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Messaggio Da anna Gio 14 Giu - 10:05

Anti-corruzione, furbate e porcate sul Titanic-Italia

Sono stati sette giorni da brivido. E non solo per lo spread che sale, la borsa che crolla, la disoccupazione che aumenta. A far accapponare la pelle sono una serie di avvenimenti che spiegano bene come ormai buona parte dell’equipaggio del Titanic-Italia abbia abbandonato ogni proposito di tentare di governare la nave e pensi esclusivamente ad occupare le ultime scialuppe disponibili. Il secondo paese più corrotto d’Europa (significativamente dopo la Grecia) ha ormai deciso di schiantarsi. Non c’è nessuna correzione di rotta. Non c’è nessun esempio che possa indurre alla fiducia i passeggeri (ovvero i cittadini).

Per rendersene conto non servono i radar. Bastano i giornali e i siti internet. Media che, per somma sfortuna degli italiani, hanno una buona diffusione anche tra i tanto mitici mercati. Ovvero tra quei signori che dovrebbero decidere se prestarci i soldi e a quali condizioni.

L’orribile settimana si apre martedì 6 giugno, quando palazzo Madama sceglie di non arrestare il senatore Sergio De Gregorio, e si chiude mercoledì 13, con tre voti di fiducia su una modesta e quasi umoristica legge anti-corruzione che, prevedibilmente, sancirà il divieto di candidare condannati solo a partire dal 2018.

Veniamo però ai fatti. Partendo dall‘affaire De Gregorio. Il parlamentare Pdl è accusato di aver rubato ai cittadini 23 milioni di euro grazie a una truffa sui contributi pubblici all’editoria che L’Avanti di Valter Lavitola ha incassato senza praticamente vendere una copia. Ma visto che non si tratta di soldi loro e che, in fondo, di problemi con il furto di soldi destinati alla stampa di partito ce li hanno in molti, martedì i no sono 169, i sì 109 sì, mentre 16 senatori pilatescamente si astengono.

Lo stesso giorno Pd e Pdl, col gentile contributo di Udc e Lega, si spartiscono le nomine dei membri delle autorità di garanzia. La legge dice che dovrebbero sedere su quelle poltrone solo persone che “assicurano indipendenza” e di “riconosciuta competenza”. Così, tra gli altri, alla privacy ci finisce l’ex capogruppo del Pd, Antonello Soro, che oltre ad essere un uomo di partito è pure dermatologo. Mentre alle comunicazioni viene confermato Antonio Martusciello, ex dirigente Fininvest, fondatore di Forza Italia, ex deputato, poi sottosegretario al ministero dell’Ambiente e presidente di una compagnia aerea.

È una porcata in piena regola. Certificata, 24 ore dopo, persino da Pierluigi Bersani. Il segretario infatti di fronte alle polemiche dice: : “Abbiamo una storia alle spalle su tutti questi temi e non c’è nessun innocente”.

Passano esattamente cinque giorni, caratterizzati dalla crisi delle banche spagnole e il conseguente intervento europeo che spinge la speculazione a puntare sull’Italia. Il 12 giugno la giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama esamina il caso dell’ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi. La vicenda è nota: l’ex boy-scout di milioni ne ha fatti sparire una cinquantina. Questa volta arriva un parere favorevole all’arresto. Vota però contro il Pdl. Il relatore Ferruccio Saro, per giustificare la decisione non osa dire che Lusi è un perseguitato per motivi politici. Più modestamente spiega che se il collega dovesse finire in manette verrebbe lesa “l’integrità”, nel suo “plenum”, del Senato. Una tesi strampalata che però, alla luce di quanto accaduto con il voto segreto su De Gregorio, rischia di trovare in aula molti estimatori.

Si arriva a mercoledì 13. Data da tenere a mente. Per far passare le modeste norme anti-mazzette presentate dal governo servono tre voti di fiducia. Con un risultato finale che lascia a bocca aperta. Salvo miracoli – una legge delega esercitata dall’esecutivo nel giro di pochissimi mesi – il divieto di candidare condannati scatterà solo nel 2018. Sulla corruzione invece si va avanti più o meno come prima. In compenso la riforma della concussione, che come chiarito dal responsabile dell’ufficio giuridico dell’Ocse, Nicola Bonucci, in Europa nessuno ci ha chiesto, finirà per far prescrivere fin da subito i capi d’imputazione più gravi contestati all’ex capo della segreteria di Bersani, Filippo Penati (ora si prescrivono nel 2017). E darà una grossa speranza pure a Silvio Berlusconi sulla parte penalmente più grave del caso Ruby (le telefonate in questura per spingere i funzionari a liberarla).

Non tanto perché il suo processo verrà cancellato dal colpo di spugna del tempo nel 2020 invece che nel 2024. Ma perché in presenza di una nuova norma (la concussione per induzione, cioè senza violenza o minacce), gli avvocati faranno il diavolo a quattro per far ricominciare il dibattimento da zero. E se i tribunali dovessero loro dare torto stabilendo che c’è una continuità normativa tra la fattispecie vecchia e quella nuova, alla fine l’ultima parola (con risultati imprevedibili) spetterà alla cassazione a sezioni unite.

Insomma nel giro di sette giorni a una porcata segue una furbata.

Tutto questo però ha un costo altissimo. Scegliere, ormai lo si può dire, non come premier, ma come curatore fallimentare della Repubblica Italiana un uomo ritenuto internazionalmente credibile come Mario Monti, è stato purtroppo inutile. Con un parlamento e con i partiti che sostengono il suo esecutivo di questo tipo, il destino del Titanic-Italia appare segnato. E questo al di là dei (molti) errori di Monti.

A nessuna persona sana di mente può venire la tentazione di fare affari o dare credito a un Paese governato (o meglio gestito) da gente del genere. Prendersela con i tedeschi, con il fato, con i cattivi della finanza internazionale, ha davvero poco senso. Perché chi ci porta verso un sempre più probabile naufragio, non è la tempesta, ma chi la nave l’ha condotta, e la sta ancora conducendo, dentro.

Peter Gomez
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Messaggio Da anna Sab 16 Giu - 11:59

Sprechi e poltrone spartite, l’Italia affonda la casta resiste

Sabato a Cagliari i promotori del primo referendum anti-casta scenderanno in piazza: gli onorevoli sardi si sono ripresi gli stipendi che la consultazione popolare aveva chiesto di abolire ma nel resto d'Italia le cose non vanno meglio. Eccovi un piccolo viaggio alla scoperta dei mille scandali italiani


Oggi a Cagliari i promotori del primo referendum anti-casta scenderanno in piazza: con un blitz notturno, gli onorevoli sardi si sono ripresi gli stipendi che la consultazione popolare aveva chiesto di abolire. Ma nel Continente non va meglio: mentre gli italiani sono alle prese con l’Imu, la disoccupazione alle stelle e il Pil a picco, nei palazzi del potere tutto prosegue come se nulla fosse. Abbiamo raccolto alcune delle ultime storie di sprechi nazionali. Dai soldi spesi per i corsi di aggiornamento su Facebook agli incarichi affidati senza curriculum. Dai fedelissimi che fanno carriera ai politici trombati alle elezioni e riciclati nella pubblica amministrazione. Ecco quelli che non pagano mai.

