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... e le stelle si fanno guardare
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Strawberry Fields
Lucy Gordon
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... e le stelle si fanno guardare
Qui si parla di attrici........ e in via del tutto eccezionale anche di attori.
..............ovviamente inzio io ...è inutile che spingiate
____________________
"Più della Garbo, il volto, gli occhi, i capelli tagliati alla Giovanna D'Arco di lei il suo sorriso.Chi l'ha vista non può dimenticarla. E' l'attrice moderna per eccellenza, poiché, come le statue antiche, è fuori del tempo."
"Basta vederla per credere alla bellezza, alla vita, alla realtà dei personaggi. Possiede quella naturalezza che soltanto i primitivi conservano davanti all'obiettivo."
"E' l'intelligenza della recitazione cinematografica, è la più perfetta incarnazione della fotogenia, riassume da sola tutto ciò che il cinema muto degli ultimi tempi cercava: l'estrema naturalezza e l'estrema semplicità. La sua arte è così pura da diventare invisibile."
(Henri Langlois, direttore della Cinémathèque Française, pioniere del restauro e della conservazione delle pellicole cinematografiche.)
"E' la sola donna che abbia la capacità di trasfigurare un film - non importa quale - in un capolavoro ... la sua poesia è la poesia dell'amore raro, del magnetismo ad alta tensione, della bellezza femminile che rifulge come i soli di dieci galassie. E' la perfetta apparizione, la donna dei sogni, l'essere senza cui il cinema sarebbe povera cosa. E' più che un mito, è una presenza magica, un'illusione reale, il magnetismo del cinema."
"La sua vivida bellezza, la sua recitazione assolutamente unica (non so di attrici tragiche più grandi) la predispose al più alto rango. Nessuna donna esercitò più magia, nessuna ebbe il suo genio per l'interpretazione. Tuttavia scomparve dalle scene nel 1931, in modo affatto inesplicabile, all'età di ventiquattro anni..."
(Ado Kyrou, citico e regista francese di origine greca. Autore dei due monumentali saggi)
Di chi stanno parlando? ...... Louise Brooks
Mary Louise Brooks.
Nata a Cherryvale, Kansas, 14 Novembre 1906, da Leonard Porter Brooks, avvocato, e Myra Rude.
Morta a Rochester, New York, 8 Agosto 1985. Causa della morte: complicazioni dovute a enfisema polmonare.
La madre Myra sarà determinante nella formazione del carattere di Louise. Donna di una certa cultura, amante della musica, convincerà Louise a dedicarsi alla danza fin dai quindici anni.
Entra a far parte della Denishawn Dancers, dalla quale verrà cacciata a causa del suo carattere ribelle. Lavora allora nei George White Scandals, al Café de Paris di Londra e nelle riviste Ziegfiel Follies. Il suo spirito di indipendenza e i suoi atteggiamenti disinibiti le procurano non pochi problemi. Esordisce nel cinema nel 1925, in "The street of forgotten men". Seguono "A social celebrity", "It's the old Army game" e "Love 'em and leave 'em". Tutti questi film vengono prodotti a New York.
Nel luglio del 1926 Louise sposa Eddie Sutherland, regista di "It's the old Army game". Si trasferisce a Hollywood.
"...lo sposai perché era un uomo attraente che mi aveva ricoperta d'oro. Apparteneva anima e corpo a Hollywood, e io, là, mi sentivo un'estranea: lui amava le feste, io la solitudine."
Nel 1928 divorzia. Nello stesso anno è in "Beggars of life" e in "A girl in every port" di Howard Hawks. Il grande regista austriaco G.W.Pabst, preferendola a Marlene Dietrich, la chiama in Europa per interpretare la parte della Lulu di Wedekind in una trasposizione cinematografica ("Lulu o il vaso di pandora"), a cui seguirà "Diario di una ragazza perduta". Entrambi i film sono le migliori prove registiche di Pabst e le migliori interpretazioni drammatiche della Brooks.
Nel 1930 è la protagonista di un film dell'italiano Genina, "Prix de beauté", girato a Parigi. Di lei lo stesso Genina disse: "Molto bella, straordinariamente fotogenica, sarebbe stata un'ottima attrice se non avesse avuto il vizio di bere. Non faceva che inghiottire cognac e champagne. La sua ubriachezza cominciava alle quattro del mattino [...] Dormiva sempre [...] si svegliava solo per girare la scena; dopodiché tornava a bere e si rimetteva a dormire. Era l'amante di un barman. Il giorno in cui dovevamo fare l'ultima scena, sparì di scena. Fu necessario affidarsi alla polizia, che la trovò in un castello, naturalmente ubriaca."
E' il periodo in cui Louise Brooks anela all'autodistruzione. Nel 1930 si rifiuterà di doppiare un suo precedente film, "The canary murder case". Hollywood non la perdonerà mai. A ciò si aggiunge il declino dell'ideale di bellezza impersonato da Louise.
L'ultima possibilità per rimanere una stella di prima grandezza gli viene offerta da William Wellman, che le chiede di essere la protagonista di "The public enemy", con James Cagney. Incredibilmente non accetterà la proposta. Il film, un grandissimo capolavoro, verrà poi interpretato da Jean Harlow. In seguito girerà film minori. Un progetto di Pabst, che voleva lei e la Garbo insieme in un film, non si concretizzerà. Nel 1935 si risposa e poi divorzia nel giro di pochi mesi. Nel 1936 è in due western, "Empty Saddles" e "Overland stage raiders", con John Wayne. Saranno i suoi ultimi film.
Nel 1940 apre una scuola di danza a Wichita. La chiuderà nel 1943 per trasferisi a New York.
Scrive articoli sul cinema per "Positif" e "Sight and sound".
Dal 1956 Louise è a Rochester (New York) dove rimane fino alla morte.
Negli anni '60 Guido Crepax creerà il personaggio di Valentina ispirandosi a lei.
Nel 1979 Kenneth Tynan le dedica un importante articolo sul New Yorker, che la riporta all'attenzione del pubblico.
Nel 1982 pubblica "Lulu in Hollywood", una raccolta di suoi articoli che ha grande successo. Accantonerà invece il progetto di scrivere la sua autobiografia.
Muore nel 1985. Gravemente malata, rifiuta i farmaci antidolore per poter rimanere lucida fino alla morte.
grazie a: http://www.akkuaria.com/louise/chie.htm
..............ovviamente inzio io ...è inutile che spingiate
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"Più della Garbo, il volto, gli occhi, i capelli tagliati alla Giovanna D'Arco di lei il suo sorriso.Chi l'ha vista non può dimenticarla. E' l'attrice moderna per eccellenza, poiché, come le statue antiche, è fuori del tempo."
"Basta vederla per credere alla bellezza, alla vita, alla realtà dei personaggi. Possiede quella naturalezza che soltanto i primitivi conservano davanti all'obiettivo."
"E' l'intelligenza della recitazione cinematografica, è la più perfetta incarnazione della fotogenia, riassume da sola tutto ciò che il cinema muto degli ultimi tempi cercava: l'estrema naturalezza e l'estrema semplicità. La sua arte è così pura da diventare invisibile."
(Henri Langlois, direttore della Cinémathèque Française, pioniere del restauro e della conservazione delle pellicole cinematografiche.)
"E' la sola donna che abbia la capacità di trasfigurare un film - non importa quale - in un capolavoro ... la sua poesia è la poesia dell'amore raro, del magnetismo ad alta tensione, della bellezza femminile che rifulge come i soli di dieci galassie. E' la perfetta apparizione, la donna dei sogni, l'essere senza cui il cinema sarebbe povera cosa. E' più che un mito, è una presenza magica, un'illusione reale, il magnetismo del cinema."
"La sua vivida bellezza, la sua recitazione assolutamente unica (non so di attrici tragiche più grandi) la predispose al più alto rango. Nessuna donna esercitò più magia, nessuna ebbe il suo genio per l'interpretazione. Tuttavia scomparve dalle scene nel 1931, in modo affatto inesplicabile, all'età di ventiquattro anni..."
(Ado Kyrou, citico e regista francese di origine greca. Autore dei due monumentali saggi)
Di chi stanno parlando? ...... Louise Brooks
Mary Louise Brooks.
Nata a Cherryvale, Kansas, 14 Novembre 1906, da Leonard Porter Brooks, avvocato, e Myra Rude.
Morta a Rochester, New York, 8 Agosto 1985. Causa della morte: complicazioni dovute a enfisema polmonare.
La madre Myra sarà determinante nella formazione del carattere di Louise. Donna di una certa cultura, amante della musica, convincerà Louise a dedicarsi alla danza fin dai quindici anni.
Entra a far parte della Denishawn Dancers, dalla quale verrà cacciata a causa del suo carattere ribelle. Lavora allora nei George White Scandals, al Café de Paris di Londra e nelle riviste Ziegfiel Follies. Il suo spirito di indipendenza e i suoi atteggiamenti disinibiti le procurano non pochi problemi. Esordisce nel cinema nel 1925, in "The street of forgotten men". Seguono "A social celebrity", "It's the old Army game" e "Love 'em and leave 'em". Tutti questi film vengono prodotti a New York.
Nel luglio del 1926 Louise sposa Eddie Sutherland, regista di "It's the old Army game". Si trasferisce a Hollywood.
"...lo sposai perché era un uomo attraente che mi aveva ricoperta d'oro. Apparteneva anima e corpo a Hollywood, e io, là, mi sentivo un'estranea: lui amava le feste, io la solitudine."
Nel 1928 divorzia. Nello stesso anno è in "Beggars of life" e in "A girl in every port" di Howard Hawks. Il grande regista austriaco G.W.Pabst, preferendola a Marlene Dietrich, la chiama in Europa per interpretare la parte della Lulu di Wedekind in una trasposizione cinematografica ("Lulu o il vaso di pandora"), a cui seguirà "Diario di una ragazza perduta". Entrambi i film sono le migliori prove registiche di Pabst e le migliori interpretazioni drammatiche della Brooks.
Nel 1930 è la protagonista di un film dell'italiano Genina, "Prix de beauté", girato a Parigi. Di lei lo stesso Genina disse: "Molto bella, straordinariamente fotogenica, sarebbe stata un'ottima attrice se non avesse avuto il vizio di bere. Non faceva che inghiottire cognac e champagne. La sua ubriachezza cominciava alle quattro del mattino [...] Dormiva sempre [...] si svegliava solo per girare la scena; dopodiché tornava a bere e si rimetteva a dormire. Era l'amante di un barman. Il giorno in cui dovevamo fare l'ultima scena, sparì di scena. Fu necessario affidarsi alla polizia, che la trovò in un castello, naturalmente ubriaca."
E' il periodo in cui Louise Brooks anela all'autodistruzione. Nel 1930 si rifiuterà di doppiare un suo precedente film, "The canary murder case". Hollywood non la perdonerà mai. A ciò si aggiunge il declino dell'ideale di bellezza impersonato da Louise.
L'ultima possibilità per rimanere una stella di prima grandezza gli viene offerta da William Wellman, che le chiede di essere la protagonista di "The public enemy", con James Cagney. Incredibilmente non accetterà la proposta. Il film, un grandissimo capolavoro, verrà poi interpretato da Jean Harlow. In seguito girerà film minori. Un progetto di Pabst, che voleva lei e la Garbo insieme in un film, non si concretizzerà. Nel 1935 si risposa e poi divorzia nel giro di pochi mesi. Nel 1936 è in due western, "Empty Saddles" e "Overland stage raiders", con John Wayne. Saranno i suoi ultimi film.
Nel 1940 apre una scuola di danza a Wichita. La chiuderà nel 1943 per trasferisi a New York.
Scrive articoli sul cinema per "Positif" e "Sight and sound".
Dal 1956 Louise è a Rochester (New York) dove rimane fino alla morte.
Negli anni '60 Guido Crepax creerà il personaggio di Valentina ispirandosi a lei.
Nel 1979 Kenneth Tynan le dedica un importante articolo sul New Yorker, che la riporta all'attenzione del pubblico.
Nel 1982 pubblica "Lulu in Hollywood", una raccolta di suoi articoli che ha grande successo. Accantonerà invece il progetto di scrivere la sua autobiografia.
Muore nel 1985. Gravemente malata, rifiuta i farmaci antidolore per poter rimanere lucida fino alla morte.
grazie a: http://www.akkuaria.com/louise/chie.htm
Lucy Gordon- agente critico
- Messaggi : 2903
Data d'iscrizione : 07.03.11
Re: ... e le stelle si fanno guardare
Che bel 3D
Ci son talmente tante foto favolose di Louise Brooks che non saprei quale postare.
Ci son talmente tante foto favolose di Louise Brooks che non saprei quale postare.
Strawberry Fields- satellite artificiale
- Messaggi : 1139
Data d'iscrizione : 06.03.11
Re: ... e le stelle si fanno guardare
Strawberry Fields ha scritto:Che bel 3D
Ci son talmente tante foto favolose di Louise Brooks che non saprei quale postare.
.........vero Straw, bellissime le sue foto
nudi compresi
Lucy Gordon- agente critico
- Messaggi : 2903
Data d'iscrizione : 07.03.11
Re: ... e le stelle si fanno guardare
Ha detto:
"Mi piace svegliarmi ogni mattina e sentire accanto a me la presenza di un nuovo uomo"
Hanno detto:
"Attrice dotata di una tecnica straordinaria. Nei film di gangster, usava il seno alla stessa maniera di un uomo che maneggia una pistola"
Il suo vero nome era Harlean Harlow Carpenter.
Studi e formazione: 'School for Girls' di Hollywood.
'Bionda platino'; questo l'appellativo comune, derivato dalla sua performance in La donna di platino del 1931, usato per una delle regine del jet-set hollywoodiano. Stella di prima grandezza, poco nel muto e molto nel sonoro, al centro dello Star-System, è la sola diva del cinema americano ricordata più per la fisicità, le vicende private, familiari e coniugali, che non per i film interpretati, per lo più, eccetto rari titoli, sconosciuti al grande pubblico.
Dopo una lunga trafila come figurante, spesso senza accredito, trova la svolta della carriera grazie a Howard Hughes, potente multimiliardario a capo della RKO, che la 'costruisce' ad immagine di provocante sex-girl, grazie al portamento naturale accompagnato da un trucco, che definire eccentrico è poco, con chioma ossigenata, sopraccigli completamente rasati e disegnati a matita in forma di arco. Trucco pesantissimo e che la proponeva visivamente in un'età maggiore.
Con il look delle sopracciglie lancia una nuova moda, presto imitata da giovani ragazze americane, ma anche da alcune dive del cinema.
