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Messaggio Da anna Ven 4 Mar - 22:07

Attualità e notizie

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Messaggio Da anna Dom 6 Mar - 11:14

Scuola pubblica: tamtam su Facebook col discorso di Calamandrei
pubblicato da la Repubblica

"Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.
Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di previlegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole , perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili,si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata.
Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico."
Piero Calamandrei

(Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma l’11 febbraio 1950)
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Messaggio Da anna Dom 6 Mar - 14:00

La scuola statale fa paura solo a chi vuole uno Stato di sudditi


Corruzione, connivenze, familismo. Paura di inimicarsi i potenti alla cui corte si arraffa qualcosa: più o meno grande non importa. Basta partecipare al rito del non-per-diritto, ma-per-favore. Non è l’autonomia e l’indipendenza che si cerca. Non l’essere cittadini portatori di diritti e doveri nella pariteticità della norma, ma poter galleggiare alla corte del capo: ombre del suo potere sempre più enorme: ex-norma. Fuori-legge. Un capo-clan mitizzato e adorato (fallocrazia compresa) che diviene assoluto: ab-solutus. Sciolto. Svincolato dalle regole democratiche. E che tutto può fare. Tutto può comprare e scambiare all’asta della cortigianeria, dove le cricche ingrassano all’ombra della cosa pubblica ridotta a borsa affari, di cui il capo – clan è l’azionista di maggioranza.

Ecco allora che lo Stato con le sue regole, con le garanzie democratiche a cui tutti sono vincolati, appare il nemico a chi viola il patto costitutivo dello stato liberale e democratico: l’uguaglianza davanti alla legge. Perché al di sopra di questo patto vuole stare. Per fare come gli pare e piace. Un capo-clan che magari inneggia pure alla libertà, ma la tiene sotto scacco. Assoluta per sé. Poltiglia per tutti gli altri, che belanti si beano nella virtualità mediatica dell’illusione che uno-su-mille-ce-la-fa.

Un gioco illusionista che per funzionare ha bisogno di essere pervasivo, inglobante, totalizzante. E che non regge se continuano ad esserci spazi di libera informazione, che per questo si cerca d’imbavagliare con trovate sempre più ridicole, come quella del doppio conduttore o della doppia satira. Perché mentre uno afferma, l’altro neghi. Perché verità e menzogna non più si distinguano. Perché alla fine solo il potere più e-norme vinca sulla piazza mediatica.

Un gioco illusionista che si infrange però contro un nemico che di illusioni e suggestioni proprio non ne vuol sapere e che per questo è l’ultimo reale baluardo in Italia di educazione al pensiero critico: la scuola dello Stato democratico, che non a caso la si sta anemizzando a favore delle scuole private. Paradossalmente spacciate per libere (l’illusionismo continua!). Ma che tali non lo sono affatto, perché l’unica libertà che in esse viene esercitata è proprio quella di ghettizzare libertà di pensiero e di ricerca. Scuole di censura semmai, dove gli insegnanti devono obbedire alla professione di fede del padrone che quella scuola gestisce. E che in base a questo requisito li presceglie.

Scuole-ghetto, preferite da famiglie che intendono l’educazione come cinghia di trasmissione della loro univoca visione del mondo.

L’unica scuola libera nel nostro paese, è allora la scuola statale, che costituzionalmente promuove libertà d’insegnamento e d’apprendimento. Scuola antifedeista perché laica e quindi democratica. Scuola di dubbio e di pensiero problematico. Scuola plurale e accogliente perché dialogica. Scuola di educazione alla libertà di pensiero. Scuola di rispetto e di fiducia nell’emancipazione individuale attraverso la cultura. E cultura è ricerca. Capacità di rompere i circoli dell’identico, compresi i condizionamenti del gruppo originario di appartenenza. Scuola che non libera solo dalla fatica di pensare. Scuola quindi che educa ad essere padroni della propria mente nell’esercizio e sviluppo delle capacità analitico-critiche. Scuola di responsabilità e di cittadinanza. Compiti alti e delicati che solo una scuola che non ha padroni né fideismi può assolvere.

Allora, bisogna sapere che dietro ai ben orchestrati e strumentali attacchi alla scuola statale, riaffiora la nostalgia della “legge del padre”. Che considera gli individui eterni minori. Che vuole impedire quel pieno sviluppo della persona umana sancito dalla nostra Costituzione che è anche liberazione dal pensiero unico e dal libro unico.

Allora, poiché la democrazia necessita di cittadini liberi autonomi e responsabili, la scuola statale è di forte intralcio in fondo solo a chi non vuole cittadini, ma sudditi.

Maria Mantello - MicroMega
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 13:07

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/africa-la-fuga-dei-migranti/2145986

Africa, la fuga dei migranti
di Fabrizio Gatti
La chiamano "la rotta dell'est". Passa attraverso la Turchia e il 'paradiso' sta dall'altra parte di un fiume al confine con la Grecia.
Qui migliaia di disperati spesso muoiono assiderati. O arrivano con gli arti amputati


La terra gelata si spezza come vetro sotto il peso dei passi. È così buio che non si vede dove andare. Soltanto il crepitio dei piedi e le stelle di un cielo limpido accompagnano la marcia. E il freddo, tanto freddo. Dieci sottozero, stanotte. Divine Kitomba, 22 anni, fuggita dal Congo in guerra, è caduta nel fiume che separa Turchia e Grecia e ha perso le scarpe in fondo alle sabbie mobili. Dopo sei ore è ancora bagnata fino ai capelli e i jeans le si sono ghiacciati addosso. Minuscoli cristalli di brina sbiancano le sue spalle, i gomiti, i calzettoni ormai rotti sulle punte.