Renata e la fabbrica dei consulenti Compaesani, vecchi collaboratori, aspiranti politici rimasti senza poltrona: non disperate, nella Regione Lazio c’è posto anche per voi. Basta sfogliare gli atti del Consiglio pubblicati sul Bollettino ufficiale: in sei mesi sono stati conferiti 42 incarichi, per un totale di 987 mila euro, a cui vanno aggiunti altri 500 mila euro per le consulenze esterne assegnate dalla Giunta. Tradotto, più di un milione di euro ogni anno per trovare quelle professionalità che tra i dipendenti della Regione Lazio non ci sono. Per esempio alla Pisana, sede del consiglio regionale, per valutare “i rischi da stress da lavoro correlato” non c’è nessuno meglio del geometra di Monte San Giovanni Campano, provincia di Frosinone, Antonio Buttarazzi. Dalla regione prende 15 mila euro l’anno. Cifre da poco conto, che lievitano con il moltiplicarsi degli incarichi. Dalla Ciociaria, il Pdl Mario Abbruzzese (presidente del consiglio regionale) ha portato l’avvocato Marco Lavalle. E poi l’ingegnere Arturo Losi, l’avvocato Rita Evangelista e Ofelia Palombo, che prima di arrivare in Regione era la sua addetta stampa quando era presidente del Cosilam. Tutti da Cassino, fatalità, come lui. In forze alla presidenza del consiglio anche il giornalista Enrico Fontana, già consigliere regionale per Sinistra e Libertà. La sua consulenza è scaduta cinque giorni fa, ma può essere rinnovata per un altro anno. È già successo a 28 dei 42 incarichi affidati nel 2011. Tra questi non c’è l’ex ministro Franco Bassanini che però, fino al marzo scorso, si è occupato di “ricerca sul tema delle politiche delle regioni contro il digital divide”, 20 mila euro per dodici mesi. È passato per le stanze della Pisana (ma solo a 6 mila euro l’anno) anche l’avvocato Francesco Saverio Marini, ora capo della segreteria tecnica del sottosegretario Catricalà. Confermata invece Alessandra Tibaldi. Il suo curriculum sul sito della regione non c’è, lo sanno tutti che, durante la giunta Marrazzo, era assessore regionale al Lavoro. Ha già avuto un contratto di un anno per 33 mila euro. Ora le è stato rinnovato per soli 8 mesi, ma sempre alla stessa cifra. Affianca il lavoro dell’Idv Claudio Bucci, che ha affidato un incarico per i problemi relativi all’eGovernment a Caterina Leone: nella precedente consiliatura, era segretaria della Commissione ambiente, presieduta guarda caso da Claudio Bucci in persona. A Bruno Astorre, vicepresidente del consiglio regionale in quota Pd, invece è costata cara (in termini di polemiche) la nomina a consulente del 37enne Marco Bosso, aspirante sindaco di Grottaferrata nel 2010. Gli andò male, ma un mese dopo era già seduto alla scrivania della regione per occuparsi (guarda il destino) delle problematiche relative all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Sul Messaggero, due anni fa, il consigliere regionale de La Destra Roberto Buonasorte azzardò un’ipotesi: non è che quei 33 mila euro l’anno sono “risarcimento politico a fronte dell’atteggíamento tenuto da Bosso in sede di ballottaggio al Comune di Grottaferrata”? Marco Bosso aveva preso il 27 per cento con la sua lista civica ma al secondo turno non espresse nessuna preferenza e favorì, secondo Storace e i suoi, la vittoria del Pd.
di Paola Zanca

Medici. All’Enpam un buco da 500 milioni Le spese malaccorte di un ente. Il consigliere scomodo e i responsabili ancora al loro posto. Giansalvo Sciacchitano, docente universitario e consigliere d’amministrazione dell’Enpam, fondazione che si occupa delle pensioni dei medici, non ci sta. Sciacchitano, il 18 maggio 2011, firma, assieme ad altri cinque presidenti di consiglio dell’ordine di altre regioni, un esposto a Procura di Roma e Corte dei Conti, nel quale denuncia la mala gestione delle casse dell’Enpam. Finisce sotto inchiesta per truffa aggravata il presidente Eolo Parodi. Il buco finanziario sfiorerebbe i 500 milioni di euro. Sotto accusa gli investimenti in titoli tossici (nell’esposto si parla di altissime commissioni pagate: una di queste sfiorava i 2 milioni di euro). Per non parlare poi degli immobili di proprietà: “L’Enpam, nel 2001, aveva svenduto il palazzo di via Farini al gruppo Ligresti, che poi lo aveva rivenduto a circa il doppio all’Unipol dell’allora ingegner Consorte”, scrive il senatore Elio Lannutti, in un’interrogazione indirizzata al ministro del Lavoro il 14 marzo 2012. Adesso l’Enpam vorrebbe destituire il consigliere, ma la revoca non è prevista dal regolamento, obietta Sciacchitano. Il consiglio ha dunque chiesto un parere pro veritate ai professori Angelo Piazza (già legale dell’Unipol di Consorte), Francesco Caroleo e Pasquale Sandulli. Spesa? 30 mila euro. Un signore attento ai bilanci anche da presidente dell’Ordine dei medici di Catania il professor Sciacchitano ma, nel dicembre 2011, scade il mandato e contro di lui viene presentata una lista targata Raffaele Lombardo. Il giorno delle elezioni, a far campagna elettorale, c’erano due parlamentari regionali del Mpa. “I medici apprezzeranno questo tuo impegno, la politica romana no. La pagherai a Catania”, l’aveva avvisato uno dei vertici dell’Enpam. Sciacchitano prese molti voti ma perse la presidenza, per l’inaspettato ribaltone del suo ex vicepresidente, passato all’opposizione.
di Giuseppe Giustolisi

Molise. Corso Facebook a Termoli per i dipendenti comunali Vuoi chattare? Vuoi conquistare follewers, vuoi sapere come si crea un post, un hashtag? Vuoi cinguettare abilmente su Twitter e diventare il numero uno di Facebook? Devi studiare, imparare, formarti . Per questo al Comune di Termoli hanno pensato di chiamare un consulente. Pagato, ovviamente. C’è la crisi, anche i 32mila abitanti della cittadina sul mare del Molise soffrono per Imu, Tarsu e diavolerie fiscali simili, ma poco importa. Perché al giorno d’oggi, chi non naviga è perduto. Ecco allora spuntare la consulenza ad una società cittadina per istruire impiegati, messi e funzionari del Comune all’uso dei social network. Ci saranno veri e propri corsi di formazione e naturalmente una spesa annua di ventimila euro. Per fare una cosa che un ragazzino smanettatore fa ad occhi chiusi, dicono gli scettici. Il sindaco Antonio Di Brino, Pdl, la pensa in modo diverso: o Facebook o morte. Tanto che voleva elevare il compenso a 30mila euro, cosa che i suoi assessori, assaliti da improvviso rossore, hanno impedito. Ecco la delibera, la n.188 del 24-05-2012: “É necessario e opportuno che la comunicazione e la capacità di essere trasparenti nella gestione dei rapporti tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione passi attraverso un uso corretto dei social media che negli ultimi tempi hanno avuto una evoluzione rapidissima ed il cui uso si è esteso ad un numero sempre più crescente di cittadini che si relazionano con la Pubblica Amministrazione e che dalla stessa vogliono risposte in tempi rapidi. Ritenuto opportuno organizzare dei percorsi formativi per i dipendenti dell’Ente (…) affidandone la realizzazione a società specializzata nel settore e che abbia esperienza di accompagnamento delle Pubbliche Amministrazioni nei temi della comunicazione e dell’innovazione”.
di Luca Fieramosca

Piemonte. Al dirigente portaborse non serve il curriculum A sua insaputa non proprio. A quella degli altri, forse sì. Viorel Vigna, 32 anni, di professione assistente – volgarmente detto portaborse – dell’assessore regionale ai Trasporti del Piemonte Barbara Bonino (Pdl), sarà con molta probabilità il prossimo vicepresidente di 5T, società del gruppo Gtt (Gruppo torinese trasporti) partecipata da Regione, Provincia e Comune di Torino. Si occuperà di monitoraggio del traffico, centralizzazione semaforica, accesso alla Ztl e metterà a frutto il know how maturato in due anni di lavoro in Regione. Sono giorni concitati per il sottobosco politico subalpino. Il maxi-pacchetto di nomine da poco approvato dal consiglio comunale ha scatenato la corsa al posto. Nulla di strano – lo fanno tutti i partiti – che un esponente di spicco del Pdl indichi il suo uomo per una partecipata. Un po’ strano tuttavia – secondo quanto riporta lospiffero.com   – è che Vigna non abbia nemmeno risposto al bando pubblico. Del suo curriculum, nelle carte della Regione, non c’è traccia. Il giovane, peraltro, non è nemmeno dipendente regionale (il che avrebbe in qualche modo giustificato la sua indicazione), è uno “staffista” stipendiato dal gruppo consiliare del Pdl e dunque potrà cumulare i due stipendi. Vigna – ex An verace – è anche consigliere comunale a Grugliasco, grosso comune che a Torino sta un po’ come Sesto San Giovanni a Milano, una piccola “Stalingrado”. Non è quindi facile per un candidato sindaco di centrodestra ottenere un buon risultato, ma raggiungere un misero 5% è ugualmente arduo. È accaduto al disastrato Pdl alle ultime amministrative. Il candidato sindaco era il grugliaschese Viorel Vigna, oggi unico consigliere comunale (terzo stipendio, per la verità assai esiguo) di centrodestra, nonché presidente della commissione istruzione del Comune. Pur di non scegliere l’insegnante Mariano Turigliatto (da non confondere con Franco, quello che sfiduciò Prodi), battitore libero della sinistra subalpina, già sindaco di Grugliasco per due mandati (uno in perfetta solitudine), il Pd ha votato in massa Vigna.
di Stefano Caselli