L'inizio è a dir poco terrificante; film e interpretazioni camminano a braccetto verso l'orrendo, ma negli anni a venire, perfezionando il suo stile e modo di recitare, ottiene popolarità e un notevole credito. Nel 1931, in Nemico pubblico conquista le scene che conferma nei successivi La donna di platino e Lo schiaffo.
Seducente sui set, autentica e sfrontata, sempre impegnata in ruoli di rovina-uomini, è stata spesso messa in parallelo con altre due vamp della provocazione cinematografica del periodo, Mae West e Clara Bow detta 'Spitfire'. Ma la sua dimensione, grazie al perfezionamento impressogli da due registi di punta come Fleming e Cukor, esce dai binari dell'istigazione per delinearsi in forme quiete e sicuramente 'normali'.
Nel suo ultimo anno alla RKO rifiuta il ruolo, poi andato a Fay Wray, in King Kong (1933) e nello stesso anno quello nel film horror Freaks, sostituita da Olga Baclanova.
Nel 1932 scinde il contratto con la RKO e passa alla MGM. Nel secondo periodo della carriera si mostra, forse troppo tardi, attrice di rango; recita al fianco dei mostri sacri del cinema (su tutti Clark Gable, ben 5 film girati assieme) e conquista meriti grazie alle interpretazioni in Red-Headed Woman, Sui mari della Cina, La donna del giorno, Gelosia e Proprietà riservata.
Nel 1934, scrive un romanzo, "Today is Tonight", pubblicato soltanto nel 1965.
Pur di mantenere la linea a livello giovanile, nel corso della carriera assume una dieta a base di verdure, ortaggi e insalate; e la notte dorme sempre completamente nuda per paura che qualsiasi intimo possa arrossargli la pelle.
E' stata, con Hedy Lamarr, la principale fonte d'ispirazione per Bob Kane nel disegno del personaggio The Catwoman/Kitka in "Batman".
Muore improvvisamente di nefrite a soli 26 anni, nel mezzo della lavorazione di Saratoga, ugualmente portato a conclusione attraverso uno scempio causato da incastri ripetuti in fase di montaggio. Lascia un patrimonio calcolato intorno a 1 milione di dollari (del 1937) interamente alla madre.
Su di lei, si sono articolati nel corso dei decenni infinite discussioni pubblicate da giornali scandalistici, biografie romanzate e gossip di ogni genere. E' stata amante di un gangster, Abner Zwillman e del boxer Max Baer. Ma il risalto scandalistico è sempre riconducibile nella vita adolescenziale - condotta da una madre grintosa e un patrigno interessato al denaro, che la spinsero verso Hollywood in cerca di fortuna - e in quella coniugale, torbida, iniziata con un matrimonio d'interesse quando aveva soltanto 16 anni.
In sua memoria - caso unico - realizzati tre film biografici a partire dal 1965; il primo, diretto da Gordon Douglas, Jean Harlow, la donna che non sapeva amare, storicamente inattendibile, con Carroll Baker, inadeguata a causa dell'età avanzata, nel ruolo della Harlow. Il secondo, Harlow (inedito in Italia e il migliore dei tre), diretto da Alex Segal con una convincente Carol Lynley. Il terzo, parodia di Andy Warhol dal titolo Harlot, interpretato da Mario Montez truccato da donna.
Sposata tre volte con due divorzi. Primo matrimonio con l'imprenditore Charles Fremont McGrew, poi con lo sceneggiatore-produttore della MGM Paul Bern, morto suicida nel 1932; quindi, terze nozze con il fotografo Harold Rosson. Non fa in tempo a sposare l'attore William Powell per improvvisa morte sopraggiunta.
Grazie a: www.cinekolossal.com/star/g_h_i/harlow/
"Mi piace svegliarmi ogni mattina e sentire accanto a me la presenza di un nuovo uomo"
Hanno detto:
"Attrice dotata di una tecnica straordinaria. Nei film di gangster, usava il seno alla stessa maniera di un uomo che maneggia una pistola"
Jean Harlow
Il suo vero nome era Harlean Harlow Carpenter.
Studi e formazione: 'School for Girls' di Hollywood.
'Bionda platino'; questo l'appellativo comune, derivato dalla sua performance in La donna di platino del 1931, usato per una delle regine del jet-set hollywoodiano. Stella di prima grandezza, poco nel muto e molto nel sonoro, al centro dello Star-System, è la sola diva del cinema americano ricordata più per la fisicità, le vicende private, familiari e coniugali, che non per i film interpretati, per lo più, eccetto rari titoli, sconosciuti al grande pubblico.
Dopo una lunga trafila come figurante, spesso senza accredito, trova la svolta della carriera grazie a Howard Hughes, potente multimiliardario a capo della RKO, che la 'costruisce' ad immagine di provocante sex-girl, grazie al portamento naturale accompagnato da un trucco, che definire eccentrico è poco, con chioma ossigenata, sopraccigli completamente rasati e disegnati a matita in forma di arco. Trucco pesantissimo e che la proponeva visivamente in un'età maggiore.
Con il look delle sopracciglie lancia una nuova moda, presto imitata da giovani ragazze americane, ma anche da alcune dive del cinema.
L'inizio è a dir poco terrificante; film e interpretazioni camminano a braccetto verso l'orrendo, ma negli anni a venire, perfezionando il suo stile e modo di recitare, ottiene popolarità e un notevole credito. Nel 1931, in Nemico pubblico conquista le scene che conferma nei successivi La donna di platino e Lo schiaffo.
Seducente sui set, autentica e sfrontata, sempre impegnata in ruoli di rovina-uomini, è stata spesso messa in parallelo con altre due vamp della provocazione cinematografica del periodo, Mae West e Clara Bow detta 'Spitfire'. Ma la sua dimensione, grazie al perfezionamento impressogli da due registi di punta come Fleming e Cukor, esce dai binari dell'istigazione per delinearsi in forme quiete e sicuramente 'normali'.
Nel suo ultimo anno alla RKO rifiuta il ruolo, poi andato a Fay Wray, in King Kong (1933) e nello stesso anno quello nel film horror Freaks, sostituita da Olga Baclanova.
Nel 1932 scinde il contratto con la RKO e passa alla MGM. Nel secondo periodo della carriera si mostra, forse troppo tardi, attrice di rango; recita al fianco dei mostri sacri del cinema (su tutti Clark Gable, ben 5 film girati assieme) e conquista meriti grazie alle interpretazioni in Red-Headed Woman, Sui mari della Cina, La donna del giorno, Gelosia e Proprietà riservata.
Nel 1934, scrive un romanzo, "Today is Tonight", pubblicato soltanto nel 1965.
Pur di mantenere la linea a livello giovanile, nel corso della carriera assume una dieta a base di verdure, ortaggi e insalate; e la notte dorme sempre completamente nuda per paura che qualsiasi intimo possa arrossargli la pelle.
E' stata, con Hedy Lamarr, la principale fonte d'ispirazione per Bob Kane nel disegno del personaggio The Catwoman/Kitka in "Batman".
Muore improvvisamente di nefrite a soli 26 anni, nel mezzo della lavorazione di Saratoga, ugualmente portato a conclusione attraverso uno scempio causato da incastri ripetuti in fase di montaggio. Lascia un patrimonio calcolato intorno a 1 milione di dollari (del 1937) interamente alla madre.
Su di lei, si sono articolati nel corso dei decenni infinite discussioni pubblicate da giornali scandalistici, biografie romanzate e gossip di ogni genere. E' stata amante di un gangster, Abner Zwillman e del boxer Max Baer. Ma il risalto scandalistico è sempre riconducibile nella vita adolescenziale - condotta da una madre grintosa e un patrigno interessato al denaro, che la spinsero verso Hollywood in cerca di fortuna - e in quella coniugale, torbida, iniziata con un matrimonio d'interesse quando aveva soltanto 16 anni.
In sua memoria - caso unico - realizzati tre film biografici a partire dal 1965; il primo, diretto da Gordon Douglas, Jean Harlow, la donna che non sapeva amare, storicamente inattendibile, con Carroll Baker, inadeguata a causa dell'età avanzata, nel ruolo della Harlow. Il secondo, Harlow (inedito in Italia e il migliore dei tre), diretto da Alex Segal con una convincente Carol Lynley. Il terzo, parodia di Andy Warhol dal titolo Harlot, interpretato da Mario Montez truccato da donna.
Sposata tre volte con due divorzi. Primo matrimonio con l'imprenditore Charles Fremont McGrew, poi con lo sceneggiatore-produttore della MGM Paul Bern, morto suicida nel 1932; quindi, terze nozze con il fotografo Harold Rosson. Non fa in tempo a sposare l'attore William Powell per improvvisa morte sopraggiunta.
Grazie a: www.cinekolossal.com/star/g_h_i/harlow/
Lucy Gordon- agente critico
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
.....e le stelle si fanno guardare.... bel titolo Lucy
seunanotte- cometa
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
seunanotte ha scritto:.....e le stelle si fanno guardare.... bel titolo Lucy
grazie patata.......... e lo sò sono molto indellighiente ..io ...nota lo sguardo profondo
.lascio a te l'onere di parlarci del tuo amato.......Keanu
Lucy Gordon- agente critico
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
........me la canto e me la suono
101 anni fa nasceva..............
Nata da genitori divorziati, abbandonata dal padre (non si riconcilieranno mai, e lui dopo la sua morte in sfregio le lasciò soltanto un dollaro di eredità), visse un’ infanzia di stenti con la madre.
Il prozio Charles Goddard (fratello del nonno) la sostenne economicamente e l’aiutò all’età di 13 anni a divenire un’attrice delle Ziegfeld Follies, scegliendo come pseudonimo il cognome della madre (Paulette era allora di una bellezza travolgente e faceva impazzire tutti gli uomini!).
Nel 1926 – ad appena sedici anni – sposò un magnate del legno col quale visse nel lusso per quattro anni, sino al divorzio che la rese una donna ricca. Andata a Hollywood con la madre, intraprese i primi passi della sua carriera: recitò con S. Laurel e O. Hardy, con B. Grable, L. Ball, A. Sothern e J. Wyman (costituendo le “Goldwyn Girls“), e con il comico E. Cantor col quale girò “The Kid from Spain” (1932). Ma fece un vero salto di qualità nel 1932 quando incontrò Charlie Chaplin, con il quale lavorò per circa otto anni.
Col primo film “Tempi moderni (Modern Times)” (1936) iniziò anche un sodalizio sentimentale: andarono a convivere nella casa di Chaplin a Beverly Hills ma Charlie la presentava come moglie (esistono però forti dubbi sul segreto matrimonio, avvenuto a Canton in Cina durante un giro del mondo). E il finale di questo film splenderà per forza poetica nella storia del cinema: due piccole figurine scure, due teneri e complici vagabondi, che insieme e felici percorrono – tenendosi per mano – il centro di una strada luminosa, lontano dagli stress del moderno mondo tecnologico e dinanzi a un sole che mai tramonta.
In tempi d’ipocrisia e bigotto moralismo, la relazione more-uxorio della Goddard fece sì che la sua carriera subisse uno stop: non ottenne tra l’altro l’ambito ruolo di Rossella O’ Hara in “Via col vento (Gone with the Wind)” (1939), in quanto non fu in grado di dimostrare d’esser veramente sposata. Nonostante ciò recitò in altri successi, tra i quali “Il fantasma di mezzanotte (The Cat and the Canary)” (1939) con Bob Hope, che le guadagnò un contratto di dieci anni con i Paramount Studios, e “Donne (The Women)” (1939) di George Cukor.
Del 1940 è la partecipazione al capolavoro di Chaplin “Il grande dittatore (The Great Dictator)“, primo film sonoro del regista e ultimo del vagabondo, che con toni di feroce parodia narra di un barbiere ebreo che sul finire della prima guerra mondiale perde la memoria e resta confinato per venti anni in un ospedale psichiatrico militare; ritornato a Tomania e alla sua bottega nel ghetto, mostra il suo animo ingenuo ma tenace reagendo ai soprusi della polizia del malvagio dittatore Hynkel che perseguita gli Ebrei e provocando l’amore della bella Hanna.
Il rapporto col regista era ormai arrivato al capolinea (sembra che Paulette fosse anche indignata per il suo nome inserito nella parte bassa della locandina); si lasciarono nel 1942.
Seguirono ancora l’acclamato musical “Follie di jazz (Second Chorus)” (1941) con F. Astaire che le fece incontrare l’attore Burgess Meredith che divenne il suo terzo marito (si sa di un aborto patito da Paulette nel 1944); “Sorelle in armi (So Proudly We Hail!)” (1943), per il quale ricevette la sua unica nomination agli Oscar; “Kitty” (1945) di M. Leisen; “Il diario di una cameriera (The Diary of a Chambermaid)” (1946) di J. Renoir, girato insieme a Meredith; “Gli invincibili (Unconquered)” (1947) di C. B. DeMille; e “La strada della felicità (On Our Merry Way)” (1948) di K. Vidor.
La carriera di Paulette cominciò a declinare nei tardi anni ’40 e dopo aver partecipato a dei “B movies” lasciò il cinema e abbandonò l’America per andare a vivere in Europa.
Nel 1958 conobbe il grande scrittore tedesco E. M. Remarque (autore dell’immortale “Niente di nuovo sul fronte occidentale“): fu subito grande amore e si sposarono stabilendosi a Ronco nei pressi di Ascona, nel Canton Ticino.
Soltanto nel 1964 la Goddard si decise a recitare nel bel film italiano di F. Maselli “Gli indifferenti“, tratto dal famoso romanzo di A. Moravia che, con spietatezza, agli albori del fascismo guardava a un mondo piccolo borghese pieno di cinismo e indifferenza morale (la pellicola nel 1965 vinse il Nastro d’Argento per la migliore scenografia).
Paulette vi interpreta in modo superbo Mariagrazia, una madre stolta e cieca, «perduta nell’oscurità» e risoluta a non voltarsi verso la verità, che – minacciata dalla rovina economica e dalla paura di diventare povera – lascia che il suo amante Leo (R. Steiger), uomo sensuale e corrotto, spadroneggi nella sua casa e sui suoi figli infelici, Michele (T. Milian) e Carla (C. Cardinale), ragazzi indifferenti e sfiduciati che vivono attanagliati dalla noia in una soffocante vita abitudinaria.
Nel 1970 si spense Remarque, ma la Goddard non abbandonò Ronco (paese tra l’altro molto vicino a quello in cui vivevano Chaplin e la moglie Oona); ammalatasi di cancro al seno, morì il 23 aprile del 1990 per complicanze tardive (e a Ronco è stata sepolta, insieme alla madre e all’amato Erich).