Anche Rose Kapinga, 20 anni, è scivolata. L'acqua l'ha inzuppata fino ai fianchi e ha avvolto la sua pancia all'ottavo mese di gravidanza. L'ha salvata Jules Kaita, 21 anni, suo marito e campione di atletica. Altre 13 schiene camminano in fila e sbuffano vapore. Quelli davanti hanno visto una manciata di lumini bianchi. Uno sciame di lampioni. È il villaggio di Lykofos. In greco significa la "luce dei lupi", il crepuscolo. Divine, Rose, Jules e gli altri africani non sanno nemmeno dove sono.

Appaiono come fantasmi, in mezzo alle prime case che incontrano. Tremano come agnelli appena nati. Sono entrati vivi in Europa. Ma non c'è nessuno a riscaldarli. Non sono i primi. Non saranno gli ultimi. Eppure dormono tutti. Porte chiuse, strade silenziose. E non è ancora finita. I cinque africani morti congelati nelle ultime settimane credevano di avercela fatta. Si sono seduti ad aspettare il giorno nelle campagne deserte. Si sono addormentati. Per sempre.

Queste ragazze, questi ragazzi sono scappati dalla Libia poche ore prima della battaglia. Ancora non sanno che altri stranieri come loro sono stati ammazzati dai libici o dalle milizie di mercenari. Inseguono la via già battuta nell'ultimo anno da quasi 100 mila profughi in fuga dall'Africa. La prova che l'economia di Tripoli non ha mai smesso di lucrare sul traffico di immigrati. "L'Espresso" si è unito alla loro marcia al confine dell'Unione europea. L'accordo dell'estate 2008 tra Silvio Berlusconi e Muhammar Gheddafi non ha infatti bloccato gli affari dei trafficanti. Ha solo spostato il problema più a Est: in Turchia e in Grecia. E adesso, dopo il crollo della Jamahirya, questa è anche la prima uscita di emergenza aperta sul mondo. Nell'ultima settimana lavoratori asiatici, europei e africani hanno percorso sui traghetti la rotta che dalla città liberata di Bengasi porta a Smirne, il grande porto turco. La stessa sfruttata nell'ultimo anno dai libici per far arrivare i clandestini al di là del mare. E aggirare il blocco navale che per quasi due anni ha fermato gli sbarchi a Lampedusa.

I mezzi sono i soliti: pescherecci, cargo e barconi di fortuna, oltre alle navi di linea. Smirne è un approdo comodo. Da qui la Grecia si raggiunge via terra. E da questa rotta può prepararsi un nuovo scenario. Perché con le norme attuali, la Turchia diventerà il secondo snodo nel traffico di immigrati. Non solo dall'Asia all'Europa. Anche dall'Africa passano ormai di qui. Il governo di Ankara, alleato storico di Gheddafi, ha scelto di aprirsi ai mercati africani togliendo l'obbligo di visto per la maggior parte dei Paesi. Così chi ha documenti e soldi può volare direttamente a Istanbul, scavalcando la Libia. E dopo due ore in autobus o in taxi, affidare la sua vita ai passatori del fiume Evros.

Quest'acqua torbida marca la storia fra Oriente e Occidente, tra musulmani e cristiani. Turchia e Grecia, due eserciti nemici che si scrutano armati con il colpo in canna. Cento metri di corrente e paura. Otto, dieci corpi su piccoli canotti da quattro posti, tirati da riva a riva con le funi, gonfiati e sgonfiati nella notte. E poi la lunga marcia di 12, 15 ore fra terreni arati e campi minati.

Gli sbarchi dalla sponda turca alla sponda greca del fiume sono esplosi dopo l'accordo tra Italia e Libia. Dal 2010 superano una media di 300 persone al giorno, tutti i giorni. Più di 9 mila al mese: il 75 per cento degli ingressi illegali nell'Ue secondo le stime di Frontex, l'agenzia che coordina le polizie di frontiera europee. Un tempo qui vedevano camminare soltanto profughi afghani e pakistani. Ora, grazie alla collaborazione fra trafficanti libici e turchi, lungo l'Evros si incontrano emigranti da tutta l'Africa: Algeria, Tunisia, Marocco, Mauritania, Senegal, Eritrea, Etiopia, Somalia, Congo, Costa d'Avorio, Ghana, Guinea, Nigeria, Mali, Liberia. Il fiume è una porta aperta perfino per le donne che dal Sud America vengono a cercare lavoro in Europa. Come Rosa Aurora Valera Cruz, 26 anni, partita da Santo Domingo a fine gennaio con le foto delle amiche, una lettera da spedire al fidanzato, il volantino di una scuola di ballo, la tessera sanitaria, una cambiale per l'acquisto di mobili e un libretto di preghiere. La borsa di Rosa Aurora è stata abbandonata con altre centinaia di zaini dentro una trincea militare in disuso a Peplos, quattro ore di cammino dal confine. Un reticolo di buche usate dai passatori per nascondere i loro clienti, prima di chiuderli nei doppifondi dei camion per Atene.
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Messaggio Da anna Lun 7 Mar - 21:31