Sicilia. Tutti gli incarichi di Lupo voluti dalla Prestigiacomo Corrado Clini, ministro per l’Ambiente, non conoscerà bene il dirigente Marco Lupo. Anche se lo conosce, forse non può immaginare i suoi tribolati trascorsi. La scalata ministeriale accanto all’ex ministro Stefania Prestigiacomo, amica di famiglia, siciliana come lui. L’incarico di Lupo è lungo quanto i passi che ha compiuto per averlo: “Soggetto attuatore per fronteggiare l’emergenza in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde, dei sedimenti inquinanti, nonché di tutela delle acque superficiali e sotterranee dei cicli di depurazione della Regione Sicilia”. Finito. Eppure la parolina fondamentale è proprio l’ultima: Sicilia, sede di Palermo. In Sicilia opera la Comei dei Prestigiacomo, che si occupa di energia sostenibile (e insostenibile, come il petrolio), per anni in punta di piedi sul conflitto d’interessi. Appena insediata al ministero, quattro anni fa, la Prestigiacomo voleva imporre Lupo direttore generale per “la tutela ambientale”. Lupo fa una gavetta particolare: collaboratore, senza arte né parte, del dg quasi pensionato. Poi arriva l’occasione. E la berlusconiana di Sicuracusa – marzo 2009 – nomina Lupo. Non passa nemmeno un mese, e la Corte dei Conti boccia il ministero perché Lupo non ha i requisiti richiesti: insomma, il curriculum è carente. Il ministro non si rassegna, però. E la Corte dei Conti, a ferragosto, ci ripensa e rimette Lupo al posto tanto desiderato e agognato. I colleghi insorgono. E dunque c’è un ricorso contro Lupo e la stessa amministrazione: le sentenze, anche in appello, rimuovono le mostrine che il ministro gli aveva regalato. Il dirigente resta al ministero perché, durante la direzione generale, aveva ricevuto un mandato per “l’emergenza umanitaria in Nord Africa”. Siccome per la legge doveva decadere anche quest’ultimo tentativo, il governo Berlusconi, a novembre, un attimo prima di rassegnare le dimissioni, gli conferisce un ruolo senza specificare di che tipo: “Al dottor Lupo”. Per la fiducia. A marzo, miracolosamente, Mario Monti l’accontenta: “Soggetto attuatore per fronteggiare…”. Il professore conferma un altissimo dirigente in un settore dove i tagli si fanno sentire sin da Roma, ma a Palermo si fermano.
Carlo Tecce

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Messaggio Da anna Dom 17 Giu - 19:54

Norimberga all'italiana

Un processo pubblico alla classe politica è necessario. Senza violenza. Siamo un popolo civile. Truffato, spolpato, fottuto, immiserito, deriso, ma comunque civile. Nessuno può pensare di sostituirsi alla magistratura o di evocare nuove piazzale Loreto. Saint Just e Robespierre non sono esempi da imitare, anche perché finirono, pure loro, sul carretto che conduceva i condannati alla ghigliottina. Il processo deve essere morale, collettivo. Ogni cittadino deve avere il diritto di sputo virtuale.
Chiunque abbia ricoperto nella Seconda Repubblica un'importante carica pubblica, tra questi i parlamentari, i ministri, i sottosegretari, i presidenti di regione, i sindaci dei capoluoghi di provincia, i presidenti di provincia, oltre ovviamente ai presidenti del Consiglio e ai presidenti delle Camere, dovrà rendere noto pubblicamente in Rete il suo patrimonio PRIMA e DOPO la sua investitura. Motivare, se esistono, le ricchezze accumulate durante il suo incarico. Case, patrimoni, regalie inconsapevoli. Un atto dovuto che premierà chi non ha nulla da nascondere.
In questo Paese si è radicata l'idea, sbagliata, che sia naturale per un politico arricchirsi, in effetti è difficile trovare un politico in miseria o qualcuno uscito dai Palazzi del Potere con le pezze al culo. Lo stipendio e i benefit che ricevono i politici, pur eccessivi, non sono sufficienti per diventare benestanti. Quindi le fonti, in caso di ricchezza, devono essere state altre. I cittadini vorrebbero sapere quali e anche i magistrati. Conoscere, ad esempio, i motivi per cui il ministro Z o il senatore B si è ritrovato a fine legislatura con un paio di appartamenti in più o mezzo milione di euro sul conto della moglie. Un'analisi patrimoniale, in piena trasparenza, che copra il periodo della Seconda Repubblica, con il DISPREZZO dei cittadini e l'isolamento sociale verso chi ha abusato dello Stato per i propri interessi e l'intervento della magistratura in caso di reato. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

beppegrillo

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Messaggio Da ubik Mar 19 Giu - 23:46

QUEL CHE MI RIPORTO DA NEW YORK

Sono appena tornato da New York e ho vissuto le ultime 48 ore come un bruco: dormendo ininterrottamente e facendo solo brevi e caloriche pause cibo. Ho sempre trovato questa storia del jet lag una boiata da provinciali: per 3 giorni a Londra alcuni accusando stati di disorientamento come se fossero atterrati da una missione pluriennale sulla MIR ma devo ammettere che stavolta il fuso (con l’aggravante della stanchezza e l’età) ha creato le condizioni ideali per precipitarmi in uno stato comatoide dal quale mi sto riprendendo con tanta con fatica.
Prima però di sprofondare nella cripta, venerdì pomeriggio, con l’ultima stilla di forze, ho disfatto la valigia, ho separato i panni puliti da quelli sporchi, ho sistemato le scarpe, ripiegato le sacche, ammucchiato i regalini per amici e parenti e alla fine ho svuotato la borsa di pelle che in viaggio porto sempre con me (detesto usarla perché mi sembra una cosa da donne che devono portarsi casa appresso, io sono un tipo da tasche ma in viaggio, tra guide, macchine fotografiche e bottigliette d’acqua diventa una necessità). Portarsene una appresso durante un viaggio è come trascinare un rastrello. Mentre la svuoto ritrovo scontrini di ristoranti, astucci vuoti di gomme, biglietti di metro e teatro, una vecchia copia di Time Out e tutte queste cianfrusaglie, anche le più insignificanti, hanno però la balsamica proprietà mnemonica di una madeleine.
Mi capita così tra le mani anche una rivista spiegazzata che non ricordavo neppure di aver preso. Poche pagine spillate in carta riciclata e dai colori sono un po’ fuori registro. L’ho presa in un negozio di giocattoli a Brooklin mentre cercavo un regalo per il figlio di miei amici. All’ingresso ce n’era una pila. In copertina il ritratto sorridente di una coppia lesbica con i loro bambini. Fa strano per uno che come me viene da un paese che ha appena scoperto il fuoco leggere di gruppi di auto aiuto per famiglie gay, di terapeuti per affrontare l’omogenitorialità (del resto questo è il paese dove ogni problema ha una soluzione e un esperto che ti aiuta ad affrontarlo) e pubblicità di istituti dove figli di coppie etreo e di coppie omo possono convivere trovando nella diversità un valore da condividere più che un mostro da combattere.
Sfogliarlo è come leggere Voyager, la rivista dei misteri: racconta di mondi di cui hai sentito parlare ma che credevi fossero frutto di fantasia e alla fine scopri che questa realtà esiste davvero e che non è scaturita di una dominazione aliena né tantomeno si è estinta dopo l’eruzione di un vulcano ma è a 8 ore di volo da noi (senza scalo, ovviamente, non come me che ne ho impiegate 14 mila).
Per le strade di Manhattan era tutto un passeggiare di coppie gay con i loro bambini (bastava riscontrare le loro somiglianza somatiche per capire che non si trattava di babysitter o pedofili) che, con buona pace dei Buttiglione e Bindi non erano in preda a turbe psichiche, non avevano in nuce il germe della schizofrenia né erano in nulla differenti dagli atri bambini accompagnati da genitori etero.
Insomma, si dice che il grado di benessere di un paese sia dato dalla voglia di fare figli e dalla capacità di mettere i propri abitanti nelle condizioni di averne. E qui è possibile. Nonostante abbia un debole per gli Stati Uniti non voglio certo dire che sia la terra promessa e, di fatto, cose del genere puoi vederle in più paesi che in quanti questo non sia possibile ma l’amarezza che provo è dovuta dal sentirmi purtroppo dalla parte sbagliata del confine.

Ecco allora, più che l’adolescenziale invasamento da shopping (ma tanto che ti devi comprare in America che non trovi a Roma Est?), più che l’overdose da caffeina negli Starbucks, le foto davanti all’Empire e i boni riversati per strada come tonni scaricati sulla plancia di un peschereccio, è questa l’immagine bella che mi riporto da questa vacanza e con questa una conferma: sapere che un altro modo di vivere è possibile avendo così alla fine (lo so, magra consolazione) la conferma che non siamo certo “noi” quelli sbagliati a questo mondo.


