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Messaggio Da anna Dom 13 Mag - 11:19

Fisco, la caccia grossa degli Stati Uniti: così scovano le banche che non collaborano
L'american way del recupero dell'evasione e la storia della Wegelin, cresciuta grazie al "doping" dei clienti che chiudevano il conto all'Ubs, già nel mirino delle autorità Usa, per trasferire il denaro. Ma la reazione di Washington è stata dura: l'istituto si è dovuto arrendere


Chiamatela, se volete, la cura americana. Serve a guarire le banche svizzere dal deprecabile vizio di fare ponti d’oro agli evasori fiscali col passaporto Usa. È un metodo spiccio, ma si è rivelato efficace, almeno finora. Prendiamo un caso concreto, giusto per dare un’idea di come funziona l’american way.

La Banca Wegelin, istituto di media grandezza con base a San Gallo cresceva da anni a tutta velocità grazie al doping dei clienti americani. Tutti evasori, o quasi. Gente che aveva pensato bene di chiudere il conto all’Ubs, finita nel mirino delle autorità statunitensi, e trasferire il denaro nella meno esposta Wegelin.

La reazione di Washington è stata pesantissima. A gennaio tre funzionari della banca svizzera sono stati formalmente incriminati da un tribunale di Manhattan con l’accusa di aver aiutato una settantina di cittadini americani a nascondere al fisco 1,2 miliardi di dollari in Liechtenstein, a Panama e Hong Kong. Erano tutti ex clienti Ubs covinti dai tre funzionari a passare alla Wegelin considerata al riparo dalla reazione Usa perchè non ha uffici sul territorio americano. I banchieri avevano sbagliato i loro calcoli. La Giustizia Usa si è mossa comunque, bloccando i tre collaboratori della Wegelin di passaggio sul territorio americano. A febbraio la banca è stata formalmente incriminata dal Dipartimento della Giustizia di Washington per aver facilitato una colossale evasione fiscale. Il colpo è stato pesantissimo.

Alla fine l’istituto sotto accusa ha dovuto alzare bandiera bianca. Nel senso che, per effetto anche delle pressioni del governo Berna, ansioso di chiudere l’incidente con gli americani, la Wegelin ha preferito cedere tutte le attività a un’altra banca elvetica, la Raiffeisen.

Questo però è solo l’ultimo episodio, il più clamoroso, di un conflitto ancora in pieno svolgimento. Sono almeno 11 gli istituti svizzeri che stanno trattando con gli Stati Uniti per chiudere contenziosi in materia fiscale. L’Ubs, la più grande banca elvetica, ha chiuso le sue pendenze nel 2009 pagando una multa di 780 milioni di dollari, più di un miliardo di euro. Ma il guaio peggiore, per l’istituto, è un altro. Già, perché nel 2010 il governo svizzero ha siglato un accordo con Washington per consegnare al fisco Usa una lista di 4.500 evasori americani con un conto all’Ubs. Intanto altri grandi nomi del mondo finanziario svizzero, come il Crédit Suisse e la banca Julius Baer, stanno cercando di chiudere il contenzioso con gli Usa.

Nei giorni scorsi è circolata la voce che anche Pictet & Cie, il grande istituto ginevrino specializzato nella gestione di patrimoni, sarebbe al centro di una nuova indagine. Di processo in processo l’assedio americano potrebbe continuare ancora a lungo. Almeno fino a quando Washington non avrà raggiunto l’obiettivo finale della sua offensiva. E cioè la consegna al Fisco Usa dell’elenco completo di tutti i clienti statunitensi delle banche svizzere con un deposito superiore ai 50mila dollari. Questo è quanto prevede una legge americana, il Facta, una sigla che sta per Foreign account tax compliance act. Questa norma sarebbe la pietra tombale sul segreto bancario. E sugli affari della finanza svizzera.

ilfattoquotidiano

eheh i signori banchieri forse non avevano mai sentito parlare di Al Capone

Rassegna Stampa - Pagina 62 88695 pure noi staniamo i grandi evasori...
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Messaggio Da anna Ven 18 Mag - 7:33

Il “premio” di Grasso al governo Berlusconi

Qualche giorno fa ho scritto a chiare lettere che i Sepolcri imbiancati devono stare lontano da Capaci e via D’Amelio. Ebbene, oggi alle luce di proposte di premio per attività antimafia da assegnare al governo presieduto da Silvio Berlusconi, sarò ancora più esplicito: non presentatevi, rimanete nelle vostre poltrone e così si risparmieranno fior fior di quattrini, ma soprattutto ci risparmierete penose pupiate. E, vorrei chiedere ai ”Sepolcri imbiancati”, ma quante volte siete andati, senza il codazzo dei media, nella tomba di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? Ci scommetterei, che non sapete nemmeno il luogo dove sono sepolti. Eppure, in centinaia e migliaia di cittadini, provenienti da tutta Italia, a proprie spese, si recano innanzi alle bare di Falcone e Borsellino per portare un segno di riconoscimento del loro martirio. Ho visto davanti le loro tombe piccoli oggetti lasciati amorevolmente, per dimostrare gratitudine a due grandi Uomini: un piccolo ma grande gesto d’amore che voi “Sepolcri imbiancati” non avete o parimenti avete smarrito.