Non ebbe figli, anche se quelli di Chaplin la ricordavano con affetto e Charles Jr, nel suo libro di memorie “My Father Charlie Chaplin” (1960), la citava come «una donna intelligente, deliziosa e amorevole». Nel suo testamento, l’attrice lasciò più di 20 milioni di dollari alla New York University, che in suo onore le dedicò la Paulette Goddard Hall al 79 della Washington Square East in New York City.
grazie a: perinsala.it
101 anni fa nasceva..............
Paulette Goddard
Nata da genitori divorziati, abbandonata dal padre (non si riconcilieranno mai, e lui dopo la sua morte in sfregio le lasciò soltanto un dollaro di eredità), visse un’ infanzia di stenti con la madre.
Il prozio Charles Goddard (fratello del nonno) la sostenne economicamente e l’aiutò all’età di 13 anni a divenire un’attrice delle Ziegfeld Follies, scegliendo come pseudonimo il cognome della madre (Paulette era allora di una bellezza travolgente e faceva impazzire tutti gli uomini!).
Nel 1926 – ad appena sedici anni – sposò un magnate del legno col quale visse nel lusso per quattro anni, sino al divorzio che la rese una donna ricca. Andata a Hollywood con la madre, intraprese i primi passi della sua carriera: recitò con S. Laurel e O. Hardy, con B. Grable, L. Ball, A. Sothern e J. Wyman (costituendo le “Goldwyn Girls“), e con il comico E. Cantor col quale girò “The Kid from Spain” (1932). Ma fece un vero salto di qualità nel 1932 quando incontrò Charlie Chaplin, con il quale lavorò per circa otto anni.
Col primo film “Tempi moderni (Modern Times)” (1936) iniziò anche un sodalizio sentimentale: andarono a convivere nella casa di Chaplin a Beverly Hills ma Charlie la presentava come moglie (esistono però forti dubbi sul segreto matrimonio, avvenuto a Canton in Cina durante un giro del mondo). E il finale di questo film splenderà per forza poetica nella storia del cinema: due piccole figurine scure, due teneri e complici vagabondi, che insieme e felici percorrono – tenendosi per mano – il centro di una strada luminosa, lontano dagli stress del moderno mondo tecnologico e dinanzi a un sole che mai tramonta.
In tempi d’ipocrisia e bigotto moralismo, la relazione more-uxorio della Goddard fece sì che la sua carriera subisse uno stop: non ottenne tra l’altro l’ambito ruolo di Rossella O’ Hara in “Via col vento (Gone with the Wind)” (1939), in quanto non fu in grado di dimostrare d’esser veramente sposata. Nonostante ciò recitò in altri successi, tra i quali “Il fantasma di mezzanotte (The Cat and the Canary)” (1939) con Bob Hope, che le guadagnò un contratto di dieci anni con i Paramount Studios, e “Donne (The Women)” (1939) di George Cukor.
Del 1940 è la partecipazione al capolavoro di Chaplin “Il grande dittatore (The Great Dictator)“, primo film sonoro del regista e ultimo del vagabondo, che con toni di feroce parodia narra di un barbiere ebreo che sul finire della prima guerra mondiale perde la memoria e resta confinato per venti anni in un ospedale psichiatrico militare; ritornato a Tomania e alla sua bottega nel ghetto, mostra il suo animo ingenuo ma tenace reagendo ai soprusi della polizia del malvagio dittatore Hynkel che perseguita gli Ebrei e provocando l’amore della bella Hanna.
Il rapporto col regista era ormai arrivato al capolinea (sembra che Paulette fosse anche indignata per il suo nome inserito nella parte bassa della locandina); si lasciarono nel 1942.
Seguirono ancora l’acclamato musical “Follie di jazz (Second Chorus)” (1941) con F. Astaire che le fece incontrare l’attore Burgess Meredith che divenne il suo terzo marito (si sa di un aborto patito da Paulette nel 1944); “Sorelle in armi (So Proudly We Hail!)” (1943), per il quale ricevette la sua unica nomination agli Oscar; “Kitty” (1945) di M. Leisen; “Il diario di una cameriera (The Diary of a Chambermaid)” (1946) di J. Renoir, girato insieme a Meredith; “Gli invincibili (Unconquered)” (1947) di C. B. DeMille; e “La strada della felicità (On Our Merry Way)” (1948) di K. Vidor.
La carriera di Paulette cominciò a declinare nei tardi anni ’40 e dopo aver partecipato a dei “B movies” lasciò il cinema e abbandonò l’America per andare a vivere in Europa.
Nel 1958 conobbe il grande scrittore tedesco E. M. Remarque (autore dell’immortale “Niente di nuovo sul fronte occidentale“): fu subito grande amore e si sposarono stabilendosi a Ronco nei pressi di Ascona, nel Canton Ticino.
Soltanto nel 1964 la Goddard si decise a recitare nel bel film italiano di F. Maselli “Gli indifferenti“, tratto dal famoso romanzo di A. Moravia che, con spietatezza, agli albori del fascismo guardava a un mondo piccolo borghese pieno di cinismo e indifferenza morale (la pellicola nel 1965 vinse il Nastro d’Argento per la migliore scenografia).
Paulette vi interpreta in modo superbo Mariagrazia, una madre stolta e cieca, «perduta nell’oscurità» e risoluta a non voltarsi verso la verità, che – minacciata dalla rovina economica e dalla paura di diventare povera – lascia che il suo amante Leo (R. Steiger), uomo sensuale e corrotto, spadroneggi nella sua casa e sui suoi figli infelici, Michele (T. Milian) e Carla (C. Cardinale), ragazzi indifferenti e sfiduciati che vivono attanagliati dalla noia in una soffocante vita abitudinaria.
Nel 1970 si spense Remarque, ma la Goddard non abbandonò Ronco (paese tra l’altro molto vicino a quello in cui vivevano Chaplin e la moglie Oona); ammalatasi di cancro al seno, morì il 23 aprile del 1990 per complicanze tardive (e a Ronco è stata sepolta, insieme alla madre e all’amato Erich).
Non ebbe figli, anche se quelli di Chaplin la ricordavano con affetto e Charles Jr, nel suo libro di memorie “My Father Charlie Chaplin” (1960), la citava come «una donna intelligente, deliziosa e amorevole». Nel suo testamento, l’attrice lasciò più di 20 milioni di dollari alla New York University, che in suo onore le dedicò la Paulette Goddard Hall al 79 della Washington Square East in New York City.
grazie a: perinsala.it
Lucy Gordon- agente critico
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Lucy Gordon ha scritto:. Paulette Goddard
Adoro il cinema di quegli anni ... ho anche tanti libri ... soprattutto fotografici
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
sono proprio felice che ti piaccia, ma la mia conoscenza di quel periodo si sta quasi finendo
..........se volete aggiungere fate pure........
..........se volete aggiungere fate pure........
- Spoiler:
- anzi sarebbe ora
- Spoiler:
- anche a me piacciono tanto le foto di quel periodo cinematoso
Lucy Gordon- agente critico
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Carole Lombard
Fonte: http://www.mymovies.it/biografia/?a=4111
Era semplicemente meravigliosa, dotata di una bellezza solare e raffinata, di uno spontaneo e arguto senso dello humour e di una innata eleganza. Carole Lombard, la regina della "screwball comedy", ha sfoggiato una grande verve interpretativa nel breve arco della sua luminosa carriera. Nata in una delle famiglie più in vista di Fort Wayne, nell'Indiana, venne scoperta dal regista Allan Dwan durante una visita in casa di amici. Dwan restò così colpito dalla vivacità della giovane, tanto da affidarle il ruolo della ragazzina terribile nel film A Perfect Crime (Delitto perfetto) del 1921. Dopo una breve parentesi lavorativa alla Fox, fu per un anno (il 1927) alle dipendenze di Mack Sennett - era una delle sue famose "Bathing Beauties" (le "bellezze al bagno") - che la aiutò a costruirsi una propria tecnica di recitazione, che metteva a frutto un'istintiva propensione per la commedia brillante. Tra il 1929 e il 1942 Carole Lombard interpretò circa quaranta film di vario genere e qualità, imponendosi nel firmamento hollywoodiano come la "regina" della "screwball comedy", ossia di quel «genere cinematografico americano, comprendente film brillanti di carattere pazzerello, che per loro allegra e umoristica vivacità si contrappongono alla commedia sofisticata». Il primo film di questo genere è stato Twentieth Century (Ventesimo secolo, 1934) di Howard Hawks, una delle migliori commedie degli anni Trenta, dal ritmo frenetico e incalzante, in cui Carole Lombard diede per la prima volta prova del suo grande istrionismo. L'attrice infatti si dimostrò dotata di una istintiva e scoppiettante ironia, e di una incantevole bellezza, ora tenera ora maliziosa. Ricorda Hawks: «Era il primo film per la ragazza. Carole Lombard era una mia seconda cugina , con una personalità sorprendente, che non aveva mai recitato e comunque non sapeva recitare. Ricordo che quando cominciammo a recitare le dissi che se avesse recitato l'avrei licenziata. Lei mi disse: "Va bene, farò tutto quello che mi viene in mente". E io: "E' proprio quello che voglio". Lei lanciava le battute a Barrymore così in fretta che a volte non sapeva neppure che cosa fare. Era talmente veloce che certe volte non capivo nemmeno io». Il fatto che all'epoca l'attrice non sapesse recitare, fa discutere, in quanto già prima aveva dato delle buone prove interpretative, ma è certo il fatto che la sua naturalezza è certo stata la carta vincente della sua così spumeggiante riuscita sullo schermo. Il successo fu immediato è l'anno seguente interpretò un'altra deliziosa commedia, che racconta una bella storia d'amore e annovera una strepitosa serie di battute e situazioni argute e spiritose, Hands Across the Table (I milioni della manicure, 1935) di Mitchell Leisen. Qui interpretava una bella e intraprendente manicure, desiderosa di sposare un uomo ricco, ma che alfine si innamora di un bizzarro milionario spiantato (interpretato da Fred MacMurray). L'anno seguente fu l'anno del suo grandissimo successo con My Man Godfrey (L'impareggiabile Godfrey, 1936) di Gregory La Cava, che le valse una nomination agli Academy Award. Qui impersonò una bella e capricciosa ereditiera, che incontra per caso un fascinoso e raffinato barbone, Godfrey (interpretato da William Powell, suo primo marito), che assume come maggiordomo e che farà di tutto per farlo innamorare di sé. Carole Lombard offrì una superba interpretazione, alternando in modo incantevole momenti di vivacità e brillantezza ad altri di tenerezza e ingenuità, sempre però intrisi di quello straordinario senso dell'umorismo e dell'inarrivabile estro comico che la contraddistinguevano. Seguirono altre riuscitissime interpretazioni, in commedie come Nothing Sacred (Nulla sul serio, 1937) di William A. Wellman, e Mr. and Mrs. Smith (Il signore e la signora Smith, 1941) di Alfred Hitchcock. Verso la metà degli anni Trenta, l'attrice cominciò una bellissima storia d'amore con l'attore Clark Gable, che sposò nel marzo del 1939. I due andarono a vivere in un ranch a Encino, poco lontano da Hollywood, in cui passavano il tempo a fare lunghe cavalcate. Nel 1942 arrivò l'offerta del maestro della commedia, Ernst Lubitsch, che la volle come protagonista del suo To Be or Not to Be (Vogliamo vivere), una sferzante satira sulla guerra e sul nazismo. In questo film Carole Lombard, grazie anche all'accorta regia di Lubitsch, dette un'alta prova di professionismo, nel difficile ruolo di Maria Tura, un'attrice dal forte temperamento e dall'innato senso umoristico. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Carole Lombard partecipò attivamente alla campagna di raccolta dei fondi di finanziamenti dell'esercito americano dopo Pearl Harbor, nel 1942. Durante il ritorno da un viaggio di propaganda a Fort Wayne, l'aereo in cui l'attrice viaggiava si schiantò contro una montagna. La sua tragica morte, a soli trentatre anni, ha portato la perdita di una straordinaria attrice, dotata di uno straordinario senso dell'umorismo e di una grandissima classe, ma soprattutto di una donna dolce, generosa e sensibile, piena di gioia di vivere, il cui ricordo sarà sempre vivo nella mente e nel cuore di chi l'ha amata e ancora la ama.
