bassa per recitare al fianco di Veronica, che era alta solo 1.50m!), si rivela formidabile nella resa sullo schermo.
Ma parallelamente al successo e ai cospicui guadagni (fino a 4.500 dollari la settimana), la Lake, a causa della sua personalità contorta e dei suoi disturbi psichici, si guadagna la fama di persona difficile e viene etichettata da più di un collega come "the bitch" [senza fonte]. Veronica subisce altre difficili esperienze: il suo secondo figlio muore nel 1943 ad appena una settimana dalla nascita, divorzia dal marito, riceve critiche stroncanti per Un'ora prima dell'alba (1944), e le viene persino chiesto dal governo di cambiare look, in quanto molte operaie americane, avendone imitato la pettinatura, furono vittime di gravi infortuni sul lavoro, a causa delle lunghe capigliature che andavano a incastrarsi nei macchinari industriali. Secondo alcuni, la nuova acconciatura priva Veronica del suo fascino, ma è un dato di fatto che ormai il successo dell'attrice al botteghino non è più quello degli anni precedenti.
Dal 1945 in poi, la Paramount la relega ad alcuni film di secondo piano, ad eccezione del noir La dalia azzurra (1946), sempre accanto a Ladd.
Mentre le sue condizioni di salute peggiorano, il secondo marito, il regista André De Toth, la dissuade dal continuare a vedere lo psichiatra e Veronica comincia a bere pesantemente, il tutto a ulteriore svantaggio della sua carriera, che subisce un brusco arresto nel 1948, quando la Paramount rescinde il suo contratto.
Per la bellissima attrice comincia una spirale tragica: citata in giudizio dalla madre, per non avere provveduto a lei adeguatamente, e dal fisco per evasione, nel 1952 la Lake deve dichiarare bancarotta (dal 1948 aveva girato solo 2 film) e lo stesso anno divorzia da De Toth, da cui ha avuto due figli. Dopo un periodo di lavoro in teatro e in televisione, nel 1955 sposa il compositore Joseph McCarthy.
Nel 1959 un infortunio alla caviglia le impedisce di continuare a lavorare: divorzia da McCarthy e torna a New York, dove viene più volte arrestata per ubriachezza e viene scoperta a lavorare come cameriera al bar di un albergo. Questo scoop la riporta alla ribalta, tanto che ottiene qualche lavoro in tv o in film di secondo piano.
Negli anni '60 la sua paranoia schizofrenica peggiora notevolmente: infatti, dopo un ultimo periodo di notorietà (grazie alla pubblicazione della sua autobiografia e al suo ultimo film) e un breve soggiorno (con relativo breve matrimonio) in Inghilterra, viene ricoverata nel 1973 e non le è più permesso vedere i figli. Dimessa lo stesso anno, muore di epatite a Burlington, Vermont.
Curiosità
La pettinatura che la rese fatale fu uno stratagemma per nascondere una lieve forma di strabismo.
Cominciò a prendere lezioni di volo nel 1946 e pilotò il suo piccolo aereo da Los Angeles a New York nel 1948.
Appare nel ruolo di sè stessa in ben 6 film.
Nel ruolo di una prostituta sosia di Veronica Lake, Kim Basinger vince il premio Oscar come attrice non protagonista in L.A. Confidential. Nel film si vede anche uno spezzone de Il fuorilegge.
Il video di Britney Spears "Lucky" (1998) è un tributo a Veronica Lake.
Il personaggio di Jessica Rabbit è stato ispirato da Veronica Lake.
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Elsa Lanchester
Elsa Lanchester, nome d'arte di Elizabeth Sullivan (Londra, 28 ottobre 1902 – Woodland Hills, 26 dicembre 1986), è stata un'attrice britannica
La Lanchester si avvicinò al mondo dello spettacolo fin da bambina, studiando danza con la celeberrima Isadora Duncan. Dotata di un forte temperamento, dopo aver esordito nel music-hall come ballerina, a vent'anni iniziò a lavorare come attrice sui palcoscenici londinesi, debuttando nello spettacolo Thirty Minutes in a Street (1922).
Nel 1927 conobbe l'attore Charles Laughton, che sposò due anni più tardi. Con lui si trasferì negli Stati Uniti, dove iniziò a lavorare nel cinema, talvolta al fianco del marito: nel 1933 interpretò il ruolo di Anna di Clèves, una delle mogli del tirannico Enrico VIII (interpretato da Laughton stesso) nel film Le sei mogli di Enrico VIII (1933) di Alexander Korda.
Nel 1935 interpretò quello che probabilmente rimane il suo ruolo più celebre, quello della bizzosa ed insofferente moglie di Frankenstein nell'acclamato horror La moglie di Frankenstein (1935) di James Whale, accanto a Boris Karloff.
Con il prosieguo della carriera, la Lanchester si specializzò in ruoli di vivace caratterista. In tale veste apparve accanto a Cary Grant e Loretta Young ne La moglie del vescovo (1947), mentre due anni dopo si guadagnò una nomination all'Oscar per la sua interpretazione nel film Le due suore (1949).
Tornò ad affiancare suo marito al cinema nel 1957, quando interpretò il ruolo dell'onnipresente e ossessiva Miss Plimsoll, la querula infermiera di un avvocato a riposo (interpretato appunto da Laughton) in Testimone d'accusa (1957) di Billy Wilder, per cui si guadagnò una nuova nomination all'Oscar.
A partire dagli anni sessanta si dedicò principalmente alla televisione, ma continuò a ritagliarsi ruoli secondari in film come il disneyano Mary Poppins (1964) di Robert Stevenson, in cui interpretò un'insofferente governante, e il thriller farsesco Invito a cena con delitto (1976) di Robert Moore, in cui impersonò un'eccentrica detective.
Elsa Lanchester si spense nel 1986 a causa di una bronchite, all'età di ottantaquattro anni.
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Ultima modifica di ubik il Dom 29 Mag - 20:20 - modificato 1 volta.
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