Qualche minuto fa, commentando una notizia, ho scritto: “ tutto questo risvegliar di sensi nelle vicinanze del 23 maggio mi lascia perplesso e per fortuna che mancano solo pochi giorni”. Lo dico con onestà e franchezza, non vedo l’ora che passi il giorno 23, almeno gli pseudo amici di Falcone smetteranno di spendere il suo nome a mo’ di grancassa con tante inverosimili pregresse frequentazioni. E, proprio nel ventennale della morte di Falcone e Borsellino, mi tocca udire che si vuol premiare chi, un giorno si e l’altro pure, ha indirizzato infamanti offese verso la Magistratura: mi fa star male. Io non sono un dotto della giurisprudenza, sono stato soltanto e semplicemente un manovale del Diritto penale. Eppur tuttavia, ho capito benissimo il senso della dichiarazione di Silvio Berlusconi, quando ha affermato che ci sono magistrati (riferendosi a quelli di Palermo) che stanno riaprendo indagini vetuste con aggravio per le casse dello Stato. Ho capito benissimo il senso della legge sul limite temporale dei 180 giorni dei collaboratori di giustizia; tapparne la bocca. Ho, trepidato e non poco, quando con la scusa della privacy si voleva a tutti i costi limitare l’uso delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Ma la privacy non c’entrava nulla, la proposta era finalizzata ad imbavagliare i PM ed impedire che gli altarini venissero scoperti. E, che dire del can can giornaliero sui media, riferito alla decurtazioni di risorse finanziarie al comparto sicurezza? Se per il procuratore nazionale antimafia tutto questo è meritevole di plauso con l’assegnazione di un premio, prego faccia pure! Evidentemente, da semplice comparsa delle investigazioni non ho capito nulla. Giova evidenziare un dato di fatto, ovverosia, che se i PM di Palermo e Caltanissetta, non avessero dato credito a Spatuzza e ripreso quelle vetuste indagini, tanto indigeste al “Cavaliere”, oggi avremmo degli innocenti in carcere per la strage di via D’Amelio. E, se non fosse stato per Massimo Ciancimino, non avremmo mai saputo della “trattativa”, che oramai sembra essere stata accertata. Qualche giorno fa, mentre facevo “lezioni” di mafia, uno studente delle medie, dopo che avevo reso noto le origini dei caduti per mano mafiosa, mi ha domandato: “ …allora, perché voi poliziotti, carabinieri e magistrati siciliani, avete pagato un alto prezzo per combattere i mafiosi anch’essi siciliani?” Io la risposta l’ho data, ma gradirei sentire il parere di dotti ed esperti dell’antimafia, e chiedo perché sono morti tanti siciliani ed altri che non lo erano? Mentre a qualcuno piaceva ossequiare e rendere omaggio a “Principi” e capi di Cosa nostra.




Tratto da: Il “premio” di Grasso al governo Berlusconi | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/05/18/il-premio-di-grasso-al-governo-berlusconi/#ixzz1vCFMNdmx
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!

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Messaggio Da anna Sab 19 Mag - 10:07

Una tassa pelosa

Cara Billie, l’hai scampata bella. La berlusconorevole Fiorella Ceccacci, già attrice nel film «Corti circuiti erotici» e perciò autorevole membro della commissione Cultura, aveva proposto di mettere una tassa su di te. Proposta accolta «in linea di principio» dal sottosegretario Polillo. Una tassa su cani e gatti domestici per finanziare la lotta al randagismo. Come dici, Billie? Che un balzello simile avrebbe avuto l’effetto di aumentare a dismisura il numero dei randagi? Giusta osservazione, cagnetta mia, però non puoi pretendere che gli onorevoli abbiano la tua intelligenza pratica. In compenso condividono il tuo appetito famelico: cercano i soldi dove è più facile trovarli. Nella benzina, nella casa e adesso negli affetti: tu sai cosa significa un animale per un’anziana ammalata di solitudine.

La reazione ululante della Rete (e di 101 dalmata pronti a caricare la Crudelia De Mon di Montecitorio) ha costretto i fabbricanti di imposte a battere in ritirata. Il sottosegretario si è accorto di aver pestato una di quelle tue faccende che raccolgo sempre per strada e ha negato il suo appoggio, sostenendo che era stata una battuta. Sappi comunque che, se cambiassero di nuovo idea, mi rifiuterò di pagare - già finanzio la guerra in Etiopia del 1935 ogni volta che vado al distributore - e tu diventerai una cagnetta clandestina. Voglio vedere se Equitalia mi manda l’accalappiacani. Farebbero meglio a occuparsi del randagismo degli evasori fiscali. E se proprio avessero bisogno di nuove entrate, sottoscrivo la proposta che mi hai appena leccato all’orecchio: tassare chiunque tenga un politico in casa.

Massimo Gramellini
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Messaggio Da anna Sab 19 Mag - 12:24

Morire di scuola. Per mafia

di Giulio Cavalli | 19 maggio 2012


La notizia non è ancora confermata ma le piste di mafia si fanno sempre più insistenti. È confermata la morte di due ragazze con la colpa di andare al mattino a scuola: come le guerre di mafia che sembrano così lontane nei tempi e raccontiamo tutti i giorni di tutto l’anno proprio dentro le aule delle scuole. Si muore perché si svolge la propria funzione quotidiana. Come nemmeno nelle guerre, perché lì i civili sono annoverati tra gli “errori” e invece qui la scuola è l’obiettivo. Che i giorni siano quelli delle commemorazioni di Falcone e Borsellino, che proprio a Giovanni Falcone e alla moglie sia intitolato quell’istituto, che la carovana antimafia proprio oggi passasse di lì e che il nuovo sindaco appena insediato abbia dimostrato di avere le idee chiare sul tema sono le schegge di una prefazione che mette i brividi.

Io non so cosa si potrebbe scrivere della mafia che mette le bombe fuori da una scuola. Non abbiamo le parole, noi, la nostra generazione. È una di quelle storie che riusciamo a ricordare ma per viverle dobbiamo inventarci parole del presente che sono tutte da ricostruire, dolori e paure che suonano corde così in basso che non sappiamo più come abitare.
Se la mafia va fuori da una scuola (e aspettiamo le notizie e le conferme) significa che ha deciso di allargare i livelli. Che mentre pascola con i colletti bianchi sta perdendo terreno tra i giovani, nelle piazze. Nelle scuole, appunto.

E allora bisogna rimanere uniti. Ripartire. Stringersi con forza. Perché mentre il Paese brancola nel buio qualcuno rimane morto ammazzato sotto la suola delle incertezze. E perché lì, nelle scuole, la rivoluzione per la bellezze e per “quel fresco profumo di libertà” di cui parlava Borsellino è iniziata da un pezzo.

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Messaggio Da anna Sab 19 Mag - 14:55

Gratteri: "La mafia che io conosco
non colpisce scuole e ragazzi"
Nicola Gratteri, procuratore aggiunto a Reggio Calabria, è uno dei massimi esperti di 'ndrangheta: "Fatto anomalo, la mafia per esistere ha bisogno del consenso popolare".