http://caterpillar.blog.rai.it/2011/03/07/dizionario-giada/

PICCOLO DIZIONARIO DEL MIO VIAGGIO A LAMPEDUSA
di Giada Messetti

ARRIVO. L’arrivo a Lampedusa mi spaventava. Avevo letto articoli e visto servizi al Tg che descrivevano una situazione allarmante. E il sindaco ci aveva messo del suo emettendo un’ordinanza che vietava “l’accattonaggio e i comportamenti non decorosi” e dichiarando che le donne lampedusane avevano paura di uscire di casa per i troppi tunisini a zonzo per il centro del paese.

Hanno ragione i lampedusani quando dicono che i media distorcono la realtà. Io aggiungo che anche i politici non scherzano.

La situazione dell’isola è complessa, ma tutt’altro che pericolosa.

BAFFI. Quelli imperiali di Sandro Ruotolo, incontrati per caso dentro il tempo di un caffè alle 9 del mattino.

CENTRO DI ACCOGLIENZA. Ho provato ad entrarci inutilmente per 5 volte, senza mai ricevere il permesso. Nei miei primi giorni a Lampedusa i suoi cancelli erano aperti e i ragazzi tunisini andavano e venivano. Poi si è tornati alla normalità: immigrati dentro e resto del paese fuori. Due mondi mantenuti completamente separati.

DISPERSI. Ho incontrato Salvatore Tuccio per caso, sulla strada che portava al centro di accoglienza. A causa del maltempo aveva aspettato la barca 7 giorni per portare da Linosa a Lampedusa un mazzo di foto ricevute da amici tunisini. 29 fotografie, 29 volti di persone scomparse il 14 febbraio 2011, in seguito allo speronamento compiuto da una motovedetta tunisina ai danni di un barcone carico di migranti al largo di Gabes. Approcciava i giovani magrebini.

“Li riconosci? Hai mai visto questi ragazzi?”

“No, non li conosco…”

“Si, lui so chi è. Veniamo dallo stesso villaggio. Ma so che è morto…”

29 volti. Il più giovane, quello di un sedicenne.

ESTREMO ORIENTE. In chi altro potevo andare a imbattermi io in un’isola minuscola di 6000 abitanti dispersa nel Mediterraneo se non in due distinti signori cinesi??? Giornalisti della CCTV, la più importante rete televisiva della Repubblica Popolare Cinese (raggiunge picchi di 800 milioni di spettatori). Mi chiedono aiuto nella traduzione di un’intervista, e io ovviamente li sfrutto per il collegamento in diretta. Mi tolgo pure una curiosità: come si mangia nella mensa della CCTV? Mi umiliano. Sembra che la “Rai cinese” sia famosa per offrire pranzi rinomatissimi. Questi cinesi sono davvero avanti.

FELICITÀ. La felicità di chi sbarca stremato ma vivo dall’altra parte del mare e come primo gesto grida “Grazie Lampedusa”.

GIOVANI. Cosa fanno i giovani di Lampedusa? Come vivono? Ho cercato a lungo questa risposta. Ho scoperto che tanti – inevitabilmente – se ne vanno, anche loro migranti. E continuano a sentire dentro il forte legame con “lo scoglio”, come chiamano la loro l’isola. Rimane solo chi decide di imparare il mestiere di pescatore o chi riesce a trovare un lavoro nel settore della ristorazione. Antonino e Giacomo però non si arrendono, e assieme ad alcuni coetanei hanno messo in piedi la onlus “Alternativa Giovani” per creare occasioni di socialità e sensibilizzazione nei confronti delle problematiche dell’isola. Gianfranco e Eletta, invece, assieme a Paola, hanno recuperato la storia di Lampedusa “ponte” tra due sponde. “Perché Lampedusa non è una porta come dicono tutti”, mi dice Gianfranco, “è un ponte”.

HAMDI. 26enne tunisino. Lo incontro in via Roma, la strada principale del paese. Gli faccio una breve intervista video. Termino la registrazione, ma lui continua a parlare. È arrivato in Italia al suo quarto tentativo di attraversamento del Mediterraneo. “Per tre volte la guardia costiera tunisina mi ha rispedito indietro”, dice. “Ho tentato anche il percorso via terra: non avevo più soldi, mi restavano solo le gambe, così mi sono messo a camminare… Sono riuscito ad arrivare fino in Albania, ma lì mi hanno rimandato in Tunisia”. Parla un italiano quasi perfetto, dice che l’ha imparato guardando Vespa e Marzullo. Dice che sono proprio la Televisione e Internet che l’hanno convinto che l’Italia sia un bel posto, il posto giusto. E’ partito col mare in burrasca, aveva paura, ma piuttosto che restare in Tunisia avrebbe preferito morire. Si ricorda bene di una ragazza che ha viaggiato con lui e gli altri 200. Era incinta all’ottavo mese. Il rischio era che partorisse in viaggio. Per fortuna non è successo e ora anche lei è in Italia. Ha la faccia che è un sorriso, Hamdi.

