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Il Cinema sulla stampa
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Re: Il Cinema sulla stampa
... un bel faccino
- Spoiler:
ubik- admin ubik
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Re: Il Cinema sulla stampa
Ha le spalle a bottiglia
se fa l'esame da postino lo bocciano
se fa l'esame da postino lo bocciano
- Spoiler:
- citazione cinefila: chi l'azzecca?
mambu- cometa
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Re: Il Cinema sulla stampa
A me le trasposizioni di Joe Wright sono piaciute, resto fiduciosa!
- Spoiler:
- ps. In quanto a fascino Jude batte il mutandato col bel faccino di cui sopra 10 a 0
valestella817- meteorite
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Re: Il Cinema sulla stampa
mambu ha scritto:Ha le spalle a bottiglia
se fa l'esame da postino lo bocciano
- Spoiler:
citazione cinefila: chi l'azzecca?
Nessuna rizposta? avete perso un premio inimmaginabbilo
Dove vai sono guai, di Frank Tashlin con Jerry Lewis, 1963, la prima scena (se non avete pazienza andate verso 3'40
sì lo so... non parlava di "esame da postino", il mio ricordo era leggermente impreciso. Ma dovevate rimproverarmi voi: avreste avuto doppio premmiolo
mambu- cometa
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Re: Il Cinema sulla stampa
si, certo, perchè qua pullula di espertoni di Jerry Lewis...
ubik- admin ubik
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Re: Il Cinema sulla stampa
Questa edizione di Venezia è rimasta scialba come l'acqua per il ferro da stiro.
Darren come presidente della giuria speravo fosse più spregiudicato. Ignorati:
Carnage, Le Idi di marzo, A Dangerous Method.
Premiata la maestosità fine a se stessa a discapito della introspezione o dell'impegno sociale. Peccato Darren.
Venezia, due anni persi di fila. Di buono a Venezia c'è rimasta solo Vania Protti Traxler.
Darren come presidente della giuria speravo fosse più spregiudicato. Ignorati:
Carnage, Le Idi di marzo, A Dangerous Method.
Premiata la maestosità fine a se stessa a discapito della introspezione o dell'impegno sociale. Peccato Darren.
Venezia, due anni persi di fila. Di buono a Venezia c'è rimasta solo Vania Protti Traxler.
Lucy Gordon- agente critico
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Re: Il Cinema sulla stampa
Marco Giusti per Dagospia
E' andata così. Questo Venezia 68 era un gran festival, pieno di buoni film e di nomi importanti, Polanski, Cronenberg, Sokurov, Friedkin, Ferrara... Magari Muller aveva esagerato coi titoli per non scontentare nessuno, soprattutto nelle infarcitissime sezione collaterali. Magari i film italiani, tra Concorso e Controcampo, non erano all'altezza, ma quando mai lo sono? Magari è risultato più evidente, vista la presenza di grandi autori, il divario tra il nostro cinema e quello internazionale da festival, ma non è colpa di Muller.
Magari nessuno si è preso davvero l'incarico di capire se ci fossero film sudamericani interessanti (e sono otto anni che se ne vedono pochini...). Magari ha fatto un caldo bestiale e vedere Galan in un bagno di sudore non è stato un bello spettacolo. Magari era un po' inutile il rimontaggio di "Nel nome del padre" di Marco Bellocchio (venti minuti in meno...), che non è né migliorato né potrà così godere di una nuova vita e non vincerà mai il confronto con "Ultimo tango a Parigi" di Bertolucci uscito lo stesso anno.
Detto questo ci siamo parecchio divertiti e dobbiamo ammettere che erano anni che a Venezia non si vedeva un numero di film americani e anglofoni così potente. Per non parlare della presenza di star e registi. Inoltre i giurati veneziani non si sono comportati peggio di quelli di Cannes. Hanno premiati i film più accademici e tromboni, lì "Tree of Life" di Malik qui il "Faust" di Sokurov, dimostrando quanto sia più interessata al cinema magari una Biennale d'Arte, dove il cinema era davvero visto e premiato in maniera meno accademica.