Fonte: http://www.mymovies.it/biografia/?a=4111
Era semplicemente meravigliosa, dotata di una bellezza solare e raffinata, di uno spontaneo e arguto senso dello humour e di una innata eleganza. Carole Lombard, la regina della "screwball comedy", ha sfoggiato una grande verve interpretativa nel breve arco della sua luminosa carriera. Nata in una delle famiglie più in vista di Fort Wayne, nell'Indiana, venne scoperta dal regista Allan Dwan durante una visita in casa di amici. Dwan restò così colpito dalla vivacità della giovane, tanto da affidarle il ruolo della ragazzina terribile nel film A Perfect Crime (Delitto perfetto) del 1921. Dopo una breve parentesi lavorativa alla Fox, fu per un anno (il 1927) alle dipendenze di Mack Sennett - era una delle sue famose "Bathing Beauties" (le "bellezze al bagno") - che la aiutò a costruirsi una propria tecnica di recitazione, che metteva a frutto un'istintiva propensione per la commedia brillante. Tra il 1929 e il 1942 Carole Lombard interpretò circa quaranta film di vario genere e qualità, imponendosi nel firmamento hollywoodiano come la "regina" della "screwball comedy", ossia di quel «genere cinematografico americano, comprendente film brillanti di carattere pazzerello, che per loro allegra e umoristica vivacità si contrappongono alla commedia sofisticata». Il primo film di questo genere è stato Twentieth Century (Ventesimo secolo, 1934) di Howard Hawks, una delle migliori commedie degli anni Trenta, dal ritmo frenetico e incalzante, in cui Carole Lombard diede per la prima volta prova del suo grande istrionismo. L'attrice infatti si dimostrò dotata di una istintiva e scoppiettante ironia, e di una incantevole bellezza, ora tenera ora maliziosa. Ricorda Hawks: «Era il primo film per la ragazza. Carole Lombard era una mia seconda cugina , con una personalità sorprendente, che non aveva mai recitato e comunque non sapeva recitare. Ricordo che quando cominciammo a recitare le dissi che se avesse recitato l'avrei licenziata. Lei mi disse: "Va bene, farò tutto quello che mi viene in mente". E io: "E' proprio quello che voglio". Lei lanciava le battute a Barrymore così in fretta che a volte non sapeva neppure che cosa fare. Era talmente veloce che certe volte non capivo nemmeno io». Il fatto che all'epoca l'attrice non sapesse recitare, fa discutere, in quanto già prima aveva dato delle buone prove interpretative, ma è certo il fatto che la sua naturalezza è certo stata la carta vincente della sua così spumeggiante riuscita sullo schermo. Il successo fu immediato è l'anno seguente interpretò un'altra deliziosa commedia, che racconta una bella storia d'amore e annovera una strepitosa serie di battute e situazioni argute e spiritose, Hands Across the Table (I milioni della manicure, 1935) di Mitchell Leisen. Qui interpretava una bella e intraprendente manicure, desiderosa di sposare un uomo ricco, ma che alfine si innamora di un bizzarro milionario spiantato (interpretato da Fred MacMurray). L'anno seguente fu l'anno del suo grandissimo successo con My Man Godfrey (L'impareggiabile Godfrey, 1936) di Gregory La Cava, che le valse una nomination agli Academy Award. Qui impersonò una bella e capricciosa ereditiera, che incontra per caso un fascinoso e raffinato barbone, Godfrey (interpretato da William Powell, suo primo marito), che assume come maggiordomo e che farà di tutto per farlo innamorare di sé. Carole Lombard offrì una superba interpretazione, alternando in modo incantevole momenti di vivacità e brillantezza ad altri di tenerezza e ingenuità, sempre però intrisi di quello straordinario senso dell'umorismo e dell'inarrivabile estro comico che la contraddistinguevano. Seguirono altre riuscitissime interpretazioni, in commedie come Nothing Sacred (Nulla sul serio, 1937) di William A. Wellman, e Mr. and Mrs. Smith (Il signore e la signora Smith, 1941) di Alfred Hitchcock. Verso la metà degli anni Trenta, l'attrice cominciò una bellissima storia d'amore con l'attore Clark Gable, che sposò nel marzo del 1939. I due andarono a vivere in un ranch a Encino, poco lontano da Hollywood, in cui passavano il tempo a fare lunghe cavalcate. Nel 1942 arrivò l'offerta del maestro della commedia, Ernst Lubitsch, che la volle come protagonista del suo To Be or Not to Be (Vogliamo vivere), una sferzante satira sulla guerra e sul nazismo. In questo film Carole Lombard, grazie anche all'accorta regia di Lubitsch, dette un'alta prova di professionismo, nel difficile ruolo di Maria Tura, un'attrice dal forte temperamento e dall'innato senso umoristico. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Carole Lombard partecipò attivamente alla campagna di raccolta dei fondi di finanziamenti dell'esercito americano dopo Pearl Harbor, nel 1942. Durante il ritorno da un viaggio di propaganda a Fort Wayne, l'aereo in cui l'attrice viaggiava si schiantò contro una montagna. La sua tragica morte, a soli trentatre anni, ha portato la perdita di una straordinaria attrice, dotata di uno straordinario senso dell'umorismo e di una grandissima classe, ma soprattutto di una donna dolce, generosa e sensibile, piena di gioia di vivere, il cui ricordo sarà sempre vivo nella mente e nel cuore di chi l'ha amata e ancora la ama.
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Carole e Clark .. un grande amore
Fonte: Cu cu'
https://www.youtube.com/user/CaroleLombardArchive#p/u/1/ELYK-QQcAVI
Fonte: Cu cu'
https://www.youtube.com/user/CaroleLombardArchive#p/u/1/ELYK-QQcAVI
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Mi sposto un po' in là con gli anni con una delle mie attrici preferite.
Shirley McLaine
FONTE: http://www.mymovies.it/biografia/?a=4
Una leggera inflessione della carriera con l’età era inevitabile, ma questo non ha fermato Shirley MacLaine che, di fatto, è un’attrice epocale. Resta saldamente ancorata a Hollywood, come una delle sue stelle più luminose e lungimiranti, che nonostante la classe 1934, graffia di gran vitalità teatro, cinema e televisione. Senza dubbio il cinema d’impegno è gratificante, ma come fa la commedia questa signora del cinema non la fa nessuno.
Gli inizi a teatro
Chiamata così in onore dell’attrice bambina-prodigio Shirley Temple, Shirley MacLean Beaty nasce a Richmond, in Virginia, figlia di un professore di psicologia e amministratore di una scuola pubblica e di un’insegnante di recitazione e danza canadese. Di religione battista, segue suo padre e tutta la famiglia a Norfolk, poi ad Arlington e a Waverley. È ancora piccolissima quando la madre decide di iscriverla a delle lezioni di danza classica. Ma nonostante sia fortemente motivata nel balletto, capisce molto presto che la professione di ballerina non è esattamente ciò che fa per lei e lascia la danza, cercando invece di recitare. Cresce assieme al fratello minore, un bel ragazzo che avrà anche lui una fortunatissima carriera nel mondo del cinema: Warren Beatty. Diplomata alla Washington-Lee High School, cheerleader e attrice nella compagnia teatrale scolastica , nell’estate del suo ultimo anno si trasferisce a New York per cercare di sfondare, tentando di entrare in qualche produzione broadwayana e lo fa con successo. Una volta ultimati definitivamente gli studi, torna a New York, diventando la sostituta dell’attrice Carol Haney nel musical “The Pajama Game” e quando questa si rompe l’anca la MacLaine la rimpiazza per un paio di mesi. Nel frattempo, continua a fare provini teatrali, durante uno di questi Richard Rodgers e Oscar Hammerstein II, che le volevano per il musical “Me and Juliet” la sgrideranno per via del suo nome: troppo lungo, difficile da pronunciare, va cambiato. Shirley segue il consiglio, toglie Beaty e rimane semplicemente: Shirley MacLaine. Con la Haney fuori dal palcoscenico, il produttore cinematografico Hal B. Wallis, una notte, la nota e le chiede di presentarsi per un provino. Dopo l’audizione, le propone un contratto con la Paramount Pictures, contratto che, anni dopo, lei scioglierà per avere il pieno controllo della sua carriera, mettendo fine al comando degli Studio System sulla sua professione. È il17 settembre 1954 quando sposa il produttore Steve Parker dal quale avrà la sua unica figlia, l’attrice Sachi Parker, praticamente identica a lei. Il matrimonio comunque durerà fino al 1982 e la MacLaine non avrà altri legami, preferendo rimanere sola.
Il debutto cinematografico con Hitchcock
Dopo aver lavorato nel telefilm Shower of Stars (1955) di Seymour Berns e con Anna Maria Alberghetti e Betty Gable, viene scelta da Alfred Hitchcock per il suo primo ruolo cinematografico. È senza alcun dubbio uno dei più fortunati debutti della storia del cinema, la MacLaine è a suo agio nella commedia nera La congiura degli innocenti (1955) con John Forsythe, tanto da beccarsi immediatamente una nomination ai BAFTA come miglior attrice straniera e il Golden Globe come miglior promessa femminile, premio che dividerà con un’altra grande attrice leggendaria: Kim Novak.
I film con la Rat Pack
In poco tempo, si guadagna la simpatia di Hollywood, diventa una grande amica dei membri della Rat Pack e in particolar modo farà comunella con Dean Martin e Frank Sinatra con i quali lavorerà a pellicole come: Artisti e modelle (1955, anche con Jerry Lewis); Qualcuno verrà (1959) di Vincent Minnelli (che le farà guadagnare la sua prima nomination all’Oscar e ai Golden Globe come miglior attrice protagonista, ma anche un Golden Globe speciale come l’attrice più versatile); Il prezzo del successo (1959); Can-Can (1960); Colpo grosso (1960); Una notte movimentata (1961); La signora e i suoi amanti (1964, anche con Paul Newman e Robert Mitchum) e, infine, il suo peggior film in assoluto La corsa più pazza d’America n.2 (1984, anche con Burt Reynolds) che le frutterà una candidatura ai Razzie Award come peggior attrice, per fortuna solo sfiorata.
L’appartamento di Billy Wilder
Ma non solo i titoli inerenti alla Rat Pack nella sua lunga e fortunata carriera. Tutte le ragazze lo sanno (1959) con l’inglese David Niven le regala un BAFTA come miglior attrice straniera e un Orso d’argento a Berlino; lavora nel miglior film del 1956 secondo l’Academy, Il giro del mondo in 80 giorni (1956), ancora una volta in coppia con Niven e nel ruolo di una fanciulla indiana scampata alla morte e si impegna anche nel western in La legge del più forte (1958) con Glenn Ford. Dotatissima nella commedia, è l’unica star che si salva nel cast di Bella, affettuosa, illibata cercasi (1958) con Anthony Perkins e dà veramente il meglio di sé nello splendido dolce-amaro L’appartamento (1960) di Billy Wilder e in doppia coppia con Jack Lemmon e Fred MacMurray, facendo battere il cuore di tutta Hollywood con un caschetto sbarazzino e nel ruolo di Fran, tenera ascensorista che ha una relazione fatta di maltrattamenti e tentativi di suicidio con il suo capo, ma che invece fa battere il cuore per il piccolo borghese impiegato Cicci. Un personaggio che la MacLaine ha strappato direttamente dalle mani di Marilyn Monroe che si era offerta volontaria per il ruolo, poi esclusa per scelta di Wilder: «Tutto il cast avrebbe sbavato dietro alla ragazza dell’ascensore». Così il regista puntò tutto sull’allora ventiseienne Shirley che aveva adorato in Qualcuno verrà. Impacciata, spensierata, dal sorriso disarmante e con un volto che riusciva a essere ancora più carino nonostante le scene da pianto stile clown, la MacLaine offre uno spessore tutto nuovo a una donna spigliata e sentimentale, che preannuncia il femminismo Anni Sessanta, e che si potrebbe racchiudere nella migliore battuta del film: «Perché gli esseri umani si innamorano tra di loro? Perché nessuno, ad esempio, si innamora di un canguro?». Con una performance del genere, difficile non sfiorare l’Oscar come miglior attrice non protagonista (vinto da Elizabeth Taylor per Venere in visone) e acchiappare a piene mani un BAFTA, un Golden Globe e la preziosa Coppa Volpi. Oltretutto Wilder dedicò a lei e a Lemmon l’Academy Award per il miglior film. Un legame, quello fra lei, Wilder e Lemmon che vivrà in una nuova commedia Irma la dolce (1963), con una nuova candidatura all’Oscar e ai BAFTA, ma due nuovi premi nel suo curriculum: il David di Donatello e il Golden Globe.
Altri film
Grande amica di Julie Christie, conosciuta quando conviveva con il fratello Warren Beatty, continua a cesellare interpretazioni meravigliose in: La ragazza del quartiere (1962) con Robert Mitchum; Quelle due (1962) con Audrey Hepburn; La mia geisha (1962) con Edward G. Robinson; Una Rolls-Royce gialla (1964) con Ingrid Bergman; Gambit (Grande furto al Semiramis) (1966) con Michael Caine; Sette volte donna (1967) di Vittorio De Sica; Gli avvoltoi hanno fame (1969) con Clint Eastwood; Sweet Charity – Una ragazza che voleva essere amata (1969) di Bob Fosse; Desperate Characters (1971, grazie al quale vince il secondo Orso d’Argento a Berlino) e Due vite, una svolta (1977, con nuova nomination all’Oscar). Pochi lo sanno, ma la MacLaine sfiorò l’Academy Award per il miglior documentario quando firmò con Claudia Weill The Other Half of the Sky – A China Memoir (1975).
Il primo Oscar vinto per Voglia di tenerezza
Negli Anni Settanta, diventa una delle attrici Hollywoodiane più candidate agli Emmy grazie al telefilm Il mondo di Shirley, anche se vincerà questa onorificenza televisiva solo per il film Gypsy in My Soul (1976). Rifiutato il film Il giardino della felicità (1976), partecipa invece al magnifico Oltre il giardino (1979) con Peter Sellers, che la farà nominare al BAFTA, poi reciterà con Anthony Hopkins in In amore si cambia (1980) e con Susan Sarandon in Quattro passi sul lenzuolo (1980), rifiutato anche il ruolo di Diane Freeling in Poltergeist (1982) in favore del ruolo di Aurora Greenway nel film Voglia di tenerezza (1983) con Jack Nicholson, riceve (finalmente e meritatamente) il suo primo Oscar come miglior attrice protagonista dalle mani di Liza Minnelli. Il ruolo di Aurora, una vedova tutta anima e cuore che deve fare i conti con l’amante ex astronauta e una figlia malata di cancro, morente e con molti disastri sentimentali alle spalle, le fa mettere KO concorrenti temibili come Meryl Streep (Silkwood) che batte anche sul fronte dei David di Donatello e dei Golden Globe. Un ruolo che è così ben tagliato per lei che, nel 1996, si ritroverà a rifarlo nel sequel Conflitti del cuore (1996) con un piccolo cameo di Jack Nicholson.
Altre interpretazione da non dimenticare
Gli ultimi veri bagliori di genialità interpretativa, li si ritrovano nella scorbutica casalinga di Fiori d’acciaio (1989) con Julia Roberts, nel quale è protagonista di divertenti siparietti comici al veleno con Olympia Dukakis, ma anche nel ruolo di un’apocrifa Debbie Reynolds ne Cartoline dall’inferno (1990) con Meryl Streep e ne Madame Sousatzka (1988), che le farà ottenere un Golden Globe e la Coppa Volpi.
La pausa dalle scene
Da dimenticare La vedova americana (1992) con Marcello Mastroianni, Ricordando Hemingway (1993) con Robert Duvall, Cara, insopportabile Tess (1994) con Nicolas Cage e Lo schermo velato (1995). A questo punto della sua carriera, la MacLaine capisce che non è più aria per lei e, dopo aver raccolto il Cecil B. DeMille Award e un Orso d’Oro onorario al Festival di Berlino, sparisce dalla circolazione per alcuni anni.
Il ritorno al cinema
Torna, più ruggente che mai come nonna di Cameron Diaz in In Her Shoes – Se fossi lei (2005), poi in una vegliarda Mrs. Robinson in Vizi di famiglia (2005) con Kevin Costner, in un’attrice televisiva in Vita da strega (2005) con Nicole Kidman e più romantica in Appuntamento con l’amore (2010).
I ruoli per il piccolo schermo
Notevoli anche i suoi ruoli televisivi: The West Side Waltz (1995) con Liza Minnelli, Joan of Arc (1999) con Peter O’Toole e Coco Chanel (2008), nel ruolo della famosa stilista che le è valso una nomination agli Emmy Award.
Shirley McLaine
FONTE: http://www.mymovies.it/biografia/?a=4
Una leggera inflessione della carriera con l’età era inevitabile, ma questo non ha fermato Shirley MacLaine che, di fatto, è un’attrice epocale. Resta saldamente ancorata a Hollywood, come una delle sue stelle più luminose e lungimiranti, che nonostante la classe 1934, graffia di gran vitalità teatro, cinema e televisione. Senza dubbio il cinema d’impegno è gratificante, ma come fa la commedia questa signora del cinema non la fa nessuno.