E' stupito e perplesso Nicola Gratteri, procuratore aggiunto a Reggio Calabria e uno dei massimi esperti di organizzazioni mafiose in Italia, dopo l'attentato verificatosi stamattina davanti alla scuola Falcone-Morvillo di Brindisi. "Bisogna attendere i risultati delle indagini - dice - ma una cosa è certa. La mafia che conosco io non colpisce obiettivo di questo tipo. Ragazzi, scuole. Ha bisogno del consenso popolare per esistere".

Anche il ministro dell'Interno Cancellieri parla di fatto anomalo. E in generale si tende a pensare alla puglia quasi come un'isola felice rispetto all'infiltrazione mafiosa.
Non esistono isole felici, e non è affatto vero che in Puglia non esistano fenomeni mafiosi vivi e vegeti. La Sacra Corona Unita c'è, e come tutte le mafie, collabora attivamente con la 'ndrangheta, soprattutto per il traffico di stupefacenti. Questa non è una novità. Le "regole" della sacra Corona unita sono state date nel carcere di Trani. Dunque non sto dicendo che non si tratta di un attentato mafioso. Sto dicendo che se è così, si tratta di un modus operandi nuovo.

Nuove leve, più spregiudicate?
Non lo so, aspettiamo le indagini. Le mafie hanno fenomeno carsici, poi riemergono, si riattivano, magari anche inf rome nuove, magari per rispondere a qualche fatto: un'intensa attività investigativa che ha colpito duramente qualche gruppo magari.

E' strano, per le modalità operative della mafia, l'uso di bombole gpl?
Affatto, le hanno usate anche per l'attentato davanti al tribunale di Reggio Calabria.

Tilde Montinaro, la sorella del caposcorta di Giovanni Falcone morto nella strage di Capaci, dice che le sembra di essere tornata indietro di 20 anni (LEGGI), anche per il momento politico che stiamo vivendo. istituzioni deboli, crisi economica, fase di transizione politica...Potrebbe essere che la mafia voglia farsi sentire?
Ammettiamo che sia vero il chiacchiericcio che si fa sulla trattativa stato-mafia dell'inizio degli anni '90. Chi sarebbe oggi il politico che può essere considerato un referente dalla mafia, e chi tra i politici, visto i precedenti, potrebbe prestarsi a questo genere di situazioni, ammesso che siano mai esistite? Non credo. E penso che bisogna apsettare per dare un giudizio su quanto accaduto a Brindisi.

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Rassegna Stampa - Pagina 62 30341 qualche nome a me verrebbe in mente...
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Messaggio Da ubik Sab 19 Mag - 15:43

Istituto Morvillo-Falcone, Brindisi. Una bomba formata da tre bombole di gas esplode. Una ragazzina morta, una gravissima, altri sei studenti feriti. Oggi, nel ventennale della strage di Capaci, a Brindisi era attesa una carovana anti-mafia proveniente da Roma. Coincidenze? Io ho smesso di crederci da tempo, da quando ho visto da bambino per la prima volta Andreotti in televisione. Ancora una volta non siamo stati in grado di proteggere i nostri ragazzi. Gli italiani lo pensano e io lo dico: da tempo ci si aspettava una bomba come questa, era nell'aria elettrica come prima di un temporale.
Le indagini ci diranno chi sono i colpevoli. La prima pista è quella della criminalità organizzata. Io spero che siano trovati i delinquenti che l'hanno collocata e i mandanti. Soprattutto i mandanti. Le stragi, e questa poteva esserlo se l'esplosione fosse avvenuta pochi minuti più tardi con l'arrivo di altri pullman di studenti, in Italia hanno sempre avuto colpevoli, ma non mandanti. Da piazza Fontana, alla stazione di Bologna, a piazza della Loggia, a Capaci, a via D'Amelio. Gli Spatuzza sono in galera, ma chi li ordinò è ancora a piede libero.
Questa bomba ricorre in un periodo storico molto simile a quello del '92/'93. Furono le bombe del Pac di Milano, dei Georgofili a Firenze allora a precipitarci in un ventennio infame di cui stiamo pagando le conseguenze e a impedire ogni cambiamento. Spero che Brindisi, che segue l'attentato a Adinolfi a Genova, non sia l'inizio di una militarizzazione del territorio, di leggi speciali, di neo terroristi e di depistaggi. Cui prodest questo attentato? Alla criminalità brindisina il cui territorio sarà controllato da tutti corpi di Polizia per mesi? Alla mafia siciliana che si vendica così della commemorazione della morte di Falcone? Cui prodest la morte di una ragazza che andava a scuola?

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Messaggio Da ubik Dom 20 Mag - 0:41

di Paolo Flores d'Arcais

Non è vero che non abbiamo paura. Abbiamo paura eccome! Non aver paura sarebbe folle. Chi ha compiuto l’atroce e lurido crimine di Brindisi è convinto dell’impunità, altrimenti non avrebbe osato un delitto talmente esecrando ed esecrato (perfino dalla criminalità comune) che, se scoperto, promette il linciaggio in carcere. Chi ha compiuto l’orrore sa di avere spalle coperte, copertissime. E’ certo di far parte di una potentissima “strategia della tensione”, informale o formale che sia. Abbiamo paura e rabbia, un’infinita e democratica rabbia. Vogliamo trasformare entrambe in azione politica di democratica rivolta.

In Italia orrori di così ributtante cinismo li abbiamo già visti troppe volte: nell’immediato dopoguerra, quando a Portella della Ginestra si vuole terrorizzare il movimento sindacale e la speranza/incubo (dipende per chi) di un domani “rosso”. Negli anni successivi al ’69, da piazza Fontana a Milano a piazza della Loggia a Brescia, la strage è di Stato, un intreccio di criminali neofascisti, mafie, servizi deviati (e politici di riferimento), con cui i settori eversivi (molto ampli) dell’establishment (non solo politico) esorcizzano nel sangue il timore di un rinnovamento democratico sull’onda lunga del sessantotto studentesco e operaio. Nel ’91-’93 le stragi sono il volto osceno di una trattativa tra mafie e establishment (soprattutto politico, ma non solo) per paralizzare nel sangue, una volta di più, un rinnovamento democratico che il tracollo del Caf fa avvertire plausibile e prossimo. Poi il quasi ventennio berlusconiano, regime in cui i settori eversivi (molto ampli) dell’establishment vanno direttamente al governo e la strategia della tensione e delle stragi sarebbe autolesionista.