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Messaggio Da anna Mer 20 Giu - 9:23

piergiorgio ha scritto:Buongiorno amici, vi posto una bella storia italiana, ne abbiamo bistogno Rassegna Stampa - Pagina 64 103533

La scoperta italiana
della plastica pulita

Un computer collegato a internet. E un'idea. Nasce così la scoperta fatta da Marco Astori e Guy Cicognani. E quelle degli altri inventori e innovatori che provano a "cambiare la vita in meglio"
di RICCARDO LUNA
Lo leggo dopo


"LA COSA più buffa di questa storia è che io non sono uno scienziato e nemmeno un laureato in chimica. Sono soltanto un grafico pubblicitario che un giorno si è detto che doveva esserci un altro modo per fare la plastica. Un modo che non inquinasse il pianeta per migliaia di anni. Allora sono andato su Internet a cercare fino a quando quel modo l'ho trovato". Questa è la storia di una rivoluzione fatta in casa, scoperta per caso e destinata forse a cambiare le cose.

Gli oggetti della nostra vita. L'artefice si chiama Marco Astorri, ha 43 anni, tre figli, una pettinatura che lo fa assomigliare al protagonista muto di The Artist e un'azienda che sta facendo discutere il mondo: la BioOn sta a Minerbio, a 40 minuti da Bologna. Da qualche mese ogni settimana c'è una processione infinita verso questo misterioso laboratorio in mezzo ai campi: bussano i capi delle grandi multinazionali della chimica, ma anche i produttori di telefonini, personal computer e televisori, componenti per le automobili. Insomma tutti quelli che fanno prodotti usando la vecchia plastica.

Vengono, ascoltano, guardano le ampolle piene di misture dolciastre, i fermentatori di metallo riflettente. Poi spalancano gli occhi e la domanda che si fanno è: possibile che questo scienziato-fai-da-te, questo hacker con la scatola del piccolo chimico sotto il braccio abbia trovato la formula magica per farci vivere davvero "senza petrolio" (il petrolio, com'è noto, è la base di tutte le plastiche e l'origine dei problemi a smaltirle dato il suo tasso terribilmente inquinante, vedi la diossina)?

Ebbene sì, è possibile, perché è esattamente quello che sta accadendo. La storia inizia nel 2006. E inizia naturalmente con un pezzetto di plastica. Anzi con migliaia di pezzetti di plastica. Sono gli skypass che gli sciatori lasciano distrattamente in mezzo alle neve a fine giornata. Solo che poi in primavera la neve si scioglie, gli skypass no: quei pezzetti di plastica restano a inquinare l'ambiente per una vita, anzi per migliaia di anni. Marco Astorri e il suo socio francese Guy Cicognani di quegli skypass sono in un certo senso colpevoli, visto che li producono. Per la precisione, realizzano le micro-antennine che aprono i tornelli (Rfid).

Ed è facendo questo lavoro che iniziano a chiedersi se non ci sia un modo per fare una plastica totalmente biodegradabile. Una plastica che si sciolga in acqua. Come la neve, appunto. Astorri e Cicognani non sono i primi a pensarlo ovviamente. Proprio in Italia Catia Bastioli, dal 1990 e negli stabilimenti della Novamont a Terni, ha iniziato a produrre la MaterBi, plastica a base di amido di mais. Ha avuto un notevole successo, al punto che alle prossime Olimpiadi di Londra i piatti, i bicchieri e le posate, in tutto alcune decine di milioni di pezzi, saranno di bioplastica italiana.

Un grande orgoglio nazionale di cui andare fieri. Il mais però è un alimento: usarlo per fare la plastica vuol dire farne salire il prezzo e si è visto con i biocarburanti di prima generazione come questo possa essere problematico. Inoltre, per quanto riguarda la biodegradabilità, la provincia di Bolzano ha fatto presente che i sacchetti che dal 1° gennaio la legge ci impone di usare al supermercato creano inciampi agli impianti di compostaggio dei rifiuti. Insomma, forse si può fare meglio.

Ma torniamo al 2006. Ricorda Astorri: "Abbiamo chiuso con gli skypass. Ci siamo comprati un computer, un iMac, l'abbiamo collegato alla Rete e abbiamo iniziato a cercare qualcosa di nuovo". La caccia al tesoro dura poco e finisce in un'università in mezzo all'Oceano Pacifico dove un gruppo di ricercatori sta sperimentando un modo per produrre la plastica con gli scarti della lavorazione delle zucchero: il melasso, sostanza che oggi ha un costo per essere smaltito ma può diventare invece la materia prima per una plastica davvero bio.

Astorri e Cicognani intuiscono che quella pista è quella buona, prendono un aereo, investono la metà dei loro risparmi per comprare quel brevetto (250mila dollari), ne aggiungono una serie di altri sparsi nel mondo e in un anno sono pronti a realizzare la molecola descritta dal biologo francese Maurice Lemoigne nel lontanissimo 1926: il PHA.

Di che si tratta? A sentire la spiegazione del capo del laboratorio, Simone Begotti, un quarantenne che per anni si è occupato di fermentazione in aziende biofarmaceutiche, la ricetta è un segreto di Stato ma il procedimento non è complesso: "Si tratta di affamare e poi far ingrassare dei batteri. In poche ore quel grasso diventa la polvere con cui facciamo la plastica ". Perché ci sono ci sono voluti più di 80 anni per ripartire da lì? "Perché in quei tempi ci fu il boom del petrolio: fare plastica in quel modo era facile ed economico, i costi per l'ambiente non venivano tenuti in considerazione ", sostiene Astorri.

Nel 2007 il nuovo polimero viene battezzato Minerv, in omaggio al posto dove sorge il laboratorio ma anche a Minerva, dea romana della guerra e della saggezza "visto che sarebbe saggio fare questa guerra in nome dell'ambiente". Un anno dopo arriva la certificazione internazionale: "Il Minerv è biodegradabile in terra, acqua dolce e acqua di mare", attestano a Bruxelles. Astorri lo spiega così: "In 10 giorni i granuli di MinervPHA si dissolvono in acqua senza alcun residuo ". Miracolo. Si decide così di fare una startup anche qui cambiando le regole: niente soldi pubblici e soprattutto niente soldi dalla banche: "Abbiamo fatto un patto con i contadini", racconta Astorri. L'accordo è con la cooperativa agricola emiliana CoProB che produce il 50 per cento dello zucchero italiano. Oltre a tantissimo melasso. Saranno loro, i contadini emiliani, i titolari del primo impianto BioOn che aprirà a fine anno: "È la fabbrica a chilometro zero. Sorge dove stanno le materie prime", spiega Astorri che con l'aiuto del colosso degli impianti industriali Techint, punta a replicare il meccanismo in tutto il mondo: la fabbrica in licenza. Un paio di impianti, a forma di batterio, disegno dell'architetto bolognese Enrico Iascone, apriranno in Europa, uno negli Stati Uniti.

La svolta è arrivata un anno fa quando in laboratorio il mago Begotti è riuscito per la prima volta a realizzare un PHA con proprietà molto simile al policarbonato. Non la classica plastica dei sacchetti della spesa, quindi, ma la plastica dura e malleabile di cui sono fatti tanti oggetti della nostra vita quotidiana. Il primo a crederci è stato il presidente di Floss che ha voluto replicare una celebre lampada del design italiano firmata Philippe Starck,
Miss Sissi.

Presentazione solenne lo scorso 18 aprile al Salone del Mobile, poi un'escalation continua: secondo Astorri tra un anno il MinervPHA sarà negli occhiali da sole italiani, nei computer californiani, nei televisori coreani e persino nelle confezioni di merendine per bambini. "Tutti mi dicono che sono seduto su una montagna d'oro ma non è così che mi sento. Mi sento su una scala di cui non si vede la fine".

L'inizio in compenso si vede benissimo. Era il 1954 e a pochi chilometri da Minerbio, Ferrara, negli stabilimenti della Montecatini, un grande chimico italiano scopriva la regina delle plastiche, il polipropilene isotattico, noto come il Moplen nelle reclame dell'epoca con Gino Bramieri. Il 12 dicembre 1963 Giulio Natta e il chimico tedesco Karl Ziegler ricevevano il premio Nobel. Nella motivazione si legge: "Le conseguenza scientifiche e tecniche della scoperta sono immense e ancora non possono essere valutate pienamente". Sarebbe la seconda volta che un italiano reinventa la plastica.