ISOLA. A Lampedusa sei lontano da tutto. Se la nave dalla Sicilia non arriva (e durante la mia permanenza non è arrivata per 7 giorni), gli scaffali dei supermercati si svuotano senza essere riforniti, la frutta scarseggia e piano piano diventa marcia, la carne finisce, la posta non parte. Se hai bisogno di un intervento medico, di una radiografia, se devi partorire, estrarre un dente ti tocca prendere l’aereo per Palermo e pagarti un albergo là, se non hai la fortuna di avere qualche parente pronto ad ospitarti. Se finisci le scuole medie, non vuoi smettere di studiare ma pensi che il liceo scientifico – l’unica scuola secondaria presente sull’isola – sia troppo impegnativo per te, devi andare via di casa. A 14 anni.

Lontano da tutto, ma anche al centro del mondo. Sulle prime pagine di tutti i giornali. Anche se a Lampedusa, ironia della sorte, i giornali non arrivano più.

LIBRI. I libri che ho letto per prepararmi al viaggio. Tra tutti, Mamadou va a morire e il Mare di mezzo di Gabriele Del Grande. Giovane freelance, il più attento a seguire le storie di chi tenta il disperato assalto alla Fortress Europe.

MARE. Il mare più bello che abbia visto in vita mia, ma anche il mare che più mi ha inquietata. Di notte l’ho visto nero e arrabbiato, ho sentito il suo rumore. Ho pensato alle barche minuscole che lo sfidano lo stesso.

NUMERI. 20, 45, 72. Scritti a penna, in nero, su dei piccoli brandelli di carta apparentemente insignificanti. Custoditi come tesori dai giovani tunisini. Fogli di via che scandiscono l’ordine di imbarco su un aereo o una nave alla volta di un Cie in qualche altra parte d’Italia.

OSPITALITÀ. Quella grande degli abitanti dell’isola. Sempre gentili e disponibili, nonostante non ne potessero più dei giornalisti.

PESCATORI. In sciopero dai primi di febbraio per protestare contro il prezzo esagerato del gasolio (circa 30 centesimi in più rispetto alla Sicilia), hanno reso impossibile la mia missione di approfittare di una località marina per abbuffarmi di pesce fino a stare male. Dico solo che durante l’ultima cena a Lampedusa ho dovuto ripiegare su una bacinella di agnolotti in brodo!!!

Il pescatore Enzo Billeci mi ha raccontato di quando gli è capitato di incontrare in mare le barche dei migranti e di come ha cercato di aiutarli. Spesso meno di quanto avrebbe voluto a causa delle severi leggi legate al traffico di uomini.

QUANDO Col punto di domanda, nel tipico dialogo tra i giornalisti sull’isola:

- Quando arrivano?

- È previsto un barcone verso le 14.

Ah si? A me hanno detto le 15…

RESPIRO. Il film di Emanuele Crialese. Per me, prima di questo viaggio, Lampedusa era soprattutto questa pellicola.

SBARCO. Il primo a cui ho assistito, quasi ibernata, alle 3 di mattina del 2 marzo. Più di 300 persone in mare da 4 giorni. Un’isolana acquisita, Paola, accompagna una cronista straniera e fotografa il cinismo dei media: “la prima domanda dei giornalisti è sempre QUANTI SONO, mai COME STANNO”…

TOMBE. Vincenzo Lombardo, la banalità del bene. L’uomo che già nel 1996 affrontava l’emergenza sbarchi, dando una sepoltura ai corpi dei migranti restituiti dal mare alle coste dell’isola. Non era compito suo, lui era soltanto il custode del cimitero. Ma una croce non si deve negare a nessuno, e nemmeno un fiore. E che tristezza quelle sterpaglie che hanno invaso la tomba di Mohammed da quando lui è andato in pensione, quattro anni fa. Vincenzo che guarda il Mediterraneo e sospira: “troppi morti in quelle acque, ci vorrebbe una messa…”.


UNHCR. Delicatissimo il lavoro dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati e della sua portavoce Laura Boldrini.

VINCENT. Come Padre Vincent. Originario della Tanzania, da 5 anni prete a Lampedusa. Scherza coi bimbi dell’isola e li invita a rassicurare i genitori circa possibili pericoli provenienti dal Nord Africa: “Dite loro che non devono preoccuparsi, Padre Vincent è molto più nero dei tunisini…”

ZOCCOLO. Quello che ho visto per terra nel cimitero delle barche, il luogo in cui vengono ammucchiate le imbarcazioni con cui i clandestini raggiungono l’Italia. Il cantautore Giacomo Sferlazzo con la sua associazione culturale Askavusa ha cominciato a raccogliere gli oggetti che si trovano in queste particolari discariche e li ha esposti nel piccolo Museo dell’immigrazione. Per mantenere la memoria. Per rispettare la memoria.