Ora la strategia della tensione è tornata, strategia di morte puntuale come la morte, perché le macerie cui il berlusconismo ha ridotto il paese, e la mancanza di un’alternativa parlamentare (l’opposizione Pd invischiata fino al midollo in due decenni di inciuci e leggi bipartisan contro la legalità), hanno portato la fiducia dei cittadini nei partiti (complessivamente presi!) ad un comatoso quattro per cento. E perciò da questa crisi verticale potrebbe uscire come soluzione anche un rinnovamento vero della democrazia italiana, la realizzazione della Costituzione anziché il suo affossamento (la parola “crisi” in cinese è composta da due ideogrammi, “pericolo” e “opportunità”, che in politica equivale a speranza).

Non ha senso azzardare chi specificamente abbia realizzato l’infame attentato di Brindisi, ma sarebbe assurdo non dire quello che anche un bambino capisce: la paura di una soluzione democratica della crisi alle prossime elezioni, con una maggioranza in cui una presenza massiccia di società civile garantisca la fine del berlusconismo e dello spadroneggiare delle illegalità di ogni risma, costituisce un incubo incombente e immediato per i mille strapoteri che sulla illegalità lucrano e metastatizzano. Da esorcizzare, una volta di più, nel sangue di cittadini innocenti: dall’impudenza di colpire le due personalità più scortate del paese (Falcone e Borsellino) a quella di uccidere ragazze adolescenti che entrano a scuola. E’ l’impudenza illimitata di chi pensa che detterà sempre e comunque le proprie condizioni, e può spingersi perciò a qualsiasi orrore perché non pagherà mai.

Perché nessuno ha pagato, per tutto il sangue del dopoguerra. Tranne qualche pesce piccolo, qualche “scartina”. Gli assi, i re, i jolly di questo mostruoso “gioco al massacro” sono sempre restati e restano più che mai i padroni del tavolo. Riveriti, anzi. Omaggiati. Chiamati in mille interviste e porte a porte a fare gli oracoli su come combattere il potere illegale ed eversivo che essi stessi sono. Che sia iniziata una “seconda trattativa” perché l’Italia delle ingiustizie conosca come unico rinnovamento possibile quello del gattopardo, è l’ipotesi che razionalità e storia impongono. Saremo felici se dovremo riconoscere di esserci sbagliati, e che si tratti di un crimine orrendo ma senza “santi in paradiso”. Ma troppe volte abbiamo visto in questi decenni che solo i depistaggi di establishment hanno – anche molto a lungo, purtroppo – consentito versioni del genere.

Oltre all’impegno per smascherare ogni depistaggio (che si realizza per atti ma anche per omissioni) da parte di ciò che resta in Italia di giornalismo degno del nome, e che si spera avrà un sussulto anche al di là di quel paio e poco più di testate che il giornalismo già onorano, urgentissima è la necessità di una risposta democratica di massa. Nessun rituale “unitario” però: è davvero mera retorica, anche qualora sincera, pretendere di “unire tutti gli italiani”, quando se si vuole unire il 90% (si spera che tanti siano gli italiani onesti) bisogna voler combattere senza infingimenti e senza compromessi, con intransigente “tolleranza zero”, quel restante 10% di intreccio affaristico/politico/ istituzional-deviato/criminale.

Il che significa una grande manifestazione di massa, subito, sabato prossimo a Roma, da affidare – per le decisioni su chi parlerà – a una figura incontestabile come don Luigi Ciotti, e che imponga al governo pochi e non negoziabili misure: dall’abrogazione di tutte le leggi ad personam alla reintroduzione con pene “americane” del falso in bilancio e della falsa testimonianza, all’introduzione (sempre con pene “americane”) di quello di “ostruzione di giustizia e alle altre misure che tutti conoscono e troppi nell’establishment (anche non “colluso”) non vogliono realizzare per una affinità di classe che di fronte alla barbarie di Brindisi non è più tollerabile.

Vedremo allora alla prova dei fatti chi vuole liberare l’Italia e chi ha scelto invece la convivenza con i “mostri” della continuità del potere.

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Messaggio Da anna Dom 20 Mag - 8:29

Terremoto in provincia di Bologna , questa notte, 20 maggio 2012, di magnitudo 5.9 ha causato la morte di 5 persone

Una violentissima scossa di terremoto, di magnitudo 5.9, in provincia di Bologna, ha causato la morte di 5 persone. L’epicentro è stato localizzato nella pianura padana ad una profondità di 6.3 km.Dopo un’ora c’è stata un’altra violenta scossa di magnitudo 4.9 e poi un susseguirsi di scosse sismiche di magnitudo da 3 a 2.7. L’ultima scossa è stata registrata questa mattina alle 7:49 di magnitudo 3. I comuni più vicini all’epicentro sono Borgofranco sul po,Carbonara di po, Felonica, Magnacavallo, ostiglia ,Pieve di Coriano, Coggio rusco, Revere,san giacomo delle segnate ,san giovanni del dosso, schivenoglia , sermide , villa poma in provincia di mantova, bergantino, calto, castelmassa , castelnovo bariano,ceneselli , melara e cento in provincia di Ferrara, camposanto , cavezzo, finale emilia, medolla , mirandola , crevalcore in provincia di Bologna.

La scossa è stata avvertita in tutta l’Emilia Romagna e anche a Milano e nel Veneto. Grandissima la paura, la scossa ha provocato una 60ina di feriti e 5 morti, ingenti anche i danni, ci sono stati alcuni crolli nelle fabbriche di Bodeno, Rovigo.

I danni principali a San Felice dove una chiesa è crollata e molti edifici storici , tra cui anche il municipio, a Finale Emilia è stato evacuato l’ospedale in via precauzionale,danni anche nel Ferrarese dove sono crollati edifici storici e case coloniche. Ancora in corso le ricerche e le stime per capire i danni.