Ma né Venezia né Cannes sono posti dove la sperimentazione e le innovazioni possano navigare così tranquillamente. Accontentiamoci allora di aver trovato in concorso a Venezia i film di McQueen, Sono, Gipi, Satrapi. Alcuni di questi sono stati anche premiati.
Certo, il premio speciale a "Terraferma" di Crialese sembra un po' eccessivo, visti i nomi dei registi che non sono stati neppure menzionati, ma, al di là delle dietrologie, forse è giusto così. Cioè a Polanski o a Friedkin non puoi dare un premio minore. O il Leone d'Oro o niente.
Certo, fra gli italiani avremmo preferito trovare "Scialla" in concorso, ma già "L'ultimo terrestre" era una buona trovata. Era giusta anche l'idea dell'anteprima trashiona con "Box Office 3D" di Greggio, se il film non si fosse rivelato così inerte. Giusti i tanti film cinesi e giapponesi pieni di idee e vitalità, giusti anche i loro premi.
E, comunque, tra qualche giorno avremo scordato quasi tutto, a parte la camicia sudata di Galan, il grande applauso a Bernardo in carrozzella rossa che ha un po' bruciato quello a Bellocchio in Sala Grande (i ragazzi sono fatti così...), Gary Oldman e John Hurt in "Tinker, Tailor, Soldier, Spy", Christoph Waltz in "Carnage", Michael Fassbender in "Shame", Kate Winslet in "Mildred Pierce", la gran vitalità di Friedkin a 76 anni, la macchina di cinema di Abel Ferrara, l'intelligenza di Todd Solondz e l'arrivo all'Excelsior del suo grosso protagonista, così fuori luogo, Al Pacino che ascolta allibito Isabelle Adriani che fischia alla festa in suo onore dopo il disastro del suo "Wilde Salome", i Manetti a Venezia, Gipi e il suo attore a Venezia, Nanni che ballava con la fidanzata davanti agli occhi dei giornalisti, Muller e Baratta con gli occhiali per il 3d accanto a Greggio, la Bellucci ingiustamente massacrata che non si scomponeva più di tanto (tanto a Parigi sarà un trionfo), Filippo Timi che c'è davvero rimasto male dell'attacco dei critici (ma presentarsi con quattro film era un po' troppo...), Madonna con quel film così brutto, ma tanto cafone da diventare imperdibile, la Sgarbi fischiata in Sala Grande, Baratta che regala a Galan "Tanti auguri a te" suonata al flauto nella spiaggia dell'Excelsior, la festa di Bellocchio sfigurata da un dj che ha lanciato pezzi assurdi come "La lontananza" di Modugno.
Quanto alla fine dell'impero Muller, dopo otto di Venezia, beh, non ci giurerei... Sarà difficile vederlo andare via dalla Mostra. "La lontananza sai, è come il vento spegne i fuochi piccoli, ma accende quelli grandi . . . quelli grandi."
fonte
E' andata così. Questo Venezia 68 era un gran festival, pieno di buoni film e di nomi importanti, Polanski, Cronenberg, Sokurov, Friedkin, Ferrara... Magari Muller aveva esagerato coi titoli per non scontentare nessuno, soprattutto nelle infarcitissime sezione collaterali. Magari i film italiani, tra Concorso e Controcampo, non erano all'altezza, ma quando mai lo sono? Magari è risultato più evidente, vista la presenza di grandi autori, il divario tra il nostro cinema e quello internazionale da festival, ma non è colpa di Muller.
Magari nessuno si è preso davvero l'incarico di capire se ci fossero film sudamericani interessanti (e sono otto anni che se ne vedono pochini...). Magari ha fatto un caldo bestiale e vedere Galan in un bagno di sudore non è stato un bello spettacolo. Magari era un po' inutile il rimontaggio di "Nel nome del padre" di Marco Bellocchio (venti minuti in meno...), che non è né migliorato né potrà così godere di una nuova vita e non vincerà mai il confronto con "Ultimo tango a Parigi" di Bertolucci uscito lo stesso anno.