Gli inizi a teatro
Chiamata così in onore dell’attrice bambina-prodigio Shirley Temple, Shirley MacLean Beaty nasce a Richmond, in Virginia, figlia di un professore di psicologia e amministratore di una scuola pubblica e di un’insegnante di recitazione e danza canadese. Di religione battista, segue suo padre e tutta la famiglia a Norfolk, poi ad Arlington e a Waverley. È ancora piccolissima quando la madre decide di iscriverla a delle lezioni di danza classica. Ma nonostante sia fortemente motivata nel balletto, capisce molto presto che la professione di ballerina non è esattamente ciò che fa per lei e lascia la danza, cercando invece di recitare. Cresce assieme al fratello minore, un bel ragazzo che avrà anche lui una fortunatissima carriera nel mondo del cinema: Warren Beatty. Diplomata alla Washington-Lee High School, cheerleader e attrice nella compagnia teatrale scolastica , nell’estate del suo ultimo anno si trasferisce a New York per cercare di sfondare, tentando di entrare in qualche produzione broadwayana e lo fa con successo. Una volta ultimati definitivamente gli studi, torna a New York, diventando la sostituta dell’attrice Carol Haney nel musical “The Pajama Game” e quando questa si rompe l’anca la MacLaine la rimpiazza per un paio di mesi. Nel frattempo, continua a fare provini teatrali, durante uno di questi Richard Rodgers e Oscar Hammerstein II, che le volevano per il musical “Me and Juliet” la sgrideranno per via del suo nome: troppo lungo, difficile da pronunciare, va cambiato. Shirley segue il consiglio, toglie Beaty e rimane semplicemente: Shirley MacLaine. Con la Haney fuori dal palcoscenico, il produttore cinematografico Hal B. Wallis, una notte, la nota e le chiede di presentarsi per un provino. Dopo l’audizione, le propone un contratto con la Paramount Pictures, contratto che, anni dopo, lei scioglierà per avere il pieno controllo della sua carriera, mettendo fine al comando degli Studio System sulla sua professione. È il17 settembre 1954 quando sposa il produttore Steve Parker dal quale avrà la sua unica figlia, l’attrice Sachi Parker, praticamente identica a lei. Il matrimonio comunque durerà fino al 1982 e la MacLaine non avrà altri legami, preferendo rimanere sola.
Il debutto cinematografico con Hitchcock
Dopo aver lavorato nel telefilm Shower of Stars (1955) di Seymour Berns e con Anna Maria Alberghetti e Betty Gable, viene scelta da Alfred Hitchcock per il suo primo ruolo cinematografico. È senza alcun dubbio uno dei più fortunati debutti della storia del cinema, la MacLaine è a suo agio nella commedia nera La congiura degli innocenti (1955) con John Forsythe, tanto da beccarsi immediatamente una nomination ai BAFTA come miglior attrice straniera e il Golden Globe come miglior promessa femminile, premio che dividerà con un’altra grande attrice leggendaria: Kim Novak.
I film con la Rat Pack
In poco tempo, si guadagna la simpatia di Hollywood, diventa una grande amica dei membri della Rat Pack e in particolar modo farà comunella con Dean Martin e Frank Sinatra con i quali lavorerà a pellicole come: Artisti e modelle (1955, anche con Jerry Lewis); Qualcuno verrà (1959) di Vincent Minnelli (che le farà guadagnare la sua prima nomination all’Oscar e ai Golden Globe come miglior attrice protagonista, ma anche un Golden Globe speciale come l’attrice più versatile); Il prezzo del successo (1959); Can-Can (1960); Colpo grosso (1960); Una notte movimentata (1961); La signora e i suoi amanti (1964, anche con Paul Newman e Robert Mitchum) e, infine, il suo peggior film in assoluto La corsa più pazza d’America n.2 (1984, anche con Burt Reynolds) che le frutterà una candidatura ai Razzie Award come peggior attrice, per fortuna solo sfiorata.
L’appartamento di Billy Wilder
Ma non solo i titoli inerenti alla Rat Pack nella sua lunga e fortunata carriera. Tutte le ragazze lo sanno (1959) con l’inglese David Niven le regala un BAFTA come miglior attrice straniera e un Orso d’argento a Berlino; lavora nel miglior film del 1956 secondo l’Academy, Il giro del mondo in 80 giorni (1956), ancora una volta in coppia con Niven e nel ruolo di una fanciulla indiana scampata alla morte e si impegna anche nel western in La legge del più forte (1958) con Glenn Ford. Dotatissima nella commedia, è l’unica star che si salva nel cast di Bella, affettuosa, illibata cercasi (1958) con Anthony Perkins e dà veramente il meglio di sé nello splendido dolce-amaro L’appartamento (1960) di Billy Wilder e in doppia coppia con Jack Lemmon e Fred MacMurray, facendo battere il cuore di tutta Hollywood con un caschetto sbarazzino e nel ruolo di Fran, tenera ascensorista che ha una relazione fatta di maltrattamenti e tentativi di suicidio con il suo capo, ma che invece fa battere il cuore per il piccolo borghese impiegato Cicci. Un personaggio che la MacLaine ha strappato direttamente dalle mani di Marilyn Monroe che si era offerta volontaria per il ruolo, poi esclusa per scelta di Wilder: «Tutto il cast avrebbe sbavato dietro alla ragazza dell’ascensore». Così il regista puntò tutto sull’allora ventiseienne Shirley che aveva adorato in Qualcuno verrà. Impacciata, spensierata, dal sorriso disarmante e con un volto che riusciva a essere ancora più carino nonostante le scene da pianto stile clown, la MacLaine offre uno spessore tutto nuovo a una donna spigliata e sentimentale, che preannuncia il femminismo Anni Sessanta, e che si potrebbe racchiudere nella migliore battuta del film: «Perché gli esseri umani si innamorano tra di loro? Perché nessuno, ad esempio, si innamora di un canguro?». Con una performance del genere, difficile non sfiorare l’Oscar come miglior attrice non protagonista (vinto da Elizabeth Taylor per Venere in visone) e acchiappare a piene mani un BAFTA, un Golden Globe e la preziosa Coppa Volpi. Oltretutto Wilder dedicò a lei e a Lemmon l’Academy Award per il miglior film. Un legame, quello fra lei, Wilder e Lemmon che vivrà in una nuova commedia Irma la dolce (1963), con una nuova candidatura all’Oscar e ai BAFTA, ma due nuovi premi nel suo curriculum: il David di Donatello e il Golden Globe.
Altri film
Grande amica di Julie Christie, conosciuta quando conviveva con il fratello Warren Beatty, continua a cesellare interpretazioni meravigliose in: La ragazza del quartiere (1962) con Robert Mitchum; Quelle due (1962) con Audrey Hepburn; La mia geisha (1962) con Edward G. Robinson; Una Rolls-Royce gialla (1964) con Ingrid Bergman; Gambit (Grande furto al Semiramis) (1966) con Michael Caine; Sette volte donna (1967) di Vittorio De Sica; Gli avvoltoi hanno fame (1969) con Clint Eastwood; Sweet Charity – Una ragazza che voleva essere amata (1969) di Bob Fosse; Desperate Characters (1971, grazie al quale vince il secondo Orso d’Argento a Berlino) e Due vite, una svolta (1977, con nuova nomination all’Oscar). Pochi lo sanno, ma la MacLaine sfiorò l’Academy Award per il miglior documentario quando firmò con Claudia Weill The Other Half of the Sky – A China Memoir (1975).
Il primo Oscar vinto per Voglia di tenerezza
Negli Anni Settanta, diventa una delle attrici Hollywoodiane più candidate agli Emmy grazie al telefilm Il mondo di Shirley, anche se vincerà questa onorificenza televisiva solo per il film Gypsy in My Soul (1976). Rifiutato il film Il giardino della felicità (1976), partecipa invece al magnifico Oltre il giardino (1979) con Peter Sellers, che la farà nominare al BAFTA, poi reciterà con Anthony Hopkins in In amore si cambia (1980) e con Susan Sarandon in Quattro passi sul lenzuolo (1980), rifiutato anche il ruolo di Diane Freeling in Poltergeist (1982) in favore del ruolo di Aurora Greenway nel film Voglia di tenerezza (1983) con Jack Nicholson, riceve (finalmente e meritatamente) il suo primo Oscar come miglior attrice protagonista dalle mani di Liza Minnelli. Il ruolo di Aurora, una vedova tutta anima e cuore che deve fare i conti con l’amante ex astronauta e una figlia malata di cancro, morente e con molti disastri sentimentali alle spalle, le fa mettere KO concorrenti temibili come Meryl Streep (Silkwood) che batte anche sul fronte dei David di Donatello e dei Golden Globe. Un ruolo che è così ben tagliato per lei che, nel 1996, si ritroverà a rifarlo nel sequel Conflitti del cuore (1996) con un piccolo cameo di Jack Nicholson.
Altre interpretazione da non dimenticare
Gli ultimi veri bagliori di genialità interpretativa, li si ritrovano nella scorbutica casalinga di Fiori d’acciaio (1989) con Julia Roberts, nel quale è protagonista di divertenti siparietti comici al veleno con Olympia Dukakis, ma anche nel ruolo di un’apocrifa Debbie Reynolds ne Cartoline dall’inferno (1990) con Meryl Streep e ne Madame Sousatzka (1988), che le farà ottenere un Golden Globe e la Coppa Volpi.
La pausa dalle scene
Da dimenticare La vedova americana (1992) con Marcello Mastroianni, Ricordando Hemingway (1993) con Robert Duvall, Cara, insopportabile Tess (1994) con Nicolas Cage e Lo schermo velato (1995). A questo punto della sua carriera, la MacLaine capisce che non è più aria per lei e, dopo aver raccolto il Cecil B. DeMille Award e un Orso d’Oro onorario al Festival di Berlino, sparisce dalla circolazione per alcuni anni.
Il ritorno al cinema
Torna, più ruggente che mai come nonna di Cameron Diaz in In Her Shoes – Se fossi lei (2005), poi in una vegliarda Mrs. Robinson in Vizi di famiglia (2005) con Kevin Costner, in un’attrice televisiva in Vita da strega (2005) con Nicole Kidman e più romantica in Appuntamento con l’amore (2010).
I ruoli per il piccolo schermo
Notevoli anche i suoi ruoli televisivi: The West Side Waltz (1995) con Liza Minnelli, Joan of Arc (1999) con Peter O’Toole e Coco Chanel (2008), nel ruolo della famosa stilista che le è valso una nomination agli Emmy Award.
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Joan Crawford
Joan Crawford, all'anagrafe Lucille Fay LeSueur (San Antonio, 23 marzo 1905 – New York, 10 maggio 1977), fu un'attrice statunitense, vincitrice di un Premio Oscar.
È considerata una fra le massime attrici americane della sua generazione, con alcuni capolavori all'attivo, fra cui Grand Hotel e Johnny Guitar.
L'infanzia e gli inizi con la danza
La sua vera data di nascita è sempre stata controversa, sebbene quella del 1905 sembri essere la più attendibile. Sua madre, Anne Bell Johnson, venne abbandonata dal marito, Thomas LeSueur, prima della nascita di Lucille; si risposò poi con un certo Henry J. Cassin, detto Billy, gestore di un piccolo teatro di provincia a Lawton (Oklahoma).
È qui che Lucille (minore di tre fratelli e chiamata familiarmente Billie) iniziò ad appassionarsi alla danza e maturò il desiderio di diventare ballerina. Il sogno si infranse a causa di un incidente in giovane età (Lucille si tagliò un piede con il vetro di una bottiglia, recidendosi il muscolo e i tendini) che la rese semi-claudicante per tutta la vita.
Nel 1917 la famiglia si trasferì a Kansas City, dove Lucille iniziò a cavarsela da sola, frequentando dal 1922 il college femminile di Columbia (Missouri), come studentessa lavoratrice.
Con i risparmi accumulati, continuò gli studi di danza e diventò campionessa di charleston, ottenendo un ingaggio da 25 dollari in un locale di Chicago. Un agente teatrale la scritturò e la fece debuttare a Broadway come ballerina di fila nella rivista musicale Innocent Eyes, dove venne notata da un talent scount che la presentò alla Metro Goldwyn Mayer. Qui venne sottoposta ad alcuni provini e, nel gennaio 1925, messa sotto contratto quinquennale.
Nel 1926 vinse l'edizione di quell'anno del premio WAMPAS Baby Stars, un'iniziativa pubblicitaria promossa negli Stati Uniti dalla Western Association of Motion Picture Advertisers, che premiava ogni anno tredici ragazze giudicate pronte ad iniziare una brillante carriera nel cinema.
Il debutto a HollywoodTrasferitasi sulla costa occidentale, a Culver City (California), Lucille iniziò la carriera di attrice. Il debutto cinematografico avvenne con piccole parti da controfigura e in ruoli minori, primo fra tutti quello in Pretty Ladies. Sulla base di un concorso popolare, con tanto di premio finale, indetto dalla stessa Metro Goldwyn Mayer, Lucille assunse il definitivo nome d'arte di Joan Crawford. Il successo non tardò ad arrivare, nel 1928, grazie al film muto Le nostre sorelle di danza (Our Dancing Daughters).
Alla fine degli anni '20 fu partner, in una società di produzione cinematografica, di Joseph P. Kennedy ( il padre del futuro presidente degli Stati Uniti d'America John Fitzgerald Kennedy) e per qualche anno ne fu anche l'amante.[1]
Ragazza esuberante e irrequieta, nel 1929 Joan sposò l'attore Douglas Fairbanks Jr., che contribuì al suo inserimento nel mondo della celluloide e la spronò a impegnarsi per raffinare la sua recitazione.
Il vero grande successo arrivò per la Crawford grazie alla sensuale e spregiudicata interpretazione della giovane dattilografa in Grand Hotel (1932) di Edmund Goulding, film vincitore di un premio Oscar, accanto a Greta Garbo e John Barrymore. L'attrice impose così un nuovo modello di donna, dolce e femminile, ma anche indipendente e sfacciata, in una fortunata serie di commedie e melodrammi successivi, spesso al fianco del divo Clark Gable.
Mammina cara
Dopo il divorzio da Douglas Fairbanks Jr., Joan si sposò altre tre volte: con gli attori Franchot Tone e Philip Terry e con Alfred Steele, dirigente della Pepsi Cola, marchio per il quale la diva prestò in più occasioni il volto per spot pubblicitari.