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Messaggio Da anna Lun 21 Mag - 17:14

Svolta epocale a Parma: il candidato del Movimento 5 stelle è sindaco


Il candidato del Movimento 5 Stelle ha vinto con il venti per cento di scarto: 60,14, a 39,86. "Siamo pronti a governare", ha detto il nuovo sindaco. "La prima cosa che farò sarà concentrarmi su quello che è il debito". E' la sconfitta anche di Bersani: è lui che aveva voluto Bernazzoli


Federico Pizzarotti, il candidato del Movimento 5 stelle a Parma, è sindaco di Parma. Ha battuto di quasi venti punti Vincenzo Bernazzoli, il candidato del centrosinistra: 60,14 contro il 39,86. Un abisso. E’ la presa della Bastiglia, la Stalingrado sognata da Beppe Grillo. E’ l’addio alla vecchia politica e lo spazio al nuovo. A una cosa politica che ancora non è definita, forse, ma che esiste già e si chiama Movimento 5 stelle . La poltrona di primo cittadino di una delle città più importanti dItalia. Nessuno lo avrebbe pensato. Non un mese fa. Forse nemmeno ieri. O due ore fa.

Il primo risultato è stato schiacciante fin dalle prime proiezioni. I cittadini accorsi sotto il Comune per vedere i risultati non riescono quasi a crederci: “Era ora, andate tutti a casa”. C’è già chi comincia a festeggiare, ma il diretto interessato mantiene la calma. Ma poi parla da sindaco: “Ora ci prepariamo a governare questa città”.

Una campagna elettorale “low cost” di circa 6mila euro, un programma giocato tutto sulla trasparenza. Su quella dell’avversario Pizzarotti commenta: “Non sempre è stata regolare, soprattutto nelle ultime due settimane, ma ora non è più tempo di pensarci”.

Mentre il Pd celebra quello che assomiglia molto a un funerale (funerale suo, ma anche di Pierluigi Bersani che Bernazzoli lo aveva fortemente voluto e chissà se ora lo farà dimettere da presidente della Provincia, dove siede ancora oggi), Pizzarotti è arrivato subito nella sala stampa allestita in Comune. Parla da sindaco. Parla da simbolo di una vittoria che se non manda in pensione la vecchia politica sicuramente la mette in aspettativa per un periodo piuttosto lungo. “Siamo pronti a governare la città”, ha detto. “La prima cosa che faremo è concentrarci su quello che è il debito. E sulla questione inceneritore. Grillo? Non l’ho ancora sentito personalmente, spero entro la fine della giornata di parlargli. So comunque che ha parlato con altri del Movimento”.

Quando si è capito che Pizzarotti ce l’avrebbe fatta? Difficile dirlo. I bookmakers fino alla fine lo davano sconfitto, nonostante i sondaggi, nonostante l’ara che si respirava in casa Pd. Sicuramente l’elemento predominante è stato aver raccolto una parte dei voti del centrodestra e di quelli che avevano votato Elvio Ubaldi, già democristiano, già pidiellino, già inventore dell’ex sindaco Pietro Vignali (quello cacciato dalla piazza e dalle inchieste) che al primo turno aveva raccolto il 16 per cento e spiccioli.

Si è capito quando Beppe Grillo, venerdì sera, a Parma, ha portato diecimila persone in piazza. E quando ha dato anima e corpo per la vittoria: “Prima o poi mi sento male”, diceva. Oggi si sente male sì, ma dalla gioia. Ha già chiamato i suoi uomini in Emilia Romagna. “Non verrò”, ha detto. “La vittoria è tutta di Federico”.

A Parma ci sono televisioni e giornali di tutto il mondo. Dalla Cnn alla Fox, dal New York Times al Guardian. Se lo contendono tutti il fenomeno politico. Perché è vero che dietro c’è un Movimento che fa capo a Grillo, ma la vittoria sul territorio se l’è conquistata lui, Pizzarotti. Con una campagna elettorale fatta porta a porta contro i “giganti” delle campagne elettorali, con simboli, nomi e appoggi economici che lui non aveva. E’ andato dalla gente, ha spiegato il suo programma e l’ha avuta vinta.

L’attenzione, adesso, si sposta su Bernazzoli. Si è fatto tutta la campagna elettorale da presidente della Provincia in carica. Non sappiamo se, a questo punto, rassegnerà le dimissioni. Aveva detto che in caso di vittoria avrebbe restituito lo stipendio. Non sappiamo cosa farà ora che non ha vinto.

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Messaggio Da anna Lun 21 Mag - 17:50

Tradate (Va), dopo 20 anni tracolla il Carroccio. E’ festa per le strade

Dopo Vent’anni di governo leghista, anche la città in provincia di Varese, provincia simbolo della Lega Nord, cambia amministrazione. Non appena diffusa la notizia, la gente è scesa per strada a a festeggiare. Laura Fiorina Cavallotti, del Partito democratico è il nuovo sindaco con il 52,6 per cento delle preferenze.
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Messaggio Da anna Mar 22 Mag - 9:15

Chi rappresenta il male del Nord
Le amministrative dimostrano la fine del blocco nordista formato da Lega e Berlusconi, ma rilanciano la questione settentrionale sotto nuove forme: quello di una rappresentanza politica largamente insoddisfatta. Una richiesta che il Movimento 5 Stelle riesce a interpretare


I RISULTATI di queste elezioni "amministrative" segnano, in modo definitivo, la fine della Seconda Repubblica e del sistema partitico su cui si è fondato. Indicano, in particolare, la fine del "blocco nordista", l'asse forza-leghista (come l'ha definito Berselli), fondato sull'intesa e la contiguità elettorale tra la Lega e Berlusconi.

Infatti, se osserviamo il bilancio dei comuni maggiori dove si è votato in Italia, il rapporto fra i due principali schieramenti, appare rovesciato a favore del Centrosinistra. Lega e Pdl escono, dunque, chiaramente sconfitti, da queste elezioni. Dal Pd e dal Centrosinistra. Ma anche dal malessere e dalla domanda di cambiamento, a cui ha dato visibilità particolare il Movimento 5 Stelle, guidato da Beppe Grillo.