Detto questo ci siamo parecchio divertiti e dobbiamo ammettere che erano anni che a Venezia non si vedeva un numero di film americani e anglofoni così potente. Per non parlare della presenza di star e registi. Inoltre i giurati veneziani non si sono comportati peggio di quelli di Cannes. Hanno premiati i film più accademici e tromboni, lì "Tree of Life" di Malik qui il "Faust" di Sokurov, dimostrando quanto sia più interessata al cinema magari una Biennale d'Arte, dove il cinema era davvero visto e premiato in maniera meno accademica.
Ma né Venezia né Cannes sono posti dove la sperimentazione e le innovazioni possano navigare così tranquillamente. Accontentiamoci allora di aver trovato in concorso a Venezia i film di McQueen, Sono, Gipi, Satrapi. Alcuni di questi sono stati anche premiati.
Certo, il premio speciale a "Terraferma" di Crialese sembra un po' eccessivo, visti i nomi dei registi che non sono stati neppure menzionati, ma, al di là delle dietrologie, forse è giusto così. Cioè a Polanski o a Friedkin non puoi dare un premio minore. O il Leone d'Oro o niente.
Certo, fra gli italiani avremmo preferito trovare "Scialla" in concorso, ma già "L'ultimo terrestre" era una buona trovata. Era giusta anche l'idea dell'anteprima trashiona con "Box Office 3D" di Greggio, se il film non si fosse rivelato così inerte. Giusti i tanti film cinesi e giapponesi pieni di idee e vitalità, giusti anche i loro premi.
E, comunque, tra qualche giorno avremo scordato quasi tutto, a parte la camicia sudata di Galan, il grande applauso a Bernardo in carrozzella rossa che ha un po' bruciato quello a Bellocchio in Sala Grande (i ragazzi sono fatti così...), Gary Oldman e John Hurt in "Tinker, Tailor, Soldier, Spy", Christoph Waltz in "Carnage", Michael Fassbender in "Shame", Kate Winslet in "Mildred Pierce", la gran vitalità di Friedkin a 76 anni, la macchina di cinema di Abel Ferrara, l'intelligenza di Todd Solondz e l'arrivo all'Excelsior del suo grosso protagonista, così fuori luogo, Al Pacino che ascolta allibito Isabelle Adriani che fischia alla festa in suo onore dopo il disastro del suo "Wilde Salome", i Manetti a Venezia, Gipi e il suo attore a Venezia, Nanni che ballava con la fidanzata davanti agli occhi dei giornalisti, Muller e Baratta con gli occhiali per il 3d accanto a Greggio, la Bellucci ingiustamente massacrata che non si scomponeva più di tanto (tanto a Parigi sarà un trionfo), Filippo Timi che c'è davvero rimasto male dell'attacco dei critici (ma presentarsi con quattro film era un po' troppo...), Madonna con quel film così brutto, ma tanto cafone da diventare imperdibile, la Sgarbi fischiata in Sala Grande, Baratta che regala a Galan "Tanti auguri a te" suonata al flauto nella spiaggia dell'Excelsior, la festa di Bellocchio sfigurata da un dj che ha lanciato pezzi assurdi come "La lontananza" di Modugno.
Quanto alla fine dell'impero Muller, dopo otto di Venezia, beh, non ci giurerei... Sarà difficile vederlo andare via dalla Mostra. "La lontananza sai, è come il vento spegne i fuochi piccoli, ma accende quelli grandi . . . quelli grandi."
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Re: Il Cinema sulla stampa
..Top e Flop di Venezia ’68- Diario da Venezia giorno 11
La 68esima Mostra del Cinema di Venezia raccontata dai nostri inviati.
Dunque il festival è finito, la luce di fine estate taglia il mare del Lido, la sala stampa si svuota e il tappeto rosso si arrotola. Si torna tutti a casa.
Ecco dieci cose per cui, nel bene e nel male, ricorderemo questa Mostra di Venezia
Top
George Clooney
Bello, ma soprattutto bravo, Clooney arriva al Lido da regista impegnato e lascia a casa il divo di Hollywood. La scelta paga e il suo film "The Ides of March" piace così tanto che sulle sue fidanzate, vere o presunte, non si sente un fiato.