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Messaggio Da anna Mar 8 Mar - 10:53

http://concita.blog.unita.it/saluteremo-con-un-fiore-1.275782

Saluteremo con un fiore

Nel giorno in cui Newsweek celebra «le italiane che dicono Basta! a Berlusconi», soggetto collettivo, nel numero dedicato alle «150 donne che scuotono il mondo» ci scrive una lunga lettera Pilar del Rio Saramago. La vedova del premio Nobel per la letteratura ci aveva chiamato a ridosso del 13 febbraio per comunicare la sua adesione alla rivolta e per dire quanto questo «vento nuovo» le facesse pensare alle parole e ai gesti compiuti insieme al marito, negli ultimi suoi anni, a proposito della forza delle piazze contro i regimi di ogni densità e tipo. Oggi, per l'8 marzo, pubblichiamo il suo appello agli uomini italiani. Dovrebbero essere gli uomini ad uscire per strada e dire ora basta, scrive. «Il giorno in cui scenderanno in piazza noi donne dai marciapiedi li applaudiremo e getteremo loro dei fiori». Sono parole che riecheggiano molte di quelle che abbiamo sentito alla vigilia del 13 febbraio. Dice Luciana Castellina: «Nella vicenda di Berlusconi e Ruby mi sembra che la prima identità sessuale ad essere offesa sia quella maschile. Sono loro che dovrebbero essere indignati in prima persona e meraviglia che non si sentano offesi. Andare in piazza in solidarietà delle donne è un po’ poco, va a finire che la colpa di questa situazione ricade su Ruby».

Ci sono arrivati migliaia di messaggi di ragazze molto giovani, alla vigilia dell'8 marzo. Tutte fanno cose. Si organizzano, si muovono, abitano mille diverse piazze. Un gruppo, a Milano, è protagonista di una mostra fotografica sulle adolescenti italiane dal titolo «Tu quanto ti vuoi bene?». Volersi bene è il tema del nuovo libro di Eve Ensler di cui pubblichiamo un'anticipazione: è scritto perché le ragazze «smettano di trattare il loro corpo come oggetto per piacere agli altri», dice.

Questo giorno è un'occasione, in verità, per cogliere dalla moltitudine di gesti quotidiani quelli che non solo scuotono, come scrive Newsweek, ma crescono e cambiano l'Italia. Azioni e impegno che oggi, da qualche palco a qualche microfono, trovano una vetrina. Donne che lavorano nelle carceri e nelle scuole, nei centri immigrati e nei quartieri: che conducono solitarie incessanti battaglie. Tra le iniziative politiche ne vorrei ricordare una molto concreta: Titti Di Salvo e Marisa Nicchi hanno scritto ieri ai leader dei partiti di opposizione e ai sindacati perchè si riprenda in mano la legge contro le dimissioni in bianco. Fu la prima legge che il governo Berlusconi cancellò, tre anni fa: quella che impediva alle donne di firmare, all'atto dell'assunzione, una lettera di dimissioni volontarie senza data. Da usarsi a discrezione del datore di lavoro nel momento in cui annunciavano di essere in attesa di un figlio, per esempio. Più di mille parole, più di un milione di bonus bebè e di proclami in favore della famiglia varrebbe una piccola norma a tutela della maternità. Molte ragazze accettano condizioni di lavoro infime pur di averne uno, contratti più che flessibili e stipendi miserabili. Che almeno avere un figlio non sia un motivo di licenziamento. Le donne, lo ricordo, partoriscono anche uomini.

Che siano gli uomini dunque i primi a pretendere di essere messi al mondo. Quando li vedremo arrivare nella protesta li saluteremo con un fiore.

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Messaggio Da anna Mar 8 Mar - 11:29

'Deputati peggio delle escort'

«Le vere puttane sono quei parlamentari che si vendono passando dall'opposizione al servizio del premier.
Anche loro vendono le loro prestazioni».
Margherita Hack spiega le ragioni per cui «bisognerebbe bloccare le Camere finché Berlusconi non si dimette»


Rassegna Stampa Jpg_2146168La prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, è considerata una delle menti più brillanti della comunità scientifica e non solo quella italiana. A giugno compirà 89 anni, ma Margherita Hack è tutt'altro che una stanca pensionata: le sue battaglie politiche vanno dai diritti degli omosessuali alla protesta contro i tagli alla ricerca scientifica. Ma è contro Silvio Berlusconi che negli ultimi tempi la Hack si sta spendendo sempre di più, fino all'adesione all'appello di Micromega «per un blocco sistematico e permanente del Parlamento fino alle dimissioni del presidente del Consiglio».

Una soluzione estrema, certo, ma anche «l'unica possibile», secondo la Hack, «in un Paese che oramai è il più grande esempio di pubblica prostituzione» e in cui chi si indigna di fronte al comportamento di Berlusconi e al suo volere a tutti i costi continuare a governare è percepito come un moralista e un puritano. Proprio lei, che ha fatto del suo impegno politico la bandiera di un pensiero scientifico profondo, ma calato nella realtà, non ha dubbi: «Non si tratta di moralismo o puritanesimo. La vergogna è di regalare posti in Parlamento, al governo, nella Pubblica amministrazione a giovani donne, non in virtù delle loro competenze, ma solo per le loro grazie fisiche, calpestando la dignità di coloro che si fanno strada con la fatica, il lavoro, lo studio»

Donne diverse da lei, simbolo di chi ha costruito la propria identità nel segno del sapere e della ricerca scientifica, puntando tutto sulla valorizzazione dell'impegno intellettuale e sociale, ed è per questo che la Hack attacca: «Trovo vergognoso che un capo di governo che dovrebbe preoccuparsi in primo luogo delle necessità del Paese si sollazzi corrompendo povere ragazze di scarsa cultura e pochi soldi e dando un pessimo esempio a tutti i ragazzi».