È la fine della "questione settentrionale" alle origini della Seconda Repubblica. Ma, al tempo stesso, questo voto la rilancia, come specchio di una domanda di rappresentanza politica, largamente insoddisfatta.

1. La Lega esce ridimensionata. Nelle città maggiori (sopra i 15 mila abitanti) dove si è votato, prima di queste elezioni, aveva 12 sindaci. Ne mantiene solo 2. Tra cui Verona, conquistata al primo turno: da Flavio Tosi, più che dalla Lega. Nei comuni maggiori del Nord cosiddetto "Padano" (al

di sopra del Po), al primo turno, le sue liste hanno ottenuto il 7% dei voti, 12 punti in meno delle Regionali del 2010, meno della metà rispetto alle politiche del 2008. Se allarghiamo lo sguardo all'intera "zona rossa", dove la Lega era cresciuta molto negli ultimi anni, il crollo è più vistoso. Oggi, infatti, nel Centro-Nord, in queste elezioni ha totalizzato il 5,8%, ma aveva ottenuto quasi il 13% alle politiche del 2008 e oltre il 17% alle regionali del 2010.

2. Il PdL, ultima versione del partito personale di Silvio Berlusconi, va anche peggio. Dal punto di vista dei governi locali, anzitutto. Nei comuni maggiori del Centro-Nord, da 49 a 20 per il Centrodestra, dopo questo voto, si passa a 44 a 12 per il Centrosinistra. Ma lo sfaldamento appare ancor più sensibile dal punto vista elettorale. Il PdL, infatti, si attesta al 12-13%, nel Nord e nel Centro-Nord, mentre aveva ottenuto circa il 28% alle Regionali di due anni fa e il 33% alle Politiche del 2008.

3. Ne esce un quadro del Nord e del Centro-Nord largamente ri-disegnato. In un paio d'anni, ha quasi perduto i colori dominanti: il Verde e l'Azzurro. D'altronde, oggi i partiti del Centrodestra - o di quel che ieri si chiamava così - non governano in nessun capoluogo di regione nel Centro-Nord. Gli ultimi - Milano e Trieste - li hanno perduti un anno fa.

Uno scenario analogo emerge anche se consideriamo i capoluoghi di provincia. Prima del 2010, 22 capoluoghi del Centro-Nord erano governati dal Centrodestra, 16 dal Centrosinistra. Oggi 21 sono amministrati dal Centrosinistra e 14 dal Centrodestra (1 dalla Lega da sola e 2 da giunte di altro colore). Gli attori politici che avevano "inventato" la "questione settentrionale" oggi sono minoranza - e quasi periferici - nel Nord.

4. Parallelamente, è cresciuto il Centrosinistra, intorno al Pd. Che oggi è il primo partito: del Nord "Padano" e, a maggior ragione, nel Centro-Nord. Ma i suoi successi dipendono soprattutto dalla capacità di fare coalizione. Il Pd ha, infatti, perduto peso elettorale, rispetto alle Politiche e alle Regionali. Mentre in alcune fra le città più importanti ha contribuito, con i suoi voti, a eleggere sindaci espressi da Sel. Come Doria a Genova. E, un anno fa, Pisapia a Milano.

L'antico Triangolo Industriale, Milano-Torino-Genova, dunque, oggi è governato dal Centrosinistra. Ma (come ha osservato Gad Lerner) da uomini e soggetti politici, in prevalenza, "esterni" al Pd. In altre città, il candidato del Pd e del Centrosinistra è stato sconfitto da altre coalizioni. A Belluno, ad esempio, si è affermato il candidato sostenuto da liste civiche di Sinistra. A Cuneo il candidato del Terzo Polo.

5. Lo stesso è avvenuto in alcuni comuni dove lo sfidante era espresso dal Movimento 5 Stelle. Anzitutto a Parma, ma anche in altre città. Come Mira e Comacchio. Il risultato elettorale del Movimento 5 Stelle appare rilevante soprattutto nel Nord e nelle zone rosse del Centro. Dove si presenta, infatti, supera, mediamente, l'11% (alle Regionali del 2010 si era attestato intorno al 3-4%).

In una certa misura, il "partito di Grillo" è l'attore politico che oggi interpreta, più di altri, il "male del Nord" (ma anche del Centro). Espresso dalle aree territoriali e dalle componenti sociali coinvolte dalla crisi economica, dopo decenni di crescita. Soffrono di un profondo deficit di rappresentanza politica. Le promesse di Berlusconi e della Lega sono rimaste tali. Promesse, slogan. Mentre il Centrosinistra, imperniato sul Pd, è rimasto, a sua volta, coinvolto nel clima di insofferenza verso il sistema partitico. Afflitto dal vizio oligarchico e dal deficit etico.

6. Il successo del Movimento 5 Stelle sfrutta, dunque, il malessere generato dal governo, a livello centrale e locale. Ma intercetta anche la diffusa domanda di rinnovamento del ceto politico. E la crescente sensibilità intorno a temi legati alla tutela dell'ambiente e dei beni pubblici.

Naturalmente, una cosa è affermarsi su base locale. Altra è competere su base nazionale. Il bello - e le difficoltà - per il "partito di Grillo" cominciano ora. Perché dovrà governare, a livello locale. E dovrà organizzare la propria presenza nazionale, in vista delle prossime elezioni. Programmi, candidati, strategie e - perché no? - alleanze. Oggi, però, a nessuno è concesso di liquidare questo Movimento come antipolitico. Perché agisce da attore politico, sul mercato elettorale. Dove si sta ritagliando uno spazio molto ampio (alcuni sondaggi lo stimano, già ora, intorno al 20%).

7. Questa "piccola" consultazione amministrativa ha mutato profondamente le basi della "questione settentrionale". Nel Nord, infatti, si fanno strada domande di segno nuovo. Che non emergono da centrodestra ma da centrosinistra e, anzi, da sinistra. Esprimono istanze critiche verso il neoliberismo e i valori imposti dai "mercati" (finanziari) globali.

8. Dietro al voto, si scorge un Paese in cerca di rappresentanza politica. Se la Seconda Repubblica è finita, la Terza non è ancora cominciata.