Madonna
Prenota cinque alberghi solo per sé e per il suo staff, non rivolge parola a nessuno, non fa autografi, non si lascia avvicinare. Per di più, da regista, presenta fuori concorso un film più che dimenticabile. Il divismo è vivo e sta bene.
Gipi
Il suo film è perfettibile, ma almeno è nuovo, sincero e coraggioso. Non è poco per un esordiente di 48 anni.
William Friedkin
Un regista di 73 anni che si fa scrivere la sceneggiatura da uno che ha la metà dei suoi anni e confeziona il film più moderno della Mostra. Da applausi.
Kate Winslet
A un certo punto sembrava si fosse trasferita sul Red Carpet: era sempre lì. Ha presentato in fila "Carnage", "Mildred Pierce" e "Contagion". Perfetta in tutti e tre i ruoli.
Flop
Nanni Moretti con vistosa bionda al seguito
Dopo aver fatto il moralista per trent'anni si presenta al Lido come se fosse appena uscito da un film dei Vanzina. Continuiamo così, facciamoci del male.
Le aspiranti dive
I capricci delle attrici del film di Madonna, Andrea Riseborough e Abbie Cornish (ma chi vi ha mai conosciuto?!?), fanno impazzire i truccatori e i parrucchieri della Mostra. Il fatto di recitare nel film di Madonna non le autorizza ad essere come lei che, invece, è autorizzata a fare quello che le pare: come dice Dottor House, "L'arroganza bisogna conquistarsela".
I fischi a "Quando la notte" e quel che ne è seguito
Già fischiare un film è una cosa brutta in sé. Se poi i fischi danno il "la" a uno strascico di polemiche complottiste se possibile ancora meno eleganti dei fischi di partenza la situazione si fa velocemete patetica.
Il magacantierone
Il cantiere delle polemiche, fermo da mesi, altro non ha fatto che costare un sacco di soldi e lasciare, lì dove c'erano il piazzale del Casinò, la scalinata e il giardino, un enorme e desolante buco. Peccato.
Il nudo della Bellucci
Ma quando mai?
Luciana Grosso
it.cinema.yahoo.com/festival-cinema-venezia
La 68esima Mostra del Cinema di Venezia raccontata dai nostri inviati.
Dunque il festival è finito, la luce di fine estate taglia il mare del Lido, la sala stampa si svuota e il tappeto rosso si arrotola. Si torna tutti a casa.
Ecco dieci cose per cui, nel bene e nel male, ricorderemo questa Mostra di Venezia
Top
George Clooney
Bello, ma soprattutto bravo, Clooney arriva al Lido da regista impegnato e lascia a casa il divo di Hollywood. La scelta paga e il suo film "The Ides of March" piace così tanto che sulle sue fidanzate, vere o presunte, non si sente un fiato.
Madonna
Prenota cinque alberghi solo per sé e per il suo staff, non rivolge parola a nessuno, non fa autografi, non si lascia avvicinare. Per di più, da regista, presenta fuori concorso un film più che dimenticabile. Il divismo è vivo e sta bene.
Gipi
Il suo film è perfettibile, ma almeno è nuovo, sincero e coraggioso. Non è poco per un esordiente di 48 anni.
William Friedkin
Un regista di 73 anni che si fa scrivere la sceneggiatura da uno che ha la metà dei suoi anni e confeziona il film più moderno della Mostra. Da applausi.
Kate Winslet
A un certo punto sembrava si fosse trasferita sul Red Carpet: era sempre lì. Ha presentato in fila "Carnage", "Mildred Pierce" e "Contagion". Perfetta in tutti e tre i ruoli.
Flop
Nanni Moretti con vistosa bionda al seguito
Dopo aver fatto il moralista per trent'anni si presenta al Lido come se fosse appena uscito da un film dei Vanzina. Continuiamo così, facciamoci del male.