(20 giugno 2012)

http://www.repubblica.it/scienze/2012/06/20/news/la_scoperta_italiana_della_plastica_pulita-37551403/?ref=HRERO-1
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Messaggio Da anna Mer 20 Giu - 12:51

ubik ha scritto:si dice che il grado di benessere di un paese sia dato dalla voglia di fare figli e dalla capacità di mettere i propri abitanti nelle condizioni di averne

voglia e condizioni da noi non esistono per nessuno, sarà per questo che il benessere non sappiamo più cosa sia...

piergiorgio ha scritto:Buongiorno amici, vi posto una bella storia italiana, ne abbiamo bistogno Rassegna Stampa - Pagina 64 103533


L'inizio in compenso si vede benissimo. Era il 1954 e a pochi chilometri da Minerbio, Ferrara, negli stabilimenti della Montecatini, un grande chimico italiano scopriva la regina delle plastiche, il polipropilene isotattico, noto come il Moplen nelle reclame dell'epoca con Gino Bramieri. Il 12 dicembre 1963 Giulio Natta e il chimico tedesco Karl Ziegler ricevevano il premio Nobel. Nella motivazione si legge: "Le conseguenza scientifiche e tecniche della scoperta sono immense e ancora non possono essere valutate pienamente". Sarebbe la seconda volta che un italiano reinventa la plastica.

(20 giugno 2012)

Rassegna Stampa - Pagina 64 378480 se ho capito si tratta di una scoperta "ecologica" che oltrettto ci libererebbe (almeno per questo ambito) dalla schiavitù del petrolio Rassegna Stampa - Pagina 64 769300 speriamo che vada tutto bene e si possano espandere
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Messaggio Da piergiorgio Mer 20 Giu - 18:22

anna ha scritto:
ubik ha scritto:si dice che il grado di benessere di un paese sia dato dalla voglia di fare figli e dalla capacità di mettere i propri abitanti nelle condizioni di averne

voglia e condizioni da noi non esistono per nessuno, sarà per questo che il benessere non sappiamo più cosa sia...

piergiorgio ha scritto:Buongiorno amici, vi posto una bella storia italiana, ne abbiamo bistogno Rassegna Stampa - Pagina 64 103533


L'inizio in compenso si vede benissimo. Era il 1954 e a pochi chilometri da Minerbio, Ferrara, negli stabilimenti della Montecatini, un grande chimico italiano scopriva la regina delle plastiche, il polipropilene isotattico, noto come il Moplen nelle reclame dell'epoca con Gino Bramieri. Il 12 dicembre 1963 Giulio Natta e il chimico tedesco Karl Ziegler ricevevano il premio Nobel. Nella motivazione si legge: "Le conseguenza scientifiche e tecniche della scoperta sono immense e ancora non possono essere valutate pienamente". Sarebbe la seconda volta che un italiano reinventa la plastica.

(20 giugno 2012)

Rassegna Stampa - Pagina 64 378480 se ho capito si tratta di una scoperta "ecologica" che oltrettto ci libererebbe (almeno per questo ambito) dalla schiavitù del petrolio Rassegna Stampa - Pagina 64 769300 speriamo che vada tutto bene e si possano espandere

l'obiettivo primario è quello di liberarci dai rifiuti persistenti data la non biodegradabilità della plastica 'tradizionale', poi ovviamente ci libera anche dall'utilizzo del petrolio Rassegna Stampa - Pagina 64 4081003426
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Messaggio Da anna Mer 20 Giu - 18:54


Legge 194, la Consulta non tocca legge sull’aborto

No al ricorso giudice Spoleto
La questione di legittimità è stata dichiarata "manifestamente inammissibile" dai giudici. Il giudice di Spoleto aveva sollevato il caso richiamandosi a una sentenza della Corte di Giustizia europea che riconosce all'embrione umano una tutela assoluta


La legge 194 sull’aborto rimane così com’è. La Corte costituzionale infatti ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 della legge n. 194 sull’aborto, sollevata dal giudice tutelare del Tribunale di Spoleto per il caso di una minorenne che voleva abortire senza coinvolgere i genitori. La pronuncia della Consulta è arrivata nel pomeriggio di oggi e non è stata preceduta da udienza pubblica: i giudici si sono direttamente riuniti in Camera di Consiglio per discutere, anche perché nessuna parte si era costituita e in questo caso il regolamento della Corte prevede che si possa andare subito a pronunciamento.

L’articolo passato al vaglio della Consulta è stato il numero 4, nocciolo della legge, perché stabilisce le circostanze per cui una donna può ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni. Cioè quando “il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”. Il giudice tutelare aveva sollevato l’incidente di costituzionalità partendo da un pronunciamento della Corte di giustizia europea in materia di brevettabilità dell’embrione che definisce l’embrione quale “soggetto da tutelarsi in maniera assoluta”. Su questa base il giudice tutelare riteneva che l’articolo 4 della legge 194 si ponesse in conflitto con i principi generali della Costituzione ed in particolare con quelli della tutela dei diritti inviolabili dell’uomo (art. 2) e del diritto fondamentale alla salute dell’individuo (art. 32 primo comma della Costituzione). Altre obiezioni erano state formulate con riferimento agli articoli 11 (cooperazione internazionale) e 117 (diritto all’assistenza sanitaria e ospedaliera) della Costituzione. Ma la Consulta non ha accolto questa tesi e ha dichiarato “manifestamente inammissibile, la questione di legittimità costituzionale”.

Soddisfatte della decisione le deputate del Pd Livia Turco, secondo cui “si dimostra ancora una volta che l’impianto della legge 194 è inattaccabile perché basata su un giusto equilibrio fra la scelta e la salute della donna e la tutela della vita”, e Barbara Pollastrini, che chiede di fermare gli attacchi alla legge 194 e di iniziare ad applicarla in tutte le sue parti. Per Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni, “la decisione di oggi chiarisce che la legge sull’aborto è intoccabile e deve essere garantito il servizio, pena il ricorso alle autorità giudiziarie. Obiettivo in termini di civiltà e tutela deve essere quello di far avanzare il riconoscimento dei diritti, non solo respingendo ogni attacco strumentale e mascherato alla 194, ma estendendo l’informazione sessuale e garantendo il legittimo ricorso all’aborto chirurgico e farmacolotico con la pillola RU486”. Per il deputato del Pdl Alfredo Mantovano: ”"La decisione della Corte costituzionale di dichiarare inammissibile la questione di legittimità dell’articolo 4 della legge isull’aborto è in linea col tratto pilatesco che la Consulta ha quasi sempre seguito ogni qual volta si è interessata della legge 194″.

Relatore del procedimento il giudice Mario Morelli, lo stesso che, quando era magistrato di Cassazione, scrisse la sentenza che, nel 2008, mise fine alla vicenda di Eluana Englaro, che era in coma da oltre 17 anni. Nei giorni scorsi l’attesa del verdetto dei giudici aveva scatenato un intenso dibattito in rete ed era stato lanciato l’hashtag #save194. A conferma della delle difficoltà che può incontrare una donna che vuole abortire la settimana scorsa fa era stati diffusi i dati sui medici obiettori di coscienza che in alcune regioni come il Lazio superano l’80%.

La richiesta formulata dai servizi sociali che a nome della minorenne si sono rivolti al giudice tutelare riguardava “non l’autorizzazione ad abortire”, ma investiva quindi solo “la maturità della minorenne a decidere” spiega il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, fornendo una spiegazione tecnica della decisione presa oggi e specificando che già stato in precedenti occasioni l’orientamento della Corte era stato il medesimo rispetto ad istanze pervenute da giudici tutelari su questioni analoghe. “La decisione assunta oggi dalla Consulta è di natura processuale, e non di merito – prosegue Mirabelli – e riguarda in via preliminare quale sia, in casi di questo tipo, il ruolo del giudice tutelare. Quest’ultimo non è chiamato ad autorizzare o meno la minore, cioè non partecipa alla volontà abortiva della minorenne, deve solo verificarne la adeguata maturità”. Questo non vuol dire che, in se stesso, il tema sollevato dal giudice tutelare non abbia una sua “consistenza nel merito”. “Il giudice – osserva Mirabelli – ha posto un quesito e poteva farlo. Ha agito facendo leva su un orientamento della Corte europea che su un’altra materia, ossia la brevettabilità degli embrioni, ha ritenuto che l’embrione sia un soggetto da tutelare”

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Messaggio Da anna Gio 21 Giu - 8:25

Forza Grecia

Continuo a sentire persone insospettabili che domani sera faranno il tifo per la Grecia contro la Germania. Il calcio c'entra poco. Anche la solidarietà per i cugini mediterranei. In Italia - e non solo dalle parti del Cavalier Grillo, ultima metamorfosi di Berlusconi - sta montando un pregiudizio antitedesco: alla Germania egoista viene attribuita la crisi mortale in cui si sta avvitando l'Europa. I più arrabbiati sono gli anziani, o diversamente giovani, ai quali le recenti vicende evocano antichi fantasmi. Se parlate con qualcuno di loro, vi dirà che gli eredi di chi trascinò l'Europa in un conflitto che la indebolì per sempre dovrebbero sentire una responsabilità speciale, affatto esaurita. Nel dopoguerra gli americani finanziarono la rinascita di Paesi lontani, in cui oltretutto erano morti i loro figli. Come possono i tedeschi non avvertire il dovere morale di promuovere un piano Marshall per salvare l'Europa? Pensano davvero di riuscire a rimanere un'isola di benessere nel cuore di un continente in miseria?