Ormai diva affermata, adottò nel tempo quattro figli: Christina (che pubblicherà dopo la sua morte uno spietato libro di memorie, Mommie Dearest, in italiano Mammina cara), Philip (al quale cambierà il nome in Christopher dopo il divorzio da Philip Terry), Cathy e Cindy (che lei chiamerà sempre "le mie gemelline").
Oscar per "Il romanzo di Mildred"
Nel 1939 interpretò un importante ruolo nella commedia Donne, diretto da George Cukor e interpretato - fra le altre - da Norma Shearer, Rosalind Russell e Paulette Goddard. Nel 1940 tornò al fianco di Clark Gable nel celeberrimo L'isola del diavolo.Joan Crawford vinse un Oscar nel 1945 come migliore attrice con il film Il romanzo di Mildred (Mildred Pierce, doppiaggio italiano con la voce di Tina Lattanzi), in cui impersonò con sofferta sensibilità una donna divorziata alle prese con i problemi delle sue due figlie: una muore tragicamente e l'altra dimostra uno spietato arrivismo. Non potrà presenziare alla cerimonia di premiazione, perché costretta a letto da una polmonite; il premio verrà ritirato per lei dal regista Michael Curtiz che glielo consegnerà al capezzale. Per altre due volte nella carriera sarà nominata per il prestigioso premio.
Tra Hollywood e la PepsiDopo la morte del quarto marito Alfred Steele, avvenuta nel 1959, entrò a far parte della direzione della Pepsi; si occupò inoltre di beneficenza e, tra un impegno e l'altro, girò una serie di cortometraggi per la televisione e alcuni film di scarso successo. Fecero eccezione lo spregiudicato western Johnny Guitar (1954) di Nicholas Ray, in cui interpretò un'impetuosa e affascinante proprietaria di saloon, e il crudo thriller-psicologico Che fine ha fatto Baby Jane? (1962) di Robert Aldrich, girato a fianco della sua storica collega-rivale Bette Davis, film che videro la Crawford ancora in piena forma.
Verso il tramonto
Nel 1964 si riammalò gravemente di polmonite e non riuscì a completare la lavorazione della pellicola Piano... piano, dolce Carlotta, che l'avrebbe rivista accanto alla Davis; fu sostituita da Olivia de Havilland. Successivamente prese parte a una serie di mediocri film horror, l'ultimo dei quali fu Il terrore di Londra (Trog), girato in Inghilterra nel 1970.
Joan Crawford si ammalò di cancro allo stomaco e morì nel 1977 per arresto cardiaco, in completa solitudine nella sua casa di New York. Nel testamento diseredò la figlia Christine e il figlio Christopher («per i motivi che loro sanno», scrisse) lasciando ogni sua sostanza alle altre due figlie, Cindy e Cathy. Il suo corpo riposa nel cimitero di Hartsdale, a New York.
Un film tratto dal libro-accusa della figlia è stato interpretato da Faye Dunaway, con il medesimo titolo: Mammina cara.
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
Bette Davis
Bette Davis, pseudonimo di Ruth Elizabeth Davis (Lowell, 5 aprile 1908 – Neuilly-sur-Seine, 6 ottobre 1989), è stata un'attrice statunitense
Figlia primogenita dell'inglese Harlow Morrel e della francese Ruth Favor, venne soprannominata Bette dalla madre, che aveva letto il romanzo La cugina Bette di Honoré de Balzac. Bette trascorse un'infanzia tranquilla fino all'età di sette anni, quando il padre abbandonò la famiglia; la madre, costretta a lavorare per vivere, dovette iscrivere Bette e la sorella in collegio.
In questo periodo Bette iniziò a studiare danza con la celebre coreografa e ballerina Martha Graham, e ben presto scoprì una grande passione per la recitazione.
Promessa del teatro
Dopo essersi diplomata alla Cushing Academy, non riuscì ad essere ammessa alla scuola di recitazione "Eva Le Galienne's Manahattan Civic Repertory".
Passò così alla "John Murray Anderson's Dramatic Scool" e, per pagarsi gli studi, posò nuda per la scultrice Anne Coleman Ladd, trovando anche un lavoretto come cameriera. All'accademia si distinse per la sua bravura nella recitazione in uno spettacolo off Broadway, dal titolo The Earth Between (1923), guadagnandosi l'approvazione dei suoi insegnanti.
Sue compagne di corso erano all'epoca Katharine Hepburn e Lucille Ball Il debutto ufficiale avvenne, sempre a Broadway, verso la fine degli anni venti, con Broken Dishes, in cui ottenne grande successo di pubblico e di critica.
Da comprimaria alla Universal a diva della Warner
Nonostante avesse vinto nel 1930 un premio come "migliore attrice giovane dell'anno", il produttore Samuel Goldwyn si rifiutò categoricamente di scritturarla, considerandola "troppo brutta"; tuttavia, nel 1931, Bette fece il suo debutto cinematografico con la casa produttrice Universal, come protagonista nel film Bad Sisterprimo film girato con la Universal, al fianco di un emergente Humphrey Bogart (i due attori lavoreranno insieme in altri film tra cui: Three on a match (1932), Mervin LeRoy e La foresta pietrificata (1936), Archie Mayo), già sotto contratto con la Warner che lancerà, definitivamente, la carrierà dell'attore.
L'anno successivo stipulò un contratto di sette anni con Jack Warner il quale, al momento della firma, le rivolse queste parole: "Hai il fascino di Stanlio e Ollio messi assieme, ma ti prendo per il tuo talento". Sarà proprio alla Warner Brothers, uno dei più importanti studios di Hollywood, che l'attrice trascorrerà il periodo migliore della sua carriera, ma dovrà combattere non poco (talvolta anche per vie legali) per ottenere dai produttori la meritata attenzione.
Farà storia la "presunta" dichiarazione di odio di Bette Davis nei confronti di Joan Crawford, diva della MGM.
Nel 1934 la Davis ottenne il suo primo grande successo interpretando per la RKO, il melodramma Schiavo d'amore (Of Human Bondage) di John Cromwell, in cui impersonò con superba cattiveria una cameriera che sfrutta l'amore e la dedizione di uno studente.
Nonostante avesse vinto nel 1930 un premio come "migliore attrice giovane dell'anno", il produttore Samuel Goldwyn si rifiutò categoricamente di scritturarla, considerandola "troppo brutta"; tuttavia, nel 1931, Bette fece il suo debutto cinematografico con la casa produttrice Universal, come protagonista nel film Bad Sister, primo film girato con la Universal, al fianco di un emergente Humphrey Bogart (i due attori lavoreranno insieme in altri film tra cui: Three on a match (1932), Mervin LeRoy e La foresta pietrificata (1936), Archie Mayo), già sotto contratto con la Warner che lancerà, definitivamente, la carrierà dell'attore.[2]
L'anno successivo stipulò un contratto di sette anni con Jack Warner il quale, al momento della firma, le rivolse queste parole: "Hai il fascino di Stanlio e Ollio messi assieme, ma ti prendo per il tuo talento". Sarà proprio alla Warner Brothers, uno dei più importanti studios di Hollywood, che l'attrice trascorrerà il periodo migliore della sua carriera, ma dovrà combattere non poco (talvolta anche per vie legali) per ottenere dai produttori la meritata attenzione.
Farà storia la "presunta" dichiarazione di odio di Bette Davis nei confronti di Joan Crawford, diva della MGM.[3]
Due volte Premio Oscar
Alla metà degli anni trenta, il successo di Bette Davis era ormai consolidato, tanto che nel 1936 l'attrice vinse il suo primo Oscar come miglior attrice protagonista per il film Paura d'amare (Dangerous, 1935). A detta della stessa Davis, tale premio fu una sorta di atto riparatorio, poiché l'Oscar le era stato negato l'anno prima, per la sua interpretazione in Schiavo d'amore.
Ormai affermatasi come stella di prima grandezza, l'attrice iniziò a selezionare i copioni più adatti al suo talento e al suo temperamento, rifiutando invece ruoli convenzionali. L'unica parte che non riuscì ad ottenere fu quella di Rossella O'Hara in Via col vento (Gone with the Wind, 1939), dato il suo rifiuto di avere come partner Errol Flynn. La scelta definitiva cadde poi su Vivien Leigh e Clark Gable.
Nel 1938, per una sorta di ripicca, l'attrice si fece costruire una parte su misura (ossia quella di una testarda donna del Sud) nel sontuoso film in costume Figlia del vento (Jezebel), diretto da William Wyler, facendosi addirittura modellare un vistoso abito di colore rosso, stretto in vita e molto scollato, che la rese quanto mai seducente.
Figlia del vento ottenne un grande successo, e per la sua interpretazione Bette Davis ricevette il suo secondo Oscar
Anni quaranta
Durante i primi anni quaranta Bette Davis conobbe un susseguirsi di trionfi: fu una moglie fedifraga e assassina in Ombre malesi (The Letter, 1940), una perfida donna del Sud, avida di denaro in Piccole volpi (The Little Foxes, 1941), entrambi diretti da William Wyler, e un'aristocratica - prima bruttina ed insicura poi bella e disinvolta - in Perdutamente tua (Now, Voyager, 1942) di Irving Rapper. Tuttavia, verso la fine del decennio, l'attrice si rese conto che la Warner Brothers le proponeva ormai solo film di modesta levatura, cosicché decise di lasciare definitivamente lo Studio presso cui aveva lavorato per ben diciotto anni.
Dopo un breve periodo di oscurità artistica, nel 1950 Bette Davis tornò alla ribalta grazie alla mirabile interpretazione di Margo Channing, una passionale e arguta diva teatrale sul viale del tramonto in Eva contro Eva (All About Eve) di Joseph L. Mankiewicz, film sul mondo del teatro, che le valse una nomination all'Oscar e una Palma d'oro al festival di Cannes. Negli anni seguenti, trovandosi ancora coinvolta in film di medio livello, tornò a dedicarsi al teatro.
Una singolare inserzione e un ritorno "sanguinario"
Iniziò un periodo poco felice per Bette Davis: non riuscendo a trovare una scrittura decente, nel 1962 l'attrice fece pubblicare un amaro e ironico annuncio in una rivista cinematografica:
"Madre di tre bambini di 10, 11 e 15 anni, divorziata, americana, trent'anni di esperienza come attrice cinematografica, versatile e più affabile di quanto si dica, cerca impiego stabile a Hollywood. Bette Davis, c/o Martin Baum, Gac. Referenze a richiesta".
Nello stesso anno si riscattò grazie a Che fine ha fatto Baby Jane? (What Ever Happened to Baby Jane?), diretto da Robert Aldrich, capolavoro in stile Grand Guignol in cui fu strepitosa grazie al suo travolgente istrionismo, nel ruolo di una nevrotica ex-bambina prodigio che vessa crudelmente la sorella (interpretata dalla sua storica nemica, Joan Crawford), paralizzata in seguito ad un incidente. Il film ottenne un grandissimo successo internazionale, e l'interpretazione dell'attrice fu apprezzatissima sia dal pubblico che dalla critica, tanto da meritare una nomination all'Oscar.
Nel 1964 la Davis ottenne un nuovo successo con la sua performance nell'horror gotico Piano... piano, dolce Carlotta (Hush... Hush, Sweet Charlotte), sempre per la regia di Aldrich, in cui impersonò una anziana bellezza del Sud che si crede colpevole dell'omicidio del suo ex-fidanzato.
Successivamente l'attrice riceverà poche proposte di alto livello, e quasi tutte per parti secondarie in film del terrore. A partire dagli anni settanta si dedicò soprattutto alla televisione. Tra le sue sporadiche apparizioni cinematografiche di questi anni, vanno ricordate quelle in Assassinio sul Nilo (Death on the Nile, 1978) di John Guillermin, e Le balene d'agosto (The Whales of August, 1987) di Lindsay Anderson, toccante film in cui apparve accanto a tre vecchie glorie del cinema, Lillian Gish, Vincent Price e Ann Sothern.
Nel 1972 girò in Italia Lo scopone scientifico con Alberto Sordi; anche con lui ebbe modo di mettere in luce il suo pessimo carattere: definirà Sordi antipatico, maleducato e provinciale.
Vita privata
Bette Davis si è sposata quattro volte: la prima con Harmon Nelson, che sposò nel 1932 (nel 1933 abortì per non compromettere la sua carriera) e da cui divorziò nel 1939; la seconda con Arthur Farnsworth nel 1940 (lui morì nel 1943); la terza con William Grant Sherry (dal quale avrà una figlia, Barbara) dal 1945 al 1950; e infine la quarta con l'attore Gary Merrill, sposato nel 1950 e assieme al quale adottò due figli, Michael e Margot; i due divorzieranno dieci anni dopo.
Nel 1985 la figlia Barbara Davis Hyman scrisse il libro My Mother's Keeper, descrivendo la madre come un'isterica alcolizzata. La Davis rimase molto colpita e nel 1987 replicò a sua volta, quasi come in risposta, pubblicando l'autobiografico This'n'That (Questo e quello), in collaborazione con Michael Herskowitz.
Sulla sua solitudine di donna e, spesso, anche di artista, la Davis aveva già precedentemente fatto pubblicare, nel 1962, una prima autobiografia, The Lonely Life: an Autobiografy.
Negli ultimi anni di vita la Davis fu afflitta da diversi problemi di salute: dapprima sviluppò una osteomielite, che riuscì a curare; nel 1983 venne operata di un tumore al seno, mentre in rapida successione fu colpita da un ictus e poi da un infarto.
Nel 1988 partecipò ancora a un film, Wicked Stepmother (Strega per un giorno) nel ruolo di Miranda, una vecchia strega.
Morì a Parigi il 6 ottobre 1989, all'età di 81 anni, per l'aggravarsi del suo male. Pochi giorni prima aveva ritirato un premio alla carriera al Festival cinematografico di San Sebastiano.
Le sue spoglie riposano nel cimitero di Forest Lawn (Hollywood, Los Angeles).
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Eva contro Eva (1950)
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Re: ... e le stelle si fanno guardare
@ Lucy
Ma Keanu non è un stella da guardare
Katharine Hepburn
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Ma Keanu non è un stella da guardare
Katharine Hepburn
- Spoiler:
- Seconda dei sei figli di Katharine e Thomas Narval Hepburn, Katharine Hepburn, la più anticonformista delle dive di Hollywood nasce a Hartford, nel Connectict il 12 maggio 1907.
Suo padre, Thomas Norval Hepburn era uno dei più famosi urologhi americani e discendeva da una famiglia di scozzesi che vantava tra i propri antenati un James Hepburn conte di Bothwal, amante della regina Maria Stuarda.
Sua madre, Katharine proveniva, invece, da una delle migliori famiglie di Boston: suffragetta e antesignana del femminismo, fautrice e propugnatrice del controllo delle nascite, diede il suo cognome da nubile a tutti i suoi figli.