Le aspiranti dive
I capricci delle attrici del film di Madonna, Andrea Riseborough e Abbie Cornish (ma chi vi ha mai conosciuto?!?), fanno impazzire i truccatori e i parrucchieri della Mostra. Il fatto di recitare nel film di Madonna non le autorizza ad essere come lei che, invece, è autorizzata a fare quello che le pare: come dice Dottor House, "L'arroganza bisogna conquistarsela".
I fischi a "Quando la notte" e quel che ne è seguito
Già fischiare un film è una cosa brutta in sé. Se poi i fischi danno il "la" a uno strascico di polemiche complottiste se possibile ancora meno eleganti dei fischi di partenza la situazione si fa velocemete patetica.
Il magacantierone
Il cantiere delle polemiche, fermo da mesi, altro non ha fatto che costare un sacco di soldi e lasciare, lì dove c'erano il piazzale del Casinò, la scalinata e il giardino, un enorme e desolante buco. Peccato.
Il nudo della Bellucci
Ma quando mai?
Luciana Grosso
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Re: Il Cinema sulla stampa
Alomodovar scivola su La Pelle che Abito
Pedro Almodòvar è certamente il regista spagnolo di maggior successo di critica e di pubblico, e fin dagli anni ’80 non ha mai cessato di stupire e di provocare, incantando. Film come Légami, Donne sull’orlo di una crisi di nervi, e soprattutto i bellissimi Tutto su mia Madre, Volver e gli Abbracci Spezzati lo hanno lanciato all’apice della sua carriera registica. E’ stato acclamato, premiato in Europa e a Hollywood e ogni suo nuovo titolo è un richiamo certo per i suoi fan.
Con la Pelle che Abito, Almodovar pare invece come ripiegato su stesso. Il suo processo creativo appare involuto, privo di quello slancio e di quella follia poetica che lo ha contraddistinto finora. I temi a lui cari ci sono tutti: dal rapporto madre e figlio, al feticismo sessuale, all’ironia sul sociale, ma sono come spruzzati, sparpagliati sullo schermo, lanciati a secchiate senza un apparente costrutto che riporti a una vera e propria poetica d’autore.
La storia ruota intorno al personaggio, interpretato (piuttosto fiaccamente) da Antonio Banderas, un chirurgo plastico che perde la moglie in un incidente stradale, sfigurata orrendamente tra le fiamme. Lui allora si dedica anima e corpo alla ricerca scientifica con l’intento di ricreare artificialmente la pelle umana, rendendola imperforabile, addirittura ignifuga. Trova la sua cavia ideale in un giovane che ha tentato di stuprargli la figlia. Da questo momento in poi la vicenda si allunga, si dilata, si disperde, a tratti annoia.
E’ pur sempre forte la mano di Almodovar, che in qualche sequenza torna a essere quello di sempre, sublime iconoclasta dalla tavolozza satura di toni infiniti, ma la Pelle che Abita rallenta, inaspettatamente, la sua corsa di geniale cineasta.
Dario Arpaio.
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Re: Il Cinema sulla stampa
ubik ha scritto: si, certo, perchè qua pullula di espertoni di Jerry Lewis...
Oggi avete l'occasione per rimediare
Alle 17.15 su raimovie danno Dove vai sono guai, per me il capolavoro della coppia Tashlin-Lewis. Un vertice della comicità visiva, con gag di tutti i tipi, alcuni storiche riprese dai classici (soprattutto Harold Loyd) altre innovative e rimaste nella storia (la macchina per scrivere )
Come tutti i film di Lewis è un po' reazionario e partecipa pienamente dell'ossessione misogina della cultura popolare americana del dopoguerra, ma rimane un film assolutamente da vedere
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Re: Il Cinema sulla stampa
la scena dei saldi è fenomenale
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Re: Il Cinema sulla stampa
c'è anche Agnes Moorehead
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Re: Il Cinema sulla stampa
ubik ha scritto:
la scena dei saldi è fenomenale
sì
(a proposito di misoginia )
hai riconosciuto la cattivissima mamma Tuttle?
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Re: Il Cinema sulla stampa
ubik ha scritto:Agnes Moorehead
mambu ha scritto:hai riconosciuto la cattivissima mamma Tuttle?
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