Ma la "pubblica prostituzione"creata da Berlusconi, per la professoressa Hack, non riguarda solo le papi girls: «Le vere puttane sono quei parlamentari che si vendono passando dall'opposizione al servizio del premier, deputati escort che vendono le loro prestazioni».

Eppure, nota la laica Hack, la Chiesta Cattolica «ha avuto una reazione verso i comportamenti del premier non solo blanda , ma praticamente inesistente, o almeno io non mi sono accorta che ci sia stata».

E di fronte a questo Paese in vendita non resta che mobilitarsi, perché se la manifestazione delle donne del 13 febbraio "Se non ora quando?"è stata un primo passo per dimostrare lo sdegno, «si dovrebbe unire quello di tutta la nazione, pretendendo elezioni subito, ma con una legge elettorale che non sia la porcata di Calderoli».

A 89 anni, Margherita Hack ha ancora voglia di lottare per un Paese nuovo, dove ci sia finalmente spazio anche per un premier donna. Per la Hack «un ottimo primo ministro potrebbe essere la Bindi, di cui apprezzo la razionalità e fermezza. E andrebbe benissimo anche la Finocchiaro».
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Messaggio Da rossadavino Mar 8 Mar - 11:43

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Messaggio Da anna Mar 8 Mar - 11:55

http://www.beppegrillo.it//index.html

Due magliette all'Oviesse
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"Avevo rubato due magliette all'Oviesse e mi hanno scoperta. Non so neppure perché l'ho fatto, la mia vita è un disastro, senza soldi né lavoro e con una bambina da mantenere". Così inizia il racconto della ragazza madre che ha denunciato lo stupro di gruppo in una caserma dei carabinieri. Questa ragazza è stata incarcerata d'urgenza per aver cercato di rubare due fottutissime magliette. Quanto valevano quelle magliette? 20 euro? 30 euro? E si sbatte in galera una persona per un furto del genere? Non era possibile denunciarla a piede libero? Metterla ai domiciliari? E il direttore del supermercato, una volta recuperata la refurtiva (che grande refurtiva...), non poteva ritirare la denuncia? No! Spietati con i morti di fame, con gli ultimi, a rigor di legge mentre per Nicola Cosentino è stata respinta dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera l'esecuzione della custodia cautelare per il reato di concorso esterno in associazione camorristica. Camorra, non due magliette del cazzo. Ti rifugi in Parlamento e sei in salvo, come Alberto Tedesco rinviato a giudizio per la sanità in Puglia.
Ci sono i sommersi e i salvati in questo girone infernale che si chiama Italia, riprendendo la metafora di Primo Levi. Esistono zone grigie di potere in cui tutto può succedere, ma solo ai più deboli come a una donna senza famiglia con una figlia da mantenere. Cosa racconterà alla sua bambina dopo l'arresto e lo stupro? Ogni giorno si commettono reati gravissimi sotto i nostri occhi e chi li commette non farà mai un giorno di carcere, protetto dai suoi soldi, dagli avvocati, dalla casta a cui appartiene, sia essa politica, economica, criminale. Noi assistiamo, ci indigniamo e poi passiamo al caffè. Intanto, i sommersi, i ladri di polli, gli ultimi, finiscono in carcere, alcuni ci muoiono in carcere, c'è chi si suicida per la vergogna. Altri sono stuprati. E questa è giustizia? E questa è la legge? Summum ius, summa iniuria. La giustizia è cieca, ma solo da un occhio. Per i poveracci ci vede benissimo.

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Messaggio Da istinto Mar 8 Mar - 13:30

http://www.paolobarnard.info/terraciano.htm

nella festa delle donne che si celebrino le donne vere anzichè gli stripman
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Messaggio Da rossadavino Mar 8 Mar - 15:18

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Festa della Donna: per non dimenticare il significato dell'8 marzo


Questa data fu proposta da Rosa Luxemburg per ricordare le 129 donne che morirono in un rogo nel 1908. Erano state rinchiuse nella fabbrica perchè avevano protestato contro le condizioni disumane del lavoro

di Redazione - 08/03/2011

Rassegna Stampa Rosa-luxemburg_1Le origini della festa dell'8 marzo risalgono al 1908, quando un gruppo di operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terrificanti condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l' 8 marzo il proprietario Mr. Johnson, stanco della mancata produttività e soprattutto il non voler riconoscere tali diritti, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire.
Un grosso incendio divampa all'interno della fabbrica e le donne operaie prigioniere ne furono travolte e ben 129 di loro morirono arse dalle fiamme.
In seguito questa data fu proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia.
Questo triste accadimento, ha dato il via negli anni immediatamente successivi ad una serie di celebrazioni che, i primi tempi, erano circoscritte agli Stati Uniti e avevano come unico scopo il ricordo dell’orribile fine fatta dalle operaie morte nel rogo della fabbrica. In seguito, con il diffondersi e il moltiplicarsi delle iniziative, che vedevano come protagoniste le rivendicazioni femminili in merito al lavoro e alla condizione sociale, la data dell' 8 marzo assunse un'importanza mondiale, diventando, grazie alle associazioni femministe, il simbolo delle vessazioni che la donna dovette subire nel corso dei secoli, ma anche il punto di partenza per il proprio riscatto.