Così ragionano i sopravvissuti della seconda guerra mondiale, arrivando a suggerire atti estremi come il boicottaggio dei prodotti tedeschi. Ma anche chi è arrivato in seguito prova un certo disagio nel confrontarsi con gli stereotipi del bavarese medio, che raffigura noi popoli mediterranei come una massa di scansafatiche abbronzati e pieni di debiti, perciò meritevoli di un ridimensionamento che ci costringa a illividire nella tristezza. In realtà il bavarese medio la pensava così già ai tempi di Kohl. Ma Kohl se ne infischiava, perché a differenza di Merkel era uno statista.

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Messaggio Da anna Sab 23 Giu - 8:54

Trattativa Stato-mafia, Borsellino: “Impeachment per Napolitano”
Il fratello del magistrato ucciso e presidente del movimento delle Agende Rosse: "La sua reazione è quella di chi tenta di chiamare a raccolta tutte le forze istituzionali". E chiede al capo dello Stato: "Perché da 4 anni nessuna istituzione si presenta più a via d'Amelio per la commemorazione del 19 luglio?"


L’impeachment per il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Lo chiede Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato dalla mafia, in un’intervista pubblicata oggi su www.micromega.net. “E’ sconvolgente – dice Salvatore Borsellino – che al Quirinale si dia ascolto a chi come Mancino cerca di frenare quei magistrati coraggio che indagano sulla trattativa tra Stato e mafia. Parlare addirittura di avocazione odi accorpamento delle indagini significa una cosa sola: si vuole fermare il lavoro della Procura di Palermo, che più di altri è andata avanti sulla linea della trattativa. Che questo avvenga dalla più alta carica dello Stato è una cosa estremamente grave e non può che portare a una sola conseguenza: l’ipotesi di impeachment per il Presidente della Repubblica”. “Fino a quando non sarà cancellato il peccato originale di una Seconda Repubblica fondata sulle stragi del ’92 e ’93 – aggiunge – l’Italia non potrà mai dirsi un paese democratico e civile”.

E al capo dello Stato, che ieri aveva parlato di “insinuazioni e sospetti fondati sul nulla”, replica: “Di complotto non si tratta, ma di impedimenti al lavoro della giustizia. Mi pare la reazione scomposta di chi sa di avere delle cose da nascondere e quindi tenta di chiamare a raccolta le altre forze istituzionali perché si stringano. Che alla fine è quello che è successo, a parte la voce isolata di Di Pietro. Tutti i membri della Casta hanno parlato di attacco alle istituzioni, attacco al presidente della Repubblica. Prima di parlare di attacco bisogna parlare alla verità e alla giustizia. In molti Paesi si è arrivati all’impeachment per molto meno”. E aggiunge: “Evidentemente la verità è sconvolgente, ma proprio per questo è necessario che venga alla luce”.

Cosa direbbe, chiede Micromega, Borsellino a Napolitano, ne avesse la possibilità? “Gli chiederei come mai da 4 anni, quando il 19 luglio il mio movimento delle Agende rosse va in via D’Amelio per chiedere giustizia e verità, nessuna istituzione si presenta più in via D’Amelio, perché si sceglie di commemorare con una furtiva trasferta in Via D’Amelio il 23 maggio per porre una corona di Stato e poi nel momento in cui una giornalista del Fatto, Sandra Amurri, chiede al portavoce del presidente della Repubblica se parteciperà il 19 luglio, le viene risposto ‘Perché, cosa c’è il 19 luglio?’. Di cos’hanno paura? Non so se hanno paura della verità, di un’agenda rossa, forse perché rappresenta simbolo ricerca giustizia e verità”.

“A Napolitano – conclude Salvatore Borsellino – chiederei come si può a fronte di certe cose sicuramente venute alla luce, cioè il tentativo di fermare l’operato dei giudici di Palermo, come si può poi parlare di complotto nei confronti del capo dello Stato. Se un complotto c’è, è da parte di chi vuole fermare la strada della giustizia. Per fortuna che in questo caso il procuratore nazionale antimafia ha ritenuto di non dare corso a certe richieste che sicuramente gli sono state avanzate, visto che giustamente ha dato una risposta scritta in modo che rimanesse traccia di queste sollecitazioni nei suoi confronti”.

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Messaggio Da ubik Sab 23 Giu - 16:06



ebbravo il facchinetti Rassegna Stampa - Pagina 64 4081003426
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Messaggio Da anna Gio 28 Giu - 9:39

Italia-Germania 9-4



Stasera riprende la partita che non finisce mai. La storia, però, finora l'abbiamo fatta noi



Italia-Germania è una partita di calcio che per molti di noi dura da tutta la vita, tanto che ha finito per assomigliarle un po’. La mia è cominciata un’estate di 42 anni fa. Sono quel bambino in corridoio, davanti alla porta del salotto, con i piedi nudi per non fare rumore e l’occhio destro schiacciato contro il buco della serratura.

Sono andato a letto alle dieci come da accordi: la semifinale della Coppa Rimet arriva a mezzanotte in diretta via satellite dal Messico, ma domani a scuola c’è un esame, per cui è scattato l’emendamento Cenerentola. A cena papà mi è sembrato nervoso, come se non fosse solo una partita. Io non so nulla dei tedeschi, mentre conosco a memoria la formazione dell’Italia, riserve comprese. Anzi, soprattutto le riserve, dato che il mio Poletti, terzino del Toro, per una evidente congiura è stato confinato in panchina. A una certa ora papà è passato in stanza a controllare: dormivo come un pascià.

Naturalmente facevo finta. Sono bravissimo a simulare sospiri profondi che insaporisco con gorgoglii da orsacchiotto. Appena lui ha acceso il televisore del salotto, chiudendosi la porta alle spalle per non svegliarmi, sono sgattaiolato in postazione e ora eccomi qua, con l’occhio destro nel buco della serratura. Sono agitato e felice come ogni peccatore. Attraverso la toppa intravedo papà in poltrona con gli amici, ma si alzano quasi subito per abbracciarsi: ha segnato Boninsegna. Io resto impassibile e penso a Poletti, in panchina a non fare niente. Almeno sta più comodo di me. La partita è una noia, il telecronista Martellini ha la voce di un ghiacciolo alla menta e a metà del primo tempo mi addormento contro lo stipite. Quando mi sveglio, si addormentano le gambe: prima una e poi l’altra. Uno strazio. A distrarmi sono un paio di scatti di Mazzola, indovinati nel televisore in bianco e nero, e le mie fughe in camera ogni volta che papà o i suoi amici escono dal salotto per andare in bagno. Finché calcolo male i tempi e papà mi sorprende in mezzo al guado con addosso la canottiera di Paperoga. «Che ci fai sveglio a quest’ora?». «Ho avuto gli incubi». Uno si materializza subito: è Schnellinger, una specie di Poletti tedesco, che pareggia in scivolata all’ultimo minuto.

Papà è così sconvolto dai tempi supplementari che si dimentica di me. Mi siedo sulla punta del divano e sbatto gli occhi furiosamente: è entrato Poletti! Mentre fantastico sul suo gol in rovesciata che ci renderà entrambi immortali, il mio eroe scambia la palla per una saponetta e la fa scivolare verso il centravanti tedesco Gerd Muller, il quale ringrazia e starnutisce con i piedi il golletto del 2 a 1. Il mio primo pensiero è: domani non esco di casa, altrimenti gli juventini mi sbranano. Ma il secondo è per papà: è diventato bianco, lui che non si emoziona mai. Non so perché i tedeschi lo agitino tanto. Lo zio mi ha raccontato che da ragazzo papà ha fatto il partigiano, ma non ho capito bene cosa voglia dire. So solo che, quando d’estate andiamo dai parenti in Romagna, se all’ombrellone o al tavolo accanto c’è un gruppo di «crucchi» lui smette immediatamente di parlare. E quando quelli cominciano a ridere o a cantare in coro è come se una nuvola di ricordi gli attraversasse lo sguardo. Allora mi prende per mano e dice: andiamo via. Stanotte i tedeschi sono soltanto nel televisore, eppure papà mi prende per mano lo stesso e dice: vai a letto. Ma la storia non è d’accordo e accelera all’improvviso. Omini scuri danzano sullo schermo lattiginoso. Fantasmi memorabili. Pareggia Burgnich, un terzino che non aveva mai tirato in porta in vita sua. Poi Gigi Riva ci riporta in vantaggio, «gonfiando la rete come se l’avesse investita uno squalo», leggerò anni dopo nella prosa immaginifica di Gianni Brera, che ricopiavo tre volte al giorno sul mio quaderno di liceale nella speranza folle di imparare a scrivere come lui.