Entrambi di idee progressiste, i coniugi Hepburn allevarono i loro sei figli secondo i canoni delle loro convinzioni, che applicarono anche nell'ambito del loro ambiente, attirandosi spesso le critiche dei circoli più conservatori.
L'inspiegabile suicidio del fratello Tom, avvenuto quando Katharine è ancora ragazzina, turba la sua vita di adolescente al punto che per diversi anni ha usato come propria la data di nascita del fratello, tanto che i suoi genitori decidono di non farle frequentarte la scuola pubblica ma di farla studiare in casa, seguita da insegnanti privati.
Superato il trauma, successivamente viene iscritta nel classico college per ragazze bene, il Bryn Mawr di Philadelphia in Pensilvania, dove crebbe dando libero sfogo al suo spirito indipendente e al suo carattere indomito e ribelle.
Appassionata di teatro cominciò a recitare per beneficienza durante le vacanze estive, negli spettacoli femministi allestiti dalla madre, entrando poi stabilmente a far parte della compagnia teatrale del college.
Laureatasi ventunenne in Arte Drammatica, nel 1928, ottenne una lettera di presentazione per una compagnia di Baltimora dove, grazie alla sua estrema determinazione e nonostante i limiti imposti dal suo temperamento aggressivo, riuscì a farsi assumere come attrice principiante.
Inizia così il suo tirocinio artistico, frequentando contemporaneamente un corso di dizione e ballo presso una delle migliori scuole di recitazione di New York.
Dopo pochi mesi debutta a Broadway con la commedia 'These Days' e ottiene un grosso successo con 'A Warrior's Husband'.
Il 12 dicembre 1928 sposa Ludlow Ogden Smith, un importante uomo d'affari di Philadelphia e si licenzia dalla compagnia teatrale per dedicarsi alla famiglia.
Energica e puntigliosa, fece cambiare cognome al marito: cancellando il banale Smith e invertendo gli altri due divenne così la signora Ogden Ludlow. Divorzierà da lui nel 1942
Nel 1932 torna sui palcoscenici di Broadway e ottiene un altro importante successo con 'Animal Kingdom' di Barry.
Ma è interpretando il ruolo di Antiope in 'A Warrior's Husband' di Thompson che viene notata da un talent- scout di Hollywood.
Pochi giorni dopo comincia a girare il suo primo film, "FEBBRE D'AMORE", di George Cukor, strappando alla RKO di David O. Selznick un contratto di 1500 dollari a settimana, quando in teatro ne prendeva solamente 80.
E' il debutto cinematografico della giovane Katharine e l'inizio di una collaborazione straordinaria con Gerge Cukor, che diverrà il regista cardine della sua carriera, che la porterà a girare altri sei film con il maestro del genere 'screwball comedy'.
In pochi mesi il successo del film la fa diventare un personaggio e Hollywood comincia a fare conoscenza con questa eccentrica e spregiudicata debuttante dal carattere grintoso e puntiglioso.
Testarda e padrona di sè, ma anche colta ed emancipata, saprà trasformare la sua bellezza, raffinata e anticonvenzionale, in uno strumento di irresistibile fascino; e saprà resistere, per quasi mezzo secolo, al tempo e alle mode, mutando registro recitativo e passando, grazie alla straordinaria capacità di immedesimarsi nei suoi personaggi, dai ruoli di ragazzina sbarazzina e sentimentale a quelli di moglie tenera e indipendente e da quelli di donna afflitta ma battagliera a quelli di zitella vecchia e sconsolata...
Intanto gira un film pensato originariamente per la più nota Ann Harding, il melodramma "LA FALENA D'ARGENTO", di Dorothy Arzen, che narra di un'abile e spericolata pilota d'aerei che sceglie di morire in volo, lanciando il suo bimotore in volo cieco, quando, accortasi di essere incinta, comprende che il suo amore per un uomo sposato è senza futuro.
Katharine crea così una nuova immagine di donna, libera, sicura, spigliata, dotata di senso di umorismo e, soprattutto, che sa coniugare alla perfezione la bellezza all' intelligenza, restando profondamente e intimamente femminile.
La pellicola che la impose definitivamente facendole vincere il primo dei suoi quattro premi Oscar (a fronte di dodici candidature) fu "LA GLORIA DEL MATTINO", di Lowell Sherman, del 1933.
Il film che descrive, con una certa dose di ironia, il mondo di Broadway e la galleria dei personaggi che gli gravitano intorno, è la storia di un'attrice, Eva Lovelace, caotica e presuntuosa, dai suoi primi passi artistici, compiuti grazie all'amicizia di un produttore e di uno sceneggiatore, al successo che le arride quando, alla vigilia della prima, viene scelta per sostituire l'attrice protagonista, rivelatasi troppo onerosa.
Il successo della pellicola e il riconoscimento che l'Academy tributa alla sua performance recitativa la proiettano nel Gotha di Hollywood, che comincia così ad adattarsi e a tollerare questa diva testarda e determinata, che gli esercenti americani ben presto soprannomineranno 'veleno dei botteghini'.
Con il successivo "PICCOLE DONNE", di George Cukor, la Hepburn comincia la sua carrellata di personaggi di ragazza romantica e sognatrice, racchiusa nel suo mondo di affetti ma, al tempo stesso, ingenuamente spregiudicata, che la Hepburn sa incarnare con naturalezza e intelligenza da attrice consumata.
Il film, ambientato verso la metà dell'ottocento a Concord, nel Massachussets, che racconta la storia delle quattro sorelle March e dei loro problemi seri e meno seri, tra sogni d'amore e voglia di emancipazione, in cui la Hepburn interpreta il ruolo di Jo March, la più anticonformista e fantasiosa delle quattro ragazze. E' la terza trasposizione (dopo quelle mute del '17 e del '18, rispettivamente di A. Butles e di H. Knoles, e prima di quelle che seguiranno nel 1949 di M. Le Roy con ELIZABETH TAYLOR e nel 1994 di G. Armstrong con Wynona Ryder) del romanzo omonimo di Louisa May Alcott, e mantiene intatto lo spirito rosa del libro, riuscendo ad illustrare perfettamente il clima vittoriano e l'ambiente della società americana della metà del XIX secolo, che la regia di Cukor sa rappresentare, attualizzandoli e vivificandoli con intelligenza e perspicacia.
Il film seguente, invece, "ARGENTO VIVO" ('33), di John Comwell, non ottenne il successo auspicato e rappresentò una battuta d'arresto nella lanciatissima carriera della Hepburn, che si rifà alla grande l'anno successivo con "AMORE TZIGANO", di Richard Wallace che, sullo sfondo della rivolta degli abitanti di una cittadina tessile della Scozia contro i bassi salari, narra della storia d'amore tra un giovane pastore e una misteriosa zingara, sotto le cui mentite spoglie si nasconde una vera lady.
Nel 1935 ci sono le felici caratterizzazioni di Costance Dani Robert in "QUANDO SI AMA" di Philip Moeller e di Alice Adams in "PRIMO AMORE" di George Stevens.
Segue il ritratto romanzato di Pamela Thistewait, l'antesignana del femminismo, in "UNA DONNA SI RIBELLA", di Mark Sandrich e il ruolo di Sylvia Scarlett, la ragazza che, costretta a fuggire da Marsiglia perchè il padre, un imbroglione patentato è ricercato dalla polizia, si traveste da maschio per far perdere le sue tracce, si unisce ad una compagnia di attori ambulanti e 'ridiventa' femmina quando si innamora di un pittore, nel più originale e anticonformista dei film di George Cukor, "IL DIAVOLO E' FEMMINA", in cui incontra per prima volta il suo partner ideale, CARY GRANT, con cui darà vita ad una serie di successi tra i più eclatanti della storia della commedia leggera, vestendo spesso i panni della vittima delle macchinazioni e degli inganni di lei.
Per John Ford, nel 1936, nello storico "MARIA DI SCOZIA", interpreta il ruolo di Maria Stuarda, regina di Scozia (proprio la regina che era stata l'amante del suo antenato paterno), dall'amore per Lord Bothwel (che verrà mai chiamato per nome ma solo menzionato con l'appellativo nobiliare) al conflitto con la cugina Elisabetta d'Inghilterra, dalla prigione alla condanna a morte, una ricostruzione storica poderosa, sostenuta da un impatto visivo efficace e adeguatamente spettacolare, che il regista ritenne non soddisfacente, a causa del montaggio eseguito, secondo lui, non a regola d'arte dopo la sua partenza.
Anche nel ruolo di Phoebe Throssel in "DOLCE INGANNO", di Geroge Stevens, la zitella che si trasforma nella spumeggiante cugina Livvy per riconquistare l'uomo che ama, la Hepburn ci offre una performance recitativa che da sola sorregge interamente un film dalla sceneggiatura improbabile e poco convincente.
D'altronde straordinaria la Hepburn lo è costantemente, come quando in "PALCOSCENICO", di Gregory La Cava interpreta il personaggio di una miliardaria aspirante attrice che, grazie ai soldi di papà, soffia il ruolo all'attrice protagonista dello spetacolo che si sta allestendo. Quando questa si suicida, l'evento sconvolge a tal punto la giovane viziata che riesce a tirar fuori un inaspettato talento artistico.
L'amore per il PALCOSCENICO la spinge a tornare a recitare in teatro e nel 1938 ottiene un clamoroso successo con la commedia di Philip Barry 'The Philadelphia Story', tanto che illustri critici scrivono di lei in termini più che entusiastici.
Il successo è talmente grande che immediata arriva la trasposizione cinematografica dell'opera teatrale, originando il film di culto "INCANTESIMO", diretto in modo impeccabile dal fidato regista Cukor e interpretato in coppia con l'amico di sempre, CARY GRANT.
La storia è quella di una ricca e capricciosa ereditiera e della sua superficiale sorella, la quale manda a monte il suo matrimonio con un giovane brillante ma spiantato. Toccherà a lei il gradito compito di consolarlo.
Un'interpretazione perfetta, sofisticata, in grande stile, una serie di battute a raffica, saggi di virtuosismi gestuali che fanno di lei una stella di prima grandezza e del film uno dei capolavori indiscussi della commedia brillante.
Ancora insieme la coppia Hepburn/Grant gira "SUSANNA", di Howard Hawks. Parabola della perdita progressiva della libertà da parte del maschio (tema ricorrente in quasi tutte le altre commedie di Hawks), il film narra di una ricca ereditiera e del suo cucciolo di leopardo, e di un paleontologo a cui i due riescono a sconvolgere la vita, rovinandogli il matrimonio e cacciandolo in una esilarante girandola di guai.
Veramente inseparabili i due attori, all'apice delle loro carriere, nel 1940 partecipano al film di George Cukor "SCANDALO A PHILADELPHIA".
Commedia sofisticata, dialoghi brillanti, andirivieni amorosi, la pellicola offre a Cukor l'occasione di sfoderare una sottile critica all'eccentricità dei ricchi e alla coppia Hepburn - Grant, ai quali si aggiunge uno strepitoso JAMES STEWART, di rappresentare la storia d'amore di una coppia di borghesi benestanti, i quali, dopo aver divorziato, vengono fatti riappacificare da un solerte reporter, che riesce a domare il caratterino ribelle della donna, impedendole di risposarsi con il figlio di un noioso politico.
Nel 1942 la Hepburn incontra l'attore Spencer Tracy ed è subito grande amore.
L'attore del Wisconsin rappresenterà per venticinque anni l'uomo della sua vita; insieme nella vita e sullo schermo saranno l'immagine della coppia comune per antonomasia: l'uomo schietto e simpaticamente burbero, la donna emancipata quanto basta ma estremamente femminile.
Il sodalizio artistico-sentimentale, durato fino alla scomparsa di lui, si concretizzerà in campo artistico, nei nove film girati insieme durante i successivi venticinque anni della loro vita in comune.
L'incontro con Tracy avvenne nel 1941 sul set di "LA DONNA DEL GIORNO".
Lei, forte del successo di "SCANDALO A PHILADELPHIA", impose alla produzione, senza nemmeno conoscerlo personalmente, il nome del poco noto Spencer Tracy, restando talmente soddisfatta della sua recitazione che accettò di buon grado che nei titoli di testa il nome dell'attore figurasse prima del suo.
Il film di George Stevens, che narra le traversie coniugali di un cronista sportivo e di una commentatrice politica attaccata al suo lavoro, tra litigi, ripicche, fughe e compromesso finale, è una deliziosa commedia, dalla quale, successivamente, è stato tratto un musical per Broadway.
Reduci dal successo del film, la coppia gira successivamente "PRIGIONIERA DI UN SEGRETO", un film inchiesta di George Cukor, che racconta di un giornalista che, indagando sul passato di un politico, acclamato eroe nazionale dopo la morte, scopre, vincendo le resistenze della vedova, che in realtà il defunto era un fascista e tramava un colpo di stato.
Nel 1943 la Hepburn interpreta "LA TAVERNA DEL PECCATO", di Frank Borzage e l'anno successivo "LA STIRPE DEL DRAGO", di Jack Conway e Harlod S. Bouquet tratto dal romanzo omonimo di Pearl S. Buck. Il film è ambientato nella Cina al tempo dell'invasione giapponese, quando la vita di una famiglia viene sconvolta dall'arrivo dei soldati nipponici con i figli che prima scappano sui monti poi, insieme alla cognata (la Hepburn, appunto) organizzano un valoroso centro di resistenza.
Il film dell'anno successivo è ancora una commedia, "SENZA AMORE", di Harold H. Bouquet, che l'attrice gira insieme a Spencer Tracy, un lavoro di routine in cui interpretano rispettivamente i ruoli di uno scienziato e di una sua collega vedova. Costretto a recarsi a Washington per motivi di studio, viene accolto in casa di lei, dove, superato l'iniziale disagio, a poco a poco l'amicizia si trasforma in un sentimento più profondo.
Ottime performance la Hepburn le offre anche in "TRAGICO SEGRETO", di Vincent Minnelli e in "CANTO D'AMORE", di Clarence Brown.
Il primo è un melodramma esageratamente eccessivo in cui l'attrice interpreta il ruolo dell'ingenua sposa di un ricco industriale, la quale, quando scopre che la ricchezza del marito deriva da un vecchio delitto, si prodiga incessantemente, insieme al fratello, per risarcire i figli del defunto.
Il secondo è la biografia romanzata della vita e della storia d'amore tra Clara Wieck e suo marito, il grande compositore Robert Shumann, e dei loro rapporti con Johannes Brahms e Franz Liszt.