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Ultima modifica di rossadavino il Mar 8 Mar - 18:05 - modificato 2 volte.
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Messaggio Da istinto Mar 8 Mar - 17:44

rossadavino ha scritto:Rassegna Stampa Ghedini1-430x376



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Ma veramente il vostro problema si chiama Berlusconi?
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Messaggio Da istinto Mar 8 Mar - 17:48

anna ha scritto:'Deputati peggio delle escort'

«Le vere puttane sono quei parlamentari che si vendono passando dall'opposizione al servizio del premier.
Anche loro vendono le loro prestazioni».
Margherita Hack spiega le ragioni per cui «bisognerebbe bloccare le Camere finché Berlusconi non si dimette»


Rassegna Stampa Jpg_2146168La prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, è considerata una delle menti più brillanti della comunità scientifica e non solo quella italiana. A giugno compirà 89 anni, ma Margherita Hack è tutt'altro che una stanca pensionata: le sue battaglie politiche vanno dai diritti degli omosessuali alla protesta contro i tagli alla ricerca scientifica. Ma è contro Silvio Berlusconi che negli ultimi tempi la Hack si sta spendendo sempre di più, fino all'adesione all'appello di Micromega «per un blocco sistematico e permanente del Parlamento fino alle dimissioni del presidente del Consiglio».

Una soluzione estrema, certo, ma anche «l'unica possibile», secondo la Hack, «in un Paese che oramai è il più grande esempio di pubblica prostituzione» e in cui chi si indigna di fronte al comportamento di Berlusconi e al suo volere a tutti i costi continuare a governare è percepito come un moralista e un puritano. Proprio lei, che ha fatto del suo impegno politico la bandiera di un pensiero scientifico profondo, ma calato nella realtà, non ha dubbi: «Non si tratta di moralismo o puritanesimo. La vergogna è di regalare posti in Parlamento, al governo, nella Pubblica amministrazione a giovani donne, non in virtù delle loro competenze, ma solo per le loro grazie fisiche, calpestando la dignità di coloro che si fanno strada con la fatica, il lavoro, lo studio»

Donne diverse da lei, simbolo di chi ha costruito la propria identità nel segno del sapere e della ricerca scientifica, puntando tutto sulla valorizzazione dell'impegno intellettuale e sociale, ed è per questo che la Hack attacca: «Trovo vergognoso che un capo di governo che dovrebbe preoccuparsi in primo luogo delle necessità del Paese si sollazzi corrompendo povere ragazze di scarsa cultura e pochi soldi e dando un pessimo esempio a tutti i ragazzi».

Ma la "pubblica prostituzione"creata da Berlusconi, per la professoressa Hack, non riguarda solo le papi girls: «Le vere puttane sono quei parlamentari che si vendono passando dall'opposizione al servizio del premier, deputati escort che vendono le loro prestazioni».

Eppure, nota la laica Hack, la Chiesta Cattolica «ha avuto una reazione verso i comportamenti del premier non solo blanda , ma praticamente inesistente, o almeno io non mi sono accorta che ci sia stata».

E di fronte a questo Paese in vendita non resta che mobilitarsi, perché se la manifestazione delle donne del 13 febbraio "Se non ora quando?"è stata un primo passo per dimostrare lo sdegno, «si dovrebbe unire quello di tutta la nazione, pretendendo elezioni subito, ma con una legge elettorale che non sia la porcata di Calderoli».

A 89 anni, Margherita Hack ha ancora voglia di lottare per un Paese nuovo, dove ci sia finalmente spazio anche per un premier donna. Per la Hack «un ottimo primo ministro potrebbe essere la Bindi, di cui apprezzo la razionalità e fermezza. E andrebbe benissimo anche la Finocchiaro».
eh già, Bindi e Finocchiaro si che sono la novità nel sistema. Spiccano per creatività ed alterità al sistema
Il popolo cerca qualcuno a cui affidarsi perchè ci hanno insegnato che noi non possiamo nulla. Ci è consentito solo fare qualche sfilata in piazza. Se non ora, quando?
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Messaggio Da anny_skod Mar 8 Mar - 19:38

“Berlusconi tratta le donne come imbecilli
e mina la reputazione italiana in Europa”


Sophie in't Veld, europarlamentare ed esponente dei liberali olandesi: “In Europa Berlusconi è il campione del sessismo. Così facendo legittima la posizione di chi considera le donne come oggetti. E se la condotta del leader minaccia la governabilità del paese allora non si può più parlare di privacy”

“Non ci sono parole per descrivere la condotta di Silvio Berlusconi. E’ scioccante, desolante e triste che con un comportamento così primitivo abbia una simile popolarità in Italia”. Nel giorno della festa della donna, l’europarlamentare olandese Sophie in’t Veld, vicepresidente della commissione Diritti civili e membro del direttivo del gruppo dell’Alleanza dei democratici e liberali (terzo gruppo europeo dopo Popolari e Socialisti), descrive così l’immagine del presidente del Consiglio italiano, alla luce degli scandali in cui è coinvolto: “Ma come fate ad avere un leader simile? Non si può trattare le donne come imbecilli”.