Al gol dello squalo, papà e i suoi amici lasciano in poltrona l’aplomb sabaudo e si mettono a cangureggiare per il salotto. La memoria mi restituisce l’immagine di uno di loro che si aggrappa alle tende come Tarzan. Mi siedo per terra davanti al televisore e quando la Germania batte un calcio d’angolo appoggio le mani sulla porta degli azzurri per proteggerla. Forse imparo quella notte a illudermi che per modificare la realtà sia sufficiente nasconderla a se stessi. Incurante della mia mano, il pallone precipita lentamente in rete, mentre un omino piazzato dietro il mio mignolo si scansa di lato per lasciarlo passare. Gianni Rivera. Il mignolo gli avrà coperto la visuale? Mi sento in colpa. Per lui, per Poletti, per papà che tira un cazzotto contro il tavolino di marmo. Ma nessuno - credo nemmeno lui - pensa che possa finire così. E infatti non finisce, non finisce mai. Neanche quando Rivera, al quale la dea Atena ha restituito la lancia (sempre Brera, naturalmente), vibra un colpo chirurgico contro la porta di Maier e si inginocchia sull’erba come noi sul tappeto persiano. Papà mi guarda con occhi sconosciuti, febbrili. «Andiamo a festeggiare?». La sua domanda è coperta dai clacson di una città intera.

Italia-Germania 4 a 3. Ma non finisce, non finisce mai. A che minuto siamo? Dodici anni dopo, stesso salotto, e domattina ho un altro esame da dare: diritto pubblico comparato. Per ripassare mi sono perso il concerto dei Rolling Stones, che è andato in scena nello stadio davanti a casa. L’ho origliato malamente, cercando di riconoscere «Satisfaction» in mezzo al frastuono. Il concerto è finito alle 7 e mezza, ma quando alle 8 meno un minuto mi affaccio alla finestra durante gli inni nazionali, per strada non c’è già più un’anima: solo una 126 ritardataria che sfreccia nel nulla verso un televisore. La sensazione, stasera, è che la vittoria sia inesorabile. Abbiamo battuto le imbattibili Argentina e Brasile, nessun panzer può fermarci. Neppure il rigore sbagliato da Cabrini, per il quale, si saprà dopo, il presidente Pertini in tribuna ha invocato senza sorridere la fucilazione sul posto. Il gol di Paolorrossi è una conferma, l’urlo di Tardelli una pallida replica di quelli lanciati da ogni balcone del mio condominio. Gli anni di piombo stanno finendo davvero. Essere felici per una vittoria sportiva non è più una colpa né un’ammissione di debolezza.

Ma non finisce, non finisce mai. Si aggiorna solo il tabellino. Dopo il 3 a 1 del Bernabeu, l’Italia è in vantaggio 7 a 4. A che minuto siamo? Quell’estate in vacanza, all’insaputa di papà, corteggio una tedesca con un viso dolce incastrato su spalle da mediano. Sa di cioccolato corretto al rum. A un certo punto mi intima: «Now we make love», come se l’amore fosse una pratica da sbrigare o uno spread da limare. Per il resto è molto romantica. Però non sa niente del 4 a 3. Dice che in Germania non ricordano le sconfitte. «Mica siamo piagnoni come voi». Piagnoni, cara? «Now we make» altri due gol.

Certo, bisogna aspettare un po’, giusto quei ventiquattro anni che pure sembrano viaggiare molto più in fretta dei dodici intercorsi fra la prima e la seconda sfida. Il bambino con l’occhio nella serratura adesso lavora nei giornali e dalla sua scrivania osserva gli inevitabili supplementari. Quando Grosso attraversa il campo scuotendo la testa dopo aver segnato il gol della vita, penso a come sarebbe contento papà e mi viene da piangere, ma il raddoppio sontuoso di Del Piero e soprattutto la voce invasata e irresistibile di Caressa che in tv urla «Andiamo a Berlino a prenderci la coppa!» strozzano il magone in un abbraccio caldissimo. Italia-Germania 9 a 4, ma non è finita, non finisce mai. A che minuto siamo, stasera?

Massimo Gramellini
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Messaggio Da anna Ven 29 Giu - 10:05

Cosa vogliono le donne

Per ragioni non riassumibili in venti righe, un cavaliere della Tavola Rotonda si ritrovò sposato a una donna vecchia, sdentata e puzzolente. Dopo il supplizio della festa di nozze, durante la quale il mostro gli aveva ruttato addosso a ogni boccone, il cavaliere raggiunse la camera da letto con passi lenti da condannato. Quand’ecco spalancarsi la porta e apparire la megera, trasformata in una fanciulla incantevole. Abbracciò lo sposo e gli disse: «Sono vittima di un sortilegio. Devi scegliere: preferisci avermi orrida di giorno e radiosa di sera, o viceversa?». Il pensiero del cavaliere andò al suo amico più caro: esibizionista com’era, avrebbe tranquillamente accettato di dormire per sempre con una racchia, pur di avere una fata da esibire agli amici. Poi si immaginò la risposta del suo palafreniere, un ragazzo passionale. Lui al contrario avrebbe sfidato volentieri i commenti malevoli del prossimo, in cambio della possibilità di incontrare la bellezza fra le lenzuola. Ma il cavaliere della Tavola Rotonda la pensava diversamente da entrambi. Disse alla sua sposa che una scelta così importante poteva spettare soltanto a lei. La strega sorrise: «Allora io scelgo di rimanere bella per tutto il tempo, dal momento che tu mi hai rispettata, lasciandomi libera di decidere il mio destino».

(Dedicato ai maschi privi di educazione sentimentale e incapaci di evolvere, che perseguitano le donne che non li desiderano o non li desiderano più, arrivando a picchiarle e addirittura a ucciderle, come è accaduto ancora ieri a Legnano).

Massimo Gramellini
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Messaggio Da ubik Dom 1 Lug - 19:37

Marco Travaglio per Il Fatto

Siccome la mamma dei cretini è sempre gravida, c'è chi - soprattutto gli onanisti di twitter, più un insettucolo di Radio24 e un tal Macioce del Giornale - continua a menarla sul fatto che tifo contro gli "azzurri" agli Europei. Non mi riferisco a chi ci scherza sopra, com'è giusto che sia (tipo la banda del Misfatto), ma a chi replica con argomenti seriosi, patriottici, nazionalistici: tifare contro la Nazionale di calcio sarebbe disfattismo, tradimento, intelligenza col nemico teutonico.

Se è per questo ho tifato pure per Spagna, Croazia, Irlanda e Inghilterra quando giocavano contro l'Italia. Invece ho tifato per l'Italia in altri tempi, quando a simboleggiarla erano i Bearzot, gli Zoff, i Trap. Anche allora c'era qualche furbetto coinvolto in scandali, tipo Rossi nel 1982: ma avevano pagato il conto con la giustizia.

Ora invece, si usano le vittorie sportive (anche quelle meritate, come contro la Germania) per chiudere altre partite senza neppure aprirle: quella del calcioscommesse, che al rientro dei nostri eroi in mutande sfocerà nei deferimenti di club di serie A e di parecchi giocatori, forse anche azzurri; e addirittura quella della politica e dell'economia europea, con una ridicola, puerile, penosa ricerca di vendetta su paesi più virtuosi del nostro. Tipo la Germania della Merkel.

Io vorrei sapere, che si vinca o si perda, cos'è quel milione e mezzo versato da capitan Buffon a un tabaccaio di Parma. Vorrei sapere quali e quanti dirigenti e calciatori coinvolti nell'inchiesta di Cremona per essersi venduti le partite in barba ai tifosi e alla lealtà sportiva, sono colpevoli o innocenti. E vorrei che i colpevoli fossero radiati e condannati. Nessuna vittoria all'Europeo può cancellare lo scandalo. E invece c'è chi confonde i piani.