Torna insieme a Spencer Tracy nel 1947 per interpretare, sotto la direzione di un quasi esordiente Elia Kazan, il melodramma "MARE D'ERBA", in cui la vediamo ricoprire il ruolo della giovane moglie di un ricco e dispotico latifondista, nel New Messico del 1880. Quando rimane incinta del rivale del marito, costui la scaccia e per vendetta si tiene il bambino. Si ritroveranno vent'anni più tardi dopo la tragica morte del ragazzo.
Il quarto film in coppia con Spencer Tracy è "LO STATO DELL'UNIONE". Considerato il testamento spirituale di Frank Capra, il film narra di un candidato alla presidenza degli Stati Uniti che, accortosi di essere stato strumentalizzato da un gruppo di industriali corrotti, si ritira dalla competizione, salvando così anche il suo matrimonio.
In "LA COSTOLA DI ADAMO" di George Cukor, la Hepburn e Spencer Tracy sono una coppia di coniugi magistrati che si ritrovano a difendere, l'una contro l'altro, lei le ragioni di una donna che ha tentato di uccidere il marito e lui quelle dell'uomo stesso, fedifrago incallito. Battaglie tra i sessi e arringa femminista della Hepburn, che anticipa le future posizioni ideologiche e politiche che l'attrice assumerà nel corso degli anni successivi, fanno della pellicola un cult della commedia impegnata e lo stereotipo del successo del cinema hollywoodiano nel mondo.
Gli anni '50 la portano ad affrontare, senza esitazioni, lo scomodo ruolo di zitella, permettendole, al tempo stesso, di tratteggiare, forse con meno brio, ma certamente con più consapevolezza, le frustrazioni e le inquietitudini che affligono la solitudine di una donna nubile e matura.
A questo proposito, impossibile dimenticare la zitella missionaria di "LA REGINA D'AFRICA", di John Huston, in cui duetta con un grande HUMPHREY BOGART, cinico e alcolizzato, durante la fuga sul lago Vittoria a bordo di uno scalcagnato battello, davanti all'avanzare delle truppe tedesche, dove troveranno anche il tempo di innamorarsi.
Oppure la campionessa un po' stagionata che intesse un romanzetto rosa con il suo allenatore di tennis, in "LUI E LEI", di George Cukor.
E come non restare affascinati, in "TEMPO D'ESTATE", di David Lean, dalla matura insegnante votata allo zitellaggio, se non fosse che, durante una vacanza a Venezia, un affascinante antiquario non le facesse vivere una momentanea felicità, facendole così riscoprire la voglia d'amare!
Gli anni '50 sono anche gli anni in cui rompe il contratto con la MGM e comincia a lavorare solo come indipendente, trattando direttamente con i produttori, film e ruoli da interpretare.
Ha un fiuto eccezionale: negli anni successivi, tra il 1952 e il 1972, su dieci pellicole interpretate ottiene sei candidature agli Oscar come miglior attrice protagonista.
E' ancora una spiritosa zitella (il suo personaggio si chiede se: 'una donna può prendere lezioni per diventare donna?') alla quale, in "IL MAGO DELLA PIOGGIA", di Joseph Anthony, uno strano predicatore, che promette la pioggia durante un periodo di prolungata siccità, fa perdere la testa, se non ci si mettesse lo sceriffo che lo accusa di essere un truffatore cercando di arrestarlo.
Sul finire degli anni '50 la Hepburn è protagonista di "LA SOTTANA DI FERRO", di Ralph Thomas, tentativo malriuscito di rifare 'Ninotcha'; di "LA SEGRETARIA QUASI PRIVATA", in cui rischia, pur essendo una segretaria dalla memoria di ferro, che il suo capufficio la sostituisca con un computer; e, soprattutto, del capolavoro di Joseph L. Mankiewicz, "IMPROVVISAMENTE L'ESTATE SCORSA". Il film è tratto dal dramma omonimo di Tennessee Williams, ed è la storia di una ricca vedova che, dopo aver perso l'unico figlio in circostanze misteriose, cerca di corrompere MONTGOMERY CLIFT, primario in un ospedale psichiatrico, offrendogli una grossa somma di denaro, a patto che faccia lobotomizzare la giovane nipote, con la scusa che, avendo assistito alla morte del cugino, è rimasta traumatizzata dall'evento; ma in realtà per coprire l'inconfessabile verità dell'accaduto.
Ancora una intensa interpretazione la Hepburn la offre nel dramma "IL LUNGO VIAGGIO VERSO LA NOTTE", di Sidney Lumet, tratto dall'opera autobiografica di Eugene O'Neil, sulle drammatiche tensioni che esplodono in una famiglia in disfacimento del Connecticut. Alla notizia che il figlio minore è affetto da tisi, i quattro (padre taccagno, madre drogata, figlio malato e fratello alcolizzato), chiusi in casa, mettono a nudo le loro speranze frustrate e i loro fallimenti.
Il secondo premio Oscar come miglior attrice, la Hepburn lo conquista nel 1967 con il film "INDOVINA CHE VIENE A CENA?", di Stanley Kramer, in cui una coppia di coniugi progressisti (Hepburn e Tracy) viene messa in crisi dall'annuncia che la figlia ha come nuovo fidanzato un medico di colore. Gag, battute brillanti, piccoli razzismi quotidiani per una commedia che trasuda buoni sentimenti, ma trascura i veri problemi di fondo. Nel ruolo della figlia della coppia debutta nel cinema la nipote della Hepburn, Katharine Hougthon.
Il film rappresenta l'ultima apparizione di Spencer Tracy sugli schermi, il quale, gravemente malato, morirà qualche settimana dopo la fine delle riprese.
Nonostante il luttuoso avvenimento, il carattere forte e tenace della Hepburn fa sì che in breve riesca a superare il dolore, dedicandosi con più determinazione nel suo lavoro e nella sua sfolgorante carriera.
Anzi è proprio questo il periodo in cui dà il meglio di sè, sia come donna impegnata socialmente e politicamente, sia come artista dotata della straordinaria capacità di immedesimarsi nei suoi personaggi, cinematografici o teatrali che siano.
Si aggiudica così il terzo premio Oscar con il ruolo di Eleonora d'Aquitania, la moglie di Enrico II il Plantageneto, re d'Inghilterra, in "IL LEONE D'INVERNO", di Anthony Harvey; il film, sceneggiato da James Goldman, adattato da una sua piece, rilegge in chiave intimistica, il momento in cui, la vigilia del Natale 1183, il sovrano convoca nel castello di Chinon, la consorte e i tre figli per scegliere l'erede al trono, scatenando così gelosie, rancori, intrighi e tradimenti che sfociano nel parricidio.
Altrettanto successo lo riscuote a Broadway nel musical 'Coco' (la storia di Coco Chanel) che raggiunse l'incredibile record di 332 repliche, con il pubblico elettrizzato, in fila per vedere lo spettacolo e soprattutto per ammirare lei, ultrasessantenne dal fascino irresistibile e dal cervello che non ammette repliche.
Non sarà questo l'ultimo successo teatrale perchè tornerà sul PALCOSCENICO nel 1976 con 'A Motter of Gravity' di Edith Bagnold, e poi nel 1981 con 'The West Side Waltz' di Ernest Thompson.
Nel 1969, invece, porta sullo schermo, per la regia di Bryan Forbes, la commedia "LA PAZZA DI CHAILLOT", tratta da Jean Giraudoux, in cui, anziana e irriducibile romantica, insieme alla sua corte dei miracoli, riesce ad opporsi efficacemente ad un gruppo di speculatori che vorrebbero trivellare un vecchio quartiere parigino per ricercare il petrolio.
Insieme ad altre tre grandi interpreti (Vanessa Redgrave, Geneviève Bujold e Irene Papas) dà vita alla decaduta regina Ecuba in "LE TROIANE", che il regista cipriota Michael Cacoyannis adatta da una tragedia di Euripide, che racconta la storia delle donne della distrutta città di Troia, viste nel momento in cui sono costrette a seguire, come schiave o concubine, i vincitori greci.
Nella pellicola successiva, "UN EQUILIBRIO DELICATO", di Tony Richardson, lei moglie sostanzialmente appagata, si immedesima nei conflitti e nelle nevrosi di una coppia di amici in crisi coniugale, che esplodono nei giorni in cui sono ospiti in casa sua.
Nel 1975 si cimenta, per la prima volta nella sua carriera, in un film western, "TORNA "EL GRINTA"", di Stuart Millar, con John Wayne che riprende il personaggio di successo dello sceriffo dai modi un po' troppo spicci, qui impegnato nell'impresa di recuperare un carico d'armi trafugato da una banda, alla cui riuscita la Hepburn presta il suo determinante contributo.
Poi per sei anni si ritira dagli schermi, ma il ritorno, salutato dalla conquista del 4° premio Oscar, è trionfale.
E' protagonista, infatti, insieme ad Henry Fonda e alla figlia di lui, Jane, del romantico e malinconico "SUL LAGO DORATO", di Mark Rydell, che racconta di due anziani coniugi che ricevono la visita della figlia, che si presenta a casa loro accompagnata dal figlio del fidanzato. Dopo l'iniziale diffidenza, tra il bambino e i vecchi coniugi nasce un sentimento di grande affetto.
Nella successiva pellicola, "AGENZIA OMICIDI" di Anthony Harvey, la Hepburn dà vita al personaggio di un'anziana signora che assiste all'omicidio del suo padrone di casa. Stanca e delusa dalla vita, il giorno dopo si rivolge allo stesso killer perchè faccia altrettanto con lei.
Nell'ultimo film girato, "LOVE AFFAIRE" di Genn Gordon Caron, l'ormai novantenne attrice si ritaglia un piccolo cameo come madre di WARREN BEATTY.
Si spegne serenamente il 29 giugno 2003, all'età di novantasei anni.
I suoi film, quelli grandi, quelli buoni e anche quelli meno buoni, hanno segnato per oltre mezzo secolo la storia del cinema mondiale.
Le sue interpretazioni hanno fornito e continuano a fornire l'imput a generazioni di attori che non erano ancora nati quando lei si proponeva di rappresentare lo spirito 'femminista' e 'anticonformista', ancora sconosciuto all'epoca, a tal punto che la più antihollywoodiana delle dive di Hollywood sarebbe attualissima ancora oggi.
FILMOGRAFIA
1932 - Febbre di vivere regia di George Cukor
1933 - La falena d'argento regia di Dorothy Arzner
1933 - La gloria del mattino regia di Lowell Sherman
1933 - Piccole donne regia di George Cukor
1934 - Argento vivo regia di John Cromwell
1934 - Amore tzigano regia di Richard Wallace
1935 - Quando si ama regia di Philip Moeller
1935 - Primo amore regia di George Stevens
1936 - Una donna si ribella regia di Mark Sandrich
1936 - Maria di Scozia regia di John Ford
1937 - Dolce inganno regia di George Stevens
1942 - La donna del giorno regia di George Stevens
1943 - La taverna delle stelle regia di Frank Borzage
1944 - La stirpe del drago regia di Jack Conway e Harold S. Bucquet
1945 - Senza amore regia di Harold S. Bucquet
1946 - Tragico segreto regia di Vincente Minnelli
1947 - Canto d'amore regia di Clarence Brown
1948 - Lo stato dell'Unione regia di Frank Capra
1952 - Lui e lei regia di George Cukor
1956 - Il mago della piogia regia di Joseph Anthony
1956 - La sottana di ferro regia di Ralph L. Thomas
1969 - La pazza di Chaillot regia di Bryan Forbes
1971 - Le troiane regia di Michael Cacoyannis
1973 - Un equilibrio delicato regia di Tony Richardson
1975 - Torna "El Grinta" regia di Stuart Millar
1978 - Olly, Olly Oxen Free regia di Richard A. Colla
1994 - Love affair - Un grande amore regia di Glenn Gordon Caron
1932 - FEBBRE DI VIVERE regia di George Cukor
1933 - FALENA D'ARGENTO regia di Dorothy Arzner
1933 - GLORIA DEL MATTINO regia di Lowell J. Sherman
1933 - PICCOLE DONNE (1933) regia di George Cukor
1934 - ARGENTO VIVO (1934) regia di John Cromwell
1935 - PRIMO AMORE (1935) regia di George Stevens
1935 - IL DIAVOLO E' FEMMINA regia di George Cukor
1935 - QUANDO SI AMA regia di Philip Moeller
1936 - MARIA DI SCOZIA regia di John Ford
1937 - PALCOSCENICO regia di Gregory La Cava
1937 - DOLCE INGANNO regia di George Stevens
1938 - INCANTESIMO regia di George Cukor
1938 - SUSANNA regia di Howard Hawks
1940 - SCANDALO A PHILADELPHIA regia di George Cukor
1941 - LA DONNA DEL GIORNO (1941) regia di George Stevens
1942 - PRIGIONIERA DI UN SEGRETO regia di George Cukor
1944 - LA STIRPE DEL DRAGO regia di Jack Conway
1946 - TRAGICO SEGRETO regia di Vincente Minnelli
1947 - MARE D'ERBA regia di Elia Kazan
1948 - LO STATO DELL'UNIONE regia di Frank Capra
1949 - LA COSTOLA DI ADAMO regia di George Cukor
1951 - LA REGINA D'AFRICA regia di John Huston
1952 - LUI E LEI regia di George Cukor
1955 - TEMPO D'ESTATE regia di David Lean
1956 - LA SOTTANA DI FERRO regia di Ralph Thomas
1956 - IL MAGO DELLA PIOGGIA regia di Joseph Anthony
1957 - LA SEGRETARIA QUASI PRIVATA regia di Walter Lang
1959 - IMPROVVISAMENTE L'ESTATE SCORSA regia di Joseph L. Mankiewicz
1962 - IL LUNGO VIAGGIO VERSO LA NOTTE regia di Sidney Lumet
1967 - INDOVINA CHI VIENE A CENA? regia di Stanley Kramer
1968 - IL LEONE D'INVERNO regia di Anthony Harvey
1969 - LA PAZZA DI CHAILLOT regia di Bryan Forbes
1971 - LE TROIANE regia di Michael Cacoyannis
1973 - UN EQUILIBRIO DELICATO regia di Tony Richardson
1975 - AMORE FRA LE ROVINE regia di George Cukor
1975 - TORNA EL GRINTA regia di Stuart Miller
1979 - IL GRANO E' VERDE regia di George Cukor
1981 - SUL LAGO DORATO regia di Mark Rydell
1984 - AGENZIA OMICIDI regia di Anthony Harvey
1992 - L'EVASO E LA SIGNORA regia di George Schaefer
1994 - LOVE AFFAIR - UN GRANDE AMORE regia di Glenn Gordon Caron
1994 - UN'AMORE SENZA ETA' regia di Anthony Harvey
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