“Purtroppo ci sono molti uomini come Berlusconi, ma lui è un leader e dovrebbe agire diversamente. Così facendo legittima il comportamento di chi vede le donne come degli oggetti”, spiega la in’t Veld. “E’ assurdo che si prenda la libertà di trattare come imbecille metà della popolazione italiana”. Sophie in’t Veld è una “liberale” nel vero senso del termine, membro del partito olandese Democrats 66 che fa da sempre delle libertà civile uno dei suoi cavalli di battaglia.

“Conosco e amo l’Italia, la sua arte, la sua lingua e la sua gente. Proprio non capisco come facciate ad aver scelto un leader di questo tipo che rovini la vostra reputazione in tutto il mondo”, si chiede l’eurodeputata, riproponendo la domanda che un italiano all’estero si sente fare quasi tutti i giorni: “Ma perché Berlusconi?”

“In Italia ci sono delle donne fantastiche, come Emma Bonino, un vero esempio di donna forte e determinata che ho conosciuto proprio qui a Bruxelles. Nessun paese ha il diritto di trattare così le proprie donne”. Sul Rubygate, però, in’t Veld preferisce non giudicare: “Spetta alla legge italiana accertare se è stato commesso un reato. Certo che, anche nel rispetto della privacy della propria vita personale, è brutto e sfortunato avere un simile capo di Governo, perché danneggia tutto il paese”. Coerente con i valori liberali tipici dei Paesi Bassi, secondo l’eurodeputata “la vita privata è privata finché non si verifica un reato. Ma se la condotta del leader minaccia la governabilità del paese allora non si può più parlare di privacy”.

Nella giornata europea dei diritti delle donne, in’t Veld non ha dubbi, “in Europa Berlusconi è il campione del sessismo, ma è difficile che venga imitato da altri capi di stato. Piuttosto il problema è che, così facendo, la reputazione degli italiani minaccia la fiducia tra europei e quindi l’integrazione stessa dell’Ue, e questo non possiamo permettercelo”.

Sull’elezione di veline e soubrette nei consigli regionali o al parlamento (anche europeo), l’in’t Veld preferisce non fare nomi: “Ci sono anche molti uomini che non hanno posizioni che meritano. Penso si debba giudicare in base al loro lavoro, ma la questione della scelta della classe dirigente è molto importante”. In Olanda, ad esempio, a decidere le liste elettorali sono gli attivisti dei partiti e non i vertici, e poi il voto passa alla gente.

“Sembra che in tutta Europa ci siano governi che non sono in grado di governare, dal caso del Belgio all’estrema destra in Olanda. Berlusconi è il frutto di una certa politica cultura, non italiana ma di una certa fascia politica. Gli stessi compagni di partito dovrebbero svegliarsi e fare quello che è bene per il paese. L’Ue ha bisogno di avere un’Italia in forma e non malata com’era la Grecia”.

Infine, sulla crisi con la Libia, Sophie invita i politici italiani a “considerare l’interesse dei loro cittadini e non i loro affari con Gheddafi”. E non risparmia una critica all’Unione europea, rea di aver dimostrato “poca solidarietà ai Paesi meridionali sul fronte immigrazione”. “E’ ridicolo che la divisione dei profughi dal Nord Africa tra i paesi UE avvenga su base volontaria”. Sulla proposta della Lega di “mandare i libici in Aspromonte”, Sophie rivolge un invito al collega al Parlamento europeo Mario Borghezio: “Vada a visitare Ellis Island nella baia di New York, l’isolotto che ha accolto fino al 1954 circa 12 milioni di immigrati negli Stati Uniti, poveri, disperati e in buona parte italiani”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/08/berlusconi-tratta-le-donne-come-imbecilli-e-mina-la-reputazione-italiana-in-europa/96078/

un mio pensiero che non c'entra nulla con questo articolo : ho notato che i lettori del Fatto quotidiano sono diventati "estremisti" antiberlusconiani per eccellenza,a livello anche ossessivo.Basta che si parli male di Berlusconi e ne sono contenti,non riescono neanche più ad essere oggettivi su alcuni argomenti...anche a me non piace Berlusconi,ma con questo non divento un'assatanata che deve andar contro ogni minima cosa che riguarda lui,e l'ho constatato ultimamente quando quel deficiente di Bocchino in una trasmissione di la7 ha fatto un casino con Sallusti perché voleva sapere quanto prendeva di stipendio da Berlusconi : ma a noi che ce ne frega?E tutti i lettori del Fatto a chiamare Sallusti porco e schifoso.Io non lo reputo neanche un giornalista,ma alcune cose mi fanno veramente rabbrividire,perché oramai è diventata una guerra per chi è contro e pro Berlusconi,non importa più quello che dici o che fai,mentre ad un cambiamento reale nel nostro paese nessuno ci pensa,ai problemi veri se ne stanno fregando tutti,....stiamo sprofondando.
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Messaggio Da anna Mar 8 Mar - 19:50

anny la tua è una giusta osservazione, e questa 'guerra' fa soprattutto comodo al governo che con questo sistema distrae l'attenzione dai problemi e dal fatto che governo e Parlamento non se ne occupano. Rassegna Stampa 79629 Sta a noi attivare quanti più strumenti possibili per informarci, oltre a vivere il nostro quotidiano in modo positivo e propositivo dando il nostro contributo
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