È bastato che Buffon parasse tutto ai tedeschi perché Capezzone, disperso da mesi, rialzasse il capino e intimasse non si sa a chi né perché di "chiedere scusa a Buffon". È bastato un paio di partite vinte perché tutti si scordassero che uno dei nostri eroi, Bonucci, è indagato nel calcioscommesse. Era già accaduto nel 2006, col Mondiale vinto un mese dopo Calciopoli: la coppa diventò un aspersorio per benedire e assolvere mediaticamente i ladroni con l'Operazione Amnesia, che ha la stessa radice di Amnistia.

La stessa magliarata si sta tentando ora nel campo della politica. Per vent'anni ci siamo fatti governare, salvo rare parentesi ed eccezioni, da delinquenti e/o pagliacci che ci han portati al fallimento. Poi un provvidenziale colpo di palazzo orchestrato più a Berlino, Bruxelles e Francoforte che a Roma, ha messo su un governo tecnico guidato da una persona seria, almeno più seria di chi c'era prima, costringendo un Parlamento indecente ad appoggiarlo per paura delle elezioni.

Ora son bastati sei mesi di travestimento, il loden al posto della bandana e del toupet, i prof al posto delle mignotte, per farci dimenticare che razza di paese siamo e chi abbiamo eletto per tutti questi anni, mentre l'odiata Germania si faceva governare dagli Schroeder e dalle Merkel.

Ora è passata addirittura l'idea che il nostro debito pubblico e tutti gli altri guai dipendano dalla linea dura della Merkel. Piegata la quale torneremmo nel Regno di Saturno. Ma se, rispetto ai tedeschi, il nostro stato sociale fa schifo, spendiamo la metà in ricerca e sviluppo, i nostri operai guadagnano la metà, abbiamo il debito pubblico al 122% del pil contro l'82, il pil a -1,9% contro il + 0.8, il tasso sul debito al 5,7 contro l'1,6, l'inflazione al 3,2 contro il 2,1, la disoccupazione al 10,2% contro il 6,7, le esportazioni a picco mentre in Germania crescono, continueremo ad averli anche se abbiamo battuto la Germania a pallone.

Non è colpa della Merkel, ma di chi ci ha governati e di chi l'ha votato. E non c'è gol azzurro che possa cancellare queste colpe. Dicono che la Merkel non va perché "fa gli interessi dei suoi elettori". Ecco: vorrei anch'io poter accusare un premier italiano di fare gli interessi dei suoi elettori.

dagospia

non riesco a dargli torto...
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Messaggio Da anna Sab 7 Lug - 9:18

“Il bosone di Gennaro e il mistero della pizza” di STEFANO BENNI

ERA prevedibile che la scoperta del bosone di Higgs causasse dubbi, polemiche e invidie. Ma l’intervista che presentiamo è assolutamente vera e inconfutabile: senza alcun dubbio il pur degno Higgs ha rubato l’idea del bosone a Gennaro Jacoviello, un vecchio pizzaiolo di Napoli, che per la sua abilità nel preparare la pizza è detto appunto “o scienziato”.
Signor Gennaro vuole spiegarci come era arrivato molto prima di Higgs alla scoperta?
— Per la verità io e mio fratello Giuseppe, pizzaioli professionisti, ci interrogavamo già nel 1960 sul fatto che qualche volta la pizza veniva perfetta e qualche volta no. Insomma, non era solo problema di acqua, farina e dosaggio. A volta la consistenza della pasta, diciamo la massa della pizza era più elastica oppure dura, e anche la cottura veniva meglio o peggio al di là della temperatura del forno, per non parlare del mistero della forza di gravità che faceva sì che una pizza su dieci cadesse dalla pala di mio fratello, anche se è vero che lui beve dieci litri di birra ogni serata di lavoro.
E allora?
— E allora mi venne da pensare che c’era qualcosa di misterioso, un lievito cosmico, qualcosa di non visibile che permetteva all’universo della pizza di aggregarsi in modo particolarmente riuscito. Studiai anni e anni le farine, l’acqua, persino il pomodoro e i carciofini, ma riuscii soltanto a stabilire una teoria algoritmica con cui si distingueva la mozzarella buona dalla cattiva.
Com’era la teoria?
— Se la mozzarella puzza è cattiva se no è buona. Finché una notte di cinquant’anni fa, cioè due anni prima della teoria di Higgs feci un sogno. Sognai il mio protettore San Gennaro, sospeso in cielo su una nuvola di scamorza. Mangiava un trancio di pizza e diceva: “È come nu cappero ma non è un cappero. Cerca, cerca Gennà, solo tu puoi risolvere il mistero della pizza… il novantasei per cento dell’universo è un mistero, ma si può capire il quattro per cento. È molto più di quanto gli umani capiranno mai sulla loro economia. Vai Gennaro. E come dice la Fornero, lavora, lavora che il lavoro non è un diritto”. — Ma allora la Fornero non la conosceva nessuno… — Era un sogno premonitore. Allora che feci? Mi feci prestare da Fausto, l’orefice, una lente di ingrandimento e esaminai per bene i sei impasti
di pizza che avevo appena preparato. E infine feci la scoperta… In alcuni degli impasti non c’era nulla, ma in due c’era una specie di luminescenza, come una lucetta del presepe. Guardai meglio e vidi, un minuscolo cappero sorridente. Era il bosone. Febbrilmente, misi in forno tutto. Beh, le pizze che vennero dai due impasti bosonati erano sicuramente le migliori.
Quindi da lì nacque la sua fama di pizzaiolo scientifico.
— Esatto. Imparammo quale era il modo migliore per lavorare la pizza in modo da far sì che gli elettroni, i bosoni e la pommarola si fondessero in una massa universalmente gustosa. Imparammo che il bosone è musicofilo e appare, ad esempio, quando si canta. Io e mio fratello passammo
ore a impastare cantando “na sera e maggio” e “malafemmena”. Non avevamo i soldi per costruire un tunnel di trenta chilometri, o un acceleratore di mozzarelle, ma allungammo il forno di un metro, E da allora il bosone appare quasi sempre. Penso che in qualche modo, tragga la sua linfa dall’energia delle mani che impastano e dal calore del forno. Forse, come dice Margherita Hack, Dio è un pizzaiolo.
Ma perché non brevettò la sua scoperta e non la rese nota alla comunità scientifica?
— Parlai con mio fratello. Ci dicemmo: gli scienziati stanno già inguaiati. Non sanno prevedere un terremoto, non sanno curare un raffreddore, non hanno una teoria economica che regga, non sanno fermare il disastro climatico,
vanno sulla luna e poi non ci fanno niente, spendono un terzo dei soldi della ricerca per le armi, c’hanno già tanti problemi, meglio che non gli mettiamo che questo pensiero nella capa.
E Higgs?
— Ecco quello che accadde. Cinquant’anni fa venne nella nostra pizzeria un signore inglese molto gentile. Si mangiò quattro pizze e disse “wonderful, mai mangiata una pizza così. Ma qual è il vostro segreto?”. Io non gli dissi niente. Ma mio fratello Giuseppe ci cascò, si mise a bere birra con lui e a raccontare, e il signore inglese faceva disegni e prendeva appunti e così ci rubò la scoperta.
Ma è tutto vero?
— Giuro su Totò. Io sono contento che al signore inglese adesso gli diano il Nobel. Ma almeno vorrei che il merito della scoperta venisse diviso. Che lo chiamino Bosone di Higgs- Jacoviello o Gennarone di Higgs. Non è giusto che si parli di Napoli solo per il vibrione o la spazzatura. Anche il bosone è roba nostra. Se l’universo si regge, non è solo per il Primo Petardo, o Big Bang come lo chiamano loro. Ci sono anche i protoni, gli elettroni, i guaglioni, i lavoratori che in continuazione si fanno un culo così… E poi non è importante come inizia l’universo, ma come va a finire, che in fondo è la stessa cosa.
E lei ha in progetto nuove scoperte?
— Sì sto studiando il problema dei buchi neri, dell’eruzione del Vesuvio, e soprattutto come consegnare la pizza a domicilio col teletrasporto. Sa, pizzaioli si nasce, scienziati si diventa, Ma adesso basta devo lavorare. Posso offrirle una pizza tre stagioni?
Non era quattro stagioni?
— Purtroppo con la spending review Monti ci è piombato addosso. Ha detto che tre stagioni bastano, e ci ha tassato i funghi. Spero che non tassi anche i bosoni, se no è un disastro.
Capisco. Grazie di tutto. Ci batteremo perché anche a lei venga dato il Nobel.
— Con quello che costa, mi basterebbe un abbonamento di tribuna al Napoli. E se vede Higgs gli dica che non ci si comporta così…

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