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Messaggio Da anna Mar 22 Mag - 14:25

Ha vinto il Pd (ma solo nei sogni di Bersani)

Pierluigi Bersani continua a vivere nella sua stanza d’albergo. Da solo. Nella stanza accanto, sente che due fanno l’amore. E lui, felice, esulta. Per interposta persona. Non è dato sapere quando, lui e il Pd, cominceranno a godere. In prima persona.

Non occorre aspettare l’esito elettorale: il Pd vince, sempre. Anche quando non vince (cioè sempre). E’ la vera linea di partito bersaniano. “A parte Parma, abbiamo vinto ovunque”. Una frase bellissima. Un po’ come dire: “A parte il nucleare, a Fukushima non stanno mica male”.

A fronte di un Pdl ai minimi storici, il Pd vince dove non può perdere (e sì che ci prova) e trionfa quando non si comporta da Pd. Nelle città in bilico, o si affida a candidati che non voleva (Milano, Cagliari, Genova) o insegue trionfi altrui come accaduto per i referendum (Napoli, Palermo).
L’isteria è tale per cui Rosy Bindi, poco dopo gli esiti elettorali, litighi a RaiTre con Antonio Polito che si limitava a ricordarle che nelle città chiave avevano perso ed era un po’ tardi per sostenere che Leoluca Orlando fosse il loro candidato (e glielo ricordava Polito: non Gramsci).

Era felice anche Enrico Letta (per quanto uno come Enrico Letta possa esprimere felicità, beninteso). E Matteo Renzi, il Mister Bean dell’Arno, metteva tenerezza nel tentativo di superare a sinistra (o destra, nel suo caso) i grillini sul tema della “rottamazione”

La vecchia politica continua a ricordare quei conservatori americani che negli anni Cinquanta vietavano ai figli il r’n’r perché ritenuto sacrilego. E nel frattempo il rock travolgeva tutto. In tivù si celebrano le “buonistissime” messe laiche che appagano i soliti noti (inamovibili e assai rissosi), ma a molti non bastano più. E i “politici”, da Cicchitto in su (giù è difficile), ritengono che ci si debba sedere tutti attorno a un tavolo: una gran bella idea, anche se appena superata.

C’è, nei parlamentari e in gran parte degli editorialisti pensosi (gli stessi che fino a due mesi fa ritenevano il Movimento 5 Stelle un fenomeno folklorico sovversivo), una totale assenza di conoscenza e basi minime per interpretare la realtà. Usano strumenti, e arroganze, degne del cenozoico.

Fino a ieri era antipolitica, ora un fenomeno passeggero (in fondo l’ha detto anche Napolitano, no?). E ci si stupisce di quanto i grillini siano giovani e garbati: erano così anche prima, bastava andare a cercarli. Finché a “interpretare” il grillismo ci saranno i Buttiglione e le Gelmini (“Queste elezioni dimostrano che il Pd si sta spostando verso la foto di Vasto e la sinistra estrema”: poveretta, è rimasta dentro il tunnel dei neutrini), Grillo e il M5S cresceranno serenamente. Con buona pace di chi li riteneva fonte di ogni male, derive dittatoriali e tutto ciò che finisce in –ismo (“populismo”, “qualunquismo”; e magari pure “demagogismo”, adottando un nuovo conio).

Parma non è né la conquista di Stalingrado, né l’inizio della Terza Repubblica. E’ una scelta che premia un lungo percorso. E’ un voto di protesta (non è un difetto) e al tempo stesso di costruzione. Soprattutto: è una presa di posizione che merita rispetto. Esattamente quello che, sinora, non c’è stato. Da destra, ma nemmeno da “sinistra”.

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Messaggio Da anna Mar 22 Mag - 14:40

Il Movimento 5 Stelle artefice del suo destino

Il boom, c’è da giurarlo, questa volta lo hanno sentito anche al Quirinale. Ma se il boom sarà sufficiente per risollevare le sorti del Paese è cosa ancora tutta da dimostrare. A oggi si può solo dire che il Movimento 5 Stelle è ormai artefice del suo destino. E in parte anche di quello degli italiani.

Se, a cominciare da Parma, il Movimento riuscirà ben governare, i cittadini avranno davanti a loro una valida alternativa al disastrato e disastroso sistema dei partiti. O almeno si ritroveranno tra le mani un pungolo per tentare di spingere finalmente all’azione quel poco che c’è da salvare nei nostri movimenti politici.

Se invece il M5S non ce la farà ( e la sfida è ardua) bisognerà rassegnarsi a vivere in una nazione che sempre più velocemente passa dal declino al degrado. In una repubblica senza speranza, sempre più ostaggio di cricche, oligarchie e veri e propri gruppi criminali.

Attenzione, scriviamo tutto questo senza nessun tipo di spirito di parte. E nemmeno siamo tanto ingenui da pensare che il Movimento 5 Stelle abbia la ricetta per curare tutti i mali.

A stimolarci alla riflessione sono invece solo i fatti.

I partiti, che sono lo strumento attraverso cui, in ogni democrazia, gli elettori riescono a far valere le loro istanze nelle istituzioni, hanno ormai ampiamente dimostrato di essere incapaci di rinnovarsi. Ad ogni appuntamento o si sono presentati in ritardo o hanno marcato visita. L’elenco delle promesse rimaste sulla carta è lungo e ampiamente noto: la legge elettorale, quella sulla corruzione, il taglio dei costi della politica, le liberalizzazioni, le provincie, lo sviluppo della Rete, l’equità e via dicendo.

Ma non basta. C’è di più e di peggio. Come insegna l’esperienza di una Lega ormai destinata a lottare solo per non scomparire, i mutamenti al vertice, il ricambio della classe dirigente nei partiti è possibile (e di rado) solo se interviene la magistratura. Per far fuori sedicenti leader che avrebbero dovuto essere in pensione da almeno 10 anni, ci vuole lo scandalo. E spesso nemmeno quello. Perché anche se certi fatti sono noti ai più, il potere economico e di ricatto, non solo politico, di chi per troppi lustri ha manovrato le leve del comando è pressoché infinito.

Certo, le cifre raccontano che nel loro complesso queste elezioni le ha perse sonoramente solo il centro-destra. A scorrere l’elenco delle centinaia di comuni conquistati può persino venire la tentazione di dar ragione a Pierluigi Bersani quando esulta per i suoi risultati .

La vittoria del PD, proprio come dicono i numeri, infatti c’è stata, ma al contrario di quanto dice il segretario è carica se e di ma. A Palermo e a Genova, come era già accaduto a Milano e a Napoli, i candidati appoggiati dai vertici del partito hanno fatto poca o nessuna strada. Mentre, calcolata l’astensione, un primo esame delle vittorie del centro-sinistra lascia legittimamente ritenere che non sia avvenuto alcun travaso di voti. Chi votava Pdl o Lega, non ha quasi mai votato Pd. È rimasto a casa.

Il perché è semplice. I partiti non hanno solo bisogno (come il pane) di coraggio e idee nuove. Hanno bisogno di uomini e di donne sulle cui gambe quelle idee possano camminare. E non solo a livello locale. Sono le oligarchie centrali che devono crollare.

Da questo punto di vista però c’è da essere ottimisti.

I risultati del Movimento 5 stelle, ma anche quelli di Genova e Palermo (dove Orlando ha stravinto solo contro tutti), rappresentano una crepa destinata ad allargarsi. Lasciano intuire che davvero nel 2013 la diga può venire giù di colpo.

Per questo è giusto cominciare fin da ora a interrogarsi sul dopo. C’è un Paese da ricostruire. Ci sono priorità e programmi da stabilire.

E se poi a Parma un gruppo di cittadini normali riuscirà a risolvere problemi enormi – come la sostituzione in corsa di un costosissimo inceneritore e la buona amministrazione del quotidiano in un Comune messo in ginocchio da centinaia di milioni di debiti – altri cittadini capiranno che, impegnandosi in prima persona, davvero ce la si può fare.

Prima che, per tutti noi, sia troppo tardi.

Peter Gomez
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Messaggio Da anna Ven 25 Mag - 15:01

Il sisma emiliano era prevedibile. Ma è in arrivo uno più pericoloso

Il terremoto che ha colpito domenica 20 Maggio l’Emilia Romagna e ucciso ben 7 persone era previsto e predibile. Lo rivela un‘intervista fatta al professore Alessandro Martelli, Direttore del Centro Enea di Bologna. L’ingegnere sismico, apprezzato esperto di fama nazionale e non solo, rivela un rischio ulteriore molto più grave che potrebbe adesso colpire il sud

Direttore, era prevedibile il terremoto in Emilia? Ci sono state analisi precedenti?

Si, era stato previsto. Ci sono dei “cosiddetti” strumenti di previsione che sono fatti in diversi Paesi, in Italia li fa l’International Centre for Theoretical Physics (ICTP) e l’Università di Trieste. In base al verificarsi di possibili anomalie nelle tre zone italiane, nord, centro e sud vengono emessi degli allarmi. E’ un po’ come misurare la temperatura corporea e vedere se hai la febbre.

E sono stati emessi allarmi?

Si, in marzo è stato diramato un allarme per la zona nord perché era stato stimato un movimento del terreno di magnitudo maggiore del 5,4. C’erano notevoli probabilità che a nord sarebbe arrivato un terremoto. La regione allarmata era questa anche perché c’erano stati terremoti vicini, nel Garda, nel veronese, poi a Parma. L’algoritmo dell’analisi mostrava che era fortemente probabile.

E come mai nessuno lo sapeva?

Si tratta di metodologie sperimentali. Gli allarmi non vengono divulgati ma comunicati a un gruppo di esperti nazionali . Nella Commissione Grandi Rischi si sapeva, ne abbiamo propria parlato il 4 maggio.

E cosa è stato fatto in proposito per preparare all’evento?

Se ne discusse anche perché questo tipo di analisi non sono accettate da tutti i sismologi. Io posso solo dire che la Commissione Nazionale Grandi Rischi era informata dai primi di marzo.

Sono previste altre scosse in Emilia?

Non si può dire. Ha ragione Gabrielli (Capo del Dipartimento della Protezione Civile, ndr) che bisogna attendere e stare attenti. Ci potrebbero essere solo scosse di assestamento come scosse più forti. Non occorre arrivare a conclusioni senza avere tutti gli elementi.

Ma cosa bisognerebbe fare in questi casi?

Non si possono immediatamente evacuare delle zone per mesi ma di sicuro si può verificare le strutture strategiche, e organizzare la protezione civile, informare la popolazione su come si deve comportare.

Ma che sia andata come è andata… non l’allarma?

Certo! Più del nord adesso però mi preoccupa il sud. Per il nord c’erano stati due studi. Uno allarmava per un eventuale terremoto e l’altro no. Ed è arrivato il terremoto in Emilia. C’è un allarme per il sud più grave in arrivo perché lì sono stati applicati tre modelli di studio. Tutti e tre danno l’allarme rosso. Quindi questo preoccupa oltretutto perché prefigura un eventuali terremoto molto violento.

Ma lei non aveva denunciato tempo fa che in Italia, al sud, esistono stabilimenti industriali potenzialmente soggetti a rischio di incidente rilevante in caso di terremoti?

Si, hanno sostanze potenzialmente pericolose in elevate quantità. Sono impianti chimici, ci sono stabilimenti che contengono serbatoi di gas naturale liquefatto (Liquefied Natural Gas o LNG), altri serbatoi di stoccaggio di grandi dimensioni, rigassificatori…

Ma quel’è il problema tecnico di questi impianti?

Il problema è che le scelte progettuali degli impianti sono state lasciate ai gestori e, generalmente, non è noto, per i diversi stabilimenti, se e quali criteri antisismici siano stati adottati. Poi c’è il rischio da maremoto, evento raro, ma non impossibile (vedi l’incidente di Fukushima, ndr) e che, quando si verifica, è devastante: questo rischio appare del tutto trascurato negli impianti chimici italiani situati in prossimità delle coste, e in aree sismiche come ad esempio a Milazzo o se penso ai serbatoi sferici situati a Priolo-Gargallo, sono alquanto pessimista e preoccupato. Manca In Italia una specifica normativa per la progettazione antisismica degli impianti chimici.

fonte

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Messaggio Da picpiera Ven 25 Mag - 18:35

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